Henry De Bar
Amicizia
Henri de Bar non amava particolarmente
osservare le persone. Spesso non provava interesse nell'interpretare i
loro
comportamenti, e trovava più rispettoso farsi gli affari propri, dato
che lui
non aveva un compito politico affidatogli dalla corona come Jean o come
Henri
de Grandprè.
Era difficile che qualcuno suscitasse la sua
curiosità, perchè la sua discrezione era inattaccabile quanto quella di
Sancerre risultava inesistente verso tutti. In molti avrebbero potuto
scambiarla per disinteresse, o menefreghismo.
*
Vi era sempre qualcosa di inspiegabilmente
triste nell'osservare il suo sguardo freddo. O forse non era tanto
tristezza,
quanto un sottile senso di disarmata impotenza e confusione.
*
Henry de Bar era
razionale e lucido. Sempre.
La sua calma
pacata era
una qualità che possedeva fin dalla nascita, e che aveva poi fatto in
modo di
sviluppare una volta che aveva intuito che avrebbe avuto da misurarsi
con
Etienne de Sancerre per molto tempo.
Era orgoglioso
nella sua
tollerante e solo in apparenza distante tranquillità. Non era incapace
di
sostenere un confronto, nè di arrabbiarsi, ma si sapeva controllare
ammirevolmente. Era semplicemente se stesso, mite e fiero, fermo nei
suoi
principi saldi, incrollabile e rassicurante.
Per questo,
sebbene
durante i primi tempi ogni volta che guardasse il cavaliere inglese
ricordasse
il dolore della sua lancia nel fianco, le vertigini e la terra che si
faceva
vicinissima in un battito di ciglia, il cavaliere nero che gli si era
lanciato
addosso con una forza e una velocità a cui non poteva fare altro che
soccombere, non lo aveva mai guardato con sospetto.
Ricordare era
qualcosa di
più forte di lui. Ma giudicarlo male quando lo stesso Jean voleva che
fosse
accettatto dagli altri come lo era da lui, gli sembrava senza senso.
Ma, anche se per
lui, e
forse solo per lui, era possibile non provare diffidenza verso Geoffrey
Martewall, non provare curiosità era davvero impossibile. Persino per
una
persona discreta come Henry de Bar.
Ma era così
difficile
soddisfare la curiosità, che Henry si sarebbe sentito a disagio, come
sempre,
nel farsi troppe domande, come se osasse troppo nel desiderare qualcosa
che
Martewall aveva il diritto di nascondere.
E tuttavia
sapeva che
sarebbe arrivato ad avere un'opinione obiettiva del cavaliere sassone,
utilizzando informazioni basate su ciò che vedeva e non vedeva, senza
nessun
ostacolo creato da impulsi o da pensieri nati grazie a rancori o
giudizi
frettolosi.
Geoffrey non gli
avrebbe
messo alcuna fretta, agendo come faceva di solito, senza preoccuparsi
di
doversi guadagnare la fiducia dei compagni d'arme del Falco. Non
tentava di
apparire più amichevole, né meno scontroso e non aveva mai cercato di
giustificare il suo antico legame con Derangale, o di rinnegare la loro
amicizia passata. Non voleva perdono e non voleva approvazione.
Usciva da ogni
schema che
Henry potesse immaginare. Nessuna sua azione, neanche la più piccola,
era mai
sembrata scontata o prevedibile.
Henry respirò
lentamente
l'aria fredda delle terre inglesi. Sapeva di sale e di foreste. Sapeva
di
pioggia.
E
di
pericolo.
Come
Martewall, in effetti.
«
non mi
aspettavo di vedere anche voi, signor conte. »
Henri
lo
osservò per un attimo, interdetto. Era raro, estremamente raro, che
Geoffrey
cominciasse un discorso, se non era strettamente necessario. Puntò gli
occhi
nei suoi, grigi e fermi, e lui ricambiò senza imbarazzo, attendendo la
sua
risposta.
Forse,
per
lui, lo era, necessario.
Forse
voleva
davvero, per una volta, sapere lui qualcosa da De Bar. Il motivo della
sua
presenza nel suo castello, per esempio.
«
Volevo vedervi
anche io, come Jean. » rispose, arrivando subito al punto come era
abituato a
fare. Geoffrey non tradì un'espressione, nessuna emozione modificò i
suoi
tratti, ma per lui l'attesa non era finita e De Bar si mise a pensare a
come
portare avanti il discorso.
«
Con tutto
quello che è successo, non penso di avervi ringraziato come avrei
dovuto. Ci
avete aiutato a prendere Gant, dopo che avevate salvato la vita di
Jean. Il
vostro aiuto è stato inestimabile, e penso che oramai nessun francese
avrà più
dubbi sul vostro senso dell'onore. »
Geoffrey
distolse lo sguardo da lui e lo puntò sul panorama nebbioso fuori dalle
bifore
in pietra, incrociando le braccia sul petto.
«
Non l'ho
fatto per questo. Ho scoperto che, alla fine, tutto ciò che mi importa
ormai è
di essere sicuro io stesso del mio onore. Quando non lo sono stato ho
commesso
molti errori. E vi è comunque qualcosa per cui dovrei chiedere perdono
anche a
voi...»
«
La cattura
di Jean...» intuì Henri, colpito dal discorso di Martewall, avvertendo
tra le
parole un costante senso di rimorso, o forse la sottile paura di
sbagliare di
nuovo e una severità ferrea verso se stesso.
D'altra
parte, tutti avevano paura di qualcosa.
Geoffrey
annuì dopo qualche secondo e si sforzò di osservare di nuovo il volto
di Henri.
« e
il fatto
di aver difeso e appoggiato per così tanto un uomo che non conoscevo
davvero,
di non essermi accorto della vera natura di Derangale...» vi era stata
una
lieve esitazione nel pronunciare l'ultima parola, come se il barone
fosse stato
sul punto di pronunciare il nome proprio del suo vecchio amico ma ci
avesse
ripensato all'ultimo istante, preferendo chiamarlo per cognome in modo
più
distaccato possibile.
Il
conte gli
regalò uno dei suoi sorrisi rari e ben poco distesi, ma rassicuranti.
Anche se
non riusciva a credere che Geoffrey avesse davvero bisogno della sua
rassicurazione, così come era strano sentirlo scusarsi per qualcosa che
avvenuto due anni prima.
«
Commettiamo
tutti degli errori. Etienne vi direbbe di dimenticarli in un bicchiere
di vino
in più. Io invece sono convinto che ciò che avete fatto voi per
sdebitarvi sia
molto più adeguato. » gli disse Henri, non riuscendo, però, a sembrare
ironico,
ma solo serio e pacato come al solito.
Geoffrey
rimase immobile ma i suoi sembrarono, per un solo momento, adombrarsi,
prima
che la freddezza, di nuovo, non lasciasse più spazio ad altro.
«
Mi dispiace
davvero per l'esito della guerra del vostro principe. Avrei davvero
voluto che
la mia terra avesse un re come lui. » tornò a dire, dopo parecchi
istanti di
silenzio. A Henri sarebbe piaciuto per una volta, poter intuire più di
quella
minima parte che riusciva a vedere dei suoi pensieri. Però gli
sembrava, allo
stesso tempo, che Martewall stesse, lentamente, abbattendo un poco le
difese. Che
potesse, questa volta, desiderare di essere compreso. La sua anima
pareva più
aperta di quanto l'avesse mai vista, e Henri allora si chiese perchè
stesse
accadendo proprio con lui.
Il
conte
apprezzò il suo sforzo senza riserve.
«
Lo so.
Anche a me dispiace, soprattutto per voi, monsieur. » rispose, un po'
tentennante. « Non è colpa vostra. La corte francese parla ancora della
battaglia di Lincoln e di come vi siete comportato...»
Geoffrey
strinse piano le dita sull'elsa della spada in un movimento istintivo e
nei
suoi occhi sembrò passare il ricordo di quel giorno. Henri non si
sarebbe
stupito se gli avesse detto di essere stanco di combattere. Quegli
occhi
sembravano aver visto troppe cose, e parevano più vecchi del corpo a
cui
appartenevano. Ma allo stesso tempo vi era ancora una forza
incrollabile nel
loro colore impalpabile.
Il
conte
ricordò di non avere davanti un comune cavaliere, ma il Leone di
Dunchester.
Quindi
sì,
ripensandoci si sarebbe stupito se Geoffrey Martewall avesse mai ceduto
alla tentazione
di posare la spada.
«
Ho dovuto
giurare di non combattere più contro gli altri baroni. I miei uomini mi
hanno
seguito fino all'ultimo, tutti, quando avrebbero potuto tradirmi,
salvarsi. Mi
hanno dato le loro vite e io avevo il dovere di proteggerle... » disse
il
barone, e c'era qualcosa nel suo modo di parlare che fece pensare ad
Henri che
stesse parlando più a se stesso che a lui.
Di
certo,
trovarsi obbligato ad arrendersi a questa condizione non era stato
facile per
lui, e adesso la sua mente pareva devastata da desideri e pensieri
confusi.
«
Avete fatto
ciò che era giusto. Ora non dovreste fare altro che proteggere le
vostre terre
e adattarvi ad un nuovo re... »
Geoffrey
aprì
la bocca per dire qualcosa ma una voce vibrante di ilarità lo anticipò,
arrivando poco prima del suo padrone.
« E
trovarvi
una moglie, magari!» aggiunse Etienne de Sancerre, con un gran sorriso,
ponendosi vicino ad Henri che gli rivolse un occhiata leggermente
torva.
Geoffrrey
si
scrollò di dosso la sua immobilità con un solo gesto stizzito.
« è
l'ultimo
dei miei problemi, al momento. » commentò, e la frase uscì ancora più
secca
dalla sua bocca grazie al suo francese dall'accento straniero.
Etienne
gli
scoccò un'occhiata furba e maliziosa.
« è
un modo
cinico per dire che ne avete già trovata una?» ipotizzò, con gli occhi
che
saettavano teatralmente per la stanza calda e più accogliente delle
altre nel
castello, alla ricerca di una famigliare testa dai capelli rosso
fiammante.
Geoffrey
indurì ancora di più il suo sguardo e non seguì il movimento delle
iridi di
Etienne.
«
No. È un
modo per dire che non ho proprio tempo di farlo adesso. »
« E
che
dovresti farti gli affari tuoi. » aggiunse Henri, con la solita
pacatezza.
Etienne guardò l'amico con una complicità che solo loro condividevano,
a
dispetto dei loro caratteri così diversi per natura, e poco dopo fece
finta di
non averlo sentito.
«
Se fosse
per voi rimandereste all'infinito. » sbuffò, in direzione di Martewall,
che lo
osservò impassibile. Forse con una punta di noia ed arroganza.
Henri
li
osservò un po' divertito. Non tutti erano in grado di incassare così
bene e
senza imbarazzo i colpi che Etienne si divertiva a scagliare senza
nessun
freno, con il suo modo di parlare sempre a sproposito e sempre con
irriverenza
e sarcasmo. Martewall sapeva tenergli testa, e probabilmente questo
spingeva il
suo amico a provocarlo più di quanto facesse con altre persone dalla
tempra più
fragile.
«
Vi
ringrazio per l'interessamento. » rispose freddo Martewall.
«
Sempre a
vostra disposizione...» ribatté Etienne, allegro.
«
Non
disturbatevi...»
Henri
osservò
quella scena ricordando i tempi in cui Sancerre non si fidava di
Martewall, e
avrebbe desiderato ucciderlo, persino, per aver ferito lo stesso Henri
al
torneo e per aver in seguito rapito Jean e monsieur Daniel.
Ripensando
a
come erano stati, ancora non si rendeva conto appieno di come potessero
essere
tutti lì, a scherzare sul fatto che Martewall ancora non fosse sposato,
ospiti
del barone.
«
Forse il
nostro inglese teme di perdere la sua libertà legandosi in un
matrimonio. »
aggiunse Etienne, con leggerezza, osservando Henri e chiedendo la sua
opinione.
Il
conte
scosse le spalle mentre Geoffrey inarcava un sopracciglio nel sentirsi
apostrofare con le parole "il nostro inglese".
« O
forse è
troppo impegnato a far capire al nuovo re che non è un traditore della
sua
terra. » ribatté Henri, serio. « A questo non avevi pensato. »
Etienne
osservò subito Martewall con espressione accigliata e ironica.
«
Se avete
pensato di dimostrarlo accogliendo nella vostra casa dei feudatari
francesi,
lasciatevelo dire, avete le idee un po' confuse...»
Martewall
scosse appena la testa e per un solo istante parve quasi divertito.
«
In realtà
non voglio affatto farmi ben volere dal re. Non sono uno dei suoi
fidati e non
voglio diventarlo. A me basta che mi tema abbastanza da non minacciare
le mie
terre. »
Henri
ed
Etienne annuirono con un sorriso.
«
Quindi un
po' di tempo vi avanzerà e potrete dedicarlo a...»
«
Etienne...»
Henri De Bar frenò subito l'amico con un gesto esasperato della mano. «
Basta.»
Salve a
tutti! Eccomi di ritorno!
Jerome: ...con un
capitolo corto. In cui hai parlato male di me, di nuovo, per giunta.
Tacet433: *
scuote
le spalle*
Già. Volevo
fare un grande finale ad effetto ma non mi è venuto in mente altro.
Così ho
lasciato correre, sperando di avere più ispirazione la prossima volta.
Magari
un giorno potrei tornare su Henri De Bar.
Spero
comunque che vi piaccia. Non ripetersi, mano a mano che aumentano i
personaggi
di questa raccolta, diventa sempre più difficile. Quindi per favore,
ditemelo
se divento noiosa, se scrivo sempre le stesse cose ecc..
Comunque...
avrei davvero voluto scrivere di più
perchè io adoro Henri De Bar!
Jerome: umpf, che
gusti...
-.-"
sooolo chee rimane un personaggio di cui non mi riesce bene scrivere.
Per me è
il più difficile. Peggio di Guillaume e di Jerome... perchè per te,
Jerome,
diciamolo, basta prendere molto, molto egoismo, sadismo, crudeltà,
scarsa morale
e cercare anche di renderti miracolosamente umano, mescolare bene...
: D va
bene, basta. Scusate, è la gioia del tornare a scrivere per questa
raccolta a
cui voglio tanto bene.
Grazie a
tutti i lettori e a Wrong and Write, insuperabile recensore.;)