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Autore: Fiamma Drakon    28/01/2009    1 recensioni
Il colonnello, Edward e Alphonse si ritrovano su un'isola deserta e devono trovare il modo di fuggire e sopravvivere a madre natura, ma soprattutto ai conflitti fra il colonnello e Acciaio. Riusciranno Ed e Roy a imparare a coesistere?
Genere: Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alphonse Elric, Edward Elric, Roy Mustang
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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2_Inferno targato Mustang... Inferno targato Mustang...
- Edward... - lo chiamò una voce maschile stranamente familiare. Il biondo era immerso in una confortevole semioscurità che lo circondava quasi completamente.
- Edward...! - lo chiamò di nuovo la stessa voce. Lui non sapeva spiegarsi il perché, eppure si sentiva stranamente impaurito da quella voce, dalla presenza che stava per incontrare da vicino.
In lontananza, apparve una figura vestita di blu, che correva verso di lui sbracciandosi.
- Oh, Edward! - ripeté ancora, avvicinandosi rapidamente.
Il biondo era paralizzato dall’orrore, incapace di muoversi. Perché quella figura gli incuteva una così profonda paura?
Quando fu più vicina, Edward poté notare che era una ragazza con corti capelli neri e gli occhi scuri, con indosso un completo blu scuro che gli era stranamente familiare. Quando lei gli fu addosso, lo strinse in un abbraccio che per poco non gli frantumò l’auto-mail e le ossa. Non sembrava poi così cattiva all’apparenza...
- Oh, mio piccolo Eddicuccio amoroso d’acciaio! - esclamò la ragazza.
Il biondo si pietrificò. Come...?
D’un tratto, la luce soffusa che lo circondava si tramutò in una piana infuocata accesa da alte fiamme che si lambivano vicendevolmente. Una vera e propria riproduzione dell’inferno, tale e quale a quella che Edward s’immaginava.
La ragazza si allontanò di qualche passo e, sotto lo sconcertato sguardo di Edward, si trasformò nel colonnello Mustang, che se la rideva di gusto.
- Patirai le pene dell’inferno, Acciaio! MWUAHAHAHAH! - esclamò, ridendo perfidamente.
Edward si ritrovò improvvisamente circondato da cloni del colonnello in versione femminile, che si contendevano il suo primo...!
Edward aprì di scatto gli occhi e si mise seduto, respirando profondamente. Era madido di sudore. Si tastò il braccio destro e si assicurò che fosse ancora integro, prima di rilassare i muscoli. Era stato solo un incubo. Un brutto, orribile incubo che riguardava l’uomo che dormiva beatamente al suo fianco. D’istinto, Edward si alzò e si allontanò da lui di qualche passo: dopo l’incubo di quella notte, era certo di essere ad un passo da tentare il suicidio. In fondo, si era aspettato una sorta di “Inferno targato Mustang”, ma non pensava che fosse così... vivido.
Il biondo rabbrividì al pensiero che stava per baciare una di quelle versioni in gonnella del colonnello. Altro che incubo: quello era davvero l’Inferno!
Edward si guardò intorno: non c’era neanche l’ombra di una pozza d’acqua e lui aveva un disperato bisogno di sciacquarsi il viso, nella speranza che l’acqua fresca avrebbe lavato via anche l’incubo. Così, ben sveglio e vigile, si addentrò nella foresta.
A giudicare dalla tenue luce che riusciva a filtrare fra i rami era l’alba. Edward girovagò alla disperata ricerca di acqua finché non sentì lo scrosciare tipico delle cascate. Rincuorato, il biondo iniziò a camminare rapido nella direzione dalla quale proveniva il rumore, senza badare ai rovi che gli squarciavano i pantaloni segnandogli la pelle. Pian piano, accelerò il passo finché non si ritrovò a correre a perdifiato, facendosi largo fra la fitta vegetazione.
Spostando l’ennesimo ramoscello, inciampò in una radice e cadde su un cespuglio di rovi. L’urlo del biondo riecheggiò fra gli alberi e cessò solo quando questo si accorse che...
- M-mi è tornata la voce...! Posso... posso parlare di nuovo! - esclamò, rialzandosi.
Euforico per aver ritrovato ciò che aveva perduto, Edward riprese a camminare verso il rumore di acqua.
Arrivò a destinazione qualche minuto dopo, quando si trovò di fronte ad un’enorme pozza d’acqua limpida che scrosciava giù da una rupe alta una ventina di metri circa. All’intorno c’era solo erba verde e rigogliosa. Il biondo raggiunse la sponda dello specchio acquatico e si inginocchiò. Rispecchiandosi in esso, notò due profonde occhiaie che gli cerchiavano gli occhi e il viso sgraffiato sulle guance: i segni incombenti della nottataccia appena passata. Cercò di ignorare gli occhi stanchi che lo fissavano di rimando dalla superficie liscia e trasparente e vi immerse il viso. L’acqua fresca ebbe un effetto incredibile sul biondo, che ne riemerse qualche istante dopo con i ciuffi di capelli gocciolanti. Si sentiva benissimo: ogni segno dell’incubo era sparito. Già che era lì, decise di fare un bagno, tanto per allungare quel brevissimo periodo di riposo che lo separava dal rivedere il colonnello. Si spogliò e si tuffò in acqua, sparendo sotto la superficie.
Nel frattempo, mentre il biondo si concedeva preziosissimi attimi di relax...
Il colonnello fu svegliato da tremendi scossoni, che lo costrinsero ad uscire dal vividissimo sogno che stava vivendo, pieno di affascinanti donne in minigonna. La prima cosa che vide anzi, che sentì, fu lo strano vuoto accanto a sé. Si mise seduto e si trovò davanti Alphonse.
- Sei stato tu a svegliarmi? - chiese il colonnello irritato.
- ED NON C’È PIÙ! - esclamò Alphonse preoccupato.
Mustang rimase immobile per quelle che parvero ore. Sembrava che non respirasse nemmeno e Al temette di doverlo schiaffeggiare per farlo rinvenire. Poi il moro parlò di nuovo:
- Acciaio è sparito? - domandò, esitante.
- Sì... non è da nessuna parte! - gli rispose l’armatura.
Il colonnello si alzò lentamente in piedi e rimase immobile a fissare un punto inesistente dinanzi a sé, poi cadde in ginocchio.
- Colonnello! - disse Alphonse, angosciato, facendo qualche passo verso di lui.
Mustang alzò le braccia al cielo in segno di trionfo.
- ACCIAIO SE N’È ANDATO!!! SÌÌÌÌÌ! - gridò.
- E io che credevo si stesse disperando... - mormorò l’armatura a mezza voce.
Il colonnello si alzò e iniziò a saltellare come una gazzella ripetendo: - Acciaio se n’è andato! Shalalalà! -.
Alphonse rimase perfettamente silenzioso e immobile: era indeciso fra legare il colonnello ad un albero e aspettare che rinsavisse o trascinarlo in catene alla ricerca di Edward. Purtroppo, senza l’Alchimia, era a corto di catene e funi, così lo trascinò per il colletto fra la vegetazione, mentre il moro continuava con la sua euforica, patetica nenia. Alphonse dovette impiegare tutta la sua infinita pazienza di martire per sopportarlo impassibilmente. Starlo a sentire era molto peggio che sopportare suo fratello: almeno con Edward si trattava di legame di sangue, nel senso più strettamente letterale possibile, mentre nei confronti del colonnello impersonava più la parte del baby-sitter, soprattutto in quel momento.
In quel mentre, un rumore d’acqua scrosciante attirò l’attenzione di Alphonse, che si voltò verso i cespugli alla sua destra. Un’idea gli baluginò fulminea nella mente: che suo fratello fosse...?!
Senza perdere un minuto, s’inoltrò fra i cespugli, senza far più caso al colonnello.
Proseguì per un bel pezzo alla cieca, facendosi largo nel fitto sottobosco, mentre il rumore provocato dall’acqua aumentava passo dopo passo.
La sua stazza di quasi due metri lo aiutò a scorgere una grande pozza d’acqua da qualche metro di distanza. Rimase a fissarla per qualche secondo, prima d’individuare una massa di vestiti neri e rossi lasciati vicino ad una sponda del lago.
- Fratellone...? - si chiese Alphonse ad alta voce. Mustang lo sentì e, liberatosi dalla presa dell’armatura, si rimise in piedi.
- Cosa?! - esclamò, spostando lo sguardo attorno a sé, fermandolo poi sulla superficie dell’acqua, che venne infranta d’un tratto da una massa di capelli biondi.
- Non è possibile... - mormorò il colonnello, atterrito.
Prima che Alphonse se ne rendesse conto, Mustang si lanciò a razzo verso Edward, che nuotava tranquillamente nell’acqua.
Con uno slancio formidabile, l’Alchimista di Fuoco saltò fuori dai cespugli e balzò in acqua.
- ACCIAIO!!! - urlò a pieni polmoni, avventandosi sul biondo che, colto alla sprovvista, non riuscì ad evitare l’assalto del moro.
- Razza di...! - esclamò Mustang, afferrando Edward per il collo e iniziando a strangolarlo.
- Col... m... las...! - esalò il biondo, cercando di allentare la presa del colonnello attorno alla propria gola.
Alphonse corse verso i due.
- Acciaio! Come fai ad essere ancora vivo?! Dovevi sparire per non tornare mai più! - gli ringhiò contro Mustang, scuotendolo con foga quasi maniacale.
- M... las... Al... ai...! - emise Edward, sul punto di morire per soffocamento.
Alphonse saltò nell’acqua, che gli arrivava alle ginocchia e riuscì ad allentare la morsa che il moro aveva stretto attorno alla gola di Edward. Trattenendo il colonnello per le braccia, l’armatura si issò il fratello sulle spalle e li riportò tutti e due sulla sponda.
Edward si distese sulla riva respirando profondamente, mentre suo fratello teneva fermo Mustang, che continuava ad agitarsi e sbraitare.
- ACCIAIO! TI AMMAZZO! ELRIC, LASCIAMI ANDARE! SE NON È MORTO DA SOLO LO FACCIO FUORI IO! - urlò il colonnello.
- Fratellone... tutto bene? - chiese Alphonse, esitante.
- Sono... sono quasi morto... soffocato... per colpa di quel... pervertito e... e mi chiedi se... se sto bene?! - boccheggiò il biondo, cercando di riprendere fiato.
- Lo prendo come un sì... ma cosa facciamo con lui? - domandò l’armatura, accennando al colonnello, che si sbracciava nel tentativo di liberarsi dalla presa di Alphonse per gettarsi su Edward.
- Lascia... ci penso... io - disse il biondo, avvicinandosi al fratellino. Prese la carica e rifilò un pugno al colonnello tale da farlo afflosciare svenuto fra le braccia di Alphonse.
- Ecco... questo è per avermi quasi ammazzato! - esclamò Edward, prima di voltarsi e andare verso i vestiti che aveva lasciato vicino alla riva dello specchio d’acqua.
Una volta rivestitosi, lui e suo fratello ripercorsero il sentiero fino a ritornare alla radura dove si erano accampati. Lì distesero il colonnello e lasciarono che si riprendesse da solo, nella speranza che lo “spirito omicida” di poco prima svanisse.
Lo stomaco di Edward ringhiò e il biondo sospirò. Possibile che su quell’isola non ci fosse niente di commestibile?
- Fratellone... mentre aspettiamo che il colonnello si svegli, perché non andiamo a cercare qualcosa da mangiare? Stare digiuno per troppo tempo t’indebolisce... - disse Alphonse. Edward non poté che essere d’accordo con suo fratello: quando erano stati sull’isola deserta prima dell’addestramento avevano patito la fame per giorni e si erano ridotti davvero male.
- Sì... andiamo... chissà se mangiando il colonnello ritroverà il lume della ragione, ammesso che avesse una parvenza di psiche in quella scatola cranica... - disse Edward ironicamente, alzandosi e seguendo suo fratello verso la foresta.
Quella volta decisero di fare un giro un po’ più ampio, nella speranza di riuscire a trovare qualcosa, ma ritornarono a mani vuote, come il giorno precedente.
Edward iniziava a sentire sempre più forte la morsa della fame che gli stringeva lo stomaco. Si sentiva spossato dalle camminate e, senza cibo, non aveva niente che potesse ridargli le energie, se non un po’ di sonno, ma l’esperienza di quella notte lo aveva indotto ad abbandonarsi al sonno solo alla sera.
Stremato, il biondo fece ritorno all’accampamento accompagnato dal fratellino e si abbandonò sul terreno, mentre il suo stomaco continuava a brontolare per la mancanza di cibo.
- Fratellone... tutto bene? - chiese Alphonse.
- Sì... più o meno... - boccheggiò lui in risposta chiudendo gli occhi e concentrandosi sulla respirazione: inspira, espira, inspira, espira, inspira...
Quell’insolito silenzio era davvero... insolito.
- Dov’è il...? - mormorò Edward, spostando lentamente lo sguardo intorno a sé.
- Fratellone... laggiù - disse Alphonse, indicando un punto dietro il biondo.
Edward si voltò e notò il profilo di Mustang seduto poco più in là, curvo, dando loro le spalle. Il brontolio del suo stomaco giunse chiaramente all’orecchio di Edward, che si avvicinò al moro, pronto ad un altro eventuale assalto.
- Colonnello? - lo chiamò esitante.
Mustang si limitò a sospirare.
- Sto meglio... grazie, Acciaio... - rispose quest’ultimo, alzandosi.
Edward si rilassò: temeva un nuovo attacco.
- Bene. Ora che anche il colonnello è tornato normale, cerchiamo di risolvere il problema più importante: dobbiamo riuscire a procurarci qualcosa da mangiare - esordì Edward, come se fosse il capo del gruppetto.
- Torniamo nella foresta? - domandò Alphonse.
- Be’, non vedo alternative purtroppo. Andiamo e speriamo di riuscire a trovare qualcosa... - disse Edward, incamminandosi verso la vegetazione, seguito da suo fratello e dal colonnello.
Nel frattempo, mentre il coraggioso trio si avventurava alla ricerca di cibo, al Quartier Generale dell’Est...
Fiamma e Riza camminavano lungo uno dei tanti corridoi dell’edificio militare dell’Est, quando alla bionda sorse un dubbio riguardo al “corso di coesistenza” che avevano imposto a Edward e Mustang.
- Fiamma... tu sai se su quell’isola ci sono bestie feroci? Se non possono usare l’Alchimia sono praticamente disarmati... - chiese la tenente, osservando la ragazza che le camminava al fianco.
Fiamma alzò gli occhi al cielo con fare interrogativo.
- Ma... sinceramente non lo so... non ci sono mai stata così a lungo da scoprirlo. Comunque, anche senza Alchimia, Edward e Alphonse sapranno certamente cavarsela... quando erano bambini hanno vissuto un’esperienza del genere e penso che siano in grado di sopravvivere. Spero vivamente che anche il colonnello si adatti alla situazione... - esclamò la rossa.
- Ho qualche dubbio... non ha mai vissuto situazioni del genere, neanche in guerra... spero solo che se la cavi in qualche modo... - rifletté a voce alta Riza.
- Già, speriamo... piuttosto, chi è stato incaricato di sostituire il colonnello come sovrintendente del Quartier Generale dell’Est? - domandò Fiamma, lanciando un’occhiata alla bionda.
- Io... sono stracarica di lavoro... - rispose la tenente.
- Se vuoi ti aiuto! Tanto non ho altro da fare finché Ed e Al sono via... - disse Fiamma allegra, seguendo Riza nell’ufficio del colonnello.
Sull’isola intanto...
- Anf... anf... sono stanco e non abbiamo trovato niente da mangiare... - mormorò Edward, appoggiandosi ad un albero per riprendere fiato.
- Dai fratellone... andiamo! - lo esortò Alphonse.
- Tuo fratello ha ragione. Non vorrei dover girovagare per la foresta a notte inoltrata... - aggiunse il colonnello.
- Ah... ok. Andiamo - acconsentì il biondo, riprendendo il cammino.
Era ormai pomeriggio inoltrato. I tre non avevano ancora desistito dalla ricerca di cibo: la fame di Edward e Roy era tale da spingerli a cercare ancora e ancora, anche a costo di cadere privi di sensi. Alphonse non poteva far altro che seguirli per accertarsi che non commettessero imprudenze di alcun tipo.
Stremati dalla fatica, sia Edward che Mustang si fermarono a riprendere fiato ai margini di una minuscola radura.
Mentre si riposavano, un cespuglio frusciò, attirando l’attenzione dei tre.
Da esso, rotolò fuori un cosino nero che emise un flebile verso.
- Che diavolo è quell’affarino? - esclamò Edward.
Alphonse si avvicinò e lo raccolse.
- È un micino... - disse poi, voltandosi verso gli altri due.
- Un gatto nero?! Non possiamo occuparci anche di lui... già rischiamo di morire di fame noi! - ululò il biondo.
- Perché non ce lo mangiamo? - propose il colonnello, mentre uno strano brillio perfido gli compariva negli occhi.
- NO! NON SE NE PARLA NEMMENO! - esclamò Alphonse, arrabiato.
- Io sono d’accordo con il colonnello. Pappiamocelo... - intervenne il biondo, fissando il micino.
- No! - ripeté Alphonse, fermo.
- Dai, Al! È più grosso dei gatti normali. Eh? - esclamò Edward, sgranando gli occhi: in effetti, data la malsana passione di suo fratello per i gatti, ne aveva visti tanti, ma così grossi e così neri mai. Sembrava confondersi perfettamente con la notte più oscura.
- Te l’immagini se quell’affarino fosse un puma? - disse il colonnello, sarcastico.
Chissà come e perché, dal cespuglio dove era nascosto il gattino, uscì un grosso puma a zanne scoperte.
- Sa colonnello... certe volte farebbe bene a tenere chiusa quella sua boccaccia! - esclamò Edward a denti stretti.
L’animale ringhiò e si avventò contro Edward e Mustang, che si diedero alla fuga.
- Ah! Sono distrutto e mi tocca pure correre! Colonnello, spero si renda conto che se ci troviamo... -
- Taci Acciaio! - lo zittì l’altro, accelerando la corsa.
Giunsero poco dopo in una radura circondata interamente da erba altissima.
Edward superò il colonnello e fece per aprirsi una strada nell’erba, ma si schiantò contro un tronco d’albero, ricadendo all’indietro, stordito.
- O cielo! Ti pareva che non finisse così...? - esclamò Mustang, voltandosi a fronteggiare la belva, che gli balzò addosso a fauci spalancate, pronte a dilaniarlo.
Il colonnello fece per ripararsi, quando sentì qualcosa accasciarsi a terra: voltandosi, vide Alphonse ritto accanto al corpo privo di sensi del puma.
- Sta bene colonnello? - chiese l’armatura.
- Io sì, ma non posso dire altrettanto di Acciaio... ha preso in pieno un albero - spiegò Roy, spostandosi.
Alphonse si chinò sul corpo esanime del fratello e lo prese sulle spalle.
- Sarà meglio tornare all’accampamento... - disse Alphonse, incamminandosi.
- E il cucciolo? - domandò Mustang.
- Me ne occuperò io... - rispose l’armatura.
Così, Alphonse e il colonnello fecero ritorno alla radura.
Quando Edward riprese conoscenza, notò l’oscuro cielo notturno sopra di lui e si mise seduto di scatto. Il brusco movimento gli fece girare la testa.
- Oh, fratellone... come ti senti? - gli chiese Alphonse.
- Ah... stordito. Che cos’è successo...? Dov’è il puma...? - esclamò il biondo, lasciandosi cadere di nuovo a terra, sdraiato. Qualcosa gli leccò il viso.
- Ehm... il piccolino l’ho tenuto io e quello grosso l’abbiamo seminato nella foresta... - gli spiegò il fratellino.
- E tu hai sbattuto la testa contro un tronco d’albero. Mi sa che più genio di te non c’è nessuno...! - aggiunse il colonnello con la sua solita voce di scherno.
- Questo spiega perché mi fa così male la testa... ma perché non hai lasciato il piccolo con l’altro puma, eh? Abbiamo già i nostri di problemi a sopravvivere... mi sta tornando la fame... - disse Edward.
- Non sei l’unico ad avere fame, Acciaio - ribatté Mustang.
- Ma non potevo lasciarlo lì tutto solo... dai, fratellone... posso tenerlo? Ti prego... - supplicò Alphonse.
- Uff... è sleale quando fai così! Sai bene che non so resistere a quella vocina da cane bastonato! Ah... e va bene... - concesse Edward.
- Grazie fratellone! Grazie! - gioì Alphonse.
Il biondo sbadigliò vistosamente.
- Be’, io direi di andare a dormire... sono stanco e per di più dobbiamo ancora trovare il modo di procurarci da mangiare... - esclamò Edward, avviandosi carponi verso il rifugio, poco distante dal punto dove era sdraiato poco prima.
Si lasciò cadere su un fianco e chiuse gli occhi. Pochi istanti dopo, sentì qualcosa di morbido strofinarsi a lui e, riaperto un occhio, notò il gattino-puma che si accoccolava fra le sue braccia.
- Fratellone... penso che tu gli stia simpatico... - disse Alphonse, sedendosi al fianco del biondo.
- Sì... va bene... ‘notte... - farfugliò, mezzo addormentato.
Il colonnello si stese all’altro lato di Edward e si girò in modo da dargli le spalle.
- ‘notte fratellone... - mormorò Alphonse in risposta.
Il sonno calò come un velo sul trio, avvolgendoli completamente.
   
 
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