Anime & Manga > Death Note
Segui la storia  |       
Autore: Ellyna_Mel    27/01/2009    5 recensioni
Sorrise. Era arrivato il momento di giocare un po’. Aveva sistemato la sua Bambola su una seggiolina bassa, con un bel vestito nuovo, ed era pronto a servirle del tea caldo. Perché c’era solo una cosa che interessava il Bambino, i giocattoli, e in particolare le sue Bambole. Quelle non erano giochi comuni, le custodiva gelosamente, non le faceva vedere a nessuno, e le teneva nella Dimora fino a che non si rompevano. Perché purtroppo, le Bambole avevano il grande inconveniente di essere molto fragili.
Genere: Dark, Drammatico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Matt, Mello, Near
Note: Alternate Universe (AU), OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
† The Toys Room †


Capitolo 1: Meeting

In un appartamento di Fleet Street, a Londra, un ragazzo si svegliò di colpo, nel cuore della notte. Il viso sudato, i capelli rossi arruffati appiccicati alla fronte, respirava affannosamente seduto sul materasso, le coperte mezze buttate per terra. Non capiva nemmeno bene cosa gli fosse successo: non si ricordava di aver fatto un incubo. Era stato un svegliarsi improvvisamente preso dal panico senza alcuna ragione.
Si guardò attorno furibondo, la testa che girava a destra e a sinistra in cerca della motivazione di tutto quello. Niente, solo la luce del lampione gialla che entrava attraverso la finestra nella caotica camera da letto, illuminando un po’ dappertutto.
E adesso, Mail Jeevas, così si chiamava il ragazzo, aveva anche bisogno di andare in bagno! Ancora più di cattivo umore (Era infatti una persona abbastanza pigra.), si sfilò dalle coperte e si catapultò nel minuscolo bagnetto del suo appartamento. Non accese nemmeno l’interruttore, conosceva a memoria la strada per il gabinetto.
Per lui, il momento di pisciare era da considerarsi una goduria. Una piccola e magra consolazione di fronte a quel risveglio tremendo. Mezzo minuto per calmarsi, passarsi una mano sulla fronte, e poi rialzarsi tirandosi su le braghe, ma senza tirare l’acqua.
Si fermò poi davanti allo specchio, osservando il suo riflesso nella penombra notturna. La pelle un po’ troppo pallida, nessun muscolo in evidenza, i contorni poco nitidi, in quel buio, di un tatuaggio sull’avambraccio sinistro, fatto un anno prima in un momento di particolare spregiudicatezza: una diavoletta dalle forme provocanti, portante solo le mutandine, il seno enorme ben in evidenza. Si chiese, per l’ennesima volta, cosa ne avrebbe fatto arrivato ad un’età più matura…
La domanda rimase come al solito senza risposta.
Grattandosi un gomito, uscì dalla stanza, ma non si diresse in camera sua. Tanto non aveva più sonno… Preferì, al contrario, andare nell’altra camera, quella di Mihael, il suo coinquilino. Vivevano assieme da due anni ormai…
Lo trovò disteso nel suo letto, quello matrimoniale che una volta era appartenuti ai suoi genitori, Mr. e Mrs. Jeevas, che dormiva profondamente, i capelli biondi sparpagliati sul cuscino, le labbra semiaperte che gli davano un’aria tenera, pareva un bambino.  
“Meno male che almeno lui dorme tranquillo.” Pensò già più sollevato.
Ci teneva molto a lui, erano inseparabili.
Mihael non lo sapeva, ma erano molte le volte in cui Mail, osservando l'amico addormentato, ripensava al loro primo incontro, a come era iniziata questa morbosa amicizia... Morbosa da parte sua, non certo da quella del biondino che, nonostante avesse accettato di convivere con lui, non aveva altrettanto digerito la prima impressione che poteva aver avuto Mail sul suo conto...

Era una gelida notte d'inverno, quella di due anni prima... Di quelle in cui sarebbe stato un bene restasene in casa al caldo, magari davanti un camino acceso e in compagnia di amici o parenti. Al calduccio, lontano da quel vento gelido che ti penetrava in corpo come lame taglienti, fino alle ossa.
Ma a Mail del vento e del freddo, quella sera, non importava nulla... Sentiva semplicemente il bisogno di uscire da quell' orrido appartamento che da alcuni mesi era rimasto a lui in eredità... No, i suoi non erano morti, se ne erano semplicemente andati via senza alcun preavviso, senza salutare ne dare spiegazioni, ne avvertire su un loro probabile ritorno. Niente di niente, eclissati nel nulla.
Mail aveva diciassette anni all'epoca, e conosceva abbastanza la sua famiglia da potersi aspettare tale gesto... Non se ne preoccupava più di tanto, a lui bastava stare bene con se stesso ed avere i suoi videogiochi. I soldi non gli mancavano, aveva giusto trovato un lavoretto part-time ad un pub in Fleet Street, a pochi isolati dal suo appartamento.
Da quando i genitori lo avevano abbandonato, quel luogo era un vero macello. Disordine ovunque, letto sfatto durante tutta la giornata e cicche di sigarette, perché ovviamente data l' assenza dei genitori poteva permettersi di fumare tranquillamente, sparse per il pavimento, accanto al divano bucato un po’ ovunque sempre a causa di queste ultime... Mail purtroppo aveva rotto involontariamente il posacenere e non aveva decisamente voglia di interrompere le sue partite per andarne a comprare uno nuovo.
Quella sera però, Mail non aveva intenzione di starsene a marcire in quel porcile che aveva creato negli ultimi mesi. Uscì di casa nonostante il tempo per dirigersi, come ogni sera, al pub in cui lavorava fino a tardi...
Aveva appena messo piede fuori casa quando, guardando il cielo nuvoloso e sentendo la neve cadere sui suoi capelli facendolo rabbrividire, si accorse di aver dimenticato qualcosa di essenziale per la sua incolumità! Corse nuovamente sulla scalinata che portava all'appartamento dandosi dell'idiota per poi, raggiante, uscirne con il suo amato game boy...
Percorse Fleet Street a grandi falcate: dopotutto il tempo era quello che era, e lui non era certo uno dei suoi amati personaggi dei videogame, il freddo lo sentiva e fin troppo bene, e non aveva alcuna intenzione di beccarsi una qualche polmonite...
Aveva ancora gli occhi puntati sulla sua consolle quando, sentendo un fruscio continuo provenire da dietro il pub in cui lavorava, i suoi occhi si posarono, curiosi, su un ammasso di coperte contro il muro.
Sospirò pieno di sconforto. Non era una cosa nuova per lui, vedere dei senza tetto morire congelati in mezzo alle innevate strade londinesi... Non era altrettanto una cosa nuova trovarsi questi ultimi a cercare un poco di calore accovacciati accanto ai muri dei pub, riparati dai bordi dei tetti.
Non seppe mai spiegarsi bene il perché, perché sentì un grumo pesante in mezzo allo stomaco davanti a quel quadretto desolante di un povero di paese detto “occidentale” come il Regno Unito.
Gli si avvicinò lentamente, notando che questo si muoveva. Il battito dei denti di quel poveretto era a malapena percettibile, doveva essere esausto e mezzo assiderato.
< Hey, tu... Stai bene?> chiese gentilmente accucciandosi lentamente di fronte alla figura tremante.
Quest'ultima alzò il capo coperto da un leggero cappuccio in pile, scoprendo un viso da ragazzino, forse un po’ sciupato a causa delle condizioni in cui stava, con i segni della denutrizione sulle guance, ma che mostrava fin troppo evidentemente l'età del possessore. La fronte era coperta da una frangetta bionda... Gli occhi azzurri, resi acquosi dall’influenza che non aveva potuto evitare stando al freddo, strabuzzati e fissi su quelli del castano.
La giovane figura annuì lentamente battendo ininterrottamente i denti e riprendendo a fissare la neve che cadeva al suolo.
Mail era rimasto abbastanza scosso vedendo un ragazzo, molto probabilmente della sua età, in quelle condizioni.
< Sei sicuro? Fa davvero freddo ‘sta sera, hai bisogno di aiu...>
< Mail!> lo interruppe la voce del suo capo, fermo davanti all'ingresso del locale con un'aria leggermente irritata sul volto < Si può sapere cosa ci fai lì fuori? Avanti, cammina a lavorare, mica ti pago per startene ad osservare la neve che cade come un bambino di cinque anni! Se vuoi metterti a fare pupazzi di neve li farai domani, ti aspetta una lunga nottata di lavoro adesso!>
Mail distolse velocemente lo sguardo dal biondo, correndo immediatamente dentro il pub.
Avrebbe avuto voglia di aiutare quel ragazzo, magari offrendogli qualcosa da mangiare, ma non ne aveva la possibilità in quel momento... Era già una fortuna per lui aver trovato lavoro, e non poteva certo permettersi di far irritare il suo capo, o sarebbe certamente finito a fare compagnia a quel poveretto in mezzo alla strada...
Si diresse talmente velocemente al bancone da non accorgersi che, mentre lui obbediva al proprietario, quest'ultimo aveva lanciato un' occhiata poco rassicurante al ragazzo che poco prima aveva tentato di soccorrere...
La serata passava velocemente. Ogni tanto Mail si fermava per chiacchierare del più o del meno con qualche amico seduto ad un tavolino, ma non poteva permettersi più di tanto... Non con il capo che si ritrovava... Era il classico vecchio burbero pronto a prendersela con lui al minimo errore. Due enormi baffi gli coprivano la bocca, e lo sguardo gelido sempre puntato su di lui, a controllarlo perché lavorasse come si deve...
"Aspetta che ne abbia la possibilità e me ne vado da questo postaccio..." pensava il ragazzo da alcuni mesi... Sperando arrivasse presto l'opportunità di trovare una casa altrove e non rivedere più quel vecchiaccio che tanto lo assillava.
Aveva quasi finito di lavorare, i clienti erano quasi spariti tutti, quando, sentendo delle grida provenire da fuori, corse subito a vedere cosa fosse successo.
C' era il suo capo che urlava... E c'era un ragazzo a terra davanti a lui, seduto sempre con lo sguardo fisso sul terreno bianco.
< Ho detto che te ne devi andare! Sei sordo forse? Dai una brutta immagine del locale standotene seduto qui davanti con quegli stracci per coprirti! Vattene, trovati un altro posto!>
< Io non mi muovo...>
< Cosa?!> esclamò il vecchio rosso di rabbia, guardandolo malissimo.
< Qui fa più caldo, non voglio andarmene. Non sto dando fastidio a nessuno, non chiedo l’elemosina e nemmeno del cibo. Voglio solo riposare.>
La voce del ragazzo era sicura e senza alcun timore, non balbettava, ne aveva ripensamenti sulle proprie parole ritrovandosi quell' enorme figura minacciosa e furente davanti a sé... Solo il tono arrochito mostrava abbastanza evidentemente quanto realmente stesse male.
Ma di questo il padrone del pub non tenne conto. Quel parassita non gli faceva alcuna pena.
Stava perdendo la pazienza, e non ci avrebbe pensato due volte a prenderlo a calci pur di farlo sloggiare. Lo avrebbe tranquillamente fatto senza preoccuparsi delle conseguenze se non fosse prontamente intervenuto Mail.
Lo bloccò per un polso giusto in tempo, prima che lo colpisse violentemente rischiando di farlo rovinare a terra.
< Mail! Che diamine stai facendo?! Torna al lavoro!>
< Sta male… Non penso che colpirlo cambierebbe la situazione, non crede?>
< Tu fatti gli affari tuoi, ragazzo, e non sopporto questo genere di rognosi davanti al mio pub. Torna a fare il tuo lavoro e lasciami il polso!>
Mail obbedì, lasciando andare il braccio del padrone, ma non osò allontanarsi da loro, anzi, si avvicinò lentamente alla figura a terra porgendogli una mano per aiutarla ad alzarsi.
< Avanti, vieni, ti porto in un posto più caldo. Qui finirai solo per morire congelato…>

Il biondo alzò nuovamente lo sguardo per guardarlo. Mail stava sempre più male ogni volta che i suoi occhi incontravano quelli stanchi dell’altro. Gli faceva una gran male sapere di essere così fortunato, perfino nelle sue condizioni familiari, rispetto a quel ragazzino assiderato che, molto probabilmente, non aveva nessuno a cui rivolgersi.
Mosse lentamente le labbra sussurrando un flebile < Grazie.>, vacillando nel tentativo di alzarsi. Mail lo sorresse perché non cadesse a terra. Fu nel momento in cui lo sfiorò che si accorse di quanto, in effetti, fosse esile la sua corporatura. Gli venne in mente che probabilmente una ragazzina di tredici anni non avrebbe pesato di più…

rispose l’altro, reggendosi, le dita che riacquistavano sensibilità
Mail fissò allora il suo capo. Teneva le mani sui fianchi, un piede nervoso tamburellava sul marciapiede ghiacciato. I suoi occhi porcini erano serrati a fessura, un’espressione di profondo disappunto sul grugno.

lo interruppe con voce furiosa
< Sì, lo porto via, non si preoccupi, non le causerà più alcun fastidio…>
Mail aveva un tono di voce speranzoso, gli batteva il cuore. Non era mai stato religioso, eppure dentro di sé, sentiva la propria coscienza che gli diceva che aveva appena fatto una cosa giusta.
Sì allontanò sorreggendo il ragazzo per le spalle, camminando piano, perché riuscisse ad avanzare. Doveva avere una bella influenza, perdeva spesso l’equilibrio, e si aggrappava a Mail come se fosse stato un’ancora.
< Non avresti dovuto… Potevi lasciarmi lì…>
< E stare lì a guardare mentre il mio capo ti prendeva a calci in culo? L’avrebbe fatto senza rimorso, credi a me… O come minimo, saresti morto congelato. No, non ho potuto. Non so perché, ma ho sentito di doverlo fare… Comunque, mi chiamo Mail, e tu? >
< Mihael. E ti ripeto che non devi fare questo…>


< Piantala, certo che sì. Sarai affamato.>
Entrarono entrambi dentro al fastfood, ma Mihael si bloccò sulla porta ad aspettare Mail, molto restio a proseguire lì dentro: non se la sentiva di continuare rischiando che gli occhi di tutti venissero puntati su di lui, curiosi.
Mail se ne accorse ovviamente, ma non disse nulla: probabilmente il ragazzo si sentiva decisamente a disagio e, nelle sue condizioni, aveva solo bisogno di riposarsi e riprendersi.
Pagò non appena gli fu dato l’hamburger, optando per portare il cibo appena comprato a casa, prima di mangiarlo, per non metterlo in imbarazzo, vedendolo tanto in difficoltà di fronte all’idea di sedersi al McDonald.
Non lo avrebbe certamente lasciato per la strada a morire come un cane, questo era sicuro.
< Ascolta, andiamo a casa mia.> disse tornando da lui
< Eh? C-casa tua?> ripeté incredulo il biondino.
Perché quel ragazzo che nemmeno conosceva si rendeva talmente gentile e disponibile nei suoi confronti? Non riusciva a capire… Nessuno aveva mai fatto una cosa del genere nei suoi confronti, neanche le persone che in passate gli erano state vicine.
< Esatto… Non me la sento di lasciarti qui in queste condizioni, almeno permettimi di darti una medicina e farti mangiare questo a casa mia, visto che qui vedo che ti vergogni perfino ad entrare.>
< Perché? Perché fai tutto questo per qualcuno che neppure conosci? Potrei essere un assassino o un ladro, non puoi saperlo! E allora perché mi aiuti? Cazzo, sono solo un fottuto senzatetto rognoso!>
< Non lo so. Non me lo chiedere, perché a parte il fatto che mi faceva star male la situazione in cui eri, non lo so nemmeno io… So che nemmeno tu mi conosci, per quanto ti riguarda… Ma ti prego di fidarti, voglio solo aiutarti.>
Dopo alcuni istanti di esitazione che i due passarono a fissarsi silenziosamente, Mihael decise di accettare l’invito, sentendo le proprie gambe reggere sempre meno il peso del suo corpo, nonostante questo fosse già gracile per conto suo.
Lo seguì senza proferire parola. Nonostante fosse ancora debole, riusciva comunque a camminare senza il suo aiuto…
< Non è molto distante casa mia… Abito in un palazzo di Fleet Street. Non è proprio una reggia, anzi, è un vero casino, ma ci si vive comunque.> Tentò di rompere il ghiaccio Mail.
Inutilmente. Mihael pareva non ascoltarlo, aveva lo sguardo vacuo, molto probabilmente la febbre si stava alzando…
Una volta arrivati all’appartamento, Mail fece accomodare il biondino nel salotto, mentre lui si apprestava a cercare un’ aspirina da somministrargli.
< Vado a cercare le medicine, tu resta qui. Intanto mangia pure, non fare complimenti, quell’hamburger è tuo.>
Lo lasciò seduto sul divano, mentre cercava le medicine che, sua madre, aveva sempre tenuto in un cassetto del bagno. Il rosso non si ammalava quasi mai stranamente, perciò non era nemmeno molto abituato nella scelta delle medicine da utilizzare. Quelle scatole con sopra dei nomi astrusi parevano tutte uguali…
Buttò a destra e a manca le scatole dei cerotti e delle pasticche in cerca di una qualche aspirina contro l’influenza. Una volta trovata, corse subito dal suo ospite.
< Scusa se ti ho fatto aspettare! Ecco l’aspiri… Na…>
Tacque immediatamente trovandosi di fronte quella figura raggomitolata, profondamente addormentata sul suo divano. L’hamburger era ancora intero, probabilmente era talmente stanco da non sentire nemmeno la fame.




Ma bene bene... vediamo con nostra enorme gioia che il primo capitolo è piaciuto ^^ Questo è molto più soft rispetto il primo che avete letto, ma è solo per introdurre la storia dei due "nuovi" protagonisti, ghgh! Cosa attenderà i nostri amici? pensiamo abbiate già intuito qualcosa ma preferiamo non spoilerizzare! <3
Ah! un'ultima cosa... spiacente per le fan del genere, ma quì niente yaoi, Mello e Matt sono semplicemente amici molto legati tra loro...

Ne approfittiamo per ringraziare:

Prof
Reidina
Nee_chan
Kocuccha
Ker
per le recensioni ^^ Grazie 1000

Un kissone by Elly & Lolly!
  
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Death Note / Vai alla pagina dell'autore: Ellyna_Mel