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Autore: Fiamma Drakon    26/01/2009    1 recensioni
Il colonnello, Edward e Alphonse si ritrovano su un'isola deserta e devono trovare il modo di fuggire e sopravvivere a madre natura, ma soprattutto ai conflitti fra il colonnello e Acciaio. Riusciranno Ed e Roy a imparare a coesistere?
Genere: Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alphonse Elric, Edward Elric, Roy Mustang
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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1_ Ma perché a me...? Ma perché a me...?
Non si sa né come né tantomeno perché, quando Edward riprese i sensi si ritrovò disteso su qualcosa di morbido, sotto l’accecante luce solare. Si sentiva scombussolato, con un gran mal di testa.
Con uno sforzo, riuscì a mettersi seduto.
- Al...? Al ci sei? - mormorò il biondo, strofinandosi la testa.
- Fratellone! Ti sei svegliato! - gli rispose la familiare voce di Alphonse.
- Acciaio? - lo chiamò un’altra voce maschile, talmente familiare da gelargli il sangue nelle vene.
Non era logicamente possibile, eppure doveva essere per forza così: lì con loro c’era anche il...
- Colonnello? Roy Mustang? È lei? - domandò Edward.
- Chi altri vuoi che sia? - gli rispose con sarcasmo il moro.
Edward, nonostante sapesse che di lì a poco si sarebbe scatenato l’inferno in senso strettamente letterale, si costrinse ad aprire gli occhi: l’unica cosa che vide fu un’immensa distesa azzurra.
- Mare? Siamo al mare? - chiese ancora il biondo, perplesso, guardandosi intorno: erano seduti su una spiaggia.
- No, non siamo al mare Acciaio. Siamo su un maledetto sputo di terra sperso in chissà quale remota parte del mondo! - ribatté seccamente il colonnello.
- E a questa conclusione come diavolo ci è arrivato? - domandò Edward.
- Uhm... come posso spiegartelo affinché il tuo misero intelletto possa arrivare a capire tale concetto? Ah, sì! SIAMO CIRCONDATI DA ACQUA! - esclamò Mustang, paonazzo.
Edward avvampò di rabbia: ma perché il colonnello ci si divertiva tanto a prenderlo per i fondelli?!
- Guardi che ho capito! Aspetti... come abbiamo fatto a finire qui? - chiese il biondo.
- Non ne ho la minima idea! - rispose con veemenza quest’ultimo.
Edward si alzò e assunse un’aria importante.
- Ce ne andremo con l’Alchimia! - esclamò, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
- Fratellone, asp...! - s’intromise Alphonse, ma Edward non lo stava ad ascoltare: congiunse le mani e le puntò deciso a terra.
Silenzio. Perfetto, assoluto silenzio.
Edward si rialzò, visibilmente spiazzato.
- Ma che...? Come mai l’Alchimia non funziona? - chiese, sorpreso e confuso.
- Ho cercato di dirtelo... abbiamo già provato ad usare l’Alchimia, ma niente! - spiegò Alphonse.
- Come niente? Viviamo in un mondo dominato dall’Alchimia e vieni a dirmi che esiste un posto dove l’Alchimia non funziona? Mi stai prendendo in giro, vero?! - esclamò Edward.
- No che non ti sta prendendo in giro! Acciaio, se qui qualcuno ha il diritto di prenderti per i fondelli, quello sono io! - esclamò il colonnello.
- Ma chiuda il becco, razza di pervertito militare! - ribatté Edward.
- Come ti permetti?! Sono un tuo superiore - disse il moro, alzandosi in piedi in tutta la sua altezza.
Quella fu la goccia che fece traboccare il piccolo vaso della pazienza del biondo, che si alzò in piedi e puntò i suoi occhi in quelli del colonnello. Alphonse, che osservava la scena pronto ad intervenire in caso il litigio fosse degenerato, avrebbe giurato che si stessero mandando lampi d’odio attraverso quegli sguardi di puro disprezzo reciproco.
Con scatti contemporanei e repentini, i due furono l’uno dinanzi all’altro, in posizione d’attacco.
- No! Colonnello, si fermi! Fratellone, smettila! - esclamò Alphonse, afferrando Edward da dietro per le braccia e alzandolo da terra.
- AL, MALEDIZIONE! LASCIAMI ANDARE! VOGLIO SQUARTARLO VIVO QUEL...! -
- Fratellone, basta! -
Nel frattempo, mentre Alphonse impiegava tutte le sue energie per impedire ai due alchimisti di uccidersi a vicenda, nell’ufficio del colonnello Mustang al Quartier Generale dell’Est, la tenente Hawkeye discuteva con la sua compagna di malefatte.
- Credi che sia stata una buona idea spedirli su quell’isola sperduta? Sinceramente, non penso che il colonnello e Edward riusciranno a convivere pacificamente... - esclamò la tenente.
- Non si preoccupi, ho preso le mie misure di precauzione, per questo ho coinvolto anche Alphonse... - disse Fiamma, seduta sulla scrivania del colonnello ad osservare la tenente Hawkeye.
- Speriamo che quel ragazzo riesca a tenerli a bada... - mormorò la tenente, preoccupata.
- Li abbiamo mandati lì giusto per questo: quei due devono imparare a coesistere... - proseguì Fiamma.
- Ma siamo sicure che... -
- Con Alphonse nei paraggi, Edward non oserà torcere un capello al colonnello... - disse la rossa.
Nel frattempo...
- IO LO AMMAZZO! LO AMMAZZO! - sbraitava Edward, mentre Alphonse cercava con tutte le sue forze di tenerlo lontano da Mustang, che continuava a provocarlo.
- Ma guarda che tenerezza quel piccolo Eddicuccio amoroso di mammina... lo vuoi un po’ di latte? - lo schernì il colonnello ancora una volta.
- ORA BASTA!     - urlò il biondo a pieni polmoni. Nonostante fosse più di mezz’ora che si agitava e urlava a squarciagola, non aveva ancora finito la voce.
Edward sfuggì alla presa di Alphonse e partì alla carica del colonnello, che si preparò e schioccò le dita.
Nessuna reazione.
- Accidenti, me ne ero dimenticato! - esclamò.
Edward era quasi addosso al colonnello, quando Alphonse lo raggiunse e lo prese per la treccia, fermandolo.
- AHIII!!! - gridò Edward, bloccandosi.
- Fratellone, smettila di comportarti da bambino! E lei colonnello, la smetta di provocarlo! - li rimproverò Alphonse.
I due si zittirono: parevano due bambini di prima elementare sgridati dal maestro.
- Scusa... - esclamarono i due in coro, in perfetta sintonia con la loro parte infantile.
- Ora... sarà il caso di perlustrare un po’ la zona... andiamo... - disse, avviandosi verso la fitta vegetazione che si estendeva alle loro spalle.
Il trio si addentrò così nella foresta.
- Fratellone... che hai? Non ti senti bene? - chiese Alphonse, guardando il biondo, che camminava di fianco a lui.
- ...! - rispose quest’ultimo.
- Eh? - chiese Alphonse.
Edward iniziò a sbracciarsi e muovere la bocca in silenzio.
- Gli è andata via la voce... finalmente... - intervenne il colonnello, che camminava avanti a loro.
Il biondo scoccò un’occhiata iniettata di odio puro verso Mustang.
- Davvero? - domandò Alphonse.
Edward annuì, piegando le spalle in avanti: la voce era l’unico modo che aveva per comunicare. Non era mai stato bravo a mimare.
Fra i tre cadde uno strano silenzio, rotto solo dal rumore dei loro passi.
Edward, impossibilitato ad esprimersi, s’immerse in quell’oscuro specchio lacustre senza fondo che erano i suoi pensieri: era incredibile anzi, impossibile che si ritrovasse in un posto sperduto incapace di usare l’Alchimia e per di più in compagnia di quel lavativo del colonnello. Probabilmente era l’inferno. No, pensandoci meglio, quello non poteva essere l’inferno: non aveva commesso peccati così esagerati da meritarsi una tortura eterna targata Mustang. Era la peggior pena che potesse essergli inflitta, sia da vivo che da morto.
- Fratellone...? -
La voce timida di Alphonse interruppe il flusso dei suoi pensieri.
Il biondo alzò gli occhi e si guardò intorno: erano arrivati in una piccola radura poco illuminata, al centro della quale stava fermo il colonnello.
- Direi che possiamo accamparci qui... - disse quest’ultimo, voltandosi verso Alphonse.
- Fratellone...? - chiese l’armatura, esitante.
Edward, non potendo litigare apertamente con Mustang, si arrese e annuì.
D’un tratto, lo stomaco del biondo brontolò. Suo fratello e il colonnello si voltarono verso Edward, che avvampò per l’imbarazzo: ma perché doveva sempre essere al centro dell’attenzione?
- Hai fame, fratellone? - gli chiese Alphonse.
Edward chinò la testa, prima di annuire appena.
- Grandioso! Ora che Acciaio ha fame siamo davvero a posto... e ora cosa manca... una bella tempesta? - esclamò Mustang.
Classica predizione dell’uccellaccio del malaugurio: scoppiò a piovere.
Il colonnello rimase perfettamente immobile. Edward lo fissava inespressivo, mentre dentro di lui si scatenava un piccolo moto di gioia. - Uccellaccio del malaugurio, uccellaccio del malaugurio... - continuava a ripetersi dentro, mentre un sorrisetto cattivo gli si dipingeva in faccia.
- Sarà il caso di costruire un riparo... non voglio arrugginirmi... - disse Alphonse.
Edward annuì.
I tre si separarono e, in poco tempo, riuscirono a recuperare lo stretto indispensabile per costruirsi un piccolo riparo. Era semplice, niente di speciale e difficilmente ci sarebbero entrati tutti e tre ma, stranamente, ci riuscirono.
Stretti sotto il riparo improvvisato, rimasero in silenzio, chi per impossibilità di parlare, chi per semplice imbarazzo, chi altro per la consapevolezza di essere la causa di quel nubifragio. I minuti trascorrevano inesorabili, trasformandosi in ore, mentre la pioggia continuava a scrosciare e Edward pativa la fame. Era da stupidi pensare che di lì a qualche minuto sarebbe spuntata Fiamma e gli avrebbe detto che era tutto uno scherzo. Eppure, era l’unica consolazione che sapeva trovare per stare stretto fra il colonnello e Alphonse, invece di tentare il suicidio gettandosi in mare. Ma perché erano finiti su quella maledettissima isola dove l’Alchimia non funzionava? Era il dubbio più pressante che gli si affacciava alla mente, al confronto del quale la fame era un bisogno irrilevante, almeno per il momento.
L’unica cosa che si ricordava era Fiamma. Poi la spiaggia, qualche ora prima. Era tremendamente frustrante non avere la minima idea di cosa stesse succedendo.
Il biondo si strinse le ginocchia al petto , mentre la pioggia aumentava. Faceva insolitamente freddo. Rannicchiato fra gli altri due, Edward alzò lo sguardo e lo puntò di fronte a sé.
Perché non la smetteva di piovere?
- Almeno non grandina... - mormorò il colonnello.
Altra classica predizione dell’uccellaccio del malaugurio: iniziò a grandinare.
Edward sospirò, sollevato: se non altro, per la certezza che il colonnello fosse davvero una fonte di sfortuna e che, per questo, sarebbe impazzito, avrebbe tentato il suicidio e sarebbe... morto. L’idea accese un piccolo barlume nel subconscio del biondo, riscaldandolo interiormente.
Il suo stomaco brontolò ancora e lui sospirò, afflitto. Niente cibo, niente acqua... niente Alchimia. Pareva proprio una replica piuttosto scadente del mese che lui e Alphonse avevano trascorso da soli su un’isola deserta. Almeno, quella era stata un’escursione, se così si poteva definire, giustificata. Ma quella non aveva niente a che vedere con tutto ciò: niente addestramento dopo, ammesso e concesso che esistesse un dopo. Erano completamente soli e dovevano trovare il modo di sopravvivere finché non avessero trovato il modo di andarsene.
In quel preciso istante, cessò pian piano di grandinare.
- Finalmente a sm...! -.
Il colonnello non ebbe tempo di finire la frase che Edward e Alphonse gli avevano già tappato a bocca.
- No. Non si azzardi a dire nulla... - gli intimò Alphonse, mentre Edward annuiva.
Quando tolsero le mani dalla bocca del moro, questo si alzò imbronciato e si allontanò un poco.
- E adesso? – chiese Alphonse.
Lo stomaco di Edward rispose al posto suo.
- Ok... andiamo a cercare qualcosa da mangiare... – disse l’armatura. Il biondo assentì.
Così, il terzetto di alchimisti si avventurò coraggiosamente nelle tenebrose profondità della foresta che circondava la loro semplice e rudimentale base alla ricerca di cibo.
Durante la ricognizione, anche il colonnello iniziò a sentire i primi morsi della fame, ma cercò di non darlo a vedere.
Alphonse procedeva abbastanza spedito nel fitto sottobosco. Lo stesso però, non si poteva dire di Edward e Mustang, che gli arrancavano dietro facendo attenzione a non inciampare nelle nodose radici che coprivano il suolo o, peggio ancora, a non incappare nei micidiali cespugli di rovi disseminati qua e là lungo il margine del sentiero.
Ritornarono al campo base senza averci guadagnato niente a parte vestiti laceri e graffietti un po’ ovunque.
Distrutti, Fuoco e Acciaio si lasciarono cadere sul terreno della radura, respirando profondamente.
- Stanchi? – chiese Alphonse.
- Oh, no... assolutamente... – boccheggiò il colonnello, sedendosi a fatica sul terreno.
Edward si limitò a stare in silenzio: era senza voce e per di più senza fiato.
Il suo stomaco brontolò ancora, accompagnato da quello di Mustang. I due si scambiarono un’occhiata abbastanza imbarazzata da far capire ad Al che era meglio far finta di niente.
Il moro e il biondo si scambiarono un intenso sguardo di sfida: Edward, nonostante avesse una fame tremenda, non si sarebbe arreso ad essa prima del colonnello. La sua era una scelta dettata più che altro dall’orgoglio e Mustang sembrava non essere da meno.
Alphonse si arrese all’evidente scontro di volontà dei due e li lasciò da soli: inutile anche solo provare a convincerli a desistere.
Ben presto, il cielo si tinse dei tipici colori del tramonto. Edward e Mustang non erano ancora pronti a cessare i loro litigi psicologici, ma dovettero poi arrendersi alla stanchezza che non tardò a sopraffarli.
Edward, ancora incapace di parlare, si limitò a sbadigliare e si rannicchiò al riparo del piccolo e semplice rifugio costruito quel pomeriggio.
Mustang si distese accanto a lui e Alphonse si accovacciò a destra del fratello.
Ben presto, i tre caddero in un sonno profondo.
   
 
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