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Autore: marmelade    07/08/2015    1 recensioni
Un venerdì sera, un appartamento al terzo piano, un gatto che miagola e tre amiche, ognuna con una paura diversa, nascoste dietro sorrisi tremanti e colli di birre.
C'è Vanessa, che ha paura di perdere Luke.
C'è Jade, che ha paura dei suoi sentimenti nei confronti di Michael.
C'è Mary, che ha paura di soffrire ancora una volta per Ashton.
Un venerdì notte, sigarette spente malamente in bicchieri di plastica, qualche lacrima amara, un gatto che dorme beato e tre amiche, che si ritroveranno ad affrontare le loro uniche e sole paure.
Genere: Fluff, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin, Luke Hemmings, Michael Clifford
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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~
Hello my only one, remember who you are
You got the world cause you got love in your hands
And you’re still my chosen one
So can you understand? One day you’ll understand


Rimani oggi, rimani domani, rimani per sempre.

 
«Sei comoda seduta così?»
«Sì»
«E sei sicura di non volere nessun’altro cuscino?»
«No, sto bene»
«Vuoi che ti abbassi un po’ di più il lettino?»
«Luke, ti ho detto che sto bene!» sbotta Vanessa, la voce pacata come al solito e gli occhi blu e dolci puntati sullo sguardo preoccupato del ragazzo accanto a sé. «Stai tranquillo, dai».
Le mani di Luke si stringono sulle coperte dal colore anonimo di quel lettino di ospedale e le sue labbra rilasciano continui sbuffi impazienti. «Perché non ce lo portano ancora? Sono passate tre ore, e non arriva ancora nessuna notizia».
Vanessa sorride dolcemente vedendolo così agitato, poi si allunga di poco – per quanto il dolore glielo permetta – e poggia la sua mano su quella di Luke.
«Rilassati, dai» lo tranquillizza, carezzandogli leggermente il dorso della mano «non c’è bisogno di agitarsi tanto».
Luke allora la guarda negli occhi, assottigliando i suoi ed aggrottando la fronte. «La fai facile tu» sbuffa lui, infastidito «l’hai già visto».
«Eh già...» Vanessa indietreggia con la schiena, poggiandola nuovamente sul cuscino «il privilegio di essere la mamma!» esclama poi, alzando di poco le spalle. Quell’esclamazione fa assottigliare gli occhi di Luke in due minuscole fessure imbronciate e la sua fronte si aggrotta, creando delle adorabili striature che fanno ridere di gusto la ragazza, che non si preoccupa più del dolore.
«Dai Luke, non te la prendere» lo consola ancora una volta, dopo essersi ripresa dalle risate «vedrai che tra poco lo porteranno».
«Ma sono passate tre ore, Vane!» sbotta il ragazzo, alzandosi di scatto dalla sedia posta accanto al lettino di Vanessa. Lei sussulta, presa alla sprovvista, mentre Luke si passa le mani tra i capelli biondi con fare quasi frustrato.
«Non è possibile che ci mettano così tanto» dice ancora, sbuffando «adesso vado a parlare con l’ifermie-?».
«Luke, siediti!» gli ordina Vanessa e, stavolta, il suo tono di voce è più alto del solito; difatti Luke se ne accorge e rimane basito, ancora con le mani a torturarsi i capelli.
Vanessa sospira e chiude gli occhi. Le si è formato un enorme cerchio alla testa e quella maledetta flebo ficcata nel braccio la mette a disagio, perché lei odia gli aghi e tutto quello di certo non aiuta, se ci si mette anche Luke con le sue paranoie.
«Sai quanti bambini sono nati oggi, Luke?» lo riprende severa «non è nato solo nostro figlio, stamattina».
«Sì, però...» cerca di ribattere lui, ma lo sguardo turbato – omicida, oserebbe dire – di Vanessa lo fa raggelare sul posto e capisce che l’unica cosa che deve fare, adesso, è sedersi accanto a lei, tenerle la mano e smettere di farsi quelle paranoie assurde.
Luke toglie le mani dai capelli e si siede – non prima di aver tirato un lungo sospiro rassegnato – e Vanessa fa un sorrisino soddisfatto, mentre lui mantiene lo sguardo sulla punta delle sue scarpe di tela.
E’ che ci teneva tanto a vedere subito il loro bambino, a stringere quel piccolo fagottino tra sue braccia troppo grandi che, messe a confronto con quel corpicino, risultano ancora più enormi di quanto non lo siano già. Quando la mamma di Vanessa l’ha chiamato, dicendogli che la figlia era appena entrata ospedale, Luke aveva mollato rapidamente il corso di macroeconomia – lasciando gli appunti sul banco dell’università e il professore nella sua continua spiegazione noiosa – ed era uscito dall’aula alla ricerca del primo autobus che portasse almeno un minimo vicino all’ospedale in cui era stata ricoverata Vanessa.
Quando era arrivato, però, aveva avuto solo il tempo di guardarla negli occhi e lasciarle un bacio veloce sulla fronte prima che lei entrasse in sala operatoria per il cesareo. Era rimasto tutto il tempo fuori ad aspettare insieme ai suoi genitori e, nell’attesa, aveva avvertito sua madre dell’imminente nascita con un messaggio.
«Andrà tutto bene, Luke, stai tranquillo» gli aveva detto suo padre quando l’aveva chiamato, essendo stato avvertito da Liz stessa, impegnata a scuola con le sue lezioni di matematica.
«Diventare padre è la cosa più bella del mondo» aveva continuato e Luke aveva notato una certa nota di commozione nelle sue parole. «Non importa a che età lo si diventa, nessuno nasce pronto per questo avvenimento e nessuno è un padre perfetto. Avrai i tuoi giorni no, i giorni in cui crederai di non essere all’altezza di questo ruolo ma, credimi Luke... il sorriso di tuo figlio ti farà credere che, in realtà, ne è sempre valsa la pena e che, per lui o lei, tu sarai sempre un eroe.»
Luke non aveva fatto in tempo a trattenere una lacrima per quelle parole e, ne era sicuro – avrebbe potuto giocarsi la sua collezione di fumetti preferiti – suo padre aveva finto di avere da fare solo per non scoppiare in un pianto di gioia mentre parlava con lui. Lui l’aveva lasciato andare, facendo finta di nulla, poi Andy gli aveva promesso che sarebbe passato insieme a sua madre nel pomeriggio per andare a trovare lui, Vanessa e il piccolo nipotino, e aveva attaccato. E Luke, nonostante tutto, aveva pensato che suo padre avesse ragione: agli occhi dei figli, i padri rimarranno sempre degli eroi.
«A che pensi?»
La voce di Vanessa arriva pacata alle sue orecchie, ridestandolo dal pensiero di suo padre al telefono con lui qualche ora prima, così scuote il capo e riporta lo sguardo su di lei, che ha il capo chino da un lato e qualche ciocca di capelli biondi che fuggono dalla coda spettinata.
Luke sorride, allungandosi verso di lei. «Secondo te di che colore saranno gli occhi di nostro figlio?» domanda, mentre le sue dita intrappolano due ciocche di capelli biondi di Vanessa, arrotolandole dolcemente.
«Beh, guardando me e te – che siamo i genitori, vorrei ricordartelo – avrà sicuramente gli occhi castani» ironizza lei, prima di fare una leggera smorfia con le labbra. «Oh, e non dimenticarti di mio padre e anche i tuoi genitori! Anche loro hanno gli occhi castani come noi, Luke, vuoi che nostro figlio ci spiazzi tutti e nasca con gli occhi azzurri?!».
Luke, a quel punto, scoppia a ridere di gusto e porta le ciocche bionde di Vanessa – che ridacchia leggermente a causa del dolore - dietro le sue orecchie, poi scuote veemente il capo, come rassegnato.
«Sei sempre la solita. Nemmeno il post parto è riuscito a cambiare questa vena ironica e saccente? Sei tremenda» la prende in giro.
«Probabilmente il post parto mi ha peggiorata» dice, alzando di poco le spalle «mi spiace per te che dovrai sopportare questa ironia insopportabile».
Luke sorride e, in meno di un secondo, è già vicino alle sue labbra morbide. «Vorrà dire che sopporterò, allora» e la sua mano finisce delicatamente sulla guancia arrossata di Vanessa, prima che le sue labbra si poggino con ancora più dolcezza su quelle di lei, coinvolgendola in un bacio che le fa mancare il fiato.
Sono tre anni e undici mesi che stanno insieme eppure, ogni volta che Luke la bacia, le fa sempre lo stesso identico effetto che ha provato la prima volta. Non sa come, non sa perché e come sia possibile ma, tutte le sacrosante volte che Luke è accanto a lei, si sente come una quindicenne in preda alla sua prima cotta adolescenziale, con tanto di attacchi cardiaci e farfalle nello stomaco. Eppure lei ha ventisei anni, il tremolio alle mani avrebbe dovuto abbandonarlo da un pezzo e la dose di farfalle nello stomaco dovrebbe essere quantomeno moderata, non così esageratamente eccessiva. Luke, però le provoca quello che lei, in realtà, prima di conoscere lui, non aveva mai provato: il vero amore.
E da eterna romantica deve ammettere che, in fondo, non è poi così male avere il cuore pieno di Luke Hemmings.
Lui la bacia in modo delicato, lento, in un modo che nessuno mai ha fatto, nello stesso modo in cui si vede fare in quei film che le piacciono tanto, nello stesso identico modo in cui si direbbe “mi prendo io cura di te”.  Perché, in realtà, Luke è questo quello che fa: si prende cura di lei, la rende felice con le piccole cose e la ama in un modo smisurato, in un modo che nemmeno Romeo e Giulietta o qualsiasi personaggio dei libri di Nicholas Sparks – il suo scrittore preferito – potrebbero immaginare.
Un po’ le piace immaginare che lei e Luke siano la storia d’amore della nuova generazione, la storia d’amore che tutti vorrebbero e che tutti invidiano ma, d’altro canto, le piace sapere che la sua storia d’amore è unica e speciale, l’unica e sola, e che non ce ne saranno altre di storie così.  
E mentre le labbra di Luke sono sulle sue, pensa che è stata davvero una sciocca a poter solo immaginare che lui, l’amore della sua vita, potesse abbandonarla in un momento così speciale per entrambi.
E sa che lui, in realtà, non andrà mai via.
«Non vorrei disturbarvi». Una voce nuova, che non hanno mai sentito prima, arriva inaspettata alle loro spalle, facendoli sussultare improvvisamente dalla sorpresa. Luke si allontana velocemente e di controvoglia dalle labbra di Vanessa che, invece, serra immediatamente le labbra come imbarazzata.
Luke si volta di scatto verso la porta. Un’emozione indescrivibile lo avvolge nel momento in cui nota il volto sorridente di una donna in tunica blu che stringe tra le braccia un piccolo fagottino vestito di blu.
«Qualcuno qui vorrebbe conoscervi» annuncia la donna con una voce dolce, e gli occhi di Luke si riempiono di lacrime mentre la donna gli si avvicina.
La mano di Vanessa di poggia delicatamente sulla sua, facendolo voltare di scatto verso di lei dopo quel gesto. Sorride Vanessa, i suoi occhi sono lucidi per la commozione e la sua mano stringe quella di Luke come se volesse infondergli coraggio.
«Prendilo tu, Luke» gli dice dolcemente con la voce pacata. Lui la guarda con occhi ancora più lucidi, ma terrificati, mentre mille domande gli affiorano in mente: e se lo farà cadere? E se dovesse iniziare a piangere perché tra le sue braccia non si sente a suo agio? E se dovesse combinare uno dei suoi casini, come farà a recuperare?
Ma Vanessa gli legge nel pensiero, perché lei ormai Luke lo conosce a memoria e sa leggere perfettamente tutte quelle parole nascoste che lui, certe volte, non ha il coraggio di dire.
«Ce la fai, Luke, stai tranquillo» gli sussura con un sorriso dolce. Poi la presa sulla sua mano si stringe.
«Sei suo padre».
Dopo quelle parole, Luke stringe forte la mano di Vanessa, prima di abbandonarla, e poggia nuovamente il suo sguardo sull’infermiera. Lei sorride e con gli occhi cerca di infondergli sicurezza; poi allunga le braccia verso di lui delicatamente e, con un gesto ancor più dolce, poggia il bambino tra le sue braccia che, in quel momento, si sentono deboli come non mai.
Il bambino emette un piccolo verso non appena le braccia di Luke lo accolgono caldamente, e i suoi occhi sono stranamente aperti mentre un piccolo sbadiglio rilascia le sue labbra.
Luke guarda suo figlio: non sa spiegarsi cosa prova in quel momento e, soprattutto, non riesce a capire come si sente lui davvero. Lo stringe delicatamente, cercando di non fargli male, mentre un suo dito parte dal capo, accarezzandogli quei pochi capelli biondi, fino ad arrivare alla guancia rosata, sfiorandola dolcemente. Poi gli occhi di Luke si soffermano in quelli di suo figlio.
Una lacrima commossa scende sul suo viso, solcando la guancia ed arrivando fino al mento, quando l’azzurro di Luke incontra quel misto di colori meraviglioso.
Gli occhi di suo figlio sono blu.
Blu, come lo stesso blu di cui si è innamorato tre anni fa.
Bu, come quel blu che adesso lo sta guardando commosso, emozionato, innamorato come non mai.
E adesso, può giurarlo, si sente finalmente completo.
 
 ~
 
 
«Clifford! Esci immediatamente da quel cazzo di bagno!»
Jade batte nuovamente i pugni nervosi sulla porta del bagno, chiusa a chiave da mezz’ora, ormai.  Sbuffa sonoramente, mentre lo scrosciare dell’acqua del rubinetto fa capolino da dietro la porta, arrivando alle sue orecchie.
«Mi sto facendo la barba, Jade!» urla Michael, la cui voce risulta ovattata «non posso aprirti adesso!».
Jade, allora, si porta entrambe le mani alle tempie, massaggiandole lentamente. Non è nemmeno iniziata la giornata, che lei ha già mal di testa. Un inizio di merda, insomma.
«Ti avverto, Clifford» dice, la voce grave ed arrabbiata «se non apri questa fottutissima porta entro un secondo, scateno il finimondo. E non un finimondo qualsiasi, ma uno che implichi anche quei tuoi cazzo di videogiochi. Sono stata chiara?!». Le sue mani, adesso, sono nuovamente a mezz’aria, chiuse in due pugni pronti a battere veemente contro quella lasta legnosa che la separa dal suo ragazzo.
Sta quasi per bussare ancora una volta, ancora più arrabbiata, ma la serratura della porta scatta improvvisamente, aprendosi velocemente.
Il volto di Michael – coperto per metà dalla schiuma da barba – fa capolino da dietro la porta, e un sorrisino sghembo nasconde i suoi occhi preoccupati. «Entra pure, principessa» le dice, facendole un cenno col capo.
Jade gli rivolge un’occhiata truce - che lo preoccupa ancora di più della minaccia che gli ha precedentemente rivolto – e lo sorpassa, cercando di non dare troppa attenzione al suo petto nudo che le fa completamente perdere la testa.
«Mi hai aperto la porta solo per evitare che i tuoi videogiochi prendessero magicamente fuoco?» domanda beffarda, allungando la mano verso la leva della doccia per regolarne la temperatura.
Le mani di Michael si poggiano decise sui suoi fianchi, coperti solo dall’accappatoio, e Jade può giurare di sentire il suo sorrisetto divertito che le sfiora il collo.
«No» sussurra, lasciandole un bacio morbido su di esso «in realtà ho aperto per avere la possibilità di vederti fare la doccia. O magari farla con te.»
Jade ridacchia. «Non l’avevi già fatta?» domanda lei, e un sospiro rilascia le sue labbra quando quelle di Michael vanno a posarsi sempre più giù, abbandonando il collo e passando sulla clavicola semi coperta da quell’indumento di spugna, che Michael comincia già a sciogliere lentamente con le sue mani.
«Beh...» sospira, quando ormai l’accappatoio di Jade è completamente aperto «rifarla con te non mi dispiacerebbe.»
E Jade ride quando Michael le toglie definitivamente l’accappatoio, lasciandola completamente nuda ai suoi occhi, che scrutano attentamente il retro della sua schiena – e non solo – mentre lei, dopo avergli fatto un occhiolino, entra in doccia, impaziente di averlo insieme a sé sotto il getto caldo dell’acqua.
Michael si spoglia velocemente di quei pochi indumenti che indossa, buttandoli da qualche parte nel bagno, prima di tuffarsi a capofitto dentro la doccia e raggiungendo le labbra già calde e vogliose di Jade, che ha già la testa sotto l’acqua. E pensa che, no, a tutto questo non potrebbe proprio rinunciare.
 
 
~
 
Se n’è andato.
E’ questa l’unica cosa che riesce a pensare, adesso: se n’è andato, se n’è andato, se n’è andato.
Aveva promesso che niente e nessuno li avrebbe ostacolati stavolta, che le cose sarebbero andate per il meglio e che sarebbero rimasti insieme. Stavolta sembrava la volta buona, la volta perfetta, la volta che non avrebbero sbagliato più.
E invece se n’è andato.
Ancora una volta... lui se n’è andato. 
Ha sbattuto la porta – come le sei volte precedenti, come le sei volte che è andato via – dopo aver urlato di odiarla, di odiarsi per averla amata, dopo averle detto che quella strana voglia – quella cazzo di voglia – di tornare indietro da lei avrebbe potuto assolutamente risparmiarsela. Avrebbe dovuto dare retta al cervello, non al cuore, alla ragione che gli aveva detto che lei era sbagliata per lui, per sé stessa, per chiunque le capitasse intorno.
Uno sbaglio, un errore madornale, un fottuto casino: ecco cos’è Mary.
Nociva alla sua salute, alla sua stabilità mentale e fisica, alla sua pazienza e al suo modo di vivere.
Nociva per sé stessa, nociva per chiunque.
Ashton gliel’aveva detto, gliel’aveva urlato più e più volte che era sbagliata, che avrebbe dovuto cambiare, eppure lei proprio non riusciva a capirlo, non riusciva a cambiarsi per portare avanti quella relazione fatta di sacrifici e, soprattutto, per riuscire a portare avanti sé stessa. E lui non ce l’aveva fatta più, non era più riuscito a resistere all’interno di quel manicomio che era la sua testa, per cui era andato via, urlandole che sarebbe riuscito certamente a trovare di meglio.
E adesso Mary guarda quella porta da cui Ashton è appena uscito per la settima volta e sa che non tornerà indietro, sui suoi passi, perché lui vuole andare avanti e lei non può tenerlo con sé ed impedirgli di vivere una vita sicuramente migliore di quella che stavano passando assieme.
Ma Mary non piange, non stavolta: ha capito che deve cambiare, che non è buona a nulla, cercava solo una certezza, un gesto che le facesse capire che il mondo non è mai stato sbagliato fino a che non ci è capitata lei. Sente solo un bruciore dentro di sé, come se le avessero strappato una parte fondamentale del corpo, come se un fuoco stesse ardendo di rabbia e tistezza verso sé stessa, verso quello che non è mai riuscita ad essere, verso quello sbaglio che è sul serio. Sente il fuoco, Mary, percepisce l’odore delle fiamme – del bruciato – che la invade lentamente, facendola soffrire, facendola svenire pian piano, facendola annullare.
Spalanca di botto gli occhi.
Il cuore le palpita nel petto mentre una mano finisce sulla sua fronte imperlata di un sudore freddo, un sudore che sa di paura. Le iridi castane si soffermano a scrutare il soffitto bianco, pallido, così come il suo viso in questo momento, Mary lo percepisce. Si mette seduta lentamente tra le lenzuola, con un cerchio alla testa atroce e un senso di nausea che la invade: è stato solo un sogno, o è talmente tanto fusa che non riesce a percepire nemmeno la realtà?
D’un tratto, un odore strano – proveniente dalla cucina – le arriva alle narici, invadendole di botto, che lei riconosce come odore di... bruciato. Come quello del suo sogno. O come quello di una realtà?
Si alza dal letto, poggiando i piedi nudi sul pavimento freddo che, solitamente, le provocherebbe i brividi lungo la schiena, ma non stavolta: stavolta è stranamente diverso.
La sua mano finisce tra i capelli corti e spettinati dopo ore di sonno, scombiandoli ancora di più, rendendoli ancora più un casino, mentre con l’altra mano copre uno sbadiglio appena rilasciato dalle sue labbra. Percorre il minuscolo corridoio del suo piccolo appartamento stiracchiandosi le braccia, percorrendo quei pochi metri che la separano dalla cucina in punta di piedi e con gli occhi ancora socchiusi dal sonno. L’odore di bruciato si fa più vivo ed intenso, mentre un leggero e dolce fischiettio di una canzone non ben identificata le arriva alle orecchie, facendole imbronciare le labbra. Apre di poco gli occhi, sbucando lentamente dal retro della porta della cucina e, la visione che le appare, le provoca un senso di tranquillità.
Ashton smanetta ai fornelli, alle prese con pentole e pentolini e una marea di ciotole sporche poggiate sul tavolo, i capelli legati malamente in un codino attorcigliato e sfatto e gli occhiali da vista sulla punta del naso. Fischietta allegramente, compiendo movimenti automatici e un po’ frettolosi, e Mary non può che assistere a quella scena in silenzio e sorridere: lui non se n’è andato.
D’un tratto, gli occhi di Ashton si alzano da fornelli e – come se avessero percepito la sua presenza – si voltano verso di lei, sgranandosi alla vista di Mary appena sveglia, con solo una sua vecchia maglia grigia addosso – che le sta decisamente larga – e un piccolo sorriso sulle labbra.
«Volevo farti una sorpresa!» esclama, quasi risentito che lei si sia svegliata prima del previsto, sbuffando leggermente.
Mary ridacchia divertita, compiendo qualche passo verso la cucina. «L’odore di bruciato si sente anche nella strada parallela, ne sei consapevole?» lo schernisce, facendo si che Ashton butti uno sguardo intristito verso i fornelli.
«Mi si sono bruciati i pancakes» ammette con fare quasi affranto, e sospira nuovamente. «Volevo portarti la colazione a letto» aggiunge poi, toccando il manico del padellino in cui stava cucinando e nel quale le sue intenzioni si sono completamente bruciate. Mary ridacchia ancora, senza farsi sentire da Ashton – che teme potrebbe rimanerci male – e si sente invasa di dolcezza: nessuno mai – nemmeno sua madre – aveva mai compiuto quel gesto così tenero e semplice per lei.
Le braccia di Mary finiscono intorno alla vita nuda di Ashton – costantemente senza maglietta anche quando fa più freddo – cingendolo da dietro in un abbraccio che vale più di mille parole.
«Non fa niente, Ash, faremo colazione fuori» lo tranquillizza, alzandosi di poco sulle punte «ma grazie per averci anche solo pensato» e le sue labbra si posano sulla spalla nuda di Ashton, in quel posto che le piace tanto baciare perché lo ritiene un gesto dolce, un gesto che è solo ed unicamente loro. Ashton allora sorride, poggiando le sue mani grandi su quelle di Mary – poggiate sul suo sterno – e lascia che lei lo abbracci forte, come quando ha più bisogno di lui, poi si volta verso la sua piccola figura, tenendole ancora le mani. La guarda negli occhi grandi e stanchi e nota qualcosa di strano, oltre al gonfiore che li caratterizza ogni volta che si è appena svegliata.
«Che hai, Mary? Non hai dormito bene?» le domanda preoccupato, mentre una delle sue mani si poggia delicatamente sulla guancia della ragazza, e lei scuote il capo lentamente.
«Ho fatto un incubo» spiega, mordendosi leggermente il labbro inferiore, abbandonandosi alle carezze di lui. «Ho sognato che... che andavi via» e il suo tono di voce zoppica un po’, rivelandosi triste perché, anche se è stato solo un sogno, il timore di perderlo per l’ennesima volta – per la settima volta – la tortura dentro e l’assilla ogni volta che qualcosa le provoca tristezza. E lei sa benissimo che, se Ashton andrà via anche questa volta, allora non c’è proprio più speranza per loro due.
Gli occhi di Mary si riempiono involontariamente di lacrime al solo ricordo di quel sogno che l’ha fatta svegliare con le palpitazioni e il sudore freddo dalla paura che lui non ci fosse più, ed Ashton se ne accorge immediatamente. Entrambe le sue mani, adesso, sono poggiate sulle guance morbide di Mary e i suoi occhi verdi incontrano quelli velati dalle lacrime di lei: le sorride dolcemente, Ashton, come a volerla tranquillizzare, come a farle capire che lui è lì, accanto a lei, e non ha intenzione di andare via. Le sue labbra morbide si poggiano teneramente sulla fronte di lei, lasciandole un bacio sincero, un bacio che è solo suo, poi la guarda ancora una volta negli occhi.
«Io non me ne vado, Mary» le dice, e la sua voce è sicura, decisa e forte come ogni volta che promette qualcosa. «Non stavolta, non adesso, mai più. Non te lo ricordi?». E sorride ancora una volta, quel sorriso che fa sciogliere ogni volta il cuore di Mary, cuore che in quel momento batte forte, come ogni volta che lui è con lei. Cuore che sa, che guarda quegli occhi intensamente e vede solo sincerità.
Mary, allora, sorride: stavolta sa che niente andrà storto, e che le sue paure non esistono più.
«Me lo ricordo» sussurra dolcemente col sorriso, abbracciandolo ancora una volta, ancora più forte.
«Certo che me lo ricordo.»

 
~
Okay:  creo solo danni, ormai è assodato.
O non aggiorno per mesi e, ovviamente mi sento in colpa, o aggiorno in orario e la natura decide di scagliarsi contro di me, portando giù la più grande bufera di tutti i tempi.
Vi giuro che è spaventoso, c’è una tromba d’aria e gli antifurti suonano ininterrottamente da più di mezz’ora ormai, fa pauuuura D:
Ad ogni modo, sciiiao ragazzuole!
Nonostante la tromba d’aria, eccomi qui dopo solo una settimana signore, solo una settimana!
Merito un premio u.u anche perché oggi è il compleanno di mia sorella (auguri di nuovo sis, anche se non leggerai mai e poi mai ciò che pubblico in questo fandom) e teoricamente stasera saremmo dovute uscire per festeggiare, ma praticamente penso che non riusciremo a mettere piede fuori casa senza trasformarci in delle piccole pozzanghere d’acqua piovosa. Tra l’altro sono chiusa in camera di mia mamma con il condizionatore a palla perché in camera mia si muore e non posso nemmeno aprire il balcone sennò mi arrivano le acque che – si dice – Mosè abbia separato secoli fa.
Insomma, dopo questo inutile sproloquio, eccoci al penultimo capitolo, yaaaayyy :D
Abbiamo Vanessa e il nostro Lukey che hanno appena avuto un bel bambino, un maschietto dagli occhi blu piccino piccino e awww che tenerezza scrivere di Luke che si emoziona non appena prende suo figlio in braccio *-*
Ho cercato di essere quanto più reale possibile nel descrivere le emozioni di un neogenitore che prende suo figlio in braccio per la prima volta, anche se io ovviamente non sono mamma (e si spera di non esserlo per tanto taaaaaanto tempo hahaha) e non so realmente cosa si provi. Questo è quello che posso immaginare e spero vi sia piaciuto! :D
Pooooi, per quanto riguarda le altre due coppie, sono sempre i soliti.
Michael e Jade che litigano e, subito dopo, non litigano più (if you know what I mean *faccina ammiccante*) e Mary che è sempre la solita paranoica ed Ashton che combina solo guai u.u (anche se è tenero... amore mio che prepara i pancakes ç_ç)
Buuuuut... ci saranno sorprese anche per loro, tranquille u.u
Scoprirete tutto nel prossimo che – si spera – pubblicherò la settimana prossima. Sono a buon punto e credo di riuscire a finirlo in questi giorni, anche perché poi giovedì parto di nuovo e non avrò il tempo di aggiornare, chiaramente.
Se avete qualche idea, non esitate a farmelo sapere, che io sono cuurioosa u.u
Sooo, stay tuned! (se vi va, ovviamente, non vi costringo hahah)
Credo di aver detto tutto, per il momento... ah ecco, per chi segue Talk Dirty (e sono sicura che la seguite in molti, perché quella fanfiction è bellissima e Jade se stai leggendo non dire di no che ti strozzo, ma ti voglio bene comunque) sappiate che la nostra rossa preferita ha appena pubblicato l’ultimo capitolo e a me viene da piangere perché è stata la prima storia che ho letto in questo fandom, quindi per me è dura salutare Jordan, Michael, Luke, Vanessa, Calum , Ashton ed Emma (che sono la mia coppia preferita, sì u.u).
Ad ogni modo, se non l’avete ancora letto, ve lo lascio qui, insieme alla oneshot che abbiamo scritto insieme a quattro mani per il compleanno di Vane, che è stato quattro giorni fa (ancora auguri Vane 
).
E nuuuulla, adesso davvero non ho nient’altro da dire!
Vi lascio, come al solito, i miei contatti di twitter facebook ed ask per qualsiasi cosa :D
Un bacione carissime!
Mary  

 
ps. siccome sono una brava sheerios (Ed, amami come io amo te 
) e siamo in tema di nascite e parti con l’arrivo del fagottino di Luke e Vanessa, vi consiglio la nuova collaborazione che il mio roscio preferito ha fatto con *rullo di tamburi, Ashton, grazie * Mackelmore!
Io l’ho sempre adorato e sentirlo cantare con il mio cantante preferito, boh... mi ha emozionata!
E la canzone è veramente bellissima. L’ha dedicata alla figlia appena nata, Sloane, e ha delle parole stupende. Due poeti insieme *-*
La canzone si chiama Growing Up (Sloane’s song) e vi consiglio vivamente di ascoltarla :)
 
pps. mi sono appena resa conto che anche nell’altro corner avevo parlato dell’uscita di Drag me down.
Probabilmente, sotto la fine dei capitoli, devo scrivere un angolo dedicato alla musica appena uscita (o della musica in generale).
Potrei chiamarlo L’angolo musicale di Mary... sarebbe una bella idea.
Sicuramente più bella dell’idea di riempire le note con le mie stupide castronerie.

 
 
 
 
  
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