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Autore: Letizia25    10/08/2015    1 recensioni
«Com’è la vita?»
«La vita è bellissima già per il semplice fatto di esistere, per il fatto di poter dire: “Sono parte di qualcosa di meraviglioso”. Perché la vita è bellissima, nonostante tutti i problemi che possano presentarsi durante il cammino. La vita è un continuo cadere e rialzarsi, a volte da soli, a volte grazie agli altri. La vita è colore, è quell’unico arcobaleno che, qualche volta, comprende anche il nero. La vita è scoprire, emozionarsi, piangere, ridere, soffrire. La vita è originalità, è unica. La vita è pazzia pura.»
*
«Ti prego Ashton, insegnami a vivere!»
«Ma non so come si fa.»
«Allora lo capiremo insieme.»
*
Il destino si divertirà a far incontrare due mondi apparentemente diversi, ma accomunati da tante, troppe cose. Due ragazzi si si ritroveranno a lottare insieme contro qualcosa che all’apparenza sembra impossibile da affrontare. Ma poi l'amore si mette in mette in mezzo.
E sarà proprio l’amore ad aiutarli a superare qualsiasi cosa, insieme.
*
Una storia che parla di quanto sia importante vivere al massimo ogni singolo giorno che ci è dato da vivere, perché la vita è una sola e non va sprecata, mai.
*
Trailer: http://youtu.be/1rNyxp_yUAI
Genere: Angst, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Sto scrivendo una storia a 4 mani con Nameless_Sam, una mia amica :).
Si chiama Can you keep me safe tonight? e la trovate sul suo profilo.
Se avete voglia di andare a leggere e farci sapere cosa ne pensate, ci fareste felicissime, sul serio!
Vi lascio il link del trailer (https://www.youtube.com/watch?v=6SIgzZVoKfs) e della storia (http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3192273&i=1). 
Buona lettura!


21.
Regalo
 
 

 
Erano passati due mesi e undici giorni da quando Ashton e Kaylin avevano capito di amarsi. Due mesi ed undici giorni da quando si erano messi insieme e la loro storia era iniziata. Il periodo più bello della loro vita.
Perché in quei due mesi avevano cominciato a capire che per innamorarsi di una persona non c’è bisogno di una causa precisa, succede e basta, senza che i diretti interessati possano farci niente. I due ragazzi avevano cominciato a capire, a non farsi più domande, a sorridere per quel regalo immenso che mai avrebbero pensato di poter ricevere.
Ancora non riuscivano ad abituarsi all’idea di stare con qualcuno, di stare con la persona più importante della loro vita. Eppure… Le cose che facevano quando ancora non avevano capito tutto continuavano a farle: uscire insieme, camminare mano nella mano, coccolarsi. Non era cambiato niente di quello che avevano prima; erano solo diventati consapevoli.
E la cosa buffa era che proprio da quando stavano insieme, avevano iniziato a discutere, come ogni coppia, partendo dalle piccole cose, fino a quelle più gravi – che poi gravi non lo erano mai davvero. Discutevano, non sempre, ma quando capitava erano capaci di arrivare ad urlarsi contro. Perché adesso loro due erano due fiamme vive, ardenti, difficili da spegnere e da tenere a bada. Poi però tutto finiva con un sorriso, un abbraccio, un bacio. Perché si volevano troppo bene per permettersi di mandare tutto all’aria.
Erano passati due mesi, e Ashton e Kaylin speravano che il tempo che avevano a disposizione per stare insieme non finisse mai. Perché si sentivano bene, si sentivano a casa quando stavano insieme, ed era la sensazione migliore del mondo. Si amavano e vivevano ogni loro momento insieme al massimo, come se avessero paura che fosse sempre l’ultimo.
 
Era il 14 febbraio, San Valentino, la festa degli innamorati.
Ashton e Kay stavano tranquillamente camminando per le vie del loro quartiere, mano nella mano, mentre il caldo di quell’estate li costringeva a passare solo nei punti dove vi fosse anche solo un poco di ombra.
«Ancora devo capire dove vuoi portarmi.» commentò Ashton divertito, prima di baciare la tempia della mora che sorrise e gli fece la linguaccia.
«Tranquillo, lo scoprirai presto.» rispose poi, lo sguardo che osservava il tutto come se fosse lontano, con fare quasi perso; semplicemente perché nella testa di Kay c’erano troppe cose e lei non sapeva come fare per metterne in ordine almeno qualcuna.
Aveva chiamato Ashton qualche ora prima. Aveva in mente una cosa da tempo, ormai, addirittura prima del concerto. E quel giorno le era sembrato quello più adatto. Perché quella cosa sarebbe sempre e comunque stata il regalo migliore che Kay avrebbe potuto fare al suo ragazzo.
Ashton. Il suo ragazzo… Ancora faticava a vederlo in quel modo. Però non le dispiaceva, proprio per niente.
«Voglio portarti in un posto.» gli aveva detto a telefono.
Lui aveva preso al volo l’occasione e si era fatto trovare davanti casa Hood dieci minuti dopo, salutandola con un bacio, mentre in una mano aveva un piccolo vaso di orchidee fucsia – che Kay aveva subito messo in camera sua – ed una collina con un ciondolo a forma di luna che ora la ragazza portava indosso.
Quello stesso ciondolo che Kay continuava a tormentare con le dita a causa di quel nervosismo che sentiva dentro da quando erano usciti di casa. Sperava con tutto il cuore che quel pomeriggio andasse bene. Perché troppe cose sarebbero state rivelate quel giorno, tutte in una volta, e lei non era sicura di essere in grado di riviverle tutte, ancora una volta. Aveva paura di quello che i ricordi avrebbero potuto farle.
Non era sicura di aver superato tutto. Però sperava che il dolore non entrasse dentro di lei come tutte le volte, lasciandola completamente senza difesa, senza respiro, con il cuore agonizzante per le ferite.
E fu mentre si chiedeva se avesse fatto la scelta giusta oppure no, che la facciata di quella villetta si parò davanti a loro, facendo sospirare lei e facendo allarmare lui.
Perché Ashton si ricordava quella casa. Si ricordava quella notte di sette mesi prima. Quella notte in cui aveva visto Kay cadere per la prima volta, proprio dopo aver visto quella stessa casa. Non era tranquillo. Perché non voleva che la sua ragazza stesse male di nuovo, per un qualcosa che ancora lui non conosceva. Avrebbe voluto portarla via di peso da lì, pur di salvarla, perché non voleva vederla mai più in quelle condizioni: distrutta, stanca, triste, a pezzi.
Eppure lei continuava ad andare, e lui non capiva più quel che stesse succedendo. Sembrava quasi che Kay fosse felice di essere lì, come se quel posto le fosse mancato per davvero troppo tempo. Cosa era successo in quei mesi? Cosa le era capitato per farle cambiare così tanto il suo comportamento verso quel posto che lui stava continuando ad odiare con tutto se stesso?
Le sue domande trovarono una risposta quando – non appena Kay suonò la porta – una donna si parò davanti a loro, lasciandolo completamente di sorpresa. Perché quella donna e Kay erano identiche.
 
Ashton osservò a lungo quel viso magro dai lineamenti dolci, delicati, incorniciato da lunghi capelli scuri; si perse un secondo di troppo in quegli occhi così blu da far invidia alla notte. Rabbrividì, quando vide che le persone davanti a lui erano due gocce d’acqua. E adesso lui non sapeva più che cosa pensare davvero.
Kay gli sorrise e gli prese la mano. Lo conosceva troppo bene per non notare lo sgomento e la sorpresa che avevano attraversato i suoi occhi dorati. Stava per fare una cosa che mai e poi avrebbe creduto di vivere, soprattutto non dopo tutto quel che era successo. Eppure… La vita è imprevedibile, e Kay ne aveva prova giorno dopo giorno di quante sorprese riservasse.
«Ashton… Lei è Grace, mia… Mia madre.»
E per un attimo, il silenzio calò tra i presenti. Un silenzio carico di tensione e di troppe parole non dette che stava rendendo la situazione molto più difficile di quanto in realtà non fosse. Una situazione in cui nessuno dei tre avrebbe mai pensato di ritrovarsi. Almeno prima di quel pomeriggio.
Ashton non riuscì a spiegarsi come fece, ma riuscì ad emergere dallo stato di sorpresa in cui si trovava. Perchè quella rivelazione era molto più di quanto avrebbe mai immaginato. Kay, che non gli aveva mai detto niente dei suoi genitori, gli aveva appena presentato sua madre, e lui non sapeva proprio come reagire. Semplicemente, seguì quello che si suggeriva quel poco che gli restava dentro della sua parte più lucida, sperando con tutto il cuore che fosse sufficiente per affrontare tutto.
«Piacere signora. Sono Ashton.» disse allora, il sorriso divenuto ad un tratto timido sulle labbra mentre porgeva la mano alla donna, che la strinse teneramente e gli sorrise con dolcezza.
«Piacere mio. Kay mi ha parlato davvero tanto di te.»
«Mamma!» esclamò la ragazza, imbarazzata da quella situazione che era andata creandosi. Una situazione apparentemente normale. Perché quello era solo l’inizio di tutto. Solo che – per adesso – la cosa prometteva bene. Sperava soltanto che sarebbe durata così fino alla fine.
Ashton sorrise, al vedere la mora imbarazzarsi in quel modo, e le strinse ancora di più la mano. Perché aveva bisogno di tutto il sostegno possibile per affrontare quell’incontro e non aveva la benché minima idea se sarebbe stato in grado di farcela oppure no.
Grace rise allegra e fece spazio ai due per farli accomodare in casa.
Non appena furono dentro, il riccio rimase completamente a bocca aperta. Perché quella casa – che quella sera di mesi prima gli era sembrata disabitata – era bellissima, in ogni sua più piccola parte. Le tende delle finestre aperte, le foto appese alle pareti, i libri sugli scaffali, i mobili in legno chiaro. Tutto dava luce, tutto dava il benvenuto in quella casa davvero troppo grande per una persona sola.
Kay lo osservava, incuriosita dalle espressioni che passavano sul quel viso che adesso poteva guardare senza l’incertezza dei suoi sentimenti. Era felice di averlo portato lì e – nonostante la paura – era pronta a rivelargli tutta la sua storia, quella che non aveva mai detto a nessuno e che solo Joy e Calum sapevano, per forza.
«State insieme adesso, vero?» le chiese Grace, cogliendola di sorpresa, sia con il gesto che con le parole.
«Tu–?»
«Sono tua madre, in fondo. Certe cose le capisco anche a distanza di anni.» rispose la donna con un sorriso.
E quella frase riuscì a porre una fine a così tanti punti irrisolti tra di loro, che entrambe si sentirono libere davvero di tutti quei pesi inutili non appena si abbracciarono, forte, come a volersi sorreggere a vicenda, come a voler proteggere l’altra a costo della propria vita.
«Portalo più spesso qui. Già mi piace.» sussurrò la donna alla figlia, facendola sorridere mentre gli occhi le diventavano lucidi a causa di quella felicità che non riusciva più a contenere.
Posero fine all’abbraccio e Kay sorrise all’altra per salutarla, prima di voltarsi verso il ragazzo.
«Ash, puoi venire un attimo con me? Voglio farti vedere una cosa.»
A quelle parole, il riccio si voltò verso di lei e le sorrise. E sorrise educatamente pure a Grace quando uscirono per andare in giardino, sperando vivamente di poter sapere qualcosa di più. Perché aveva così tante domande in testa, domande che necessitavano al più presto di una risposta, per la quale non sapeva se era in grado di aspettare oppure no. Perché, dentro al cuore, sentiva che c’era qualcosa di più sotto a tutta quella storia. Ed erano quelle parole non dette che lui adesso voleva conoscere.
Si sedettero sotto l’unico albero presente in giardino, il vecchio salice piangente sotto i cui rami poterono stare al fresco, all’ombra, lontani dal caldo opprimente di quel pomeriggio.
Kay si distese sull’erba e chiuse gli occhi, pronta ad affrontare tutto quello che di lì a poco sarebbe successo.
«Avanti.» disse allora al riccio, catturando la sua attenzione – perché ormai lei, Ashton , lo conosceva bene e sapeva quanto cose simili suscitassero la sua curiosità, ogni volta. «Chiedimi tutto quello che vuoi.»
Lui rimase senza parole, colto alla sprovvista da quella domanda così diretta a cui – nonostante sapesse quanto Kay fosse brava a capire ogni cosa di lui – non aveva minimamente pensato. Allora restò in silenzio, cercando di capire davvero quale fosse la domanda giusta da porle in quel momento. Ne aveva davvero così tante in testa che non sapeva da quale cominciare.
Come mai non aveva mai visto sua madre prima di quel giorno?
Perché il rapporto tra lei e sua madre era così? Perché lui l’aveva notato che tra le due le cose fossero non proprio idilliache, ma che comunque andavano avanti a stenti, per come potevano e per come ci riuscivano.
Alla fine optò per quella che gli sembrava più logica e che, probabilmente, conteneva tutto quello che gli serviva sapere per capire quella stranissima situazione in cui si era ritrovato.
«Perché vivi a casa di Cal?» le chiese allora, volgendo lo sguardo nella direzione della ragazza per poterla osservare meglio, a lungo, mentre lei gli rispondeva.
Kay sorrise e sospirò, perché sapeva che glielo avrebbe chiesto. Prese un respiro profondo e si decise a rivelare tutto, si decise ad affrontare da sola tutte quelle cose che aveva sempre tenute racchiuse nell’angolo più buio della sua anima e che non aveva mai raccontato a nessuno, neppure una volta. Perché raccontare significava riaprire tutte quelle ferite che ancora non erano guarite, significava cadere di nuovo in quel baratro nero senza ritorno, voleva dire annullarsi di nuovo. Eppure… Con Ashton accanto a lei, Kay sapeva che non le sarebbe successo niente, sapeva che lui l’avrebbe aiutata ad alzarsi, se mai fosse caduta.
Per questo, gli raccontò ogni cosa.
Perché era a causa di tutto quello che aveva passato se, fino a poco tempo prima, aveva un cubo di vetro che le imprigionava il cuore.
E non si preoccupò minimamente di quelle lacrime che presto iniziarono a rigarle le guance, mentre Ashton la stringeva forte, la cullava, la consolava, la sorreggeva per non perderla. Perché una vita così non l’avrebbe mai augurata a nessuno e perché non poteva credere che la ragazza che amava avesse vissuto cose simili. La tenne stretta e lei si ancorò a lui per stare a galla. Perché il dolore si sconfigge solo se si combatte in due.
 
«Mio padre era un militare… Quando io avevo poco più di tre anni, morì in una missione in Iraq… Per mia madre fu troppo… Avresti dovuto vedere come si amavano, erano… Dio, erano meravigliosi… Lei… Lei andò in depressione… Io invece smisi di parlare… Per come poteva, mia zia Joy ci aiutava… Mio padre era suo fratello… Però le cose peggiorarono comunque, soprattutto per mia madre… Lei… Lei non stava mai con me, non badava mai a me… Stava tutto il giorno a rivedersi il filmini che aveva girato con la telecamera a me e a mio padre mentre giocavamo… Lui… Ti sarebbe piaciuto, ne sono sicura… E poi i suoi quadri erano… La cosa più bella di tutte… Mia mamma era diventata un fantasma… E… E quando si rese conto che non sarebbe stata… Una buona madre in… In quelle condizioni, lei… Mi ha affidata a mia zia Joy, quando avevo poco più di quattro anni… Vivo da lei da quel giorno… E ogni anno sono sempre venuta a trovare mia madre, giuro… Ogni volta che potevo… Però… L’anno scorso avevo… Avevo perso la speranza… Perché lei non mi parlava più! Non parlava più con nessuno! Ed io non sapevo che cosa fare, non sapevo come aiutarla… Io… Ho avuto tanta paura, Ash… Avevo paura di restare senza di lei e non sono più tornata qui… Poi però io e te… Quella notte siamo passati di qui e… Non sono riuscita a voltarle le spalle… Dopo quella sera io… Ho ripreso a tornare qui… E adesso le cose vanno un po’ meglio… Ma lei non c’è stata… E la sua mancanza la sento ancora… Come mio padre… Dawson White… Lui… Era il papà migliore del mondo… È stato lui che mi ha insegnato a dipingere, sai? È… È per questo che lo faccio ancora… È l’unico modo che ho per sentirlo accanto a me…»
 
Entrambi rimasero a lungo in silenzio, dopo quel racconto, dopo che Kay aveva mostrato tutta la sua vita al suo ragazzo, dopo che gli aveva fatto vedere quel poco di buono che le era rimasto dentro. Rimasero così, stretti l’una nelle braccia dell’altro, come a volersi dare la forza necessaria.
Perché, nonostante gli anni passati, Kay sentiva ancora quel dolore lacerante nel cuore, quello che riusciva a mandarle l’anima in pezzi, quello stesso dolore che le aveva fatto venire in odio la domanda «Come stai?» perché lei non sarebbe mai stata bene del tutto, e detestava tutt’ora non poter dare una risposta completamente positiva.
Ashton la strinse forte. Era incredulo. Non riusciva a comprendere il perché la vita a volte fosse così dura con le persone che non se lo meritavano per niente. Non riusciva a capire perché proprio a Kaylin era toccato tutto quel dolore. Un dolore che nessun dovrebbe mai provare, a prescindere.
La osservò a lungo, cercando di immaginarsi la felicità della bambina che Kay era stata e che, a causa del gioco della vita, era dovuta crescere da sola troppo in fretta, perdendo se stessa, perdendo ogni tipo di sentimento, ritrovandosi solo a sopravvivere, a non vivere.
E solo in quel momento Ashton capì davvero il perché di quella richiesta che la mora gli aveva fatto tempo addietro, quella richiesta che lui aveva accettato benché gli sembrasse strana e che li aveva portati a conoscersi meglio, li aveva fatti trovare.
E capì anche che quel pomeriggio era il regalo migliore che Kay potesse fargli.
«Mi dispiace, Kay. Mi dispiace davvero tanto.»
Lei sospirò stanca e gli accarezzò la guancia per confortarlo, perché non voleva che si intristisse a causa sua.
«Non preoccuparti, Ash, davvero.»
Lui annuì e cercò gli occhi della mora, rossi e lucidi proprio come i suoi.
«Ti amo, lo sai?»
Kay sorrise. «Lo so. Ti amo anch’io.»






Letizia
Bella gente, tanti saluti dall'Elba! Che bello essere in vacanza *^*
Però... Io oggi mi soffermeri particolarmente su questo capitolo, che è PIENO DI OGNI SPIEGAZIONE RIMASTA IN SOSPESO u.u
Finalmente capiamo chi è Grace, alleulia, dopo la bellezza di 21 capitoli :D (scusate) e poi... La storia di Kay: è il centro da cui deriva tutto il resto.
E... Beh, sinceramente non so cos'altro potrei aggiungere, è già detto tutto qui.
Sicuramente dirò finchè campo che mi dispiace da morire far stare così male i miei personaggi, ma non è colpa mia se vedo sempre cose tristi (che di solito però vanno migliorando u.u).
Devo anche ammettere che sono molto soddisfatta di come sia venuto questo capitolo. Non fraintendetemi, non è per vantarmi (non mi piace farlo), semplicemente credevo che sarebbe stato molto più difficile di così. E invece, ci sono riuscita :3
Dettto questo, ci sentiamo presto <3.
Come sempre vi ringrazio per ogni singola cosa; siete meravigliosi, unici, grandiosi e mi fate sempre spuntare un sorriso :3
Vi voglio davvero bene ragazzi! Un bacione, Letizia <3

 
   
 
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