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Autore: Nanek    07/08/2015    8 recensioni
E da sciocco credo sia anche una buona idea prendere un pezzo di carta, una penna e fingermi come la mamma, piccoli miei, fingermi scrittore e non compositore, fingermi autore di questa storia che chissà se mai vi verrà voglia di conoscere, di leggere.
Io la scrivo lo stesso, forse perché mi sento troppo ispirato, forse perché ora capisco cosa prova la mamma quando dice di dover sfogare su carta quello che le frulla in testa.
E pensare che tutti non ci avrebbero scommesso un dollaro su di noi.
E pensare che doveva finire nell’arco di qualche mese.
E pensare che era considerato tutto impossibile.
Perché, dai, chi crede che un cantante famoso possa innamorarsi perdutamente di una fan?

Una tra mille, milioni, una che non la distingui neanche dalla folla, una che è lì e ti sembra uguale a quella accanto.
Solo una fan in mezzo ad un mare di volti che cantano le tue canzoni, volti sempre diversi.
Dai, chi ci crede che questo possa funzionare davvero?
Beh, io e la vostra mamma lo abbiamo fatto.
~
Trailer: https://www.youtube.com/watch?v=kLzoGYhAfeE
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Luke Hemmings, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Lune's Love'
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8. Impossible
 
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And now when all is done
There is nothing to say
You have gone and so effortlessly
You have won
You can go ahead tell them
Tell them all I know now
Shout it from the roof tops
Write it on the sky line
All we had is gone now
Tell them I was happy
And my heart is broken
All my scars are open
Tell them what I hoped would be
Impossible, impossible.


 
 
 *qui Nanek che vi parla! leggete le note a fine capitolo, sono importanti*

 
 
Sapete una cosa, bambini?
Quando si ha appena vent’anni, noi maschi abbiamo ancora la testa dei ragazzetti di quindici.
Perché ve lo dico?
Perché quello che ho fatto è l’esempio lampante.
Avevo mandato a puttane la mia relazione nell’arco di una serata, una relazione cominciata un anno prima, una relazione difficile, piena di sofferenza e di paure, una relazione che, se dovevo farla finire così, tanto valeva non cominciarla neanche, non trovate?
Da quella sera, bambini, che avreste fatto voi?
Chiaramente, avreste chiamato la mamma, avreste chiesto scusa, avreste preso il primo volo per l’Italia, per raggiungerla, per strisciare ai suoi piedi e implorare perdono, vero?
Beh, bambini, posso dirvi solo che adesso, ripensando a quello che ho fatto in realtà, mi sento sempre più coglione.
Perché io non l’ho chiamata, la mamma.
Perché io, stupido ventenne, non l’ho contattata, non ho cercato il suo perdono, non ho cercato di chiarire le cose, non ho voluto avere le palle di affrontarla, lasciando solo che Calum e i suoi discorsi mi riempissero la testa.
Colpa di Calum?
No, bambini, era solo colpa mia e del mio essere così idiota.
Avevo deciso, nell’arco di una mezz’ora, di mandare tutto a puttane.
Per cosa, poi?
Per la vita da single, la vita da rock star, la vita passata tra discoteche, sigarette, alcool e ragazze troppo facili che non aspettavano altro che mettermi la lingua in gola.
Ed io, bambini, avevo considerato questa merda la mia vita.
Avevo deciso che era la mia strada, avevo deciso che la mamma era solo un modo per impedirmi di sfruttare a pieno quello che la vita mi stava offrendo, avevo scelto tutte queste stronzate piuttosto che ascoltare quello che volevo davvero, nel profondo.
Mentivo pure a me stesso, quando Calum mi chiedeva «Ti diverti?»
Mentivo, perché in realtà provavo disgusto, provavo un certo senso di colpa verso la mamma, verso quella parte di me che aveva fatto di tutto pur di starle accanto.
Mi sono distrutto, bambini, mi sono lasciato tutto alle spalle solo per… non lo so neanche io.
Comunque, da quella festa dello zio Ash, ho lasciato passare un mese intero.
Un mese pieno di sbronze, pieno di testa dolorante e vuoti di memoria, un mese pieno di ragazze di ogni tipo che mi sorridevano, mi accarezzavano e io non capivo nulla, tanto che, una volta, credo pure di aver vomitato di brutto sulle scarpe di una di loro.
Non concludevo mai nulla, a parole di Calum, ero sempre troppo ubriaco per riuscire a fare sesso, ero sempre così confuso, ero sempre così… ossessionato da quella parte di me che tenevo nascosto di giorno.
Perché di giorno credevo davvero di odiare la mamma.
Di giorno mi convincevo che, per colpa sua, avevo mandato a puttane i miei impegni, la mia passione per la musica, i miei amici, la mia vita così piena di avventure ancora da vivere.
Lo pensavo davvero, non so neanche con che coraggio formulavo questi pensieri.
Forse, lo sguardo felice di Calum, mi convinceva di aver fatto la scelta più giusta.
Forse, vedere il mio amico felice, mi convinceva che il vero Luke Hemmings era tornato al mondo, rinato, ancora più figo di prima.
Eppure, bastava un po’ d’alcool e la verità veniva fuori.
Mi mancava la mamma.
Mi mancava e io ero solo un idiota.
Mi mancava e lo dicevo ad ogni ragazza che ci provava con me.
Mi mancava e provavo disgusto a essere baciato da altre persone.
Sì, bambini, io… io credo di essermi baciato più di qualche ragazza, alle feste.
E… beh, io provo vergogna ad ammetterlo.
Mi dispiace così tanto.
Cosa posso dire?
Posso solo tentare di giustificarmi.
Ero ubriaco, non capivo bene, erano azioni così improvvise, ero andato e non avevo troppo cervello in funzione.
Grazie al cielo, non avevo forze per fare sesso, almeno un briciolo di dignità per me stesso l’ho tenuto.
Però… sì, sono volati baci a persone sbagliate.
E solo quelli, per mia fortuna.
E per fortuna che la mamma ha saputo perdonarmi, tempo dopo.
Tuttavia, da ubriaco la cercavo, di questo ero più che sicuro.
Alle ragazze che incontravo… non chiedevo neanche il nome.
Loro non erano Vanessa.
Loro non erano Vane.
Ho un ricordo, bambini, un ricordo di quel 4 agosto 2016.
Vi suona familiare questa data, vero?
Il giorno dopo del compleanno della mamma, il suo ventitreesimo compleanno.
Quella notte ero ad una festa, lo zio Calum sapeva sempre come imbucarmi in ogni locale pieno di gente e di divertimento, lo zio Cal è sempre stato un po’ così, festaiolo, allegro, voglioso di divertirsi fino allo stremo.
E anche in quell’occasione ero ubriaco.
Però mi ricordo, bambini, mi ricordo cos’ho combinato.
Era notte, saranno state le due, forse le due e mezza… e mi pareva di aver visto la mamma.
Cosa impossibile, dato che mi trovato in Spagna.
Ma, vi giuro, mi è sembrato di vederla, una specie di visione, una visione che mi è costata una caduta libera da un gradino.
L’ho come vista uscire dal locale ed, io, goffamente, ho seguito quell’illusione.
L’ho seguita, fino a sentire il vento freddo sulla pelle.
La vedevo, lì davanti a me, con un vestito azzurro chiaro, leggero, mosso appena da quell’aria fastidiosa, era scalza, i capelli raccolti in una coda.
«Vane…» ho provato pure a chiamarla, ma è durato tutto così poco.
Sono stato accecato da un flash, niente meno che un paparazzo che mi ha sentito parlare da solo, mentre la mano destra era come indirizzata verso quella figura che non c’era più.
Ho imprecato contro di lui, ho cominciato a camminare barcollando, ho cominciato a capire che giorno fosse e che cosa mi ero scordato.
Non l’avevo chiamata.
Non le avevo fatto gli auguri per il suo compleanno, che era il giorno prima.
Da stupido, bambini, ho avuto la malsana idea di chiamarla a notte fonda.
«Pronto?»
«Tanti auguri, Vanessa!»
«Ma che cazzo…»
«Sono Luke Robert Hemmings! Ti ricordi di me, vero? Perché io mi ricordo chi sei, sai?» una risata da parte mia.
«Luke… Luke, cosa vuoi?»
«Farti gli auguri!»
«Un po’ in ritardo, non credi?»
«Non essere pignola, il 3 agosto è finito da solo tre ore!»
«Luke, stai bene?»
«Mai stato meglio, sai? Mi diverto»
«E perché mi hai chiamato, allora?»
«Perché volevo farti gli auguri! Tu non me li hai neanche fatti, cattivona. Lo sai che era il mio compleanno il 16 luglio, ho compiuto vent’anni!»
«Lo so, Luke»
«Beh, non mi ringrazi? Ti ho chiamato!»
«Luke, metti giù, per favore»
«Sei una cattivona»
«E tu sei ubriaco, come sempre»
«Hey! Io non sono sempre ubriaco»
«Ah no? E cosa bevi alle feste? Acqua?»
«Bevo una cosa trasparente, ma non è acqua» e mi credevo pure simpatico.
«Luke… qui è notte»
«Anche qui è notte, sono in Spagna!»
«Io… stavo dormendo»
«Non sei felice che ti ho chiamato? Mi sei apparsa come una visione, sai? Mi assilli sempre»
«Non era mia intenzione assillarti, Luke»
«Ho mal di testa»
«Okay, Luke»
«Non sembri felice di parlare con me» e la mamma ha trovato il coraggio di agganciare.
Mi ha chiuso la conversazione, ha spento il telefono e i miei tentativi di richiamarla sono andati a puttane.
Lo zio Calum mi ha trovato su una panchina, appena fuori dal locale, intento a canticchiare “Everything I didn’t say” mentre guardavo il cielo, mentre qualche volta il nome “Vanessa” veniva urlato più forte.
Per la prima volta, da ubriaco, ho pianto pensando alla mamma.
*
Il giorno dopo, mi sono svegliato verso mezzogiorno.
Il solito mal di testa, il cuscino per terra, i vestiti della sera prima ancora addosso.
Sul comodino dell’Hotel, una pastiglia e un post it dello zio Calum.
“Ieri sera hai chiamato Vanessa, da ubriaco. Sta mattina ha chiamato lei, vedi tu. Cal”
E, bambini, quello era solo l’inizio della chiamata più brutta della mia esistenza.
«Ciao»
«Se osi chiamarmi ancora, Hemmings, io non so cosa combino. Sei uno stronzo!»
«Scusa, ero solo…»
«Ubriaco! Ecco cos’eri! Sei sempre ubriaco, in questo ultimo mese sei più andato che sobrio!»
«Ti chiedo scusa, non volevo importunarti…»
«Sei solo un coglione, Hemmings! Sei solo una testa di cazzo! Vaffanculo, Luke, vaffanculo, perché mi hai fatto preoccupare quando dovrei solo riempirti di insulti per quello che hai fatto!»
«Vanessa… andiamo, adesso, cerchiamo di essere civili»
«Essere cosa?! Civili? Vuoi essere civile, Luke? Bene, allora, civilmente, grazie sai, per aver troncato la nostra relazione senza neanche avere le palle di dirmelo in faccia!»
«Hai bisogno di una delega per essere lasciata? Scusa, non credevo di avere a che fare con una principessa»
«Sei un fottuto bastardo»
«E tu ti comporti come una bambina»
«E tu non sei il Luke che per un anno mi ha voluto bene»
«Forse quel Luke non esiste»
«Forse tu ti lasci influenzare solo dalle stronzate che dice il tuo amico Calum, senza ragionare con il tuo cervello»
«Calum mi ha solo aiutato a capire quanto tu fossi nociva alla mia vita, alla band, a tutto quello che mi riguarda»
«Ma ti senti, Luke? Lo senti quello che dici?»
«Ci sento forte e chiaro, e sono pure sobrio»
La mamma non ha osato continuare.
Ha messo giù.
Sono rimasto in silenzio per cinque minuti.
Minuti nei quali risentivo la mia voce mentre la accusava di essere la causa del mio cambiamento.
Ero irriconoscibile.
Non ero io a parlare, non ero io, quello.
Eppure, il coraggio di chiamare di nuovo lo ha avuto lei.
«Lascia che mi tolga almeno un peso, Luke»
«Se non ci impieghi troppo…»
Un sospiro.
«Mi dispiace, Luke.»
«C-cosa?»
«Scusa, se ho creduto di contare qualcosa per te. Scusa, Luke, dovevo capirlo da subito che per te non ero altro che un altro gioco da usare, consumare e poi buttare via. Scusa, Luke, perché, all’inizio della nostra relazione, io credevo di essere solo una qualunque per te, credevo che ti saresti stancato di me dopo una settimana, se non due. All’inizio ho fatto di tutto pur di non lasciare che i miei sentimenti prendessero il controllo, perché sapevo di non poter essere così importante come mi dicevi tu. Ci ho provato a starti lontana, ci ho provato a non affezionarmi a te, ma tu insistevi, tu mi cercavi, tu mi aspettavi con ansia, con impazienza e… ho lasciato che quello che già provavo venisse fuori del tutto…»
Un singhiozzo.
Il mio petto stretto.
Mi sono seduto sul letto, come senza forze.
Ed eccolo lì, quel senso di colpa.
«Io volevo solo renderti felice, Luke. Io non volevo rovinare la tua carriera, io non volevo renderti la vita difficile, io non volevo neanche essere vista dagli altri in tua presenza! Cazzo.»
Le lacrime.
«Io… io non volevo essere “la ragazza di Luke Hemmings”, io non volevo venire ai Brits, io non volevo essere fotografata con te, io non volevo essere odiata dalle tue fan, io non volevo tutto questo, io volevo –voglio- la mia vita, come prima. Essere una faccia tra tante, essere una ragazza normale che va al cinema con gli amici senza finire su Twitter, senza la paura che qualcuno faccia foto per poi sbandierarle a tutte quelle ragazzine piene di gelosia e rabbia»
Le mie mani che tremavano.
«Io non volevo. Ma tu l’hai fatto. Senza consultarmi, senza chiedermi il permesso, tu hai scelto per entrambi, hai scelto per me, buttandomi in pasto all’odio, alla gente cattiva, alle fan isteriche che non mi hanno risparmiato neanche una parolaccia. Tu mi hai buttato dentro l’inferno e io non ho mai avuto la forza di dirtelo perché…»
E in quel momento ero sicuro di odiarmi.
«Perché mi sono innamorata di te. L’errore più grande della mia vita»
Silenzio.
Un silenzio durato un minuto, prima che la tortura continuasse ancora.
«Non volevo dirti quanto soffrivo. Non volevo dirti quanti insulti o minacce ricevevo, non volevo farti sentire in colpa per quello che mi avevi fatto, non volevo, perché con te stavo bene, perché quando c’eri tu, qui con me, il resto non esisteva, resettavo tutto. Eri perdonato perché tu sei Luke Hemmings, e solo il cielo sa quanto ti ho desiderato, quanto ti ho aspettato, quanto mi sono illusa, dato che io sono solo una stupida fan, senza niente di speciale, senza niente di unico»
«Vane…»
La mia voce era un sibilo.
«Ogni volta che ti vedevo, credevo valesse la pena sacrificare la mia vita da ragazza “normale” per te. Mi sono chiesta molte volte se tu valessi la pena, ho passato notti insonni a domandarmelo, ho passato intere serate con le amiche a discuterne. E, sì, io mi dicevo che valevi la pena, tu valevi ogni cosa e io, forse, ero solo una sciocca, perché ancora dubitavo di te»
«Ti prego…»
«La verità, però, è che a te non ti importava così tanto di me. Lo hai dimostrato, lasciandomi senza neanche affrontarmi, dando retta ad un tuo amico che, in realtà, tanto amico non è, dato che ti ha solo convinto che io sia la causa dei vostri insuccessi. Come se io potessi veramente fare la differenza! Le vostre fan vi amano, fidanzati o single, le vostre vere fan vi amano»
«Io non…»
«Tu mi accusi di averti rovinato la carriera, la vita. Ma non ti sei mai chiesto quante volte io mi sia trovata sola ad affrontare la mia di vita? Ti sei mai chiesto perché ho smesso di andare all’Università? Ti sei mai chiesto perché non mi hanno più vista in nessun locale con le mie amiche? Ti sei mai chiesto perché ho cancellato tutti i miei profili in Internet? Rispondimi.»
«… No…»
Ho deglutito rumorosamente.
«Perché mettevo te davanti a tutto. Non potevo continuare l’Università, perché non sapevo quale sarebbe stato il mio futuro: ero confusa, ero piena di pensieri di ogni tipo, non sapevo con chi parlarne, non sapevo con chi confidarmi, stavo solo andando nel caos più totale; io speravo di trovare in te un appoggio, speravo di poter far luce sui miei dubbi, sulle mie paure, speravo tu mi potessi aiutare, speravo davvero di trovare una soluzione o una consolazione ma… più ti guardavo, più mi sentivo egoista a parlartene. Tu stavi vivendo il tuo sogno, cosa poteva importarti della mia vita? Dei miei di sogni? Dei miei progetti? Non osavo distoglierti dai tuoi impegni, non osavo rendere tristi e complicati i nostri incontri con le mie paranoie, perché tu facevi sforzi enormi per stare con me e… io volevo solo renderti felice. Non sono più andata in alcuni locali perché avevo paura di essere riconosciuta, avevo paura che si creassero nuove chiacchiere sbagliate sul mio conto, chiacchiere che avrebbero rovinato la tua immagine. Io ho messo te, davanti a tutto, io ho messo te e solo te davanti alla mia stessa vita»
Mi sono sentito rabbrividire al sentire quelle parole.
Mi sono sentito fuori dal mondo, come se per tutto quel tempo fossi stato solo in una bolla, isolato dai suoi problemi, concentrato solo su noi due, sui miei impegni, sul mio viaggio.
Mi sono sentito in colpa per non esserle stato vicino.
«Io non ti ho chiesto questo. Non ti ho mai chiesto di rinunciare a te stessa, io… io non volevo questo»
«Lo so, Luke. Eppure, io pensavo di fare la cosa giusta per te»
E quel silenzio l’ho odiato.
Quel silenzio era un “addio” ancora da sussurrare.
Un addio che, in quel momento, non volevo.
Eppure, non ho avuto il coraggio di evitarlo.
«Non chiamarmi più, Luke. Neanche da ubriaco. Non chiamarmi, non cercare di contattarmi. Stammi lontano, non ferirmi più di quanto tu non abbia già fatto»
«Vane… io…»
«Goditi la tua vita, rock star. Stai solo attento a non lasciare incinta troppa gente.»
La mamma ha riattaccato proprio così.
In quello stesso istante, è pure entrato lo zio Calum in camera mia.
Mi ha osato chiedere come stavo.
Ed, io, falsamente felice, ho osato anche rispondere «Bene, mi sono finalmente tolto una palla al piede»
Quello che non sapevo, bambini, era che di lì a poco mi sarei pentito amaramente della mia scelta.
Mi sarei pentito di tutto.
Ed ho rischiato di credere che fosse troppo tardi per tornare indietro.

 
 



 

Note di Nanek
EEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEH
FEEEEEEELING LIKE 22!!!
Sono ufficialmente più grande anche di Ashton adesso ahahah
e pensare che questo capitolo è ambientato tra un anno, e pure in sti giorni qui!!
Beh, che dite? Lo uccidiamo Luke?
No dai... piccolo lui, ha solo... un po' di segatura in testa!!
Lasciamogli un po' di tempo dai.
Ioooooooooooooo ho un mini annuncio, ma credo che lo abbiate già intuito dalle note di tomorrow never dies (se leggete sta ff), ma lo ripeto: PURTROPPO per me, ho un esame ultra vicino, l'ultimo per la precisione, ed è DAVVERO molto importante e decisivo.
Oltre a questo, PARTO vado finalmente in vacanza, che ho le gambe cadaveriche, più luminose di Michael, e mi godrò un po' di riposo, dato che è tutta l'estate che ho 3000 impegni.
Inoltre, PACKBELL, ossia il mio adorato PC, sta male, oggi sono qui ad aggiornare per miracolo, ma appena ho finito qui lo riporto da quel nerd che non so che gli abbia fatto: insomma, il mio computer sta facendo scherzetti, ha bisogno di essere aggiustato, e non posso usarlo per un pochetto.
Tutto ciò per dire che: questa ff NON verrà aggiornata fino al 22 AGOSTO, e lo so che mi starete già linciando perché vi lascio con Luke e Vanessa divisi, ma anche se aggiornassi... la situazione sarebbe più o meno sempre questa, ci vorrà un po' prima che le cose tornino serene, e qua lo spoiler è scivolato in pieno.
Quindi, io vi ringrazio per la comprensione, confido in voi e nella vostra pazienza.
Grazie come sempre per tutto quello che fate per questa ff <3
Ci vediamo dopo il 22 agosto, nell'attesa, sappiate che c'è sempre quella OS su Niall nel mio profilo.
A “presto”
Nanek
  
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