Atti premeditati
Non
era una brava
persona.
Certo,
nella sua vita aveva fatto cose
di cui chiunque – quasi
chiunque, o
almeno, il chiunque che per lui sembrava contare di più
– ne sarebbe andato
orgoglioso : aveva deriso, minacciato, macchinato e manipolato
qualsiasi
persona potesse offrirgli un qualsiasi tornaconto. Era un Serpeverde,
dopotutto. No, era stato un Serpeverde, ma era e sarebbe
stato sempre un Malfoy.
Aveva
fatto anche cose di cui lui stesso non ne era andato fiero :
l’unico compito –
la prova più importante – che gli era stato
affidato, lui non era riuscito a
portarlo a termine. Erano passati molti anni, questo era vero, eppure
la
sconfitta che aveva subìto gli bruciava ancora, e a distanza
di tempo non esisteva
acqua o incantesimo che potesse fargli dimenticare. Certo, poteva
sempre
provare con un Oblivion –
e tante
erano state le volte, in passato, in cui aveva sperato che
quell’incantesimo
potesse aiutarlo a togliersi quel fastidio
che per lui era il senso di colpa, nient’altro che una noia,
una cosa seccante
da scacciare al più presto – ma in fondo sapeva
bene che quella formula non
poteva assolutamente nulla
contro la sua memoria.
In
fondo, era o non era vero che era proprio il passato, a fare una
persona? E lui
non poteva fare altro che accettare ciò che era diventato,
per il semplice
motivo che erano state le sue
scelte,
a fargli compiere certe azioni; le sue
convinzioni, a fargli prendere certe decisioni; la sua
vita, a fargli assumere certi comportamenti. Il senso di colpa
non era di certo parte di lui.
Non era una
brava
persona.
Non
lo era mai stato, e lui questo lo sapeva bene.
«Eccoti.
Ti ho cercato in tutta la casa.» una voce interruppe i suoi
pensieri ed i suoi
gesti. Posò sul tavolino il bicchiere di Whisky
Incendiario che aveva in mano, mentre l’altra
avvicinava la sigaretta alla
bocca. Diede una lunga boccata, chiudendo gli occhi, prima di
rispondere a
quella voce, la voce di sua moglie, chiedendole – no, ordinandole – una sola cosa.
«Vattene.»
C’era
un detto Babbano – ebbene sì, nonostante tutto era
in grado di pensare quella parola
senza che niente
gli accadesse – che aveva sentito una volta ad Hogwarts,
durante una lezione di
un corso che – nel bene e
nel male –
era stato costretto a frequentare, e che in quel momento gli
sembrò più che
adatto per descrivere come si sentiva. La
vita può essere capita solo all’indietro, ma va
vissuta in avanti.
Non
era forse quello che stava facendo, fin da quando era uscito da
Hogwarts? E
quanto gli era costato finora, e quanto gli sarebbe continuato a
costare, in
futuro, essere davvero sé stesso? Nemmeno lui era in grado
di darsi una
risposta.
Sentì
sua moglie avvicinarsi a lui. Riprese il bicchiere che aveva
accantonato,
finendo quel poco di liquido che ancora vi era, e lo strinse per
calmarsi. Lo
strinse forte, fino quasi a farsi male alle dita. Non
era forse quello che meritava?
«Draco.»
«Vattene,
Astoria.» le ripeté, simulando con la voce una
calma che non sentiva. Possibile
che la sua stessa moglie, la persona che avrebbe dovuto conoscerlo
meglio di sé
stesso, non riuscisse a capire?
Eppure non gli sembrava di aver sposato una sempliciotta.
«Ti
chiedo il favore di asc…»
Sua
moglie non riuscì a terminare la frase, zittita dal rumore
che il bicchiere che
Draco aveva in mano produsse frantumandosi contro il muro di pietra.
Astoria arretrò
verso la porta, gli occhi sgranati. Non
era mai capitato che Draco si comportasse così, con lei.
Nemmeno una volta in tutti quegli anni di
matrimonio.
«Sono
stanco di ripetermi, Astoria. Vattene.» si girò a
guardarla in faccia, e ciò
che vide quasi lo rincuorò. Sua moglie aveva i capelli in
disordine, e gli
occhi sgranati. La guardò negli occhi, e ciò che
vide gli confermò che aveva
fatto bene ad agire in quel modo. Nonostante quello che avrebbe potuto
pensare
di lei, Draco sapeva che Astoria non era una stupida. Era stata anche
lei una
Serpeverde, dopotutto; era nella loro natura valutare tutti i rischi di
ogni
singola azione. Premeditazione.
Sua
moglie non provava nemmeno il minimo rimorso, per quello che aveva
fatto. Che gli aveva fatto. Astoria
tentò di
parlare, esprimendo quella forza
che
l’aveva convinto a sposarla, ma lui la bloccò sul
nascere.
«Fuori
di qui, Astoria.» le ripeté ancora.
«Fuori da questa casa. Non meriti di stare
qui. Non dopo tutto.»
Ora
negli occhi di sua moglie non c’era più paura o
timore di lui, ma ira. Una forte e
bruciante ira. Lei rise,
tentando di batterlo ad un gioco dove l’insegnante era lui,
non lei. Deridere, schernire…
Draco era abituato
a tutto questo. Niente poteva più ferirlo. Si era corazzato
bene, con il
passare degli anni.
«Non
merito di stare qui?» gli chiese lei, ridendo. «Lo
merito più di chiunque
altro, Draco. Più di chiunque altra.»
Lui
allargò un poco gli occhi, tornando a guardarla. Forse Astoria davvero…
«Credi
che sia cieca, Draco? Credi che,
dopo
tutti questi anni, non abbia davvero capito?
Sono tua moglie, anche se forse non lo vorresti. Ti conosco. So come
sei fatto.
So come pensa la tua mente. So a chi
pensa. L’ho sempre saputo. Ed ora tu
vieni a dire a me di andarmene?
Senza
di me non saresti niente, a quest’ora. Niente.»
«È
per questo che hai acconsentito a sposarmi?» le chiese
stringendo i pugni ed
avvicinandosi a lei. «Per vanto?»
Astoria
sorrise, e quel sorriso non gli piacque affatto. «Credi
davvero sia stato per amore, Draco?
Perché ti amavo?» gli
domandò retoricamente. Premeditazione.
Sapeva
che quella domanda sarebbe stata senza risposta. Come molte altre che
gli aveva
rivolto tante, troppe volte nel corso degli anni.
Dove sei stato,
Draco? Perché
sei arrabbiato, Draco? Pensavi a lei,
Draco?
Lui
strinse i denti. Non avrebbe permesso che una stupida lo prendesse in
giro
così. No, Astoria non lo avrebbe mai battuto al suo stesso
gioco.
«Povero
sciocco.» continuò lei, avvicinandosi a suo
marito. «Credevi che potessi
davvero amarti? Eri davvero così ingenuo? Tu?»
«Vattene,
Astoria.»
Lei
non lo ascoltò. «Vattene,
Astoria. È
tutto quello che riesci a dire? Non volevo finire così,
Draco.»
Lui
le si avvicinò fulmineo. «È questo il
gioco che vuoi fare? Ne sei certa,
Astoria?» le chiese, fissandola con rabbia. «Non
hai alcuna possibilità di
vincere.»
«Lo
so.» replicò lei. «Ma ho tutte le carte
per aggiudicarmi questa mano. Anche se
alla lunga potresti essere tu, ad avere la vittoria, mi dispiace
deluderti ma
questa volta tocca a me.»
Draco
la fissò, non capendo dove volesse arrivare.
«Parla chiaro.»
«Mi
stupisci, Draco. Non sei forse tu, ad avermi trasmesso l’abilità di parlare per
metafore ed allusioni? O vuoi forse dirmi
che l’allieva ha superato il gran maestro? Davvero non
capisci cosa ti sto
dicendo, o non vuoi?»
Astoria rise,
schernendolo ancora una volta. Draco la lasciò fare,
riconoscendole il diritto.
Per questa volta. Non sapeva forse essere gentile,
ogni tanto?
«Potevi
essere tu, la mia scelta non voluta. Potevi essere quello che avrei
potuto
amare.»
«In
un’altra vita.»
«No,
Draco. In questa.
Nell’unica e sola
che abbiamo a nostra disposizione.» rettificò lei,
usando un tono pacato.
Materno. «Ma tu eri forse troppo occupato a riparare i cocci
della vita che
avevi prima, per permettermelo.»
Draco
tornò a guardarla, rimanendo in silenzio e provando una
strana sensazione
dentro di sé. Che fosse realmente senso
di colpa nei confronti dell’unica donna che aveva
avuto la pazienza di
stargli vicino in tutti quegli anni, provando ad accettarlo
così com’era?
Forse
su una cosa aveva ragione Astoria. Lei avrebbe potuto davvero amarlo, potevi essere quello che avrei potuto amare,
e lui avrebbe potuto amare lei, in
un’altra vita.
«O
probabilmente eri tu, a non volere che lo facessi, forse per troppo
orgoglio.»
continuò Astoria. «In fin dei conti, eri un
Serpeverde.»
Draco
scattò come se lo avesse morso qualcosa quando sua moglie
trasformò in parole
ciò che lui aveva pensato alcuni minuti prima.. Forse era stato lui stesso, a mordersi.
«Non
lo fare. Non sfottermi, Astoria.» la persona che sembrava
minacciare sua moglie
non sembrava lui, ed anche lei sgranò lievemente gli occhi
al sentire quel tono
di voce. Deridere, minacciare, macchinare
e manipolare… non erano questi, gli elementi
comuni a tutti i Serpeverde,
compresa lei? E allora da cosa, esattamente, sua moglie si diceva tanto
estranea?
«Altrimenti,
Draco?» gli chiese lei, divertita. «Non
è questa, la moneta che
ti piace usare?»
Draco
non rispose, preferendo il silenzio per notare meglio
l’ennesimo cambio di tono
nella voce di sua moglie.
«Lasciamo
stare tutto. Ormai non abbiamo più nessuno da incolpare, se
non noi stessi.»
«E
le nostre scelte, Astoria?» le chiese allora lui, stanco da
tutti quei giochi
di parole. Non avrebbe mai pensato di esserlo, ma era così.
«Sono
cambiate, Draco. La gente cresce. Matura. E, a volte, cambia
idea.» gli
rispose, sorridendole tranquilla come faceva un tempo.
«È accaduto anche a te,
dopotutto.»
«Non
so di cosa…»
«Non
mentire. Per questa volta, non mentirmi.
Te l’ho detto, so a chi pensi quando ti corichi a letto prima
di addormentarti
accanto a me. So che vuoi, e chi avresti voluto ci fosse al mio posto.
Non c’è
più bisogno di mentire. Io forse non sono sincera,
ora?»
«Questo
non ha nulla a che vedere con quello che…»
«È
questo il punto, Draco! Ha tutto a
vedere con lei.»
ribatté Astoria. «Tutto
questo non è stato altro che una farsa.»
Draco
sentì che il peso strano ed indigesto che aveva sempre
avuto, proprio sopra lo
stomaco, da quando aveva conosciuto sua moglie si stava alleggerendo,
ma non
sapeva spiegarsene il motivo.
«Lo
è anche Scorpius?» le chiese temendone la
risposta, ma Astoria lo stupì ancora
una volta.
«No,
certo che no. Non pensarlo nemmeno. Lui è una – forse l’unica – delle
cose migliori che mi siano capitate.» Draco
sorrise al sentire il tono dolce di una madre mentre parlava di suo
figlio. Avrebbe voluto che anche la sua
potesse
parlare così di lui.
«Non
volevo finire così,
Draco.» riprese
lei, ripetendo la frase pronunciata poco prima, in modo che suo marito
la
recepisse davvero. «Non
era questo,
che avevo sognato per me.»
Premeditazione.
E
Draco capì. Forse per la prima, vera,
volta da quando si erano sposati, Draco la
capì. Si allontanò dirigendosi verso un
cassetto, rendendosi conto solo
dopo che avrebbe potuto appellare
ciò
che era sicuro che sua moglie desiderasse.
Ma
non avrebbe avuto la stessa soddisfazione.
«Prendila.
E’ questa che volevi fin dall’inizio,
giusto?» le chiese, sibilando come il
serpente che in fin dei conti non aveva mai negato di non essere.
«È solo per
questa, che hai voluto sposarmi.»
Astoria
alternò lo sguardo da lui a ciò che aveva in
mano. «No.» lo contraddì. «Non
solo. Volevo il tuo cognome, Draco. Sai, per alcuni di noi il nome
Malfoy conta
ancora qualcosa.» gli sorrise amara. «Forse per
te non è più così, ora, ma
per me ha significato molto. In passato.»
«Ora
non più?» si lasciò sfuggire lui. Non
doveva, non voleva mostrarsi
così. Non poteva essere debole. Non gli era stato
insegnato questo. Si riprese subito, mostrando la perenne indifferenza
che lo contraddistingueva
fin da quando era piccolo.
«Oh,
andiamo, Draco. Non crederai davvero che io possa rimanere
qui?» il tono
fintamente indulgente con il quale sua moglie pronunciò
quella domanda lo fece
alzare le spalle.
«Quello
che scegli di fare non è affar mio, Astoria.»
«Quello
che scelgo, Draco? Ora la scelta
spetta a me?» Astoria si ritrovò a ridere senza
volerlo. «Non accusarmi di colpe
che sono soltanto tue. Ricorda ciò che ti ho detto. So chi sei.»
«Pensavo
di saperlo anch’io, di te.» ribatté lui.
«E invece è chiaro che mi sbagliavo.
L’ho sempre fatto.»
Astoria
socchiuse gli occhi, fissandolo di sbieco. «Mi stai dando
della puttana? Vorrei
ricordarti che non sono io, quella che finge.»
«No,
ma sei quella che si diverte con un…»
iniziò a sibilare lui, ma si fermò di
colpo non sapendo bene quali parole scegliere. Era la prima volta che
si
trovava in difficoltà verbale, e non gli piaceva.
«Con
cosa, Draco? Con uno di che cosa? Con un altro Purosangue?»
ribatté lei, incrociando le braccia al petto.
Nonostante il gesto, non aveva assolutamente nulla da cui doversi
proteggere.
Suo marito non le faceva di certo paura. Solo
pena. «Almeno non sporco
i miei
pensieri. E tu dovresti essere il primo, a non farlo. O tutto quello
che è
successo ti ha cambiato così tanto?»
Draco
alzò di nuovo le spalle, fingendo indifferenza, decidendo
che sua moglie non
avrebbe avuto risposta. Non avrebbe comunque saputo quale darle. E poi,
non avrebbe
mai e poi mai ammesso una cosa
simile,
ma dentro era dispiaciuto per tutta quella situazione. Forse Astoria
aveva
ragione, forse era davvero cambiato. O forse era questo, quello che era
sempre
stato ma che non aveva mai avuto la possibilità di
riconoscerlo. I suoi
genitori, suo padre in primis e poi lui stesso, si aspettavano molto da
un
Malfoy. Probabilmente molto di più di ciò che
Draco poteva effettivamente dare.
Ma la sua era una famiglia importante, e le aspettative familiari e
magiche in
generale erano alte.
Lasciò
cadere a terra ciò che le aveva offerto, attendendo di
vederla chinarsi. Come tutti gli altri
davanti a lui.
«Prendila.
E vattene.» il serpente tornò a sibilare con una
cattiveria che a stento anche
lui riconosceva nella sua voce. Ma non se ne meravigliò,
pensando che stava
lentamente tornando ad essere quella serpe, quel drago che richiamava
il suo
nome e che al posto del fuoco sputava veleno, che era sempre stato.
Pensò che
sua madre aveva avuto ragione, su di lui. Ogni giorno che passava, il
tempo lo
rendeva sempre più simile a Lucius, fisicamente e
caratterialmente. Ma, a differenza di suo
padre, lui non era
un assassino.
Probabilmente
questa era una magra consolazione per lui, dato che aveva tentato di
seguire le
orme paterne senza riuscirci – avrebbe fatto di tutto pur di salvare la sua famiglia; e
se questo fosse un bene o
un male, doveva ancora stabilirlo a distanza di anni – ma
ciò che di più non
poteva accettare era proprio il tradimento. Di
qualunque natura fosse.
Draco
diede un’occhiata fugace ad uno degli specchi presenti nella
stanza,
meravigliandosi delle sue occhiaie scure e del suo aspetto disordinato.
Si
accese l’ennesima sigaretta, cercando di dimenticare che non
era da solo.
Astoria
prese ciò che lui aveva lasciato cadere in terra –
la chiave della sua camera
blindata alla Gringott – e si smaterializzò in
completo silenzio. Sarebbe
andata dai suoi genitori, portandosi dietro il loro figlio una volta
che avesse
avuto una pausa da Hogwarts, o sarebbe andata da quell’altro,
portandosi sempre
dietro Scorpius?
Draco
si rese conto che, in fondo, non gli importava. Non gli importava
niente : sua
moglie poteva fare quello che voleva, poteva premeditare
qualsiasi cosa, ma non avrebbe mai permesso che suo
figlio abbandonasse la sua casa. Scorpius era un Malfoy come Draco, e
come suo
padre prima di lui.. Sarebbe cresciuto lì, nella casa dove
lui si trovava ora,
che Astoria volesse o meno sarebbe andata così.
Si
versò un altro generoso bicchiere di
Whisky Incendiario
ingollandolo tutto
d’un fiato, incurante del bruciore che gli provocava alla
gola. Nemmeno di
questo gli importava più, realizzò, mentre
rettificava mentalmente ciò che
aveva pensato poco prima.
Sua
madre aveva pienamente ragione : lui e suo padre non erano solo simili.
Draco era la fotocopia di Lucius.
Non era una
brava
persona.
Note.
È
molto tempo che non scrivo, più di un anno e mezzo, e devo
ammettere che
tornare a farlo è stato più semplice di quanto
potessi immaginare. E, proprio
perché è stato così facile, mi aspetto
le prima difficoltà molto presto.
Vuoto per pieno,
però, non era assolutamente prevista nei miei programmi
– dato che il mio
genere abituale ha poco a che fare con Harry Potter e tanto con la
sezione
Originali romantiche; chi ricorda il mio account precedente, ormai
cancellato,
lo sa bene – ma è nata da un’intervista
fatta alla Rowling che mi è capitato di
leggere qualche tempo fa, dove appunto diceva che, a differenza
dell’attore che
lo interpretava, Draco Malfoy non
è una
brava persona. Da
qui, la storia.
Vuoto per pieno
è un espressione utilizzata sia in edilizia che in turismo,
il cui significato
– in ambito turistico – potete trovarlo qui.
La
frase “La vita
può essere capita solo
all’indietro, ma va vissuta in avanti”
non è mia, ma bensì di Søren
Kierkegaard.
Le
frasi quali “Potevi
essere tu, la mia
scelta non voluta. Potevi essere quello che avrei potuto
amare”; “Ma tu eri
forse troppo occupato a riparare i cocci della vita che avevi prima,
per
permettermelo”; “Lasciamo stare tutto. Ormai non
abbiamo più nessuno da
incolpare, se non noi stessi”
pronunciate da Astoria sono liberamente tratte
da Unintended
e Soldier’s poem, entrambe
canzoni dei Muse.
Grazie
per essere arrivati fin qui.