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Autore: peeksy    09/08/2015    0 recensioni
A volte confondi l'amore con l'odio. A volte vorresti non provare emozioni ed essere inarrestabile. Altre vorresti provare tutte le emozioni del mondo. E lì capisci che sono proprio le emozioni a dimostrarti che sei vivo.
Prima storia su Gravity Falls per me! Sperimenterò qualcosa di nuovo sia in ambito tematico che in ambito scrittorio.
Enjoy!
Genere: Introspettivo, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Crack Pairing
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Dipper aprì gli occhi.

 

Era in un corridoio stretto. Che fosse solo un sogno?

Non capiva, quel corridoio sembrava esattamente quello del Mystery Shack.

 

Si alzò. “Stanford?...Autore?”, il ragazzo non sapeva cosa fare. Sentiva l'ansia crescere dentro di lui come un demone...

 

La luce si accese, un bagliore immenso illuminò la stanza.

Dipper si voltò e notò una persona sulla soglia della porta. Aveva appena alzato l'interruttore.

 

Stanley Pines.

 

Al ragazzo non piacque l'idea. Ma non capiva se stava sognando o no, decise da scappare dall'altra parte del corridoio.

 

Il suo “prozio” lo seguì silenzioso.

 

Il dodicenne corse fino a quando un'altra sagoma si pose fra di lui e l'uscita.

 

Stanford. L'Autore. L'uomo delle risposte.

 

“Ah, sei qui! Perchè non sei giù a tenere sotto controllo il portale?!”

“Dai rispondimi!!” disse il ragazzo strattonando l'anziano.

 

Stanley si avvicinò ai due. Il giovane non si mosse, aggrappandosi alla gamba dell'autore, il quale rimase impassibile.

 

Volò un pugno. Stanford cadde a terra.

Stanley guardò apatico il dolore del fratello.

 

Quell'uomo, sulla sessantina, scomparso per così tanto tempo, scomparve di nuovo, stavolta si dissolse nel nulla.

 

“Che è successo? Stanford? Perché? Cosa diamine sta accadendo qui?” urlò Dipper, disperato.

 

“Stai tranquillo, è tutto okay...fratellino...”

Quella voce gli parve familiare.

 

Mabel.

 

Si voltò per guardarla, le accarezzò la guancia, insolitamente fredda. No, non era veramente Mabel, non aveva quella infantilità che la contraddistingueva sempre; la stessa che a Dipper dava fastidio ma che sotto sotto era fondamentale. Non vide l'apparecchio, quel sorriso a 32 denti che rimaneva sempre costante, non vedeva la sorella.

 

Stanley si girò verso di lei.

“Togliti da qui, Dipper è solo mio!”

“No, tu lo odi, tu lo hai sempre odiato, è sempre stato un peso per te, un ragazzo troppo impegnato a seguire le orme di tuo fratello. Tu non avresti mai voluto questo, vero? Non avresti mai voluto questo Dipper, non avresti mai voluto che fosse così, per questo non ne sei mai stato soddisfatto!” rispose la ragazza.

 

Il ragazzo impallidì a bocca spalancata.

 

Le si illuminarono gli occhi, “vero?” chiese.

 

“Sì...Bill...è vero...tu mi conosci...” rispose Stanley.

Il vecchio cadde a terra, dolorante.

Poi si dissolse anche lui.

 

“Bill? Basta! Smettila! Cosa è successo?!”

Il ragazzo si mise nell'angolino della stanza, rannicchiandosi.

 

“Dipper, tu non sai quanto vali, sei tu il centro di tutto questo sistema. Io sono solo il mandante, tu però sei lo strumento di cui ho bisogno, non hai capito che questi allocchi vogliono solo usarti? Hanno saputo cose che non avrebbero dovuto sapere e io devo evitare che la situazione peggiori. Tu sei la chiave, tu sei il centro di tutto questo.”

 

Un occhio enorme, grande quasi quanto il soffitto del corridoio, comparve, come un'allucinazione, al ragazzo.

 

Anche Mabel cadde a terra, dissolvendosi.

 

“Bill, tu non mi avrai mai! Mollami, io non ti crederò mai e poi mai! Sei solo un mostro! Un demone! Un invertito! Un-”

“Uno più potente di te, tronco di pino!”

 

Dipper sentì delle mani vellutate abbracciarlo. Le vide. Erano bianche, bianche come le notti passate a pensare.

Un giovanissimo, magro, dai capelli biondi e un occhio coperto da una benda gli sussurrò nell'orecchio.

 

“Tu non puoi nulla contro di me, io contro di te potrei di tutto invece, eppure non ti faccio male, tu mi servi!”

 

Dipper tremò, si voltò. Il volto dell'uomo biondo era spaventosissimo. La pupilla era minuscola, il sorriso con denti aguzzi e il naso all'insù.

Quasi svenne.

 

“Io vedo tutto, la vostra banale vita deve seguire il copione, se non lo segue, me ne occuperò io. Voi vivete in un film e io ne sono il regista. Voi la chiamate vita, la chiamate dono della natura, in realtà è un'illusione, siete sotto i nostri occhi.”

 

Dipper volle piangere ma si trattenne, cercò di uscire dalla morsa di quelle braccia.

 

“Stanford non stava seguendo il copione e nemmeno tu lo stai seguendo”

Al giovane si illuminarono gli occhi, avrebbe voluto rifletterci su, ma non c'era tempo per i pensieri.

 

“Però tu sei una pedina facile, sei ancora giovane e soprattutto sai poche cose. Sei perfetto per me.”

 

Il demone si mostrò con aspetto umano proprio per sembrare più avvicinabile e empatico verso il malcapitato ragazzo.

Egli, per conto suo, non sapeva come sentirsi.

Avrebbe solo voluto che quello schiocco di dita non fosse mai accaduto.

 

Dov'è il vero Ford? Dov'è la vera Mabel?

 

“Tronco di pino, potrei benissimo farti molto più male, ma sei troppo giovane e carino anche per me, io ti sto solo avvertendo, lascia stare i misteri, tornatene a casa!”

L'occhio del demone brillava sotto la luce della stanza.

 

“Giammai, Bill! Non seguirò mai i tuoi stupidi consigli! Mi prendi per idiota, vero?”

“Ooooh, piccola pineta, se non mi ascolti mi toccherà a farmi ascoltare!”

Bill strinse il ragazzo ancora più forte.

 

“Dipper esci di qua, svegliati da questo brutto sogno!” pensò il ragazzo.

 

“Stan e Ford sanno entrambi di quanto potenziale il tuo cervellino abbia, ma io sono qui per far sì che ciò non accada! Ford ha sofferto e la sofferenza del fratello è venuta di conseguenza! Se tu mi seguirai, non soffrirai come loro!”

 

“Aaaah! Lasciami!” Dipper gridò.

 

Aprì gli occhi.

La sua guancia destra era freddissima, il buio era tutto intorno.

Non ebbe la forza ti alzarsi e scappare via.

Non ebbe la forza di aprire gli occhi ancora.

 

Si lasciò andare a terra, respirando profondamente.

Bill aveva proprio esagerato stavolta.

 

I capelli bruni disordinati, il cappello qualche centimetro più distante.

Dipper aveva bisogno di riposo.

 

Il silenzio era turbato solo dal rumore del portale.

Un sacco di caos e macchinari occulti illuminavano la stanza, al centro un quasi tredicenne che non ne poteva proprio più.

 

Dei passi lentamente si avvicinarono alla stanza.

 

“Oh no...”

Stanford Pines vide il ragazzo.

 

Corse verso di lui, tuttavia non appena si rese conto che stava solo dormendo, si calmò. Temeva il peggio.

 

“Bill Cipher! Se hai qualche messaggio da darmi, vieni e prendimi! Non mi fai paura! Ti conosco fin troppo bene ormai!”

Nessuna risposta, o meglio, quell'inquietante silenzio fu la risposta che Bill diede.

Sicuramente stava osservando.

 

L'Autore sbruffò e mise una mano sulla testa del ragazzo a terra.

“Un giorno...la vita tornerà alla normalità, ma di sicuro non ci sarò io a viverla...”

Osservò nuovamente il portale, lo stesso che l'aveva inghiottito anni prima.

Gli venne qualche brivido a pensarci.

 

Tutto tornò alla normalità quando udì una voce alla sue spalle.

 

“Fratello! Sei qui in ritardo!” disse Stanley.

“Dovevo accertarmi di alcune cose riguardo al Covo dei Blind Eye, Fiddleford è cambiato troppo in questi anni.”

“Dipper! Oh cielo che gli è successo?” chiese il fratello dell'autore.

“Sta bene, non avvicinarti.” disse Ford con toni calmi.

 

“Si può sapere che succede qui? Tu in ritardo, il ragazzino svenuto...”

Altri passi, decisamente più veloci, irrompettero nella sala.

 

“Fratellino! Cosa ti è successo?”

Mabel corse dal ragazzo, svegliandolo di colpo con il suo chiasso e le sue urla.

 

I due Stan guardarono silenti mentre Dipper stentò ad alzarsi in piedi. Sembrava stonato, non ricordava nulla.

E infatti, non avrebbe voluto ricordar nulla.

 

“Fratellino! Stai bene? Non mi devi fare preoccupare così!”

Il ragazzo, lentamente, si resse in piedi.

 

Le sue gambe tremavano parevano fragili. Ford gli si avvicinò e gli mise una mano sulla spalla.

“Ragazzo, hai fatto preoccupare tutti!”

 

Gli occhi incominciarono a vedere bene. Tutta quella gente era lì per lui.

Mabel, Stanford, Stanley. Però perché erano lì? Dipper faceva fatica a capire.

 

Ricordava solo le parole di Bill, quelle lo avevano segnato moltissimo.

E se stesse ancora sognando? E se le persone lì presenti fossero ancora delle illusioni? Dipper preferì non parlare.

 

Sì sentì toccato. Mabel lo stava abbracciando. Eppure quel calore affettivo non gli faceva assolutamente niente. Non capiva, si sentiva in un altro luogo.

 

Ford assunse un'espressione preoccupata.

“Mi senti, ragazzino?”

Dipper non rispose.

 

Ford schioccò le dita per svegliarlo.

Quello schiocco.

 

No, non di nuovo, non un'altra volta.

Dipper si sentiva vuoto.

“Autore, Mabel, Stanley, uscite di qua, devo stare solo.”

 

“Ma...hey? Cosa ti è successo?” disse la sorella, subito fatta tacere dall'Autore.

“Facciamo come vuole, ho un cattivo presentimento riguardo a questo suo comportamento.”

 

Stanley guardò Dipper un'altra volta. No, non era quello il ragazzo che aveva conosciuto. Si sentiva tremendamente in colpa ma fu il primo a voltarsi e andare via.

Ford lo seguì, decisamente turbato.

 

Mabel si voltò ancora verso il fratello, il quale stava fissando il portale.

“Ragazza, lascialo, ti spiegherò poi...” disse l'Autore.

Lei lo seguì.

 

I tre uscirono mentre Dipper accennò ad un sorriso.

 

Il silenzio avvolse la stanza.

 

   
 
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