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Autore: cin75    08/08/2015    5 recensioni
Che cosa l'amore può spingere a fare? Che cosa l'amore può far accettare?
Jared e Jensen avranno modo di poter rispondere a queste domande!!!!
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Jared Padalecki, Jensen Ackles, Misha Collins
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Patrick stava visitando Jensen e Jared era presente nella stessa stanza. Voleva assistere ed essere sicuro che il compagno stesse bene e che fosse ormai fuori ogni pericolo.

“Ok! Jensen. La ferita va bene e tra qualche giorno potremo rimuovere i punti rimasti. I tuoi parametri sono rientrati nella perfetta norma, quindi penso che tra un paio di giorni, potrai uscire e tornartene a casa. Naturalmente ci sarà la terapia del post operatorio che dovrai continuare a seguire come sta facendo Jared.” Dichiarò soddisfatto il medico.
“Dottore.. c’è bisogno di lei nella 426!” fece un infermiera.
“Ok! Devo andare. Tu tornatene a riposare…” fece con tono autoritario a Jensen  e poi si rivolse a Jared. “E anche tu dovresti riposare. Mi sembri stanco. Il tuo ragazzo ormai è fuori pericolo, quindi è ora che ricominci a respirare con calma!!” disse ironico.

Poi uscì, lasciando i due da soli. Sembrò quasi calare una velo di imbarazzo.

“Jensen…” iniziò Jared.
“Senti, lo so. Abbiamo molto di cui parlare e so che sei furioso, ma puoi aspettare che siamo a casa nostra prima di azzannarmi?!” lo anticipò il maggiore.

Jared sospirò. Jensen aveva frainteso.
Anzi, Jensen non aveva la minima idea di quello che invece lui voleva dirgli.

“Vado a Austin. Il volo parte tra circa tre ore!”
“Tre ore!? …ma io esco tra un paio di giorni, non puoi rimandare o aspettare che io sia fuori di qui?!” chiese sorpreso Jensen che stava ancora seduto sul bordo del letto.
“Non è un viaggio di piacere. Vado via. Lascio casa nostra…” disse con aria sofferta.
“Cosa…cosa…vuoi…”
“Lascio te, Jensen!” disse infine e in quel momento Jensen capì cosa significava avere il peso del mondo sulle proprie spalle. Gli mancò il fiato. Letteralmente.
“Jared…no. Andiamo! Non puoi…non puoi dire sul serio!” cercò di farlo ragionare.
“Come hai potuto Jensen?...rischiare così la vita…senza pensarci due volte…senza nemmeno dirmi….” lo accusò Jared.
“Cosa???...Mio Dio!! Jared tu stavi morendo…tu mi stavi morendo sotto gli occhi!! Cosa volevi che facessi?...che restassi fermo mentre sapevo che potevo salvarti!!” lo biasimò il maggiore, impaurito dalla ferma decisione che vedeva sul volto del giovane compagno.

Jared si sentì esasperato in quel momento. “Tu…tu non sei Dean! E io…io non sono Sam e questa….questa è la nostra stramaledettissima vita reale. Se tu fossi morto..io…io ….cosa pensavi?.. che avrei potuto riportarti indietro??!!” esclamò gesticolando nervosamente.
“Ma cosa….di che stai parlando, Jared!! Io sono qui. Tu sei qui….e….e tutto quel casino che ci stava mandando nella disperazione più totale è finito. Ti prego…ti prego, piccolo…non…non farmi questo. Non fare questo a noi. Non adesso!” lo supplico sinceramente.
Jared aveva le lacrime agli occhi esattamente come Jensen, ma non riusciva a non tornare indietro sulla sua decisione.
 “Mi dispiace Jensen. Io vado via. Ho bisogno di tempo. Ho chiesto ha Clif di aiutarti per i primi tempi fin quando non potrai fare di nuovo tutto da solo…” iniziò a dire, mentre recuperava la sua giacca.
“No….”
“…per favore, non venirmi a cercare. Mi costringeresti solo a fare di nuovo le valigie e partire. Se le cose non cambieranno….”
“No, no…Jared…per favore..”
“…a luglio, ad inizio stagione, chiederò a quelli della produzione di trovarmi un appartamento a Vancouver.” Sembrò sentenziare sulla fine della loro storia.
“Jared, ti prego…non partire!” ormai Jensen sconvolto da quello che stava accadendo, pregarlo, era l’unica cosa che riusciva a fare. Il suo cervello non accettava altro. La sua mente era completamente sconvolta e confusa.
Ogni suo pensiero si aggirava intorno alla consapevolezza che Jared stava andando via.

“Prenditi cura di te, Jensen.” Concluse infine. “Addio!” e fece per andarsene.

Con un ultimo tentativo di trattenerlo, Jensen scese malamente dal suo letto e lo scatto veloce che fece nello scendere, gli causò una fitta dolorosa all’altezza della ferita. Il dolore si propagò veloce e lo costrinse a cadere in ginocchio, gemendo.
In quello stesso momento, mentre Jared usciva dalla stanza, due infermieri vi entravano e vedendo quello che era appena successo corsero in aiuto del degente che a terra, si lamentava per il dolore.
Che non era solo un dolore fisico!!!
 
Circa dieci ore dopo, Jared bussava alla porta di casa dei suoi genitori a San Antonio. Andò ad aprirgli la madre, sorpresa di vederlo. E così anche suo padre. I due genitori per quanto fossero felici di vederlo, non poterono non notare la sofferenza, che non era fisica, sul volto dal figlio.
“Tesoro…” stava per chiedere Sherri.
“Ho lasciato Jensen, mamma. L’ho lasciato. Hai avuto ragione tu. Alla fine, ci siamo fatti del male!” disse prima di finire nel caloroso abbraccio materno. Jerry non disse niente e almeno per il momento  si limitò a prendere il borsone del figlio e portarlo in casa, lasciando i due abbracciati e soffrendo nel sentire il pianto del figlio che nemmeno le parole di conforto di Sherri riuscivano a calmare.
 
A miglia di distanza, a ore di distanza, Jensen veniva accompagnato a casa da Clif. L’amico tuttofare, entrò in casa subito dopo di lui e posò il borsone sul divano. Vide l’attore sedersi pesantemente su una poltrona del soggiorno e fissare il vuoto davanti a lui. Provò a fare o almeno a dire qualcosa. Sapeva di Jared , di quello che era successo, almeno per sommi capi, ma non voleva entrare troppo nel personale.
“Senti, amico! Che ne dici se adesso vado in quella pizzeria dove fanno quelle pizze che tanto adori e te ne porto una? Così ti rifai da quel cibo assurdo da ospedale?!” provò, speranzoso in un “sì” come risposta. Invece, Jensen, anche se sforzandosi, gli sorrise , e rinunciò.
“Sto bene così, amico. Sono solo stanco e vorrei andarmene a letto. Ci sentiamo domani, ok?!” fece cercando di non sembrare indelicato.
“Va bene! Ma ascolta, metti in carica il cellulare, perché ho visto che è quasi morto!” si preoccupò l’altro e mentre Jensen si alzava e gli andava incontro per accompagnarlo alla porta e salutarlo, prese anche dal suo borsone il telefonino, così per rassicurare Clif.
“Ok!” lo rassicurò infatti, ma non appena l’uomo si chiuse la porta alle spalle, Jensen, quello stesso telefonino li ributtò esattamente dove era.

Non voleva le telefonate di nessuno. Non voleva chiamare nessuno.
L’unica chiamata che voleva ricevere o che voleva fare , era l’unica che non poteva essere.
   
 
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