Libri > Le Cronache di Narnia
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Autore: Neera Everdeen    07/08/2015    1 recensioni
Luce non è una ragazza come tante: pochi amici, una vita passata tra lo studio e il mondo degli artisti, appassionata di arte, letteratura e di tiro con l'arco, la sua vita cambia radicalmente quando perde i genitori in un terribile incidente stradale. Una lettera spedita da un'anziana signora, sua nuova tutrice, la porterà alla scoperta di un mondo diverso, un mondo che sente suo.
Genere: Avventura, Azione, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro Personaggio, Aslan, Susan Pevensie
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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~~Apro gli occhi, e la luce fa male. Li socchiudo, cercando di mettere a fuoco la stanza. Sembra un’infermeria, dalle grosse finestre e dai lettini morbidi. Mi tocco la fronte, trovandoci una pezza. Era solo un sogno. I centauri, i  ragazzini ( i “Re” e la “Regina”) e quelle strane creature. Sorrido. La febbre fa brutti scherzi. Riappoggio la testa sul cuscino,quando una voce femminile fa capolino dietro la tenda verde di velluto che forma la “stanza”. Questa si apre, mostrando una donna dai lineamenti gentili e la pelle..blu?
Sbarro gli occhi, e lei mi guarda ridendo.
- Non fare quella faccia. Non ti ricordi di me?-
Scuoto la testa. No che non me la ricordo. Sembra una versione XXL di Puffetta, solo con i capelli verdemare.
Deglutisco con forza.
- Dove sono?- chiedo, agitandomi.
- In infermeria.- mi risponde lei, perplessa.
- Questo lo avevo capito.- commento, ironica. Odio quando mi rispondono con cose ovvie.
- A Narnia, perché?-
La guardo come se mi avesse appena detto che gli asini volano. E che cavolo è Narnia?
Faccio per alzarmi dal letto, quando scopro di essere nuda. Mi copro fino al mento con la coperta, cercando di nascondere l’imbarazzo.
- Ti passo i tuoi vestiti, aspetta un secondo.-
Mi fa un sorriso dolce e sincero. Può avere l’età di mia madre. E le somiglia parecchio. Una fitta di nostalgia mi stringe il petto. E Susan? Si starà preoccupando nel non vedermi?
Accantono i pensieri con un gesto. È solo un sogno. Solo un maledetto sogno nei deliri della febbre.
Quando questa ritorna, mi aiuta ad indossare la biancheria e un abito verde smeraldo. È comodo, senza corsetti o sottogonne vaporose. Un semplice abito verde elegante, di stoffa morbida e delicata. La Ninfa , riconosciuta dai libri di creature mitologiche Greche di cui avevo una discreta conoscenza, grazie alla passione per la mitologia di mio padre, dice di chiamarsi Aaliyah. Comincia a pettinarmi i capelli, che scopro lavati e profumati. Mi spiega tutto quello che devo sapere: cioè che ogni porta era stata chiusa dopo l’ultima battaglia e la distruzione della vecchia Narnia, molto più piccola di adesso. Mi guardo da uno specchio che la Ninfa mi porge. Splendida. Per la prima volta mi sento bella. La donna mi sorride e mi appoggia una mano sulla spalla.
- I Sovrani ti aspettano. Ti accompagno alla Sala del Trono.-
Fuori dalla stanza, tutto è lussuoso all’ennesima potenza. Quadri, statue e deliziosi fiori nei loro vasi. Ci sono anche decine di specchi e finestre estremamente alte. Fuori, la neve volteggia delicata.
Ci sono decine di Fauni, uomini capra, centauri, ninfe, gnomi. Tutti mi guardano con curiosità, o con paura.
- Perché mi guardano tutti?- chiedo alla donna che mi accompagna, a mezza bocca.
- Oltre ai sovrani, nessuno conosce altre “figlie di Eva”.- deve essere un modo per indicare le femmine umane. Guardo dritto davanti a me, senza badare a nessuno, anche se mi sento osservata in modo inquietante. Arriviamo di fronte a una porta gigantesca, in legno con borchie di metallo. Viene aperta da due fauni, che fanno un sorriso alla Ninfa e guardano me con ammirazione. Dentro, tre troni sono occupati dai Sovrani, adolescenti, mentre Evelin e Sectem sono in un angolo. Una finestra occupa tutta la parete dietro i Re. La centaura mi guarda malissimo, mentre l’uomo cavallo mi sorride radioso. Mi sento in imbarazzo, in fondo sono un’estranea. I Re e la Regina si alzano appena entra un vecchio da una porta secondaria. È un uomo anziano, vestito con una lunga tunica di tela marrone, simile a quella dei frati, con dei radi capelli bianchi, il viso rugoso e le orecchie a punta. Si siede su una sedia che gli viene data da una Evelin più dolce e mansueta. L’uomo (?) le fa un sorriso, e si siede. Aaliyah si sposta in un angolo della stanza. La ragazzina si rivolge a me.
- Da dove vieni?-
- Dalla terra.-
- Come ti chiami?- chiede un ragazzo più grande di lei.
- Luce.-
- Un nome strano, non trovate?- dice Evelin con una punta di sarcasmo.
- Oh ,detto da un centauro poi..- rispondo io, con una nota di stizza. A scuola non era raro vedermi alle prese con dei bulli e disarmarli con le mie note sarcastiche.
- Quanti anni hai?-
- Quindici.-
- Torniamo a noi. Come hai fatto ad arrivare qui?- mi chiede il più grande.
Spiego brevemente la faccenda dell’armadio. Mi guarda, concentrato, e la cosa mi mette a disagio. Sono un essere umano come lui, non un maiale con due teste e la pelle verde, ma credo che questo qui sia la normalità.
- E l’arco? Come lo hai avuto?-
- Me lo ha regalato la mia tutrice e .. oh, ma io vi conosco!- esclamo. So di averli già visti, da qualche parte. Poi  mi viene in mente. Il quadro appeso in biblioteca e le foto.
- Voi siete i fratelli di Susan!-
- Come scusa?- chiede il vecchio sporgendosi.
- Sì, mi ha fatto vedere un quadro in biblioteca con i loro ritratti e mi ha spiegato che erano i suoi fratelli, morti in un incidente ferroviario..- mi sento impallidire. Loro sono morti. Non è possibile.
- Avete sentito? Nostra sorella ci crede morti. Ecco perché ha tenuto l’armadio.- dice in generale il grande, con un sorriso vittorioso.
- Non sia precipitoso, mio Re.- dice il vecchio, con pazienza. – è tutto da dimostrare, non abbiate fretta.-
- E io? Posso tornarmene a casa?- chiedo, con una nota di supplica nella voce.
- No.- mi dice annoiato il ragazzo al lato sinistro del maggiore, guardando fuori da una delle finestre.
- Susan si preoccuperà non appena vedrà che non..- vengo interrotta dalle risate dei presenti.
- Il tempo è diluito diversamente da dove sei arrivata- mi spiega la ragazzina- se qui sono passati due giorni, lì solo pochi attimi.-
- Se lo dite voi..- dico, poco convinta. Lucy, così la sento chiamare, si avvicina a me porgendomi la mano. Deve avere sì e no  dieci o undici anni. Mi trascina fuori dalla stanza, verso una camera al piano superiore. Tutti i sudditi restano interdetti, alcuni sorridono alzando gli occhi al cielo, scuotendo la testa. Mi porta tra corridoi, scale e porte, fino ad arrivare davanti ad una con una maniglia non dissimile a quella della stanza dell’armadio.
- Eccoci qua!- dice, soddisfatta, aprendo la stanza. Resto sulla soglia, davanti alla stanza più grande e bella che io abbia mai visto. È grande come il mio appartamento a New York, con un enorme letto a baldacchino dalle lenzuola bianche e una grossa finestra parallela. Una grossa libreria occupa metà parete, affiancato da una poltroncina di velluto verde e oro. Uno specchio è di fronte al letto, con sotto una scrivania e una sedia. Un tappeto arabescato occupa buona parte della stanza.
- Oh e c’è anche un bagno tutto tuo!- apre un’altra porticina della stanza, trovandomi davanti ad una vasca da bagno e ad una toeletta con dei profumi e una spazzola, assieme ad un altro specchio.
Resto senza parole.
- Non dovevate io.. grazie.- resto spiazzata di fronte al sorrisone della piccola sovrana.
- Doveva essere per Susan.- mi dice, guardando per terra.- ma sono felice che ti abbiano dato la possibilità di restare.-  aggiunge, con un sorrisone a ottocento denti.
Mi lascia sola, mostrandomi una cassapanca piena di vestiti. Se voglio posso girare per il castello in sua compagnia, più tardi. Mi siedo sul letto, lentamente, accarezzando le coperte lisce. Guardo fuori dalla finestra la neve che non smette di cadere,mai. Sobbalzo quando sento bussare alla porta.
La apro, trovandomi davanti i due sovrani restanti, che mi porgano l’arco e la faretra. Resto perplessa dal gesto, ma la accetto ringraziando. Si presentano come Edmund , il più piccolo dei due, della mia età, e Peter, di sedici anni. Quest’ultimo mi guarda fisso e non riesco a nascondere lo sguardo di sfida che si accende nei miei occhi. Se non sono riusciti ad intimorirmi bulli due volte lui, non ci riuscirà di certo un moccioso solo perché ha un anno e qualche millennio in più di me. li ringrazio cordialmente e chiudo la porta con un ghigno soddisfatto.
 Mai sfidare Luce, questo è certo.
 
   
 
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