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Autore: Elisir86    07/08/2015    1 recensioni
"C'è una strada piccola, affannosa e ripida che mi porta fino a te io vorrei percorrerla e senza rischi inutili, arrivare fino a te fino all'amore"
FINO ALL'AMORE - BIAGIO ANTONACCI
[No incesto]
[Coppie: Francia x Canada – Molte altre]
Genere: Erotico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Nord Italia/Feliciano Vargas, Sud Italia/Lovino Vargas, Un po' tutti
Note: AU, Lemon, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate, Threesome, Triangolo
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Gennaio

2
Fratelli



 

Lovino sentii per davvero il rumore di quel bicchiere infranto, come se fosse caduto proprio in quell'istante.
Come allora anche in quel momento il mondo blu si era dissolto. Per entrambi.
La voce di suo fratello tremava mentre pronunciava il suo nome. E il ricordo di quelle urla, di quei schiaffi e delle sue lacrime prepotente invase la sua mente.
Guardò gli occhi di Feliciano, così caldi…Erano sempre sorridenti, ma erano solo immagini di un passato troppo lontano; lì difronte a lui c'erano occhi smarriti.
Cazzo!
Si sentiva un vero cretino e se fosse stato un vero uomo – e lui cazzo lo era – non avrebbe avuto problemi a parlare. Nella sua misera vita ha sempre avuto la risposta pronta -anche con quelli per niente raccomandabili-.
In un attimo capì che aveva fatto una colossale cazzata e si sentì ancora più stupido di quanto già sembrasse.
Si portò una mano sui capelli respirando profondamente, con dita tremanti si sbottonò i bottoni della camicia -gli mancava l'aria-.
Una soluzione…
Veloce come un lampo un pensiero gli attraversò la mente e senza nemmeno rendersi conto si voltò dando le spalle a suo fratello e iniziò a camminare velocemente.
Feliciano spalancò gli occhi rendendoli ancora più grandi, la schiena di Lovino si stava allontanando da lui, ancora una volta…
Come quel giorno…
Non seppe il perché lo inseguii. “Lovino!” urlò cercando di bloccarlo.
Non sapeva se essere furioso o felice per averlo trovato lì, aveva il cuore spaccato in due dai ricordi belli e quelli invece brutti, non sapeva proprio cosa avrebbe fatto una volta raggiunto, ma sentiva che se non lo avesse fatto se ne sarebbe pentito per tutta la vita.
Allungò un braccio cercando di afferrarlo, la mano si artigliò al cappotto, lo strattonò ma un movimento del  busto più forte della sua presa perse il contatto.
“Lovino!” la voce di Feliciano si confondeva con il chiasso che li circondava. Il maggiore d'altro canto non voleva fermarsi.
Era stato un errore andare lì, vederlo e sentire la sua voce… Merda!
Dava spallate a chi non si spostava al suo passaggio, le donne traballavano sui loro tacchi, gli uomini lo guardavano stizziti, ma a lui non poteva fregare di meno.
Camminava con un passo pesante, sbattendo le scarpe da ginnastica nere come a voler intendere che era incazzato.
Lo era.
Il viso sempre corrucciato era una maschera distorta di rabbia, la fronte aggrottata e gli occhi assottigliati.
Se avesse saputo che vedere suo fratello gli avrebbe paralizzato la lingua non si sarebbe spostato da Napoli.
Col cazzo!
“Lovino, aspetta!” Feliciano faticava stargli dietro, sentiva gli sguardi degli invitati sulla sua schiena, come se vedessero un fantasma o roba simile.
Ignorava le proteste e i borbottii che suo fratello lasciava dietro di se e cercava di aumentare il ritmo del suo passo per poterlo raggiungere.
Si diede uno slancio con la gamba destra e allungò la mano, quel che bastava per colpirlo alla spalla. Lo buttò letteralmente a terra cadendo insieme a lui.
Si ritrovò sulla schiena di Lovino, “Finalmente...” mormorò sedendosi e continuando a bloccarlo “...Sei veloce!” e rise felice di averlo raggiunto.
“Scendi immediatamente idiota!” il ringhio del maggiore arrivò soffocato dalle proprie mani, che si era portato sul viso come a volersi proteggere dalla caduta. L'altro da canto suo non lo stava ascoltando, si era sdraiato di nuovo sulla sua schiena ridacchiando.
Quel cretino si stava divertendo.
“No. Non scendo finché non parlerai con me!” sussurrò al suo orecchio in modo che lo sentisse solo lui.
Lovino alzò gli occhi, le persone avevano formato un cerchio intorno a loro e li guardavano con occhi sgranati, come se una cosa del genere fosse inaudita.
Sospirò, stava facendo la figura dell'idiota.
Strinse le mani in pugni, appena posso gliene mollo uno!
“Ok...” s'arrese “...scendi e parliamo come persone civili...” sentì la risata di Feliciano farsi ancora più allegra.


 

L'appartamento di Feliciano era enorme. Metà di un piano di un palazzo settecentesco. Aveva più di  ventidue stanze e lui ne usava circa la metà.
Lovino aveva timore di spostarsi su quei pavimenti antichi e decise di rimanere fermo all'ingresso. Guardò il lampadario di cristallo che illuminava quella ampia stanza, sulla destra c'era l'attaccapanni e sulla sinistra un mobiletto bianco, sopra ci stavano mille cianfrusaglie.
Feliciano appoggiò lì le chiavi e invitò il fratello a seguirlo in una stanza accanto. Entrarono in un piccolo salottino.
È grande quanto la cucina e il salotto di casa mia!
“Siediti...” la mano del più giovane indicò un divano che aveva l'aria di essere nuovo. “Preferisco stare in piedi.” il suo tono era aspro, come se gli desse fastidio di essere lì.
Dire che era così non era affatto una bugia, non gli piaceva trovarsi in quell'appartamento, con quello sfarzo…
…Gli ricordava che sua madre e lui non abitavano in una casa, ma in un appartamento di periferia con quattro stanze in tutto.
Feliciano sorrise mesto abbassandosi per aprire delle ante di un mobiletto “Vuoi bere qualcosa?” chiese estraendo due bottiglie di birra. Alzò lo sguardo per incrociarlo con quello verde del fratello, lo osservava tristemente.
“Perché sei venuto?” la domanda in un sospiro, gli faceva male la sua presenza, gli ricordava quel lontano giorno in cui se ne era andato. Lovino non lo aveva nemmeno salutato.
Aveva ancora la sensazione delle lacrime che gli rigavano il volto mentre si voltava ad osservare il vialetto nella speranza di vederlo correre verso la macchina.
E invece il viale era deserto.
“Mi dispiace...” la voce di Lovino lo fece sobbalzare, “...Volevo solo vederti. Non volevo disturbarti…” strinse la presa sul pomello dell'anta facendo scricchiolare il legno, “Cazzo!”
Lo vide portarsi una mano sui capelli spettinandoli, lo sguardo basso e poteva sentire benissimo che era a disagio, almeno quanto lui.
“Mi spiace...” mormorò di nuovo portando di nuovo gli occhi sulla figura ancora inginocchiata di suo fratello “...Non volevo darti fast...”
“Non è così!” la voce allarmata di Feliciano bloccò le faticose scuse di Lovino. “Non mi dai fastidio!” nascose ancor di più il capo dietro l'anta. “Sono felice che tu sia venuto, lo sono per davvero...”  la voce che piano piano si affievoliva “...ti ho inseguito apposta, però fa anche male...” prese un profondo respiro “...è difficile da spiegare.”
Lovino spalancò gli occhi incredulo, cercando di capire quelli che erano diventati borbottii incomprensibili.
Ridacchiò nascondendo le labbra dietro a una mano facendo alzare l'altro “Cosa c'è di divertente?” si portò una mano sui suoi capelli cercando di camuffare la risata in un tipico colpo di tosse “E che...” iniziò le labbra ancora stirate in un sorriso felice “Sei uguale a quand'eri un moccioso!”


Feliciano porse la birra, la risata di pochi attimi prima ancora impressa sul suo volto e su quello del fratello.
Era strano – fin troppo – sentiva nel suo petto un peso immenso, un dolore che lo graffiava con forza facendolo sanguinare anche dopo tutti quei anni, eppure era felice come non lo era da tanto.
Lovino gli assomigliava, anche se aveva gli occhi del loro padre, era ancora un testardo -lo constatava benissimo, bastava vedere che pur di non sedersi sul divano si era appoggiato alla parete- eppure era anche cambiato.
Sembra irritato.
Sorseggiarono la birra in silenzio, guardando ostinatamente il pavimento, chi una piastrella chi l'altra. Feliciano seduto su quel divano costosissimo con le gambe accavallate e strizzato in quel vestito firmato sembrava uno snob, e forse poteva capire che a suo fratello tutto quello dava fastidio.
Ma lui era quello: era il tappeto persiano che stava nel soggiorno principale, era i quadri alle pareti dipinti da lui, era i vari lampadari di cristallo che pendevano in tutte le stanze, era le pareti pregiate e raffinate, era tutti quei completi firmati e costosi che stavano nel suo armadio…
…Insomma era tutto ciò che lo circondava.
Si domandò com'era la casa di Lovino, abitava da solo o aveva una ragazza? Che musica gli piaceva? E l'arte?
…Forse i graffiti…
“Tu...stai bene?” Feliciano alzò lo sguardo incontrando per l'ennesima volta quello del fratello, era carico di apprensione, sorrise allegro rassicurandolo con un cenno fin troppo positivo della testa.
Lovino sospirò con quella risposta suo fratello lo aveva svuotato.
Stava bene.
E io non servo…
Tornò a guardare il pavimento per qualche secondo poi si staccò dal muro, “Credo di averti rubato abbastanza tempo.”
Posò la bottiglia di birra ancora mezza piena sul tavolino di legno chiaro che stava difronte al divanetto. “Perché?” la voce preoccupata di Feliciano lo bloccò nell'atto di alzarsi, “Puoi restare qui...” balbettava come se gli costasse parlare “Io ho...molte...” si contorceva le mani insicuro e a Lovino faceva male vederlo così. “Ho pagato una stanza, non mi piace sprecare i soldi.”
Forse la voce era uscita troppo acida -ma lui non era in grado di modificare quel tono rabbioso- e forse aveva parlato troppo velocemente, ma si ritrovò a fissare il viso pallido del fratello minore.
Sorrise -ma era più una smorfia- “Beh...” esclamò prendendo i guanti di pelle nera dalle tasche del capotto “...È stato bello rivederti!”


Feliciano non sapeva quanto fosse stato fermo ad osservare la birra che teneva in mano. Di certo quelle frasi pronunciate da suo fratello erano molto più carine di quel giorno.
“Non capisci proprio niente?! Sei così stupido che non ci arrivi?” la voce forte e chiara di Lovino ancora bambino gli colpì la testa procurandogli fitte immaginabili “Mi fai schifo!” un altro urlo, un altro ricordo.
Si portò le mani tra i capelli e quello spintone si ricordava perfino quanta forza ci aveva messo suo fratello: aveva sbattuto contro il muro…
Alzò lo sguardo, suo fratello se ne stava andando, sentiva chiaramente i suoi passi all'esterno della stanza.
Tremò sul posto, se Lovino se ne andava lui poteva tornare alla sua vita di sempre, lui poteva scordarsi quella conversazione. Magari avrebbe fatto qualche dipinto cupo, come capitava ogni volta che il caldo era insopportabile, poi tutto sarebbe ritornato alla normalità.
Sentì la porta chiudersi.
Ha chiuso la porta.
Era un pensiero così banale ma il suo cervello non riusciva ad elaborare altro, era bloccato su quel concetto.
Ha chiuso la porta.
Lasciò la presa sulla bottiglia, sentì il rumore del vetro infrangersi sul pavimento.
Ha chiuso la porta!
S'alzò senza badare ai cocci che scricchiolarono sotto le suole, e si diresse all'ingresso. Fu tutto molto veloce, soprattutto il precipitarsi lungo le scale rischiando di cadere almeno una decina di volte.
“LOVINO!” urlò uscendo in strada, vide la figura scura del fratello bloccarsi “LOVINO!” urlò di nuovo correndo verso di lui.
Non capiva il perché lo stesse facendo, era la seconda volta in quella mattinata che lo inseguiva per bloccarlo, il motivo era quella sorta di dubbio di perdere un'occasione…
E poco importava che suo fratello lo aveva fatto soffrire, gli avesse vomitato addosso parole orribili  o che non fosse felice di vederlo, lui non lo avrebbe lasciato andare.
Perché se Lovino era arrabbiato con il mondo, Feliciano era innamorato del mondo e dava sempre una possibilità -la maggior parte delle volte anche due, tre o quattro- per rimediare e per far vedere di essere migliore di quel che l'apparenza dava vedere.
Lo raggiunse che aveva il fiatone, si piegò e posò le mani sulle ginocchia “Veee...” iniziò tra un respiro e l'altro “...Non correvo così dai tempi delle medie!” e rise, se si poteva chiamare risata, era più che altro uno sbuffo di fatica e divertimento.
Lovino lo guardava con occhi sbarrati, “Possiamo fare colazione o pranzo insieme...” le parole del fratello minore faticavano ad avere un senso logico nella sua testa “Oppure, se preferisci la cena!” la voce s'era alzata di tono e se non ci fosse stata tutta quella confusione tra le vie qualcuno si sarebbe girato a guardarli.
“Tu...” mosse le labbra ancora incredulo “Tu hai fatto una corsa per chiedermi di cenare con te?” gli occhi si assottigliarono come a voler scrutare il viso arrossato dell'altro, ma più lo studiava più vedeva che non c'erano doppi fini.
Sospirò prendendo tra le mani la sciarpa, gliela mise al collo “Va bene...” mormorò prima di voltarsi e allontanarsi di qualche passo “Ci vediamo domami mattina alle dieci...” e di nuovo una smorfia si disegnò sul suo viso. In quel momento iniziò a nevicare.
“Feliciano, vai al tuo party...” il minore guardò con la coda dell'occhio il palazzo “Sei in camicia...” “Oh cavolo! È di Gucci!” urlò saltellando fino al portone. Quando fu al riparo si voltò ma di Lovino non c'era nemmeno l'ombra.


 

 

Angolo dell'autrice:

Secondo capitolo di Gennaio concluso.
Spero che sia di vostro gradimento e che i due fratelli non siano troppo OCC. Il fatto che i personaggi siano contraddittori è voluto, insomma entrambi hanno paura, odio e amore che si mischiano nei loro cuori.

Grazie a tutti quanti.

A presto
Elisir

  
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