«Io,
ecco… volevo ringraziarti.»
Miles Edgeworth sollevò appena il capo dal voluminoso
libro che stava leggendo. «Per cosa?»
Phoenix si grattò la nuca e rise, imbarazzato.
«Beh,
per prima. Sei stato…»
“Coraggio,
Phoenix, puoi
farcela! Ti sei preparato a lungo per questo momento!”
«Sì?»
Miles aggrottò la fronte, evidentemente
perplesso.
Phoenix deglutì. Il coraggio che aveva faticosamente
raccolto stava
improvvisamente venendogli meno.
«… Gentile» riuscì infine a
mormorare. «Sei
stato molto, ehm… gentile.»
«Non sono stato gentile» rispose Miles.
«Ho solo detto
la verità, né più né
meno.»
Phoenix Wright avvertì una spiacevole stretta
all’altezza dello stomaco. «Beh,
sì… ma nessuno ti ha costretto a farlo. Per
questo dico che sei stato gentile.»
Gli occhi di Miles Edgeworth si erano ridotti a due
fessure.
«Smettila di dire sciocchezze» lo
redarguì severamente. «Non ho detto
quelle cose perché volevo essere gentile con te,
bensì perché erano la verità. Per
questo non trovo alcun motivo
per cui dovresti ringraziarmi.»
Phoenix si sentì incredibilmente stupido. Credeva di
aver avuto una buona idea, quando aveva deciso di parlare con
Miles. Lui l'aveva difeso davanti a tutti, durante il processo di classe, nonostante fosse proprio Miles la persona a cui avevano rubato i soldi del pranzo. Ringraziarlo gli era parsa la cosa più giusta da fare… ma
improvvisamente non ne era più così sicuro.
Forse lo stava solo infastidendo.
«Scusa» mormorò, a disagio.
«Non volevo disturbarti,
io… ero venuto solo per dirti grazie.»
A quelle parole, lo sguardo di Miles si rabbonì un
po’.
«Capisco» disse semplicemente, prima di riportare
l’attenzione sul libro aperto
davanti a lui.
Era evidente che la conversazione era giunta al
termine, ma Phoenix non si mosse di un solo centimetro.
Continuò a fissare
Miles, alla ricerca di qualcosa da dire. Non voleva che finisse
così.
«Devi dirmi altro?»
I loro sguardi si incrociarono di nuovo. Questa volta,
Miles sembrava davvero annoiato.
«E-ecco… cosa stai leggendo di bello?»
“Stupido
Phoenix, perché
non puoi semplicemente lasciarlo in pace?
«Un
libro molto complicato» rispose Miles, dopo
qualche istante. «Niente che sia di tuo interesse,
probabilmente.»
«Beh, anche io leggo libri complicati!» rispose
Phoenix,
mentendo spudoratamente.
«Per esempio…?»
«Ehm, vediamo…» Phoenix scavò
a fondo nella sua
memoria per ricordare il titolo dell’ultimo libro che aveva
letto… ammesso che
esistesse, cosa di cui non era affatto sicuro. «Credo che
avesse a che fare con…
i porcospini.»
Miles inarcò le sopracciglia. «I
‘porcospini’?»
Mai come in quel momento Phoenix desiderò sprofondare
sottoterra.
«C-certo! Sai, tutte le cose strane che fanno i
porcospini… tipo avere le spine, e cose
così.»
“Cosa
diavolo sto
dicendo?!”
Miles
sospirò. «Il libro che sto leggendo io non ha
nulla a che fare con i porcospini, per cui dubito che possa incontrare
i tuoi
gusti.»
«No, cioè…! Non è che sono
un fanatico dei porcospini
o altro!»
Phoenix era ormai arrossito fino alla punta dei capelli.
Più tentava di portare avanti la conversazione e
più aveva voglia di scomparire
per sempre.
Eppure, non vide ostilità negli occhi di Miles. Il
ragazzino sembrava perplesso, più che infastidito, e questo
gli diede il
coraggio di non scappare a gambe levate come avrebbe voluto fare fin
dal
principio.
Perché c’era qualcosa, in Miles, che Phoenix non
riusciva proprio ad ignorare.
«Posso… posso vedere cosa stai
leggendo?»
Il ragazzino lo squadrò a lungo. «Se ci
tieni…»
rispose infine, tornando rapidamente alla sua lettura.
Timidamente, Phoenix si sedette accanto a lui e
allungò il collo per vedere cosa ci fosse scritto su quello
spesso volume. Era
pieno di strani paroloni che non aveva mai visto prima.
«Diritto delle prove, quinto…
ammendamento?»
«Emendamento,
non ammendamento!» lo corresse Miles.
«S-scusa! E… che cos’è il ‘quinto
emendamento’?»
«Una regola che permette a un cittadino di non
rispondere alle domande giudice, se questo potrebbe portare alla sua
incriminazione.»
«Oh» Phoenix annuì, non trovando nulla
di meglio da
dire. «Sembra qualcosa di molto importante. Dove
l’hai trovato, questo libro?»
«Non l’ho trovato»
rispose Miles, con una smorfia. «È un regalo di
mio padre. Devo studiare fin da
subito, se da grande voglio diventare come lui.»
«Uh» mormorò Phoenix, sempre
più incapace di portare
avanti quella discussione. «E che lavoro fa, tuo
padre?»
«È un avvocato difensore!»
Nel pronunciare quella frase, il volto di Miles
Edgeworth si illuminò. Phoenix non aveva mai visto tanta
felicità in una sola
persona, ma soprattutto non aveva mai visto lui
sfoggiare un’espressione così raggiante. Era
sempre così serio, in classe, che
si era spesso chiesto se quel ragazzino si fosse mai divertito in vita
sua.
«Lui è il più bravo di tutti»
continuò il compagno, con
voce piena di orgoglio. «Difende sempre gli innocenti e non
si arrende per
nessuna ragione al mondo, finché non ha scoperto come sono
andate veramente le
cose! È il mio eroe!»
«Oh…» L’ardore
e la passione con cui Miles stava decantando le lodi del padre lo
lasciarono
quasi disorientato. «Tuo padre deve essere una brava
persona.»
Miles annuì. «Spesso mi dice: “Miles,
qualunque cosa
accada, tu cerca sempre la verità. Non fermarti alle
apparenze, non
accontentarti di una menzogna. La verità è il
dono più prezioso che l’uomo
possa ricevere, perciò abbiamo il dovere di rispettarla e
proteggerla”.»
Quelle parole fecero tremare di emozione il piccolo
Phoenix, che si sporse verso il compagno di classe, estasiato, come se
in quel
momento Miles Edgeworth fosse diventato la persona più
saggia del mondo. «E se…
la verità non fosse piacevole? Cosa dovremmo fare?»
Miles lo guardò con occhi severi.
«Sopportare» gli
rispose, con voce grave. «La verità non deve
essere per forza bella. Può anche
portare dolore e sofferenza… ma noi dobbiamo stringere i
denti e accettarla per
quello che è. Anche se va contro i nostri interessi, anche
se tradisce ogni
nostra aspettativa, noi dobbiamo andare avanti senza alcun rimpianto,
perché
sapremo di aver fatto la cosa giusta.»
Phoenix sentì il sangue ribollirgli nelle vene e
capì
di stare arrossendo violentemente. Eppure… non si mosse.
Rimase lì, pendendo
dalle labbra di Miles, aspettando che dicesse qualcos’altro, desiderando che
lui dicesse qualcos’altro.
Non si era mai sentito in quel modo, mai. Si era
sempre divertito a parlare con i suoi coetanei, aveva riso, si era
arrabbiato,
qualche volta aveva anche pianto… ma quello che stava
provando in quel momento,
ascoltando Miles, era qualcosa di completamente diverso. Che nome
avrebbe
potuto dare a quel sentimento che lo stava invadendo…?
«Cosa c’è?» gli chiese Miles,
fissandolo con
una certa preoccupazione. «Hai gli occhi lucidi, ti senti
male?»
«Eh? No, no!» Phoenix scosse vigorosamente il capo.
«S-sto bene, è solo che… credo che tu
mi abbia commosso.» Rise, cercando di
dissimulare l’imbarazzo.
Miles sembrava sorpreso. «Dici sul serio?»
Phoenix annuì. «Già» gli
confermò con un sorriso. «Sei
stato magnifico!»
«Uhm…» Un lieve colorito purpureo
colorò le guance del
suo compagno di classe. «È la prima volta che
qualcuno reagisce così, quando mi
metto a parlare di queste cose. Di solito le persone si limitano ad
annuire come
se dovessero farmi un favore.»
«E perché mai?» chiese Phoenix, quasi
indignato. «Hai
detto delle cose bellissime, mi hai lasciato senza parole!»
Miles abbassò la testa, come se volesse nascondersi
dietro la copertina del suo prezioso libro. «Non dirlo
così ad alta voce,
stupido!»
«Ma è vero!» insistette Phoenix.
«Mi stai mettendo in imbarazzo» ribatté
Miles, che nel
frattempo era arrossito ancora di più.
«Smettila!»
Phoenix fece una smorfia, triste.
«Scusa…»
Dopo qualche attimo di silenzio, Miles fece un lungo
sospiro. «Non scusarti… non hai fatto niente di
male, dopotutto.»
«Ma ti ho messo in imbarazzo…» Phoenix
si sentiva
davvero in colpa. Più cercava di mostrare a Miles i suoi
sentimenti e più
sembrava combinare solo guai.
Ma Miles, contro ogni sua aspettativa, gli sorrise.
Era un sorriso incerto e impacciato… ma il suo calore
bastò a scaldargli il
cuore e a cancellare ogni suo dubbio.
«Grazie» disse Miles. «Le cose che mi hai
detto… mi
hanno reso felice.»
Phoenix fu sul punto di replicare, quando un’idea
migliore si fece strada nella sua mente.
«Non ringraziarmi» rispose a Miles.
«Dopotutto… ho
solo detto la verità, no?»
Miles aggrottò la fronte e, per un attimo, Phoenix
temette di aver fatto il passo più lungo della gamba. In
effetti, glielo
dicevano sempre tutti che non era capace di essere spiritoso…
E invece, dopo quel momento di apparente smarrimento,
Miles Edgeworth cominciò a ridacchiare. Fu talmente
inaspettato che Phoenix non
poté far altro che fissarlo, a bocca aperta.
«Tu stai… ridendo?»
«Era una battuta quella che hai fatto, no?» Miles
smise improvvisamente di ridere, come se fosse stato colto in flagrante
mentre
faceva qualcosa di assolutamente sbagliato.
«Beh, sì… ma non mi aspettavo che ti
mettessi a
ridere.»
“Non
mi aspettavo che sapessi
ridere, a dire il vero.”
Miles rimase a lungo in silenzio. «Ho… ho riso
solo
perché era la cosa più educata da
fare!» replicò alla fine, le guance rosse come
pomodori maturi.
«Ah…»
«La prossima volta non riderò di nuovo!»
proseguì,
puntandogli un dito contro.
«Ehm, va bene…?»
«E smettila di sorridermi in quel modo, mi… mi
metti a
disagio!»
“Ma
non sto facendo
niente!”
«Mi
dispiace, è che non ti avevo mai visto così
agitato. Di solito sembri avere sempre tutto sotto controllo,
quindi…» Phoenix
si grattò la nuca, in difficoltà. Come spiegare a
Miles quello che non riusciva
a spiegare nemmeno a se stesso? «Credo di essere felice anche
io, perché mi hai
mostrato una parte di te che non conoscevo… più o
meno.»
“Perché
l’atmosfera sta
diventando così soffocante?!”
Phoenix
aveva caldo, tanto caldo, troppo caldo. Se
solo avesse immaginato che le cose sarebbero finite in quel modo, ci
avrebbe
pensato mille volte prima di andare da Miles a ringraziarlo.
Le labbra di Miles tremavano leggermente. La sua bocca
si aprì per dire qualcosa, ma…
«Ehi, allora eravate qui!»
Entrambi sobbalzarono, così violentemente da perdere
l’equilibrio e cadere giù dalle rispettive sedie.
«Larry Butz?» esclamò Phoenix, confuso.
«Cosa ci fai
in sala letture, tu?»
“E
soprattutto… perché mi
hai chiamato Nick?!”
«Non
c’è mica un cartello che mi vieta di
entrare!»
rispose Larry, offeso.
“Forse
sarebbe il caso di
metterne uno, considerando quanto sei maldestro…”
«Ok,
ma... cosa ci fai qui?»
«Stavo cercando voi»
rispose Larry, guardando sia lui che Miles. «Sapete che ore
sono? La scuola
sta per chiudere!»
«Cosa?!» Phoenix si voltò verso il
grande orologio
della sala letture e inorridì. Come potevano essere
già le cinque del pomeriggio?
«E perché sei venuto a cercarci?» chiese
Miles,
squadrandolo con sospetto.
«Mi sembra ovvio, no?» Larry fece un enorme,
stupido
sorriso. «Per tornare a casa insieme!»
«Eh?»
risposero Phoenix e Miles, perfettamente in sincrono.
«Andiamo, dopo quello che è successo oggi in
classe mi
sembra il minimo, no?»
«Non vedo che relazione ci sia tra…»
Miles fu sul
punto di obiettare, ma Larry gli diede una vigorosa pacca sulla spalla
prima
che potesse aprire bocca.
«Come sei noioso, Edgey!» rise Larry.
«Diglielo anche
tu, Nick! La pensi come me, vero?»
“Non
l’ha davvero
chiamato Edgey… vero?!”
Il
viso di Miles Edgeworth aveva assunto una
spiacevole colorazione verdognola.
«Ehm…»
Phoenix
esitò. Qualunque cosa avesse detto, sentiva che si sarebbe
messo
irrimediabilmente nei guai.
«O…obiezione!» Miles puntò
l’indice tremante contro
Larry. «Obiezione, obiezione, obiezione! La difesa
non–»
Una seconda pacca sulle spalle gli impedì di finire la
frase.
«Non fare il timido, su! Ehi Nick, tu afferralo da un
braccio e io dall’altro!»
«Non credo sia una buona idea, Larry.»
«Ma certo che lo è!»
«Ti dico di no…»
«Ma così non potremo tornare a casa
insieme!» protestò
Larry, mettendo il broncio. «Voglio dire, d’ora in
avanti saremo amici inseparabili.
Da qualcosa dobbiamo pur iniziare!»
«Larry, non sono sicuro che tu possa
decidere…»
«Va bene» lo interruppe Miles, che nel frattempo si
era ripreso dall’attacco di Larry. «Facciamo come
dice, altrimenti non
riusciremo mai a tornare a casa.»
«Ehi, Edgey, così mi fai sembrare un
ricattatore!»
«Non è quello che sei?»
«Sei cattivo!» piagnucolò Larry.
«Nick, Edgey mi sta
trattando male! Digli qualcosa!»
“…
Perché ho
improvvisamente voglia di urlare?”
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NOTE DELL'AUTRICE:
non chiedetemi nulla, perché io non so
nulla. L'unica cosa di cui ho consapevolezza è di essere un
pezzo di carne che
soffre a causa di tutto ciò che la CAPCOM non dice, o dice a
metà, o hinta in
modo subdolo al solo scopo di farmi entrare in modalità full
retard.
E comunque
su EFP ci sono troppe poche fanfictions sulla saga di Ace Attorney.
Sento il
dovere morale di riempire questa dannata sezione con le mie storie ad
alto
contenuto omosessuale, accidenti.