Anime & Manga > Axis Powers Hetalia
Segui la storia  |       
Autore: HabbyandTsukiakari    08/08/2015    2 recensioni
[Autrice: Tsukiakari] [WARNING! Maid!England!] [Accenni a tante, troppe pairing, tra cui FrUK, DenNor e HongIce, ma tante, troppe di più!] [Dedicata a Tay66!]
"Arthur non aveva mai trovato tanto scomodi i suoi vestiti. Eppure, la divisa era della sua taglia! Allora come spiegarsi il fatto che quasi non riusciva a respirare? Si accorse anche di una leggera pressione sulla sua testa. Che diavolo aveva combinato, quel mostro?"
Buona Lettura!
Tsukiakari
Genere: Demenziale, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Shonen-ai | Personaggi: 2p!Hetalia, Allied Forces/Forze Alleate, Altri, Axis Powers/Potenze dell'Asse, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: AU, Nonsense | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Second Part

 

Oliver non riusciva a smettere di ridere. –Come stai bene! Dovresti indossarne più spesso!-. Aveva addirittura le lacrime agli occhi, e si teneva la pancia dalle risate. Arthur trovò il coraggio di guardarsi. Cacciò un urlo poco virile, come del resto lo era l’abbigliamento che si era trovato addosso.
 
 
Era un vestito da maid, con tanto di grembiulino e crestina di pizzo! E terribilmente succinto per giunta! Inoltre, si accorse di avere addosso della lingerie, che spuntava maliziosa dalla minimale gonnellina nera e gli tirava sulle gambe.
Il londinese era in sovraccarico emotivo. Da una parte pendeva uno stupore che non gli permise di mettere in ordine di idee, dall’altra un istintiva vergogna per quel vestitino ridicolo, dall’altra ancora una rabbia primordiale che maturava sempre di più e che certamente lo avrebbe portato ad uccidere Oliver.
Quest’ultimo si stava ancora sbellicando, puntando l’indice verso di Arthur e tenendosi la pancia con l’altra mano. –Dovresti vederti, sei uno spasso! Ops, dimenticavo, qui non ci sono specchi!- e giù a ridere, sempre di più. Tentò di calmarsi, ma lo sguardo assassino di Arthur gli provocò ulteriore ilarità.
–COSA DIAVOLO MI HAI FATTO?- urlò Arthur, il viso infuocato di rabbia e vergogna. –Te l’ho detto!- sghignazzò Oliver, asciugandosi le lacrime. –Prendila come la probabile rovina della tua reputazione! Anche perché, non ti ho detto chi saranno i clienti di oggi!-. Arthur si fece viola. Ebbe un altro brutto, bruttissimo presentimento. –Dimmelo! Voglio saperlo, ORA!- sbraitò, e afferrò con rabbia il bavero di Oliver, che ridacchiò: -Divertiti!- e schioccò le dita. La luce si spense. Arthur si ritrovò a stringere una brillante polvere rosa. Spalancò gli occhi, cercando di riabituarli alla penombra. Tentò di mantenere il sangue freddo.
Frugò febbrilmente in ogni angolo del ripostiglio. I suoi vestiti e la divisa erano spariti, così come il suo cellulare. Preso da un moto di stizza, afferrò la lampada e la scagliò a terra, senza tuttavia riuscire a scalfirla. Coloriti insulti nella sua lingua madre riempirono l’aria viziata dello stanzino.
 
Una volta smaltita la sfuriata, Arthur rifletté. Non sapeva quando sarebbe durato quell’incantesimo, ma l’unica cosa da fare era tornare a casa per cambiarsi. L’unica cosa da fare era darsela a gambe e perdere il lavoro. Provò ad aprire la finestra dello stanzino, ma era bloccata. Bloccata!
Sferrò un pugno al vetro, e subito dopo se lo portò al petto, dolorante. Rimaneva un’altra opzione: fuggire dalla porta principale. Il locale era in periferia, e con un po’ di fortuna l’avrebbe raggiunta senza farsi notare, dato che le strade erano poco trafficate. Tuttavia, Oliver, essendo praticamente un altro lato di lui stesso, lo sapeva bene. Possibile che fosse tutto così semplice? Decise comunque di tentare. Poggiò la mano sulla maniglia arrugginita della porta e la spinse verso il basso, facendo inavvertitamente scivolare le dita per via del sudore nervoso che gli impregnava le mani. La porta si dischiuse leggermente, giusto quel che bastava per dare uno scorcio della stanza accanto. Poco mancò che gli venisse un infarto. Non era affatto il corridoio, come era sempre stato! Era la sala da pranzo del ristorante, ed era piena di clienti! Arthur imprecò per l’ennesima volta, pestando un piede a terra. Sapeva cosa voleva Oliver: sarebbe dovuto passare in mezzo a tutta quella gente. Tirò un sospiro rabbioso e spalancò la porta. Si ritrovò con due vassoi di cibo in mano. Ah, e quindi doveva anche servirli?
Una testa spuntò da un grande tavolo rotondo. –À la bonne heur!- esclamò, per poi interrompersi e spalancare la bocca. Il viso di Arthur si fece bianco come la neve, poi rosso infuocato. Una piccola vena cominciò a pulsare sulla sua fronte, mentre le sue spesse sopracciglia si corrugavano pericolosamente. Non poteva essere lui. Oliver non poteva averlo fatto. –La rana!- boccheggiò, isterico. Quell’inconfondibile francese dai capelli biondi fino alle spalle e dagli occhi color blu profondo, Francis Bonnefoy, era stato al college con lui, fino all’anno prima. Aveva deciso di nominarlo suo peggior nemico sin dal loro primo incontro. E non era tutto! Vicino a lui sedevano i suoi inseparabili migliori amici, ovvero quel megalomane albino di Gilbert Beilschmidt e quello stronzo sorridente di Antonio Fernandez eccetera eccetera – Arthur provava un certo astio nei suoi confronti, astio ricambiato con gli interessi (a suo parere). Antonio, ovviamente, si era portato dietro Lovino Vargas, un italiano scontroso e bisbetico, che sembrava annoiarsi a morte. Lo spagnolo, per non lasciarlo in disparte, chiacchierava con lui a ruota libera e sparava battute idiote per farlo sentire meglio (“Guarda!”, l’indice abbronzato puntato sul quotidiano, “Sembra che il virus Ebola sia sempre più diffusosososo” “Sta’ zitto, bastardo!”). Immancabile, proprio accanto a Lovino, sedeva Feliciano Vargas, suo fratello minore, che sembrava voler gareggiare con Antonio a chi parlava di più e più in fretta. Stavolta la vittima era Ludwig Beilschmidt, palesemente il suo fidanzato, che era d’altronde il fratello minore di Gilbert – per quanto potesse sembrare improbabile dall’aspetto e dal carattere diametralmente opposto di quei due. Ludwig ascoltava con svariati sospiri le ciance dell’italiano, lanciando di tanto in tanto un’occhiata disperata al giovane orientale che gli sedeva accanto. Quest’ultimo era proprio Kiku Honda, uno dei pochi grandi amici di Arthur! E siccome l’inglese lo conosceva molto bene, sapeva che avrebbe dovuto stare alla larga da lui. Il motivo? La sua inseparabile macchina fotografica. C’era persino il fratello maggiore di Kiku, Yao, che si stringeva contro il fratellino per via del suo vicino: l’inquietante Ivan Braginski. Ma fu il cliente successivo a terrorizzare ancora di più il povero Arthur. Capelli biondi, occhi azzurri luminosi ed ammiccanti circondati da occhiali sottili, un sorriso accecante ed una risata orribile. Alfred F. Jones. Chiudeva la fila un posto vuoto, accanto a Francis. Ah, no, non era vuoto, c’era il fratello di Alfred. Com’è che si chiamava?...
Ma non ebbe tempo per pensarci, perché la sua presenza scatenò una valanga di reazioni diverse. Il francese non gli staccava gli occhi di dosso. I suoi due amichetti si zittirono di botto e cominciarono a ridere, e Antonio commentò (così odiosamente del resto): -Bel vestitino, amigo!-. Lovino sgranò gli occhi e sbottò un “ma che cazzo” decisamente poco fine, per poi far scattare le mani a coprire gli occhi d’ambra del fratellino. Quest’ultimo mormorò un “vee” di sconcerto e disappunto per essere stato interrotto, e artigliò le mani del maggiore per scostarsele dagli occhi (senza successo). Ludwig distolse educatamente lo sguardo, imbarazzato, e Kiku lo nascose dietro la sua macchina fotografica, che stava cominciando ad emettere frenetici clic poco rassicuranti per il povero inglese. Yao si lasciò scappare uno squittio di orrore. Ivan al contrario rimase impassibile, e propose ad Arthur, con un sorriso affabile, di diventare una cosa sola con lui. Quel gigantesco idiota sovrappeso di Alfred sbatté un paio di volte le palpebre per poi scoppiare a ridere – com’era fastidioso! –Ehi Artie! Come mai questo cambio di stile?- e poi una gomitata al fratello, che si nascondeva dietro al suo orsacchiotto per non guardare.
Arthur cominciò a sudare freddo. –Che diavolo avete da guardare?- sbraitò, e sbatté i vassoi sul tavolo, facendo schizzare alcune gocce di salsa sulla camicia gialla di Antonio (non senza soddisfazione). Lo spagnolo si guardò il capo rovinato per poi tornare a sorridere, assicurandogli che non era un gran danno. Così fastidiosamente gentile. Si allontanò frettolosamente per passare ai tavoli successivi, ma non poté fare a meno di sentire, con suo grande orrore, la voce di Francis che chiedeva a Kiku una delle foto.
Altri due vassoi gli comparvero sulle mani. C’erano rimasti giusto altri due tavoli. I restanti erano, fortunatamente, vuoti. Si recò verso il più vicino, e notò che vi sedevano in quattro. Il problema era che conosceva anche loro! Innanzitutto Roderich Edelstein, che era un altro suo ex compagno di college. Ovviamente vicino a lui sedeva Elizaveta Hédervàry, una bella ungherese dai lunghi capelli color castano chiaro lievemente ondulati e dai grandi occhi verdi, che aveva incontrato in un paio di occasioni (ella era una fioraia) e che sapeva avere un debole per Roderich – nonostante Gilbert Beilschmidt facesse di tutto per conquistarla. Poi Vash  Zwingli, un noto benestante dai capelli biondi e dagli occhi duri e freddi, che in genere non si vedeva in citta. Correva voce che avesse una collezione di fucili da caccia con cui respingeva chiunque osasse addentrarsi troppo nel suo giardino senza essere stato invitato. Accanto a lui c’era la sorella minore, Lili, praticamente identica a lui ad eccezione dello sguardo più dolce e profondo e dei lineamenti graziosi e infantili. Appena vide Arthur, Vash si affrettò a coprire gli occhi della sorellina, fulminandolo con lo sguardo. Elizaveta si irrigidì ed estrasse di scatto una piccola macchina fotografica da chissà dove. –Tranquilla, ci ha già pensato Kiku- la bloccò Arthur sarcastico, roteando gli occhi con fare rassegnato. Lei mise a posto l’apparecchio, con una strana luce negli occhi. Roderich si limitò a dire, educatamente: -Herr Kirkland, trovo il vostro… outfit un tantino inappropriato.- -Non me ne parlare- lo interruppe Arthur, posando con malagrazia il vassoio e passando all’ultimo tavolo, frettolosamente.
E poi lo vide.
Tra tutti i ristoranti della zona, Lukas doveva scegliere proprio quello?
Era lì insieme a Mathias, l’idiota danese, suo fratello Emil e Li, il cugino di Kiku.
Ecco perché era così nervoso, pensò Arthur. Quello era un doppio appuntamento, e c’era anche il suo fratellino – verso il quale era decisamente iperprotettivo. Evidentemente aveva organizzato tutto per tenerlo d’occhio, combinando i due appuntamenti. In effetti Emil aveva un’aria decisamente scocciata, e di tanto in tanto lanciava occhiatacce a Lukas.
Appena vide Arthur, il norvegese si alzò di scatto prima che raggiungesse il tavolo e gli afferrò il polso. Cominciò a trascinarlo verso il bagno, sotto lo sguardo limpido, stupito e non particolarmente intelligente di Mathias.
–Che diavolo ti è successo?- sibilò il norvegese, appena furono lontani dagli sguardi (e dalle orecchie) di tutti. –Oliver- disse Arthur, secco. Lukas sgranò appena gli occhi profondi, alterando lievemente la sua usuale espressione. –Come ha fatto ad uscire dallo specchio?- -Non ne ho la più pallida idea!- ringhiò Arthur. –L’ho trovato nella lampada che aveva Vladimir stamattina!-. Lo sguardo di Lukas si fece pensoso. –Magari quell’affare era veramente magico, deve aver trovato un modo per trasferire la sua essenza lì dentro…- –Non m’importa niente di come abbia fatto. Devo coprirmi, questo coso è orripilante. Hai una giacca?- –Ma ti pare? Di fuori ci saranno quaranta gradi. E poi guarda, per quanto è coprente quel coso ti conviene rimanere direttamente in mutande.-. Arthur roteò gli occhi. –Non ti ci mettere anche tu! Ho già una rana pervertita che mi sbava dietro e un comunista che mi propone di diventare una cosa sola con lui. In più, il mio migliore amico mi ha pugnalato alle spalle e scommetto la mia più bella teiera che domani la mia faccia (e questo orribile vestito) saranno su minimo trenta siti internet. Cosa ci potrebbe essere di peggio?-. Lukas tacque per un attimo. –Non stai messo bene…- –Ma non mi dire!- –Sta’ zitto, lasciami finire. Posso aiutarti, ho un’idea. La macchina di Mathias è qui fuori. Visto che lui è gigantesco e tu sei un tappo…- –Ehi!- –…dicevo, potremmo far finta di niente e uscire. Tu potresti nasconderti dietro di lui, magari abbassandoti un po’, e noi potremmo circondarti. Siamo quattro persone, nessuno farà caso a te…- –Come no- commentò Arthur, acido, –se non l’avessi capito, quel maniaco francese mi sta mangiando con gli occhi.-. Il norvegese alzò un sottile sopracciglio. –Vale la pena tentare. O preferisci non provarci neanche?-. Stavolta fu Arthur a tacere. ­Gonfiò le guance e aggrottò le sopracciglia. –…e va bene!
Il piccolo gruppetto si radunò davanti al bagno per nascondere Arthur, dopo un messaggio di Lukas. Purtroppo, appena passarono davanti al tavolo più grande, Alfred si alzò e venne loro incontro. –Arrivederci dudes! Divertitevi, mi raccomando!- e, con noncuranza, diede una pacca energica ad Emil. Il gracile adolescente inciampò, andando a sbattere con Li, che finì addosso ad Arthur, che cadde, e batté la testa. La mente gli si svuotò e tutto si fece buio.
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Axis Powers Hetalia / Vai alla pagina dell'autore: HabbyandTsukiakari