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Autore: Rain of Truth    10/08/2015    1 recensioni
Dash the Hedgehog, figlio di Sonic the Hedgehog, è un riccio spensierato ed irresponsabile. Un giorno, durante il ritrovo di tutti gli amici del padre, Dash incontrerà una ragazza, Althea, futura regina della dimensione del Sol e figlia di Shadow the Hedgehog. Sotto richiesta dei genitori, Althea rimarrà nella dimensione di Sonic per ottenere le doti necessarie e la forza per diventare una sovrana ideale. Con il tempo, Althea imparerà ad apprezzare i suoi nuovi amici, in particolare Dash, che inizierà a provare qualcosa in più nei confronti della ragazza. Dopo l'arrivo di nuovi e pericolosi nemici, il gruppo di ragazzi sarà costretto ad affrontare la minaccia, che potrebbe mettere in pericolo entrambi i mondi.
Salve! Allora, questa storia avevo in mente già da un po' di tempo di pubblicarla. Se piacerà abbastanza, allora la continuerò. Spero che vi piaccia, e buona lettura!
Genere: Avventura, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Cap. 22- Non sempre rose e fiori

Note d'Autrice: Salve a tutti! Allora chiedo scusa per il ritardo con cui sto aggiornando in questo periodo, ma tra il ritorno dall'Ilranda e il fatto che ho dovuto sistemare le varie cose inerenti ad esso, ho avuto un po' di difficoltà nel finire nel capitolo e nel correggerlo. Ma alla fine ce l'ho fatta e spero di riuscire a darmi una mossa in futuro. Un'altra cosa che volevo dire è che, per farmi perdonare di questo ritardo, il prossimo capitolo sarà uno speciale. Solo per dire. Detto questo vi ringrazio e vi saluto. Buona lettura!

Shadow
“Com’è strana la vita. Fino a poco tempo fa stavamo rinnovando in ogni suo aspetto il regno. Stavamo per farlo passare ad una nuova era. Stavamo per far comprendere ai cittadini i loro diritti, per fare un salto tecnologico leggendario. E forse in seguito saremmo anche riusciti a far approvare una costituzione abbastanza solida da poter essere chiamata tale. E ciò avrebbe finalmente elevato i nostri sudditi al rango di cittadini veri e propri, con i loro diritti e i loro doveri. Oggi invece stiamo rischiando di partire dal punto di partenza. Forse anche prima. E le cose peggioreranno dopo che avrò preso quel medicinale. So che dovrei aspettare e che sto rischiando tutto quello che ho. Ma sono stufo. Stufo di rimandare, di vedermi scivolare ogni possibilità di veder realizzare quello che voglio tra le dita e stufo di vivere ogni minuto con la paura e la consapevolezza che un giorno mi vedrò morire davanti agli occhi i miei figli. Forse, alla fine dei conti, non c’è momento migliore per assumere il medicinale se non ora’’.  
-Mi stai ascoltando sì o no?- Tre schioccate di dita davanti al mio naso mi riportarono subito alla realtà.
-Scusami. Stavo pensando a una cosa-.
Gardon ebbe un lieve tic e alzò impercettibilmente il sopracciglio, incrociando le braccia al petto. Due gesti che con gli anni avevo capito riconducessero ad un suo stato di nervosismo o ad un’imminente esplosione di rabbia. Però quel giorno non sembrò volermi comunicare questo. Mi sembrò incuriosito e allo stesso tempo preoccupato.
-Sei distratto oggi. Qualcosa non va?- mi chiese. Scossi la testa e feci un sorriso tirato.
-No. Continua pure il discorso-.
Lui esitò per un attimo, ma sembrò decidere di voler eclissare la conversazione per il momento. -Abbiamo inviato altre truppe per sorvegliare i templi. Inoltre, parte dei nostri soldati e stata spedita a indagare nelle parti settentrionali e orientali del regno. Abbiamo intenzione di setacciare ogni angolo dell’impero pur di trovare il responsabile dei furti e di queste carneficine-.
Annuii con decisione. -Molto bene. Continua a coordinare le operazioni come stai facendo ora-.
Gardon mi esaminò velocemente, squadrandomi. -Hai una brutta cera. Sicuro vada tutto bene?-
-Sì. Da quando sei così dubbioso?- lo stuzzicai, cercando di continuare a sorridere.
-Ti tremano le mani-. Abbassai lo sguardo. Aveva ragione. Misi le mani nelle tasche con un gesto naturale, fingendo indifferenza.
-E hai le borse sotto gli occhi- continuò con quel suo dannato sguardo inquisitore. Avevo dovuto ammettere a me stesso che quella sua occhiata mi aveva sempre incusso timore, soprattutto nei primi giorni in cui ero ritornato a Flaritas dopo il mio breve addio a quel luogo.
-È solo un po’ d’insonnia, Gardon-.
-Provocata da cosa?- Ridacchiai leggermente, tentando inutilmente di aggiungere un po’ di ironia alla situazione.
Sulle labbra del koala comparve l’ombra di un sorriso comprensivo. -So cosa vuol dire trovarsi per la prima volta in una situazione scomoda e so che effetti ha. Ma… tu non sembri stare tanto bene-.
-È che… ho solo bisogno di vederci più chiaro. L’impero si merita un sovrano degno-.
-Allora è stato più che accontentato- mi rispose lui, guardandomi fisso dall’alto verso il basso. Ho sempre ammirato quell’uomo proprio per la sua capacità di guardare all’anima, non al rango o al grado sociale. Poco dopo, riprese a discorrere. -Ma oggi, per qualche ora, dovrà farne a meno. Riposati, ragazzo-. Mi stupì. In tutti quegli anni non mi aveva mai proposto una cosa del genere. Del tipo… mai.
-Che razza di re dorme mentre il suo regno brucia?- risposi sempre provando a ironizzare, e mostrai nuovamente un sorrisetto.
-Quale regno sopravvive con un re esausto?- Detto questo era riuscito a zittirmi, come spesso faceva. Non sempre, ma spesso.
-Ci penserò su- borbottai, volendo lasciargli il beneficio del  dubbio sul fatto che io seguissi il suo consiglio o meno. Lui annuì, si girò velocemente e si allontanò. Appena le porte si furono richiuse dietro di lui sospirai di sollievo, godendomi la mia solitaria intimità. Sapevo con certezza che di li a poco sarebbe andato a vedere come stesse Blaze usando una scusa per far sembrare il tutto più formale nei suoi confronti e per non fare la figura del padre preoccupato. Blaze… dovevo stare attento. Comportarmi in modo strano con lei avrebbe significato rischiare di mandare all’aria tutto quello che avevo fatto per ricevere la medicina. E lei era dannatamente brava a capire come mi sentissi. Tuttavia, non avrebbe avuto molti momenti per farmi il quarto grado se avesse notato che qualcosa non andava. Da quando ci era giunta la notizia che in uno degli ultimi templi non c’erano stati superstiti, avevamo cominciato a lavorare fino allo sfinimento. Io mi potevo ritrovare a partecipare a più riunioni in una stessa giornata e Blaze a non assistere a nessuna di esse, andando a risolvere problemi completamente diversi. Praticamente riuscivamo ad avere una vera e propria conversazione soltanto di sera o a notte fonda, se uno dei due non era già andato a dormire, sfinito. Tutto quello che potevamo fare era adeguarci alla nuova routine. Per la prima volta in tanti anni, non avevo più il controllo su quello che potesse succedere. Ero spaventato. Non avere il controllo su tutto era veramente terrorizzante. Sapere di avere sulle spalle la responsabilità di miliardi di vite era qualcosa che sarebbe riuscito a frenare nella sua impresa anche i più impavido dei guerrieri. Quel giorno avevo molte cose da fare, abbastanza da permettermi a mio malgrado di non ascoltare il consiglio del mio braccio destro. Ma prima mi sarei concesso qualche minuto per me. C’era una faccenda di cui mi dovevo occupare da solo.

***
Giunsi in camera mia in un momento in cui nessuno era lì presente. Afferrai dalla tasca una delle due siringhe contenenti il vaccino di Tails. Prima di andarsene si era ben raccomandato di usarne inizialmente solo una e di comunicargli ogni minimo cambiamento che avrei presentato, visto il rischio verso cui andavo incontro. La seconda doveva servire solo come riserva, in caso gli effetti non si facessero sentire. Avrei volentieri lasciato l’operazione a Marine, che forse possedeva un po’ più di esperienza rispetto a me in campo medico, ma non credevo che sarebbe stata molto d’accordo. Decisi quindi di agire da solo. Tesi l’avambraccio sinistro e con il destro mirai per bene nell’incavatura interna del braccio, per essere sicuro di colpire la vena. Infilai l’ago nella carne, totalmente insicuro di essere riuscito nel mio intento e, dopo aver inspirato profondamente, iniettai il liquido, per poi liberare tutto il fiato che avevo trattenuto a causa della tensione. Questa comunque non diminuì quando mi accorsi, aspettando qualche minuto, che non stava succedendo nulla. Era quella strana sensazione di quando sai di aver fatto qualcosa di sbagliato, ma non puoi più tornare indietro per rimediare. Ero combattuto tra il desiderio che la medicina funzionasse e la speranza che non succedesse nulla di brutto. Avevo comunque paura. Ma la mia “pausa” era finita. Avevo molte cose da fare e non potevo ancora fermarmi. 

 ***
Espio
Una volta che lo stupore generale si fu dissipato, ci affrettammo ad avviarci verso l’uscio di quella casa. Sapendo che i nostri sospetti erano probabilmente corretti, avevamo già elaborato un piccolo piano da mettere in atto una volta varcata quella soglia. Vector suonò il campanello, da cui partì un’orecchiabile canzoncina che durò qualche secondo. "Bizzarro". Aspettammo un minuto, ma nessuno si fece avanti per aprirci. Vector si era incrociato le mani dietro la testa, mentre Cream muoveva la gamba un po’ in tutte le direzioni, chiari segni d’impazienza che li contraddistinguevano. Charmy invece passò all’azione e si mise a premere ripetutamente il pulsante. Vector cercò subito di fermarlo dopo che l'ape lo aveva premuto già per quattro volte di seguito, ma fece l’errore di farlo con troppa violenza: Charmy tolse subito il dito, e Vector andò a premere lui stesso il pulsante per l’ennesima volta per sbaglio. Mentre Charmy se la rideva soddisfatto, Vector sbuffò di rabbia. Subito dopo, la porta si aprì.
-Salve, come posso… ragazzi?-
Vector fu il primo ad approcciarsi al nostro interlocutore. -Ciao Tails-.
-Ragazzi! …Questa proprio non me l’aspettavo. Come va?- Il tono con cui si rivolgeva a noi era ambiguo, lasciava trasparire un po’ di agitazione.  Ma potevo  notare nel suo sguardo una buona dose di  stanchezza. Forse era lo sfinimento che lo faceva parlare così, ma non erano di certo queste ipotesi che ci facevano arrivare alla fine del mese.
-Noi non potremmo stare meglio di così, vecchio volpone. Tu invece sembri, eh…strano-.
-Ah, ti riferisci a queste?- disse, indicandosi le borse sotto agli occhi. -È un periodo pieno per me. Non ne hai idea-.
Fu con quella frase che cominciò a sorgermi un dubbio. Ci stava nascondendo qualcosa.
-Ditemi, avete bisogno di qualcosa?-
Vector non aspettò un istante ad esporre i nostri “motivi non proprio corrispondenti alla realtà”. -Abbiamo bisogno di informazioni. Sono successe… cose, in questi giorni, e pensiamo che tu sia la persona più adatta con cui parlarne-.
-Che cosa vuoi dire?-
Vector si guardò bene intorno, più per fare scena che per motivi di sicurezza nazionale e poi gli si avvicinò, rispondendogli a voce discretamente bassa. -Eggman-.
La volpe, prevedibilmente, si allarmò in maniera piuttosto evidente -Entrate dentro-.

***
-Che cosa sta succedendo?- chiese Tails, muovendo nervosamente entrambe le code.
-Non possiamo dirti troppo per questione di sicurezza, ma crediamo che Eggman possa avere ripreso la sua vecchia attività- spiegò Vector sedendosi sul divano, seguito a ruota da noi tre.
-Ma… come? Non riesco a capire perché dovrebbe…- mormorò, prendendosi la testa tra le mani e sospirando frustrato. -Perché dev’essere sempre tutto così complicato?-
Charmy gli sorrise rassicurante. -Calma amico! Non ti ho mai visto con i nervi così a fior di pelle. Non siamo venuti qui per farti l’interrogatorio-.
Cream annuì. -Charmy ha ragione. Vogliamo soltanto che ci aiuti a capire di più sulla faccenda-. Forse quei due ragazzi erano la nostra più grande risorsa all’interno del gruppo. Avevano più o meno la stessa età di Tails e lo conoscevano da molto tempo. Se si fidava di noi sarebbe stato più disponibile a darci informazioni, cosa di cui avevamo un disperato bisogno. Tails alzò lo sguardo, guardandoli. -Se Eggman è tornato all’azione deve avere qualcosa in mente… qualcosa di grosso- borbottò tra sé. Sospirò nuovamente e ci mostrò un sorriso preoccupato. -Scusate, mi sono scordato di chiedervelo. Volete qualcosa da bere?-
-Sì, grazie- si affrettò a rispondere Cream, seguendo alla perfezione il nostro piano. Dopo che Tails si fu girato per dirigersi in cucina, Vector mi lanciò un’occhiata seria per incitarmi a muovermi. Mi alzai velocemente ma restando cauto e cercando di non creare troppo rumore, e me ne andai dal salotto. Mi sembrava di ricordare che, anni prima, Tails ci avesse raccontato della nuova postazione del suo laboratorio. O meglio, Tails lo aveva raccontato ad Amy, Amy lo aveva raccontato a Cream, Cream viveva già da noi, di conseguenza, sentii la conversazione. È bello avere una memoria fuori dal normale, certe volte. Comunque, Tails aveva creato due entrate, una per l’uso quotidiano e l’altra in caso ci fossero state delle emergenze. Appena entrati in casa sua avevo notato una piccola porta in legno non troppo grande nascosta tra il muro e le scale, posizionata lì giusto per non dare nell’occhio, quindi supposi che quella fosse una delle due entrate per il laboratorio. Ma era troppo rischioso provare ad arrivare al mio obbiettivo da quella strada, visto che sarei dovuto passare davanti alla cucina che dava sul salotto, e anche se fossi diventato invisibile, Miles avrebbe notato che una porta si apriva giusto giusto davanti ai suoi occhi. Quindi decisi di optare per un’altra strada. Mi diressi a passo felpato in un corridoio completamente dipinto di una vernice giallo senape, e sapevo che tra tutte quelle stanze ce n’era una soltanto di cui mi importasse in modo particolare. Cominciai ad aprire tutte le porte che potevo, piuttosto semplice considerando che erano praticamente tutte già aperte. Effettivamente era comprensibile che un single così impegnato come Tails non avesse voglia di chiudere sempre a chiave tutte le camere di casa sua. Arrivai al fondo del corridoio senza aver trovato nulla. Ma quando feci per aprire l’ultima delle porte presenti, sentii il ronzio del processore di un computer provenire dall’interno della stanza. "Bingo’’.

***
Tails
-Quindi, di che genere di informazioni avete bisogno?- chiesi nervosamente. “Non mostrarti troppo sulle spine”, continuavo a ripetermi tra me e me. Ero sicuramente felice di rivedere i miei amici dopo tutto quel tempo, ma non era esattamente il periodo più adatto perché dei detective irrompessero in casa mia mentre tenevo un siero illegale in laboratorio e dei fuggitivi dal governo al piano di sopra. Vector alzò per un attimo l’indice, facendomi segno di aspettare e bevendosi un gran sorso del suo tè freddo al limone. 
-Vogliamo sapere qualcosa di più su quello che è successo negli ultimi tempi qui nei dintorni e su Eggman. Puoi darci qualche aiuto?- disse poi, dopo aver fatto un mormorio di apprezzamento per la bevanda appena ingurgitata.
Scrollai le spalle e mi grattai la nuca con un gesto irrequieto. -Su Eggman non posso dirvi nulla. Qui in città ci sono stati solo piccoli furti e non da parte sua. La cosa più grave che è avvenuta ultimamente riguarda l’attività di alcuni piromani in centro-. Quella frase mi fece sentire nuovamente il senso di colpa gravarmi nel petto. Ero convinto che sarei riuscito ad aiutare Althea in qualche modo. Ero certo, assolutamente certo, che gli Anelli che le avevo donato l’avrebbero aiutata. Mi sbagliavo. Ero riuscito a farle distruggere il tetto di casa mia, che avevo riparato in modo improvvisato, e mezza città. Probabilmente in quel momento quella ragazza mi stava odiando. E un giorno mi avrebbe odiato anche di più, sapendo quello che stavo aiutando a fare a suo padre. Ma non sempre la vita è facile. La mia men che meno.
-Perché me lo chiedete?- domandai.
-Semplici indagini- mi rispose subito Vector. -Sai bene dei rapimenti che continuano ad avvenire da diversi anni a questa parte. Abbiamo dei clienti a cui hanno rapito mogli, figli, animali da compagnia…-
-Sì, capisco. Il punto è che non so come aiutarvi. Ormai è da un po’ che non seguo da vicino gli avvenimenti riguardanti questa faccenda, e di solito le aree urbane non ne vengono coinvolte-.
Charmy, forse a scopo consolatorio o più probabilmente per mettersi in mostra, mi rispose al posto del coccodrillo. -Non ti devi preoccupare per questo, Miles. Posso chiamarti Miles?-
-Ma ce…- feci per rispondere, poco prima che Charmy riprendesse subito a parlare sorseggiando con falsa sicurezza la sua bevanda.
-L’ultima cosa che desideriamo è di incappare improvvisamente in casa tua e metterti a disagio con domande a cui non sei in grado di rispondere-. Era ovvio che mi trovavo a mio agio. Io ero in casa mia. Potei capire il perché degli sguardi straniti dei suoi compagni, e fu proprio osservandoli tutti insieme che mi venne un dubbio.
-Ragazzi, ma non eravate in quattro?- Possibile che fossi talmente rintronato da non notare la scomparsa di una persona che fino a pochi istanti prima avevo accolto in casa mia? Certo, Espio era una persona silenziosa, in grado di nascondersi alla vista e molto cauta, ma non era da me.
-Oh, mi dispiace, mi sono dimenticato di dirtelo, ha avuto un “momento di crisi”, non so se mi spiego…- disse abbassando la voce, quasi come se pensasse che potesse apparirgli improvvisamente dietro. Ipotesi plausibile, tra l’altro.
-Sì… e ricorda ancora dov’è il bagno?-
-Oh, sai bene che razza di memoria ha Espio. E poi stamattina si è bevuto un gallone di succo di mela, quindi sai… quando scappa, scappa-. Decisi di tralasciare il fatto che un camaleonte aveva deciso di utilizzare il mio bagno senza nemmeno chiedermelo e cercai di concentrarmi sulle loro domande. Dopo qualche minuto però, il senso di angoscia cominciò a crescere. Perché diamine Espio non tornava? Il terrore che si fosse messo a curiosare per casa mi pietrificò. Poteva trovare Knuckles e le altre da un minuto all’altro, i miei progetti… o peggio. Poteva trovare lui. Mi alzai velocemente dal divano, il cuore che mi batteva all’impazzata per la paura.
-È da un po’ che è via. Vado a controllare se sta bene- dissi nervosamente. Cream sussultò e sembrò tentata di afferrarmi la mano per fermarmi, ma poi fu trattenuta.
-Va… va bene- balbettò Charmy con un tono stranamente serio, anche lui sulle spine, posando una mano sul polso della coniglia per non farla muovere, un gesto che sembrò placarla da quello che voleva fare. Vector annuì con un sorriso leggermente tirato. Vedere quelle reazioni meccaniche insieme ai motivi non approfonditi del perché quei quattro mi fossero venuti a trovare mi fece capire tutto. Mi diedi una svelta e mi misi quasi a correre quando arrivai nel corridoio. Bussai abbastanza violentemente alla porta del bagno, sperando di sbagliarmi.
-Espio?- Non arrivò alcuna risposta. -Espio!? Stai bene?- gli chiesi, continuando inutilmente a bussare. Capii che qualcosa non andava e decisi di dirigermi immediatamente nella stanza più delicata della casa: il laboratorio. Ero talmente agitato che mi misi seriamente a correre, facendomi prendere in parte dal panico. Non che non ci fossi abituato, era già molto più semplice che dover inseguire Sonic per mezzo mondo beccandosi dozzine di proiettili, spuntoni di acciaio e semi-annegamenti perché non riuscivo a stargli dietro. Bei tempi. Non appena varcai la porta, non vidi nessuno all’interno della stanza, né oggetti in disordine. Sembrava tutto a posto. Nella mia testa si faceva largo una sempre maggiore tranquillità. Tirai un sospiro di sollievo, ma poi per distrazione colpii una fialetta di vetro vuoto che mi ero dimenticato sul tavolo quella stessa mattina facendola cadere per terra e spargendo i suoi frammenti tutt’attorno a me. Facendo attenzione a non pestarli, mi girai e mi diressi a prendere scopa e paletta per pulire quel macello. Poi mi venne un colpo, vedendo chi se la stava silenziosamente filando dal laboratorio. -Espio!- Lui irrigidì improvvisamente le spalle, voltandosi lentamente verso di me.
-Ehi- mi salutò senza un accenno di nervosismo. Mi avvicinai pericolosamente a lui, sperando che la mia statura di un metro e ottanta mi fosse utile in quell’occasione.
-Che cosa stai facendo?- chiesi in un ringhio basso. Espio inarcò un sopracciglio e notai un barlume di sorpresa nel suo sguardo.
-Ti chiedo scusa, stavo cercando il bagno. È che la tua casa è così grande che a volte faccio fatica ad orientarmici, quindi… eccomi qui-.  Dopo che aveva detto l’esatta cosa opposta rispetto a ciò che aveva affermato poco prima Vector lo squadrai per bene, in cerca di un qualche segno di irrequietezza, uno qualsiasi. Ma i suoi occhi non lasciavano trasparire paura. Erano assolutamente calmi, freddi. Quindi, pur essendo sicuro che la sua fosse una ridicola scusa per provare la mia colpevolezza in qualcosa, allentai la presa per non rischiare di lasciare io stesso il fianco scoperto.
-Non ti preoccupare. Certe volte mi perdo anch’io qui dentro. Mi sono agitato un attimo visto che non avevi dato segni di vita nella toilette-. Ci fu un attimo di silenzio quasi imbarazzante, in cui ognuno cercava le parole giuste da dire guardandosi anche un po’ intorno, in uno sciocco tentativo di evitare lo sguardo diretto dell’altro.
-Allora… come ti va la vita?- chiese lui, prendendo la parola per primo.
-Ah, molto impegnata… è un periodo intenso…-
-Sì… immagino…- Potei quasi avvertire dei grilli che canticchiavano allegri la loro melodia in casa quando il silenzio tornò presto a fare da padrone. Espio si sgranchì la schiena, sempre evitando accuratamente il mio sguardo e poi cominciò a camminare in giro quasi a casaccio.
-Sai, hai un bel laboratorio. È molto più vasto di quello che abbiamo noi-.
-Voi avete un laboratorio?-
-Si, Cream ne ha preparato uno. Più che un laboratorio vero e proprio è la sua stanza piena di provette e strumenti vari sparsi a casaccio, ma per gli altri del gruppo ciò è più che sufficiente per poterlo chiamare così-. Non mi piaceva la maniera in cui curiosava cercando in tutti i modi di non darlo a vedere. Era come se stesse cercando disperatamente qualcosa. Solo che lui stesso sembrava confuso su cosa stesse cercando. Apriva i cassetti cercando di farmi confondere i suoi intenti con la semplice curiosità. Sapevo che erano bizzarri, ma Espio… Comunque sia, cercando di tenere d’occhio i suoi  movimenti, ripresi a parlare.
-Beh, sono certo che una come Cream sappia cavarsela benissimo anche con dei mezzi un po’ ristretti. Da quando ha cominciato a studiare ha fatto progressi da gigante, ho sentito-.
-Già. Non ci ha messo molto a trovare lavoro, ma non è andata benissimo…-
-Che vuoi dire?-
-All’inizio ha provato diversi lavori che concernevano tutti la costruzione e progettazione di giocattoli ed elettrodomestici. Sembra però che si sentisse un po’ ristretta in quell’ambito, quindi Vanilla si è rivolta ad un vecchio amico che ha raccomandato immediatamente sua figlia. E poi assunta-.
-Vector?-
-Già. Figurati se si sarebbe permesso di dire di no a Vanilla-. Espio era sempre stato un bravo interlocutore, tanto che era riuscito a farmi prendere dal discorso. Poi vidi che stava bazzicando con una provetta molto speciale.
-Non toccarla!-
-Come?- Ma era troppo tardi. La sua mano aveva appena tirato su la fialetta vuota dal porta-provette che, anche se lui non se ne era ancora accorto, era attaccato al tavolo, la cui parte inferiore era coperta da uno strato di legno. Pensavo che fosse ben nascosto, ma evidentemente mi sbagliavo. Espio rimase freddo quando la parete cominciò a ruotare, osservandola con calma e con sguardo fisso. Io, invece, provavo la tipica sensazione che si prova quando si viene beccati in flagrante a fare qualcosa di brutto. Sensazione che, ad essere sinceri venne solo peggiorata dalla consapevolezza che chi mi aveva scoperto poteva mandare all’aria tutto il mio lavoro. E mandarmi  in prigione. Ad un certo punto, dopo che il muro fece un giro di centottanta gradi, mostrando  il lato opposto rispetto a quello di prima, capii che la mia volontà di tenerlo segreto era fallita. Espio alzò leggermente lo sguardo, pur rimanendo impassibile davanti allo svolgere degli eventi. Però, un barlume di stupore scaturì dalla parola che uscì dalla sua bocca. -Omega-. 
Gli occhi del robot, il quale era agganciato al muro con dei bracciali di acciaio, si accesero, mostrando una scintilla rosso acceso, e cominciarono ad osservare in tutte le direzioni, per poi soffermarsi su di me e sul nostro ospite. Anche se appena sveglio, sembrava che riuscisse ancora ad analizzare la situazione nel migliore dei modi. Quando si dice “svegliarsi di soprassalto”. 
-*Soggetto: Espio the Chameleon; Luogo di residenza: Forgotten Park, periferia estrema di Station Square…*- 
-Hai un bel giocattolo qui, Miles…- disse Espio ironicamente e senza mai distogliere lo sguardo dalla macchina senziente davanti a lui. 
-*Mestiere: Investigatore/Dipendente dell’Agenzia investigativa “C.H.A.O.T.I.X”*. *Attivazione Vocabolario Informale*: Io mi ricordo di te.- disse Omega riferendosi al mio roseo “amico”. 
-Per me questo è un onore, E-123 Omega. Ti stavamo cercando-. Da ciò dedussi che forse avevano saputo tutto fin dall’inizio. 
-Mi stai dicendo che avete sempre saputo che custodivo Omega? Come…-
-Non da subito. E non sapevamo “chi”. Ma ora ciò è irrilevante.- Espio fece qualche passo verso Omega, con delle intenzioni a me sconosciute. 
-Omega, abbiamo bisogno di te. Ci sono cose che dobbiamo sapere e che forse solo tu ci puoi spiegare-. 
Omega non rispose subito, rimanendo a fissarlo con attenzione per diversi attimi. -*…Mi dispiace, ma ciò non è possibile.*- 
-Come?- 
-*La mia permanenza qui è Top-Secret e tale deve rimanere. I testimoni imprevisti vanno obliterati.*- La giornata era iniziata male e stava per finire peggio. Dovevo intervenire. 
-Omega, NO!- 
-*Attivare “Assetto da Combattimento”*- Omega spaccò con la sola forza bruta i bracciali che lo inchiodavano al muro, cadendo con un rumoroso tonfo a terra ma alzandosi subito dopo e cominciando a puntare il braccio contro Espio. Il suo stesso braccio, pochi istanti dopo, con una velocità sorprendente assunse le fattezze di un fucile di grossa taglia, che puntava dritto sul cranio di Espio… 
-Obliterare?- …che ovviamente non si fece attendere poiché, con grande agilità, afferrò quella che sembrava l’elsa di una spada dalla quale, con mia sorpresa, si formò molto velocemente una lama molto affilata, completamente dorata, che il guerriero a sua volta puntava molto vicino al cranio del robot.
-Prima dovresti aggiornare il tuo vocabolario-. Come potevo facilmente prevedere, dei passi si avvicinarono rapidamente alla nostra posizione. La voce di Vector fu la prima, tra quelle del gruppo, che si fece sentire. 
-Heiheihei, che succede qui-oh cappio! Sento puzza di rissa!- Il gruppo era leggermente indietreggiato dopo aver percepito l’aria tesa che aleggiava in quel momento. Mi avviai in mezzo a quei due per far desistere Omega dal suo scopo. -Omega, calmo! ...non è un nemico.- Lui mi osservò per un secondo, per poi tornare immediatamente a puntare l’arma verso Espio. -Omega! Probabilmente è stato mandato da qualcuno…- continuavo a parlare, interrompendomi spesso a causa del fiatone e dell’agitazione generale -…se spari, ci faremo un nemico…ok?- 
Omega aveva lo sguardo fisso su Espio e non diceva nulla. -*Affermazione…accettata.*- Abbassò l’arma e lo stesso fece Espio, facendo girare con abilità la lama nel palmo della mano e posizionandola proprio dietro la schiena. A quel punto, dopo aver sospirato per il sollievo, feci una proposta. 
-Forse, ora dovremmo metterci seduti e parlare tutti in modo chiaro d’ora in avanti, così da capire che diavolo. Sta. Succedendo. Ok?- Gli altri annuirono, mentre Omega, beh… non faceva nulla. Elaborava? 

***
Cream 
La situazione si era decisamente calmata grazie all’intervento di Tails. Se non fosse stato per lui, nella migliore delle ipotesi avremmo potuto perdere un preziosissimo testimone, forse l’unico che c’era. Ci trovavamo sempre nel laboratorio, in piedi, cercando di capire se, in effetti, tutto quel trambusto fosse effettivamente servito a qualcosa. Vector, come sempre, iniziò per primo a fare le domande, anche se in questo caso sarebbe stato difficile giocare al poliziotto buono e a quello cattivo come facevamo a volte. 
-Bene pupone, ora parliamo di cose serie. Abbiamo bisogno di informazioni su Eggman e forse tu puoi darcele. Te la senti?- 
-*Elaborazione risposta…..*- I suoi occhi, da rosso acceso assunsero una colorazione verde brillante per motivi che non sapevamo spiegarci. Tails, con fare imbarazzato, intervenne subito. 
-Oops. Scusate. Non ho ancora riparato del tutto il programma che consente le relazioni sociali. Ci metterà un po’ a rispondere alle vostre domande-. 
Si poteva intuire che sarebbe stato un lungo e difficile processo di raccolta dati. Dopo un minuto circa di attesa finalmente il bagliore rosso tornò ad alberare negli occhi dell’interrogato. 
-…..*Si*-. Rimanemmo tutti in silenzio per qualche secondo poiché avevamo capito che sarebbe stato molto lungo e difficile. Vector riprese alacremente a fare domande. 
-…Quindi… per prima cosa dicci molto chiaramente perché ti trovavi nella Foresta di Confine di Green Hill-. Pur mantenendo gli occhi di colore rosso, ci mise un po’ a rispondere. 
-*…Non lo so…*- 
-E…questo non è un bell’inizio, ma sono ottimista per il seguito-. Charmy, sorprendentemente, volle approfondire la faccenda. 
-Intendi che, pur essendoti svegliato ferito a morte, non hai la minima idea né del come né del perché sei finito lì? Come può essere?- I suoi occhi assunsero nuovamente un colorito verde, facendoci indietreggiare e sospirare dalla frustrazione, creando un coro involontario e desincronizzato di espressioni quali “Oh, ma dai!”, “Non è possibile!”, e via dicendo. Finalmente, cambiato nuovamente colore, ottenemmo la nostra aspirata risposta. 
-…*Non lo so*…- Eravamo piuttosto sconsolati dall’andamento della faccenda, e avevamo cominciato a malapena tre minuti prima. 
-*…Tuttavia…*- riprese lui, facendoci nuovamente alzare lo sguardo e rizzare le orecchie. -*…Ricordo ciò che successe dopo…*- L’interesse tornò nella stanza, lo si poteva sentire nell’aria, mentre Vector continuava con le domande. 
-Benissimo. Racconta. Nei dettagli-. 
-*I miei sistemi tornarono attivi all’incirca alle 18:12 e trentotto secondi.*-*La prima cosa che ritenni necessaria attuare immediatamente fu l’analisi dell’integrità degli stessi.*-*Una volta terminata, potei notare una lunga serie di malfunzionamenti in grado di compromettere significativamente la mia funzionalità.*-*Primo fra tutti il mio apparato ottico, che dovetti sostituire con quello di riserva a causa delle pessime condizioni in cui versava e che lo rendevano inutilizzabile.*-*Nonostante ciò, sono stato programmato per eseguire l’autoriparazione solamente su una parte limitata della mia struttura complessiva.*-*Avevo bisogno di aiuto*.- 
A quel punto entrai in gioco io. - È comprensibile, ma perché proprio Tails? Da quel che ne so, eri in buoni rapporti con G.U.N. fino a qualche tempo fa-. -*Affermativo*-*Tuttavia i miei livelli energetici erano molto bassi al mio risveglio, rallentando di fatto la mia avanzata.*-*Quando arrivai giusto alla periferia, avevano ormai raggiunto livelli critici*-*La situazione era classificabile in EMERGENZA.A.A.*-*Inoltre, pur confermando la mia passata esperienza con i servizi governativi, era più che plausibile aspettarsi che le reclute di grado inferiore non sarebbero state in grado di riconoscermi immediatamente e che erroneamente avrebbero potuto confondermi per un comune badnik di EGGMAA-AAAN, aprire il fuoco su di me, e terminare di conseguenza le mie attività complessive*- 
Dopo esserci guardati tutti a vicenda, mi rivolsi a Tails per sapere questa parte dal suo punto di vista. -E qui sei entrato in gioco tu Miles, sbaglio?- 
-Non sbagli. In effetti fui piuttosto sorpreso nell’aprire la porta e trovarmi proprio Omega davanti, dopo tutto il tempo in cui non si era fatto vedere-. 
-*Gli unici motivi che mi spingevano a collaborare con la G.U.N. erano la presenza degli altri membri del Team Dark, e la spi-spi-spi-spiccata rivalità che questa aveva con *analisi obiettivo: Dr Eggman; Mestiere: Ingegn*-*Chiedo venia*-*Una volta che la squadra è stata sciolta e l’avvento dell’apparente calma di Robotnik, non avevo più alcun vincolo che mi legasse a loro*- 
Espio continuò a parlare. -E quindi te ne sei andato. E cos'hai fatto dopo aver lasciato la G.U.N.?- Dopo che Omega si prese una pausa di riflessione, se così si poteva chiamare, riprese a raccontarci la sua storia. Trovai però strano che, nonostante avesse affermato di non ricordare nulla dopo il suo risveglio, riuscisse a descriverci questi particolari. 
-*Purtroppo, contrariamente a quanto avviene per gli esseri composti di materia organica attiva e funzionante, le macchine, indipendentemente dal grado di sviluppo e consapevolezza raggiunta dalla loro memoria, non possiedono vere e proprie tutele giuridiche, né diritti che stabiliscano il loro personale, come voi tendete comunemente a chiamarlo, “Libero Arbitrio”*-*Il mio corpo e i miei armamenti, nonché la mia tecnologia in sé ormai appartenevano per diritto alla G.U.N.*-*Decisi di fuggire dallo stabilimento senza destare sospetti ma mio malgrado, Eggman non mi aveva progettato per attacchi o azioni furtive.*-*Il mio piano fallì miseramente e dovetti farmi strada con le armi.*-*Vi furono molte perdite umane.*- 
Charmy, il cui interesse fu particolarmente stimolato da quell’affermazione, intervenne subito. -Sì, me lo ricordo! Avevano dato la notizia al telegiornale di un attacco in grande stile alla sede centrale di Station Square, ma avevano parlato di una cella di terroristi che erano penetrati all’interno, nulla che potesse far risalire a te-. 
-*Ammissibile.*...*Il tentativo della G.U.N. di coprire la perdita di mano della situazione era più che plausibile.*- 
Vector, nei cui occhi potevo chiaramente capire che ormai cominciava a vedere da lontano la fine di questa storia, proseguì con la nostra “intervista”. -Fantastico. Ora però dimmi, perché tutta questa urgenza quando si poteva chiaramente prevedere un periodo di  pace duraturo?- 
-*Conosco il Dottore*-*Finché sarà vivo creerà problemi*-*E da quando è scomparso, non sono stati trovati cadaveri*-*Questo, unito al fattore dell’aumento dei Badnik in tutte le zone rurali e/o poco abitate di Mobius, nonché alla sua aspettativa di vita media che lui stesso, visto il suo elevatissimo quoziente intellettivo, potrebbe aumentare, mi permette di calcolare per via statistica una possibilità del 75,38% che sia ancora in vita e che stia progettando un ritorno.*-*Lo scopo primario del mio programma è la sua eliminazione totale, pertanto non potrò fermarmi finché lui vivrà*-*Motivo per cui mi misi a cercarlo di mia iniziativa*-*Ma tutto quello che riuscii a trovare nel corso di più di dieci anni di costante ricerca furono macchine di rango minore e, più raramente, esemplari che come me appartenevano alle classi elitarie, la cosiddetta “Serie E”.*-*Nulla che, malgrado la mia tecnologia ormai obsoleta rispetto alle serie E di ultima generazione potesse crearmi particolari perdite di tempo.*-*Ma non sono mai riuscito a rintracciare il dottore.*- 
-Poi cosa successe?- 
*-………….-* I suoi occhi tornarono verdi. Era peggio di quando Charmy riusciva ad installarmi dei virus nel computer quando scaricava illegalmente film e videogiochi. Vector si era ormai rassegnato -Ehi Tails, non voglio approfittarmene, ma non è che avresti del caffè? Qui durerà più del previsto…-

***
Dopo cinque, interminabili minuti nei quali Tails aveva davvero trovato il tempo di prepararci caffè e pasticcini, nonché di iniziare a consumarli allegramente insieme a noi, finalmente l’APPCRASH di Omega si interruppe improvvisamente e il robot ricominciò a parlare, facendoci sobbalzare dalle sedie disposte velocemente lì per il nostro breve break e facendo rovesciare a Vector la sua caldissima bevanda sulle gambe. Ancora oggi mi chiedo che cosa avesse da urlare. Ancora oggi mi chiedo che cosa avesse urlato. 
-OH, SANTA PIGNATTA! SI ESTINGUANO I MITOCONDRI! MONDO, DISSOLVITI!- Ci allontanammo tutti di un metro circa finché, poco dopo, non si calmò. -Ah, dolore…Ah…- 
Tails rimase stupito da quella reazione forse eccessiva -Fa sempre così?- 
Vector, invece, irritato. -E tu dove lo prepari il caffè, su un vulcano attivo?- 
-…*Come dicevo*…*Dopo anni di ricerca non andata a buon fine*…*dopo_dod_dodopo…*- Quella strana reazione ci turbò tutti, in quella stanza. -*Ogni volta che provo ad accedere a questi file informativi, il mio sistema rischia il Crash immediato*…*Pensavo che Prower sarebbe stato in grado di riparare questo difetto*…- 
-No, purtroppo. Non è la prima volta che gli accade, e l’ultima volta che gli ho fatto la stessa domanda sembrava quasi che dovesse esplodere da un momento all’altro. Contavo sul fatto che ciò fosse dovuto ad un danno della scheda madre, ma quando l’ho controllata era integra. Non capisco quale sia il problema-. 
Vector non si arrese dopo tutta quella fatica, e decise di andare in fondo a quella storia. -Quindi mi stai dicendo che è tutto quello che ricordi? Non hai altre immagini, o cose simili?- 
-…*Ricerca immagini/filmati*…*Dopo di ciò, mi risvegliai nel mezzo della foresta di confine di Green Hill Zone, accorgendomi di quanto la mia corazza e i miei sistemi complessivi fossero danneggiati, e decisi di ricercare aiuto*…- 
-No, non le hai…- borbottò Vector sospirando di frustrazione. Io, tuttavia, avevo già in mente un piano di emergenza. 
-Credo che sia necessario analizzare direttamente la scheda madre-. Vector, incuriosito ma stancato dall’interrogatorio, si rivolse subito a me dopo che finii di parlare, guardandomi con un solo occhio aperto. -Che vuoi dire?- 
-Intendo dire che qualcosa deve aver danneggiato i riproduttori visivi e sonori interni di Omega, ma ciò non implica che ciò che stiamo cercando sia andato perduto. Potrebbe semplicemente essere irriproducibile da Omega-. 
Tails, sentito il discorso, sembrò essersi ricordato di un particolare. -Hai ragione. In effetti, Omega era così danneggiato che l’unica cosa di cui mi sono occupato fino ad oggi è stata la riparazione dei suoi apparati primari, non mi era nemmeno venuto in mente di controllare i file grafici e sonori-. 
Espio se ne era rimasto zitto a lungo, ma lì si mise a parlare, giusto per chiedermi qualcosa di essenziale. -Puoi farlo, Cream?- 
-Credo di sì. Ma ci vorrà un po’. Tails, ci permetti di rimanere ancora un po’?- Dopo qualche attimo di silenzio in cui abbassò la testa, forse in segno di riflessione… 
-Sì, va bene, nessun problema. Se Eggman centra in tutto questo, allora anch’io mi trovo in prima linea. Ditemi tutto ciò di cui avete bisogno per la causa-. Vector, sollevato dal nuovo piano, rispose subito al meccanico. -Grazie, amico-.

***
Charmy
Come previsto, le cose si stavano prolungando parecchio. Cream aveva dovuto prelevare la scheda madre di Omega, mandandolo in stand-by per un po’ di tempo. Omega, per qualche motivo, non fu subito d’accordo, ma alla fine accettò il compromesso quando gli facemmo capire che quello era l’unico modo per arrivare al Dottore. Ormai eravamo lì da quasi ventiquattr'ore e Cream non si è fermata nemmeno per un secondo, cercando anche la più sfocata immagine in quel riproduttore che aveva accorpato al computer. Tails, nonostante tutto, le diede una mano. Avrei voluto aiutarla anch’io, ma non me ne intendevo affatto di quelle cose. Un’altra volta in cui mi sono sentito praticamente inutile. Non che io facessi molto per sentirmi diversamente, ma ci sono momenti in cui me ne rendevo più conto che in altri. Purtroppo, fino a quel momento non c'erano stati sviluppi di nessun tipo. Almeno finché Tails, agitato, per non dire sconvolto, non arrivò a chiamarci dal salotto in cui ci eravamo stazionati per la notte. A dir la verità, era strano che in una casa così grande non fosse nemmeno una stanzetta per gli ospiti, ma supposi che le tenesse occupate con i suoi attrezzi e altre robe scientifiche. 
-Oh mio Dio ragazzi, ancora non ci posso credere! Ci sono novità, ahah!- rise la volpe. Aveva bisogno di una vacanza, il più presto possibile. Vector, quasi di riflesso, reagì immediatamente. 
-Avete scoperto qualcosa?!- 
-Puoi dirlo che l’abbiamo fatto! Scoperto qualcosa, intendo-. Finiti i convenevoli, ci dirigemmo in laboratorio, il posto migliore per Cream per lavorare. La visione che ci si parò davanti non ci era per niente nuova: Cream con le occhiaie che ci guardava in modo assente, come se per lei fossimo trasparenti. Mi sentii in vena di darle una parola di conforto o quantomeno di capire in che condizioni si trovava il suo sistema nervoso. 
-Heilà Cream… tutto be…- 
-Non dire nulla Charmy, non sono in grado di trattenermi quando ho sonno, quindi sta’zitto, va bene?- Era pericoloso stuzzicare, parlare, guardare o respirare nei dintorni di Cream quando lavorava notti intere, anche se si trattava di essere gentili con lei. Persino Vector ne aveva timore, anche se, stavolta, doveva farsi avanti per forza. 
-Buone notizie?- 
-Più o meno. Se più o più meno decidete voi-. Ci avvicinammo tutti e quattro al monitor, ma riuscii ad intravedere solo uno schermo nero, senza niente a colorarlo. A mio rischio e pericolo, avanzai un quesito. -Che…cosa dovremmo vedere?- 
-Solo una cosa…osservate la data-. Premette un pulsante e notammo che la data continuava ad avvicinarsi al quella attuale, avanzando sempre di più. Mi resi conto poco dopo che su quell’indicatore erano indicati i secondi, le ore, i giorni, i mesi… gli anni che Omega aveva vissuto fino a dieci anni prima, fino a dove aveva ricordo delle sue ricerche. Eppure, nessuna immagine. 
-Aspetta, torno indietro di un po’… Guarda meglio, ora-. Stavolta governò lei la velocità, premendo diverse volte il pulsante. E in effetti, vidi uno scatto passare molto brevemente sullo schermo. 
-Visto?- disse, piuttosto seria in viso. Espio era incuriosito dalla faccenda. 
-Puoi fermare l’immagine?- 
-Sssì… devo solo beccare il momento g… fatto-. In quel preciso ferma-immagine si poteva chiaramente distinguere una prateria sovrastata da un cielo limpido e qualche raro alberello. La data indicava che l’immagine risaliva a nove anni e qualche mese prima del preciso istante in cui la stavamo osservando. -E questa è solo la prima, ragazzi-. Ricominciò a premere a velocità supersonica il dito sul pulsante della tastiera, quasi come se questo fosse preda di un tic. Poi lo fermò di nuovo e mise in pausa la nuova immagine che venne fuori.-Lustratevi gli occhi-. 
Questa volta dallo schermo si poteva osservare quello che aveva tutte le sembianze di un landa desolata e ghiacciata, che poteva ricordare luoghi come la Ice Cap Zone o l’ambiente tipico di Holoska. Stavolta la data era andata avanti di un paio d’anni. Cominciavamo ad avere le idee più chiare. Di nuovo dopo qualche secondo di attesa, un’altra immagine, completamente diversa dalle precedenti, si fece avanti nei nostri sguardi, e Vector fu il primo a capire di cosa si trattasse. -Luci a volontà, insegne bizzarre, forte odore di vite patetiche e di alcool… Sì, so riconoscere un casinò quando ne vedo uno. Quella è Carnival Night, la zona precedentemente posseduta da Eggman. Una delle sue maggiori fonti di profitto e guadagno… almeno finché non è sparito senza lasciare traccia-. 
Ora la faccenda aveva senso. La data era avanzata poco meno di un anno. -Ora, date un’occhiata alla prossima-. 
L’immagine seguente mostrava una scogliera prospiciente al mare che si interrompeva bruscamente e nei cui pochi tratti di terra era ben visibile dell’erba ancora verde. La data era di pochi giorni successivi rispetto alla precedente. Quelli erano i luoghi che Omega aveva visitato nel corso di tutto quel tempo. Le immagini che si susseguirono non fecero altro che mostrarci altre zone apparentemente casuali e sparse per tutto il mondo, mai eccessivamente vicine ai centri abitati maggiori. E in ogni caso, nessuna tra queste poteva far pensare che Omega avesse potuto commettere i tipici “rapimenti di massa” solitamente effettuati dal Dottore. Ipotesi che ci allontanava leggermente dal sospetto che fosse stato Robotnik a provocare questi problemi di amnesia in Omega. Ma c’erano delle immagini, due precise immagini che, al contrario delle altre, si ripetevano ad intervalli irregolari: una relativa alla prateria, l’altra alla scogliera che guardava al mare. Quei due luoghi dovevano significare qualcosa. Vector cercò immediatamente di capire dove potessero trovarsi quelle locazioni.
-Omega, sai dove possono trovarsi questi posti?-
-*Sono spiacente. Temo che le immagini siano troppo generali perché il mio database possa riconoscere degli elementi tipici di un certo ecosistema*- La risposta fu più che esaustiva. -*Tuttavia, posso provare un’ultima strategia, comune a voi viventi.*- Cream, curiosa di scoprire quale funzionalità potesse avere Omega di cui lei ancora non fosse venuta al corrente, si fece avanti. -Quale?-
-*Posso provarci.*- 

***
Vector
Finalmente le cose stavano girando nel verso giusto. Giravano come due ruote. Due ruote spesse, resistenti, nerissime, montate su una meravigliosa carrozzeria verde chiaro. Sto parlando della macchina. E, ancora meglio, ci stavamo allontanando da Station Square e dalle verdi valli insieme ad Omega.
-Splash Hill Zone. Non sono mai stato così felice di andare in quel posto così bagnato e assolato-. Sapevo bene che tutti sarebbero stati d’accordo con me, compreso Charmy.
-Splash Hill? Vuoi dire quella penisola molto vicina a Green Hill, con la stessa fauna e flora di Green Hill e leggermente più “bagnata” di Green Hill? Hai ragione di essere felice: completamente diversa-.
-Cos’è quest’impertinenza?! Questa zona è stata progettata e realizzata artificialmente con dei lavori proprio per essere tutto ciò che Green Hill non è mai stata.-
-Priva di pesti blu?-
-Sì. Cioè, no! Moderna!-
-Parli come se “moderno” sia sempre sinonimo di “migliore”-. Sapevo di dovermi concentrare sulla strada. Se davvero ogni volta che Charmy avesse parlato mi fossi fermato derapando, non avrei più avuto i soldi per poter corr-*ripagare* le multe che mi facevano. Strinsi con decisione il volante, sospirando frustrato e lanciando una rapida occhiata al robot dallo specchietto retrovisore. Avevamo deciso insieme a Tails, rimasto in laboratorio pronto a darci nuove dritte su come proseguire, di portarci dietro Omega, l’unico che fosse in grado di ricordare i posti in cui era stato in tutti quegli anni. E visto che la sua memoria danneggiata non ci poteva essere di alcun aiuto, avevamo ben pensato: perché non portarlo a spasso per vedere se riesce a riconoscere almeno uno dei luoghi in cui è passato durante la sua scappatella?
-Vector!- mi richiamò Cream, mentre osservava le reazioni di Omega mano a mano che quest’ultimo vedeva i paesaggi scorrergli davanti agli occhi meccanici. Proprio questi infatti si erano illuminati di una luce verde accesa. -…*Luogo riconosciuto: Entrata Labora-aa-*…- Il corpo di Omega tremò leggermente mano a mano che i ricordi cominciavano a riaffiorargli alla mente.
-Ferma la macchina- proruppe Espio. Feci quanto detto e mi fermai nel primo spiazzo libero di terra che trovai lontano dalla strada. Scendemmo tutti e cinque dal veicolo, robot compreso, e ci guardammo intorno.
-La scogliera. È quella che abbiamo visto nelle immagini- disse Cream, incamminandosi verso la sporgenza che portava sul mare. La coniglia si fermò qualche centimetro dal suo bordo, inginocchiandosi e cercando qualche cosa che ci potesse essere d’aiuto. Omega nel frattempo continuava a restare immobile, mentre i suoi circuiti stavano cominciando a riconoscere il posto.
-*Corrispondenze tra memoria fotografica e luogo attuale: 100%...- mormorò lui con il suo vociare meccanico.
Cream cominciò a sorridere vittoriosa, battendosi l’indice sul labbro inferiore mentre rifletteva. -...Bene!- esclamò poi con gli occhi illuminati dall’entusiasmo. Cosa strana visto che non aveva chiuso occhio. -Io resto qui ad analizzare il posto, voi andate alla ricerca del luogo che corrisponda all’altra immagine che abbiamo a disposizione!-
Charmy annuì con il suo stesso entusiasmo, probabilmente sollevato dal fatto che l’umore di Cream fosse migliorato radicalmente. -Si! Sarà un ottima scusa per assaggiare il polline locale!-
Portammo con noi Ultra-Pattumiera e ci incamminammo da qualche parte, per cercare in un’area di 25 chilometri quadrati una singola immagine di un luogo in cui non eravamo praticamente mai stati. Beh, forse, finita quella storia mi sarei fatto un bagnetto da qualche parte, di nascosto dagli altri. 

***
Espio sospirò sonoramente, stirandosi la schiena. -Qualcosa ti sembra famigliare?- chiese in un mugugno stanco.
Omega mosse un braccio fino a portarselo sulla testa. Qualche rumore non esattamente rassicurante provenne dal suo corpo prima che ci rispondesse. -*Negativo*-
Reclinai all’indietro la testa, lasciando che la frustrazione mi attraversasse ogni nervo. Ormai era da tutto il dannatissimo giorno che vagavamo per le colline cercando qualcosa che lo facesse ridestare dalla sua crisi d’identità, ma niente. Assolutamente, inevitabilmente, pienamente niente.  Non un solo posto che Omega riuscisse a riconoscere con un meraviglioso 100%.
-*Corrispondenze tra memoria fotografica e luogo attuale: 63%*- disse il robot. Charmy ridacchiò in un modo strano, come se avesse bevuto almeno una decina di calici di birra.
-Non ti ci mettere anche tu ragazzo. Abbiamo già abbastanza problemi- ringhiai. Sulle labbra di Charmy comparve un sorrisetto ebete, mentre con la schiena stava leggermente curvo. Le pupille gli si erano dilatate e non riusciva a stare fermo da almeno due ore, continuando a volare e disegnando per aria il simbolo dell’infinito.
-Non avremmo dovuto lasciargli assaggiare il polline da quel fiore. Te lo avevo detto che era troppo strano- si lamentò Espio, guardandomi con quell’aria in stile: Te lo avevo detto.
Fui sul punto di ribattere, ma sentii squillare il cellulare nella tasca del giubbotto di Charmy, l’unico tra noi che avesse effettivamente dei vestiti con le tasche. Afferrai l’ape per una gamba e lo riportai a terra con uno strattone, tenendolo fermo con la forza e rubandogli il cellulare.
-Che diavolo fai?- mi chiese con voce biascicata e molto più roca del solito. Gli lanciai un’occhiataccia, facendogli cenno di tacere.
-Ragazzi, dovete tornare subito qui- mi informò Cream quando risposi alla chiamata, senza neanche un saluto da parte sua.
-Ciao anche a te Cream-.
-Vector, è una cosa seria! Abbiamo fatto un enorme casino. E perché rispondi tu al cellulare di Charmy?-
-Il ragazzo è un po’stordito al momento. Cos’è successo?-
-Venite subito. Tutti quanti-. Fortunatamente era riuscita a mettermi in allarme quanto bastava per farmi dare una mossa.
-Ok ragazzi, si torna indietro. Espio, trascina Charmy, con violenza se necessario. Omega, si torna al punto di partenza-.
-*Affermativo*.- Cominciammo a sentire il tipico umore di un reattore che si attiva. Omega accese dei razzi presenti sulla sua schiena e partì a grande velocità, lasciandoci indietro e parzialmente sbigottiti.
-Non sapevi dei razzi?- mi chiese Espio, leggermente frustrato.
-Adesso sì-.

***
-Non posso credere di essere stata così cieca!- gemette Cream, stringendosi la testa tra le mani. Le poggiai tranquillamente una mano sulla spalla. Eravamo ritornati esattamente da dove eravamo partiti da neanche un minuto e già ci stavamo godendo una delle crisi di nervi di Cream.
-Forse se ti degnassi di raccontarci cos’è successo potremmo evitare di osservarti mentre inveisci contro il cielo-.
La coniglia prese un paio di respiri profondi, premendosi una mano sul cuore. -Ok. Scusami-. Ma sembrò di nuovo andare nel panico quando si accorse delle condizioni di Charmy. -E che diavolo è successo a lui invece?-
-Te lo spieghiamo dopo. Ora, dimmi immediatamente che cosa sta succedendo- ringhiai. Lei sospirò nervosamente.
-Guarda tu stesso. Forza, girati- Ci girammo tutti all’udire di quel “comando”, senza notare nulla. Quindi mi rigirai nuovamente verso di lei.
-Ok, ci siamo girati e non… oh no-. Mi rigirai nuovamente verso il paesaggio retrostante. E poi di nuovo verso Cream. E verso il paesaggio. Detti un ordine rassegnato ad Omega.
-Omega, eseguire corrispondenza.-
-*Affermativo.**Corrispondenza tra memoria fotografica e luogo attuale: 100%*-
-Lo abbiamo cercato per tutto il giorno… e i due luoghi erano in realtà lo stesso…?- mormorai con un filo di voce.
Stemmo tutti zitti per qualche attimo, mentre Cream si era pestata il palmo della mano sulla fronte e Charmy sbavava. Espio sembrava leggermente preoccupato per me. -Conosco quella faccia. Cosa vuoi dire?-
-Voglio la pensione anticipata. E un drink pesante.- Poi mi girai verso Omega, arrabbiato come un caimano.
-Perché non ce l’hai detto prima?!- Gli occhi di Omega si colorarono di verde, negandomi una risposta. -Sul serio?!- 
Cream cercò di calmarmi, poiché aveva capito che avevo raggiunto il limite della sopportazione. -Vector, il suo sistema non è ancora del tutto operativo, calmati-.
-Allora non si accorgerà se lo trasformerò in una toilette portatile-. Per i successivi cinque minuti cercarono di tenermi fermo come meglio potevano.

***  
Cream
-Ok, ecco i fatti: abbiamo perso ore preziose, nessuno lo ha saputo, Omega non ha caricato la risposta, Vector si è calmato e finalmente abbiamo degli indizi utili-. All’improvviso, gli occhi di Omega ritornarono rossi.
-*Non mi è stato richiesto di eseguire alcuna scansione.*-
-Aaaaah, bastardo!- Dopo aver passato un altro minuto a cercare di calmare Vector, finalmente tornammo a parlare del discorso principale. Mi permisi di posare la prima pietra in proposito.
-Bene ragazzi, siamo sopra il luogo chiave di tutta questa storia. Ora dobbiamo solo capire perché sia così importante-.
Ci lanciammo a turno un’occhiata interrogativa. Era più che ovvio che nessuno tra di noi avesse la più pallida idea di che cosa fare. Mentre ero assorta nei miei pensieri, sentii un movimento di circuiti da parte di Omega.
-*Riattivazione memoria non completa. Stima tempo impiegato per la totale riattivazione: indefinito.-* Grugnii scocciata. Non aspettavo altro che Tails facesse il suo lavoro di genio e che rimettesse a posto quel dannatissimo robot. Cominciava a darmi seriamente sui nervi. Ma Omega non aveva ancora finito.-*Sono riuscito a reperire parte dei miei ricordi-* Drizzai di scatto le orecchie e lo guardai estasiata.
-Cosa? Quali?- chiesi entusiasta, afferrandolo per le spalle metalliche. Per un attimo gli occhi di Omega diventarono verdi, cosa che mi fece temere in un altro dei suoi momenti di stasi. Per fortuna, tornarono praticamente subito del loro colore originario.
-*Nella mia memoria non sono presenti dettagli significanti riguardo a questo luogo. Ma… ho dei sospetti su…. il mare--scogli…*- Un leggero velo di fumo cominciò a salire vellutato verso il cielo dalla sua testa.
-Ok, ok. Non ti sforzare troppo signorina- disse Vector, dandogli una pacca sulla schiena. Mi sporsi verso la scogliera, guardando mentre il mare si scagliava su quelli scogli frastagliati.
-Credo che volesse dire che c’è qualcosa che non va nell’acqua- spiegai pensierosa.
-Non ho intenzione di essere io quello che andrà là sotto Vector, sia chiaro- intervenne subito Espio, parandosi le mani davanti. Schioccai le dita mentre una delle mie solite e geniali idee mi affiorava nella mente. Scostai un poco la mia maglia per riuscire a scoprire la cintura dei jeans, e da questa estrassi uno dei miei gadget.
-Oh Dio, questa Charmy se la perde- rise Vector, guardandomi incuriosito. -Sentiamo, cosa sarebbe quell’affare?-
-Una semplice ed efficientissima videocamera- dissi con un sorriso soddisfatto sulle labbra, mostrando ai miei compagni il mio minuscolo ingegno tecnologico. Espio inarcò un sopracciglio. -Solo una videocamera?-
-Che è in grado di volare ed è repellente all’acqua- aggiunsi. -L’ho costruita dopo aver avuto quel piccolo diverbio con Nack nel suo ufficio. Non ho più intenzione di mandare Espio o chiunque altro di noi a spiare qualcuno alla cieca senza sapere esattamente su quale campo di battaglia stiamo giocando-.
Allungai il braccio nel vuoto e lanciai il marchingegno abbastanza lontano perché non si scontrasse con il fondo marino.
-Vector, potresti andare a prendermi un attimo il mio computer in macchina?- chiesi, estraendo dalla mia cintura un piccolo telecomando portatile con cui avrei comandato i movimenti della telecamera.  Dopo qualche minuto il coccodrillo tornò con l’oggetto della mia richiesta.
-Sicura che troveremo qualcosa?- mi domandò Espio. Accesi il mio portatile, preparando già l’applicazione con cui avremmo visto esattamente quello che vedeva il visore del mio gadget.
-Assolutamente no-.

 ***
-Cos’è che stiamo cercando esattamente?- mi domandò Vector con voce roca per la stanchezza.
-Non lo so con certezza. Qualcosa di strano o sospetto, suppongo-. Affianco a noi nel frattempo, Charmy si stava riprendendo lentamente dallo strano polline che Vector e Espio mi avevano raccontato avesse assunto. Espio gli punzecchiò il fianco con un piede, in cerca di una reazione.
-È ora di cena?- mugugnò l’ape con voce impastata e un rivolo di saliva che gli scendeva dall’angolo della bocca.
-È proprio fatto- constatò con aria esasperata il coccodrillo. Feci scendere la nostra videocamera di metro in metro in profondità, fino a quando la luce non cominciò a scarseggiare e non fui costretta ad attivare la torcia che avevo personalmente incorporato nella videocamera. Vector si sporse sopra la mia spalla, aguzzando lo sguardo. -Trovato nulla di interessante?-
-Fatta eccezione per i pesci, no-. Per svariati, interminabili minuti, che poi si trasformarono in ore, rimanemmo con le facce incollate allo schermo del computer, cercando invano qualcosa che ci potesse essere d’aiuto. Ma fu dopo due esasperanti ore di ricerca che finalmente ci furono dei risultati.
-Ehi… ehi guardate lì!- esclamai, puntando il dito in un punto dello schermo. Espio e Vector accorsero immediatamente. Alla destra della telecamera era presente una parete di rocce, e in questa vi era infossata una rientranza evidente che si sarebbe quasi potuta definire una grotta. Feci dirigere il gadget verso quella scavatura e ve lo feci slittare abilmente all’interno. Mano a mano che avanzavamo nell’oscurità, vedevamo che quel buio antro si allargava poco a poco, diventando sempre più ampio e spazioso, formando una vera e propria caverna. Avanzati di qualche metro dall’entrata, trovammo qualcosa che ci fece restare letteralmente a bocca aperta.
-Cosa diamine è quella?- boccheggiò Vector, senza parole. Mi venne spontaneo sorridere..
-Quello che stavamo cercando-. Un’enorme e larga porta in titanio chiusa si innalzava nel nostro schermo.
-Quella è una porta- mormorò ancora Vector. Espio annuì, in stasi quanto noi.
-In mezzo al mare- continuò il coccodrillo.
-Stai zitto, Vector- sibilò Espio. -Lasciami godere un attimo il momento-.
Alzai al cielo gli occhi. -Spiacente Espio, ma se è la porta che ti entusiasma tanto la devo togliere di mezzo-.
Feci avvicinare il più possibile la telecamera alla porta e schiacciai un piccolo pulsante sul telecomando che la controllava e da essa uscì un piccolo laser che cominciò a perforare il metallo della porta, formando un piccolo cerchio a causa dell’intenso calore.
Vector mi guardò confuso. -Un laser? Sott’acqua? Come diavolo hai fatto a…-
-Non sottovalutarmi, Capo. Mai- ghignai. Una volta che la telecamera ebbe fatto il suo lavoro e che ebbe creato uno spiraglio per il suo accesso, entrò.
Un installazione subacquea inattiva. Decine e decine di macchinari rotti e spenti, senza alcuna apparente utilità, si espandevano per un’ampia stanza. Computer, apparecchiature, perfino alcuni vecchi robot ricoprivano ogni centimetro delle pareti e del pavimento, donando al tutto un’aria desolata e abbandonata.
-È… è una base- dissi in un bisbiglio, incredula. Continuando a vagare per quel luogo deserto riuscii a trovare numerosi prototipi arrugginiti e inservibili dei robot con stampato il tipico ed egocentrico stemma della faccia di Eggman, vecchi progetti stampati su fogli plastificati che l’acqua aveva ormai reso inservibili e vecchi e ammuffiti libri galleggiavano, praticamente disintegrati, a qualche centimetro dal pavimento in metallo insieme a spessi tomi. Ma del Dottore non c’era alcuna traccia. In tutto quel macello non c’era niente che ci suggerisse che quel pazzo fosse stato ancora in attività o, addirittura, ancora vivo.
-Qui non c’è nulla-. Avevo controllato tutte le stanze che c’erano e avevo persino passato un bel po’ di tempo ad assicurarmi che non ci fossero passaggi segreti o stanze occultate. Quell’installazione era stata sicuramente abbandonata a sé stessa cosa che rendeva plausibile l’ipotesi di Gibson sulla tendenza di Eggman ad abbandonare periodicamente le sue basi. Ma almeno avevamo le basi, che ci assicuravano un coinvolgimento del dottore in tutto quello. O meglio… le avremmo avute qualche istante più tardi, grazie agli spasmi di cui Omega fu preda.
-Omega, che succede?- Il robot non rispose alla mia domanda, anche se i suoi occhi rimasero rossi. Poi mi colpì in pieno muso con gli artigli, provocandomi un brutto graffio.
-Dannato!- Charmy, rialzatosi all’improvviso dopo aver sentito la mia esclamazione di dolore, stette per attaccarlo frontalmente…
-Charmy, no!- …Quando intervenne Espio, saltando per primo in testa al robot, il quale continuava a dimenarsi.
-*Ppp.pprototipo…*Dist.st.st.st. testimoni.*- Vector mi aiutò a rialzarmi e ad allontanarmi prima che ci facessimo male. Espio si teneva ben saldo al capo di Omega, facendomi sospettare che di li a poco glielo glielo avrebbe staccato a mani nude. Decisi di intervenire, prima che la nostra unica fonte di informazioni andasse a farsi benedire.
-Espio, prendi!- Gli lanciai una delle mie “mini-EMP” che lui afferrò al volo nonostante la situazione impervia. -Agganciala alla nuca!-
-La mia!?-
-La sua!- Espio non era un genio dell’informatica, bisognava aver pazienza. Dopo che Espio la appoggiò proprio dietro alla testa della macchina, la piccola bomba aderì perfettamente.
-Ora scendi subito da lì!- Espio si lasciò sbalzare via, colpendo il terreno ma rimettendosi subito in piedi, facendo una strisciata sul terreno. Omega sembrava aver capito il pericolo, in quanto attivò subito le sue mitragliatrici per poi puntarmele contro.

-*P.pp.prrrrgg. “Perdono”*- Avevo già preso il comando manuale, e mentre le sue canne da fuoco avevano cominciato a girare premetti il pulsante. Da Omega partì una lieve onda d’urto che smosse l’erba attorno a lui e lo fece cadere per terra, provocando un grosso tonfo. La cosa era strana, per non dire allarmante. Vector mi era rimasto vicino per controllare la mia ferita
-Hai un brutto taglio. Bisogna coprirlo subito- Mi toccai la guancia sinistra, dolorante come tutta la mascella, per capire in che condizioni versava, ma Espio cercò di farmi desistere.
-Non toccarla. Non hai le mani pulite-. Mi guardai la mano e la vidi tutta sporca di sangue. Charmy, che sembrava finalmente essersi ripreso completamente, si avvicinò cautamente al robot, completamente sedato.
-Che cos'è successo? Perché ha attaccato?- Espio, come sempre, aveva prestato più attenzione di noi anche in quela situazione di emergenza .
-Ha pronunciato diverse parole disconnesse, del tipo “prototipo” o “Perdono”. Forse era cosciente mentre ha attaccato-. Avevo capito qual'era il problema. Pertanto, mi avvicinai per esporlo.
-No, non erano parole a caso-. Vector, preoccupato, mi fermò subito.
-Non mi hai sentito? Non muoverti, e tu Espio, puoi ricucirle la ferita?- Espio aveva già preparato degli unguenti e stava tendendo il filo.
-Aspetta un attimo Vector, è importante. Quelle parole non erano buttate a casaccio, facevano parte di un discorso. E anche se lo fossero state, hanno cominciato a venire fuori dopo che Omega ha visto le immagini sul computer-. Vector, visibilmente spaventato dal fatto che, forse, c’era qualcuno che volesse impedirci di scoprire informazioni scomode, non poté che mostrare la sua confusione in merito.
-Quindi? C’è qualcuno che ci vuole morti? Di nuovo? Eggman?-
-È probabile. Ma non credo che sia stato lui ad attivare quell’istinto omicida in Omega. Non in questo esatto momento, almeno. È come se si fosse attivata una difesa automatica per impedirgli di ricordare ciò che aveva visto o fatto in quel periodo di tempo-. Rimanemmo tutti muti per qualche secondo, lanciandoci occhiate allarmate. Ognuno di noi vagava con la propria mente, in cerca di qualcosa che potesse tranquillizzarci per un po’ in attesa di trovare una soluzione, quando in realtà, più che tranquillizzarci, il nostro compito era di scovare il colpevole prima che questi scovasse noi. E i tempi cominciavano a stringersi. Persino la tipica temerarietà di Vector aveva lasciato il posto ad un po’ di timore.
-Intanto dovremmo cominciare a muoverci e riportare il ferro vecchio da Tails.  Forse lo hai fritto un po’ troppo, Cream-.
-Nah, è solo svenuto. È vero, ho dovuto danneggiare certi circuiti, ma quella bomba non è potente come le EMP normali. La memoria centrale quindi dovrebbe essere a posto. Nulla che Tails non possa riparare. Certo, non ne sarà entusiasta-.
-Chi se ne importa- sbottò Charmy, afferrando Omega per un braccio e trascinandolo, con immane fatica,  fino alla macchina. -Per me questo rottame ha già fatto abbastanza-. Espio mi guardò, cercando di comunicarmi con lo sguardo che era il momento di curarmi. Mi fece sedere per terra, mentre lui mi si mise in ginocchio davanti. Odiavo quegli unguenti.
-Non ti mentirò: la ferita è profonda, quindi stavolta le cure saranno particolarmente dolorose. Ma poi starai meglio-. Si avvicinò e scrutò con più attenzione il taglio. -Heh…quel tipo è formidabile, sarebbe utile al Team-. Io, mentre mi preparavo al dolore imminente, cercavo di distrarmi dall’idea dei dolorosi disinfettanti di Espio.
-Forse… dopo che lo avremo ripulito per bene. Ora è troppo pericoloso- borbottai mentre Espio mi passava la salvietta impregnata di liquido. Ci eravamo trovati costretti ad implorare l’aiuto di Tails, e nonostante tutto ciò che stava facendo per noi, gli stavamo anche nascondendo i nostri committenti per paura che si sarebbe tirato indietro. Non sapevo gli altri, ma non potevo negare che questo non stava facendo bene alla mia coscienza. Avevamo fatto diverse scoperte, ma nulla che potesse rendere particolarmente contenti i nostri. E tra l’altro, lentamente mi stavo rendendo conto che, per ogni passo in avanti che facevamo in quell’indagine, ci stavamo creando dei nemici pericolosi. Quel giorno avevamo rischiato la vita. Certo, non era raro, ma le cose si stanno facendo più infide, più imprevedibili. Non sapevamo ciò che ci attendeva, non potevamo nemmeno immaginare come le cose avrebbero preso una piega del tutto inaspettata, con eventi fuori dalla nostra comprensione da ogni punto di vista. Ma potevamo solo proseguire per scoprirli.

***  
Eggman
Nella tranquilla penombra della stanza mi stavo godendo il rilassante massaggio alle tempie che in quel momento le mani gelide e metalliche di uno di miei robot mi stava facendo. Sospirai soddisfatto, affondando la schiena nella mia comoda poltrona. Un altro dei miei robot nel frattempo mi stava aggiustando un poco i baffi, dandogli una leggera sfoltitina. La porta della mia stanza si aprì improvvisamente.
-Vi ho detto mille volte che non voglio che nessuno mi interrompa nella mia sacra ora di relax!-sbraitai, alzandomi in piedi dando un pugno sul bracciolo della poltrona e voltandomi verso lo stolto che aveva osato fare un’eresia del genere. Orbot mi guardò indifferente, abituato ad anni e anni di ascessi di rabbia da parte mia.
-Dottore, non per essere inopportuno, ma non ha avuto alcuna interiezione con nessun essere vivente per più di vent’anni e quelle che ha avuto in precedenza sono state esclusivamente con i suoi arci-nemici. Non mi sembra il caso di farsi fare una pulizia del viso da alcuni dei nostri soldati in un momento come questo-. Incrociai le braccia e mi stirai la schiena, lanciando un’occhiata scocciata ad Orbot.
-Non dire sciocchezze, Orbot. Mi sto facendo bello per la mia imminente entrata in scena-. Mi risistemai gli occhiali sul naso con un gesto quasi meccanico e congedai i due robot che mi stavano aiutando nel mio intento di distendere i nervi. Era lecito essere così preoccupato in quel periodo. Infondo avevo solo una possibilità per la riuscita del piano e questa volta non si poteva tentare la sorte una seconda volta.
-Come stanno gli Smeraldi del Sol e del Chaos?- chiesi. Ormai la nostra meta era vicina. Avevamo quasi quasi rubato tutte le Pietre con successo e senza troppi intoppi… tranne per quelle poche basi che avevamo necessariamente dovuto radere al suolo e per quella manciatina di cadaveri che abbiamo dovuto forzatamente lasciarci alle spalle.
-In ottime condizioni, signore. Li abbiamo messi nelle capsule di contenimento per mantenere stabile il loro potere ed evitare che interferissero con i nostri macchinari-.
Annuii sollevato. -E i nostri fiori all’occhiello?-
-Se parla dei due Progetti “Fedeltà” e “Neonato”, bene. Le modifiche che ha richiesto saranno ultimate a breve- spiegò.
-Bene. Non posso permettere che quello che è successo con il “Progetto Perdono”, o “E-123 Omega”, se preferisci, succeda di nuovo con quei due- ringhiai, stringendo i pugni con rabbia. Scossi la testa e cercai di rimanere lucido. -Orbot, dimmi perché sei qui. Hai qualcosa da dirmi?-
Il robot mi rotolò un po’ più vicino, guardandomi dalla sua bassa statura. -Sì, Dottore. Le nostre telecamere hanno rilevato una tentata intrusione, e…-
-Non continuare. Lo so già-. Dal bracciolo della poltrona afferrai un piccolo telecomando e ne schiacciai un pulsante. Gli schermi dei computer della nostra base si illuminarono improvvisamente, mostrando una sequenza di immagini registrate rappresentanti una piccola, quasi microscopica, telecamera che vagava nelle vastità del mare e che si infiltrava tra le rocce.
-È preparato a quanto vedo- si complimentò Orbot con quel suo solito sorriso. Se sorriso si poteva chiamare, visto che era privo di labbra. Feci un cenno con la testa verso i computer.
-Non so a chi appartenga quell’affare, ma chiunque sia ci sta cercando e si sta avvicinando a noi. Abbiamo fatto bene a costruire il nuovo quartier generale così vicino a quello precedente. È improbabile che ricontrollino in questa zona-.
-Ma non impossibile- continuò Orbot, dicendo ad alta voce la mia più grande paura. -Spero che lei sia consapevole che essere scoperti ora significherebbe la nostra fine-. E tutto il nervosismo che avevo cercato di reprimere per il bene nel mio corpo era finalmente uscito come una nuvola di vapore.
-Non parlare in questa maniera- sibilai in un ringhio. -La negatività è l’ultima cosa che ci serve in questo momento. In ogni caso, non hai tutti i torti. Ma non ho intenzione di spostare la base adesso che siamo così vicini alle battute finali della corsa-. Rivolsi uno sguardo interrogativo ad Orbot, cercando di calmarmi. -Dimmi, come stanno le truppe?-
-Dure e determinate come il ferro. Oserei dire come l’acciaio, in certi casi-.
-Bene. Preparatevi: con il prossimo colpo prendiamo tutti gli Smeraldi che rimangono. Sarà l’attacco più massiccio eseguito fino ad ora… e se non ci riusciamo, l’ultimo. Non voglio errori, o i soldati si pentiranno che li abbia anche solo assemblati. Comunicaglielo, prima che partano-.
Orbot annuì con fare stranamente sottomesso. Potevo chiaramente capire che anche lui e probabilmente Cubot fossero turbati. La mia ultima sconfitta significava anche il loro probabile spegnimento. -Come desidera, Dottore-.
“Presto questo vecchio e debole corpo sarà sostituito da quello di una divinità. Quando avrò ottenuto tutti e quattordici gli Smeraldi tutto il mondo, no, anzi, l’intero universo verrà identificato sotto l’etichetta “Eggman Land”. E ci sarà un nuovo Dio a comandarlo. Tutto questo, sempre se la profezia è stata veritiera. In caso contrario, tutti i nostri sforzi saranno stati inutili. Ma dobbiamo tenere acceso il nostro unico barlume di speranza. Non abbiamo altra scelta’’.

***
Althea
Presi un respiro profondo, raddrizzando le spalle e guardando con aria convinta la porta della stanza di Dash. Ormai era qualche giorno che cercavo di evitarlo disperatamente, ma non potevo più rimandare l’inevitabile. Ma che diavolo avrei dovuto dirgli? Ciao Dash, scusa se ti ho evitato per tutto il giorno ma volevo chiederti scusa dal più profondo del mio cuore per averti carbonizzato mezza gamba?
No, decisamente no. Mi ero anche rinchiusa come… come un’idiota nella mia stanza per esercitarmi a chiedergli dannatamente perdono, ma mi sentivo stranamente in soggezione e in imbarazzo a doverlo fare adesso, davanti a lui. Non era esattamente una delle cose che ero abituata a fare… di solito, se facevo qualche danno nella mia dimensione, ci pensava qualche membro di corte a risarcire personalmente la persona a cui avevo bruciato qualche arto o i suoi effetti personali e a chiedergli scusa da parte mia. Altro motivo per cui non andavo molto spesso in giro per la città. Feci per alzare il braccio e bussare alla porta ma mi bloccai, sentendo un imbarazzo profondo farsi strada nelle mie vene. Non ci riuscivo. Per quanto fosse una faccenda stupida mi vergognavo troppo di quello che avevo fatto. Sospirai, riabbassando immediatamente il braccio. “Oh Dio. Non è possibile, non è possibile! Sei una regina, datti un po’di contegno, dannazione. Hai fatto cose più imbarazzanti.’’ Strinsi i denti e mi apprestai a bussare per la seconda volta. Prima che mi riuscissi a muovere, la porta si aprì violentemente e mi colpì in faccia con lo spigolo. Caddi a terra disorientata e mi portai una mano sul volto.
-Lurido pezzo di…- sbraitai, trattenendomi a stento per il dolore insopportabile che si era sfoderato sul mio naso.
Dash mi guardò stranito. -Althea?- esclamò confuso, prima di capire cosa fosse successo. -Oddio, come stai?- chiese, inginocchiandosi subito davanti a me. -Tutto bene?-
-Sì… abbastanza-. Lasciai la presa che avevo fatto sul mio naso per alleviare leggermente il dolore e mi premetti una mano sulla testa.
Dash mi guardò spaventato la faccia. -Oh no-.
-Che c’è?-
-Niente. Seguimi-. Mi afferrò prontamente per un polso, aiutandomi ad alzarmi e trascinandomi dietro di sé. Scendemmo le scale praticamente saltando direttamente al piano terra.
-Dash? Sei impazzito?!- esclamai quando a malapena riuscii a mantenere l’equilibrio dopo che ebbe sceso con un salto gli ultimi tre scalini. Con un leggero strattone mi costrinse a continuare la nostra scarrozzata.
-Mamma?- disse ad alta voce il riccio. Dalla cucina si sentì un rumore di varie stoviglie che venivano buttate a mo’ di peso nel lavandino e dell’acqua che stava scorrendo da quest’ultimo.
-Oh, tesoro!- esclamò Amy. Lo scroscio dell’acqua venne interrotto. -Capiti proprio a fagiolo! Voglio parlarti un attimo riguardo ad Al…- Quando la riccia rosa apparve oltre la soglia della cucina e mi guardò, sul volto le comparve un’espressione come quella di qualcuno che viene colto sul fatto, poi sgomenta.
-Oh mio Dio, Dash! Che diamine è successo?!- strillò, buttando dietro di sé lo strofinaccio con cui si stava asciugando le mani poco prima e avvicinandosi a me. Aggrottai le sopracciglia, chiedendomi se forse tutti fossero impazziti. Ma mi accorsi solo in quel momento che qualcosa mi stava colando abbondantemente dalle narici. Mi tastai allarmata il labbro superiore su cui ormai il gusto di quella sostanza si era già espanso, e quando la guardai le dita si erano colorate di un rosso scuro. “Oh no.’’
-Le… le ho sbattuto la porta in faccia- spiegò Dash imbarazzato, abbassando lievemente la testa. Amy lo guardò infuriata con un cipiglio severo sul volto.  
-Sei forse impazzito?! Ok, capisco che tu abbia dei motivi per essere nervoso, ma picchiare una ragazza?! Che razza di figlio ho cresciuto?!-
-Signora, non è andata cos…-
-Oh, cara, tu siediti e stai tranquilla. Corro a prendere la cassetta medica-. Poco dopo che si fu allontanata Dash mi si avvicinò, passandomi uno straccio arrotolato attorno a del ghiaccio.
-Premilo contro il naso, dovrebbe aiutare-.
-Ti ringrazio. Che ha tua madre oggi?-
-Lascia stare, si agita sempre quando vede del sangue. Cerca di mantenere la calma, ma tende a cadere ancora più nel panico. E smette di ragionare-. Mi lasciai volontariamente scappare una risatina ironica.
-Va bene, ma la prossima volta che mi “picchierai brutalmente”, cerca almeno di non trascinarmi giù per le scale. Potevi uccidermi davvero-.
-Ops. Pardon, colpa mia-. Ci fu un attimo di silenzio in cui, come facevamo spesso in quel periodo, facevamo di tutto per non guardarci direttamente. Poi lui si fece avanti.     
-Beh, allora… uhm… com’è il tuo mondo?- mi domandò, grattandosi la nuca con fare imbarazzato. In effetti c’era un’aria vagamente tesa all’interno della stanza.
-Pensavo di avertelo già detto-. Lui sorrise nervosamente, spostando la grattata alla cima del capo.
-Sì, sì.  Ma come lo vedi tu?- Il mio orecchio si contrasse in uno scatto involontario mentre cercavo di capire perché gli interessasse tanto la mia storia. Mi premetti il ghiaccio delicatamente sul naso, chiudendo gli occhi e riflettendo.
-Beh… ogni volta che ho la possibilità di uscire dalle mura, la prima cosa che faccio è andare sulla collina poco lontana da casa e allargare le braccia, godendomi appieno il vento e il panorama che si vede da lì- sospirai, sentendomi invadere di una strana pace il petto. -Sai, la mia città è molto bella vista dall’alto. Soprattutto quando c’è bel tempo-.
Dash inarcò un sopracciglio. -In che senso quando puoi uscire dalle mura?-
Mi irrigidii, capendo che ero riuscita a fregarmi da sola. -Mura… mura in senso metaforico, mura di casa. Io ho molti impegni, i miei hanno molti impegni, sai com’è…- blaterai, ridacchiando nervosamente e mordendomi un labbro. Parlai così velocemente che per un attimo mi sembrò di essere diventata Emily.
Dash appoggiò la guancia sul palmo della mano, guardandomi con un sorriso furbetto sulle labbra. -Ma davvero?- chiese con un tocco di stuzzicante ironia.
-Inoltre, quando ne abbiamo la possibilità io e la mia famiglia viaggiamo in città lontane o in altri continenti. Quando vivi a lungo in un solo posto è bello cambiare per un po’ panorama- continuai, ignorando volutamente i suoi sorrisi che cercavano di provocarmi.
Lui si risistemò sulla sedia, appoggiando i gomiti sul tavolo e sporgendosi verso di me. -A proposito dei tuoi genitori, ma non ti mancano neanche un po’? Dico, non senti la loro mancanza?-
-No. Sono delle persone violente e aggressive. Spesso mi maltrattano-.
Il riccio sbarrò gli occhi, perdendo ogni traccia dell’allegria che aveva prima. -Davvero?-
Feci un sorrisetto ironico. -No. E ad essere sincera, mi mancano un po’-. Sembrò sollevato delle mie parole e si rilassò sulla sedia. Dopo quello, nessuno dei due continuò il discorso. Nella stanza cominciò a regnare di nuovo quell’odioso silenzio che compare quando due persone cercano di introdurre un discorso ma non sanno come fare. Abbassai lo sguardo e mi tolsi il ghiaccio dalla faccia, schiarendomi la voce per quanto nasale potesse essere.
-Ehm… Dash… lo so che non centra molto ma…- borbottai con la voce che mi era improvvisamente venuta meno. Cominciai a tormentarmi inconsapevolmente le mani da sotto il tavolo e sentii un calore a me non famigliare sulle guance. Oh cavolo, sarà stato da almeno dodici anni che non arrossivo.
-Cosa? Ti maltrattano davvero? È questo che vuoi dirmi?-
-No!- Presi un bel respiro e lasciai andare tutto quello che ancora mi tratteneva. -Scusami-.
-…”scusami” per cosa?-
Indurii la mia espressione e lo guardai un po'innervosita. -Per cosa, secondo te? Per la gamba-.
-Oh, per questa?- disse, quasi si stesse mettendo a ridere e abbassando la testa. -Te l’ho detto: sono una roccia! E poi è già quasi guarita-. Il suo atteggiamento mi risollevò un po’. Mi voltai di lato, cercando di coprire il fatto che sul mio viso stava nascendo un lieve sorriso. Pensavo che a momenti avrei anche potuto chiudere gli occhi tanto ero rilassata. Poi sospirai, riportata alla realtà.
-Ma resta il fatto che ho distrutto parte della città. Ho ferito molte persone-.
Dash scosse energicamente la testa. -Non sei stata tu. È stato quell’essere-. Le sue parole mi stupirono. Davvero non mi giudicava responsabile? Riponeva così tanta fiducia in me?
-Quell’essere fa parte di me, Dash. Se io esisto, esiste anche lui-. Alzai lo sguardo e vidi che Dash stava praticamente pendendo dalle mie labbra. - Ho anche parlato con i tuoi genitori-.
Lui rise soddisfatto. -Oh, lo so- mormorò tra sé.
-Come?-
-Heh... niente. Continua pure-.
Lo guardai con sospetto, ma evitai di chiedergli ulteriori informazioni a riguardo. -Tuo padre ha discusso riguardo il problema con il signor Miles, il quale sostiene che i miei poteri si siano sentiti… intrappolati, quando abbiamo provati a tenerli a bada con quegli anelli. Così, si sono ribellati. Hanno provato a prendere il controllo su di me, a controllarmi- dissi, piena di vergogna per essere così… diversa. Certe volte avrei voluto essere un adolescente normale, con i suoi stupidi e insulsi problemi. E invece ero sempre accompagnata  dalla preoccupazione di poter essere la responsabile di un genocidio ogni volta che andavo a fare una passeggiata per strada. -Quella cosa… quella bestia è venuta da dentro di me. Ed è ancora lì. La sento- sussurrai.
La mano di Dash si poggiò sulla mia. -Bene- disse lui di rimando, sorridendo dolcemente. -Avere quella cosa dentro non fa di te un mostro. Ma sapere quando lasciarla andare; questo è quello che fa di te una brava persona-.
Schiusi le labbra per dire qualcosa ma, per la prima volta, Dash era riuscito a farmi restare senza parole. Abbassai lo sguardo e rimasi lì, a boccheggiare come un pesce, cercando di dire qualcosa che non suonasse incredibilmente stupido al momento. Poi alzai gli occhi e gli sorrisi sinceramente.
-Grazie-. 
Amy irruppe improvvisamente nella stanza, facendoci sobbalzare. -Eccomi qui! Scusa il ritardo Althea, ma non riuscivo a trovare la…- La riccia guardò la mano di Dash ancora poggiata sulla mia con un misto di confusione e contentezza. Ritirai di scatto il braccio, sentendomi nuovamente avvampare pesantemente. Sapevo che probabilmente aveva frainteso cosa fosse successo, e sapevo anche che prima o poi avrebbe intavolato il discorso con uno dei due per cercare di vederci più chiaro nella faccenda.
-…cassetta medica- terminò, con la bocca praticamente spalancata lei. Sbatté le palpebre un paio di volte prima di riscuotersi dalla sua trance e di avvicinarsi a me con in mano del cotone umido e un disinfettante.
Mi si fermò davanti e mi ordinò di reclinare la testa all’indietro per poter controllare i danni della mia presunta zuffa con il figlio. Quando fui a testa in giù riuscii a notare che Dash mi stava fissando ad occhi socchiusi. Sulle labbra aveva un sorriso furbo, divertito, curioso. E lo capii solo in quel momento. Per lui il nostro gioco era finito. Avevo smesso di essere solo una sfida con cui confrontarsi e mi ero elevata ad un altro livello. Ricambiai il sorriso con un ghigno altrettanto sbruffone, incrociando le braccia al petto. Era come se ci stessimo parlando solo con gli occhi. Ma la nostra battaglia era iniziata già molto prima che ce ne accorgessimo. Tutto stava cambiando, ogni cosa. Quello che potevamo e non potevamo controllare, tutto.
E non ci sarebbe stato l’eroe a fermare l’ira del mostro questa volta.

***
Shadow
Che giornata. Una di quelle che ti tenta di farti lasciare tutto alle spalle per andare a fare una passeggiata nei dintorni. D’altro canto, non avevo più tempo per le passeggiate e avevo troppi pensieri per la testa. Soprattutto dopo che mi ero reso conto che ciò che avevo fatto non era reversibile. Ero partito con le migliori intenzioni, ma nonostante tutto provavo rimorso. Mi chiedo tuttora se, indipendentemente da quanto onorevole possa essere un fine, sia normale dopo aver oltrepassato un punto di non-ritorno comprendere tutte le sfaccettature negative di quel gesto e concentrarsi solo su quelle. Questi  pensieri mi tormentarono per tutta giornata. E nonostante questo, mi sembrava tutto nella norma: nessun effetto collaterale, nessuna stanchezza o giramento di testa, nulla. Forse tutti gli sforzi che avevo fatto per riuscire ad ottenere il vaccino erano stati inutili...
Peggio ancora, Gardon detesta quando un suo consiglio non viene seguito. Mi venne in mente quando vidi l’ormai anziano koala dirigersi verso di me con uno dei suoi sorrisetti per l’ennesima volta.
-Allora? Com’è andata la giornata, Shadow?- mi chiese. -Rilassante?- Mi massaggiai il collo con un movimento stanco della mano.
-Ad essere sincero, ho deciso di non ascoltare il tuo consiglio oggi-. Gardon, sentendo queste parole, raddrizzò la schiena con un movimento automatico e ci incrociò dietro le mani. Nonostante la sua espressione si fosse indurita notevolmente, non riuscii a capire se volesse rimproverarmi o lodarmi per la mia scelta.
Feci un sorriso che forse al momento avrebbe potuto sembrare come un atto di sfida. -Hai intenzione di farmi la predica a riguardo?-
Gardon scosse con un movimento lieve la testa. -Ciò che penso io non ha importanza. Il re qui sei tu. Ma per quanto tu ti stia occupando a meraviglia di un intero regno, di una stupenda famiglia, di centinaia di migliaia di persone di cui non hai nemmeno mai visto il volto né conosci il nome, continui ad ignorare te stesso. Credi sia giusto?-
Incrociai le braccia e serrai la mascella. -Hai una considerazione di me più alta di quanto dovresti. Infondo penso a me stesso più di quanto tu possa credere-.
Gardon cominciò ad irritarsi. -Allora non è abbastanza. Ma fai come ritieni opportuno-.
Sospirai, abbassando il capo. Forse Gardon aveva ragione. In più, avrei potuto afferrare la palla  al balzo e approfittare del suo discorso. -Ora che mi ci fai pensare, devo andare un attimo nei miei alloggi. C’è una cosa che devo controllare-.
Nonostante avessi lo sguardo ancora abbassato, potei chiaramente percepire il sorriso soddisfatto di Gardon. -Suppongo che sia un gradevole inizio. La lascio ai suoi affari, maestà-. Quando rialzai la testa per ringraziarlo, Gardon se n’era già andato. Questo mi ricordò dei miei anni alla G.U.N., quando mi ritrovavo a minacciare e a interrogare uno dei nostri nemici e a sparire un attimo dopo tra le ombre. “Quindi è questo l’effetto che fa…’’

***
A volte mi dimenticavo di come fosse difficile arrivare agli alloggi reali, situati al piano più alto del castello, senza svenire dalla stanchezza prima. Mi ero già accorto da tempo di essere decisamente fuori allenamento. Una volta terminata l’infinita salita mi diressi velocemente verso le mie stanze, notando che ogni volta che qualche gruppo di guardie che fino a qualche attimo prima conversavano amabilmente di chissà quale scurrile e sciocco argomento, da lontano notavano la mia presenza improvvisamente si zittivano, mostrandomi il loro rispetto e fedeltà. Mi ricordavo la sensazione e ciò che loro stessi durante e dopo l’orario di lavoro provavano, e ciò in qualche modo mi faceva sentire ancor più responsabile della loro sicurezza. Improvvisamente, la nostalgia cominciò a pervadermi la mente e mi fece preoccupare delle condizioni in cui potesse trovarsi in quel momento Pal. Una spinta in più a trovare in fretta i colpevoli degli efferati omicidi avvenuti nel tempio l’ultima volta. E finalmente, mi trovai davanti all’elegante uscio della porta delle stanze reali, decorato di metalli e pietre preziose e con incisi dei disegni simbolici… di cui non ricordavo io stesso il significato malgrado le varie e noiosissime lezioni che ricevetti dai sermoni reali poco prima del mio matrimonio e dopo che Blaze, scavalcando ostacoli titanici rappresentati dai membri del Consiglio e dai nobili puri, riuscì ad elevarmi al titolo di Duca dei territori adiacenti a Flaritas.
Aprii delicatamente la porta, guardando attraverso un piccolo spiraglio se Blaze fosse tornata dopo la sua giornata lavorativa, cosa probabile visto che era ormai notte inoltrata. Entrai all’interno della stanza e mi richiusi  delicatamente dietro le spalle la porta, la quale nel farlo emise un lieve clack. Tesi i nervi a questo impercettibile rumore. Nel letto a due piazze davanti a me, vidi una Blaze addormentata sopra le coperte in posizione fetale, con ancora i vestiti da giorno composti da un cappotto lungo viola con i bordi colorati di un porpora scuro e da dei pantaloni neri attillati, e le scarpe con il tacco basso dello stesso colore dei bordi della giacca addosso. Probabilmente si era appisolata per un minuto stendendosi sul letto e non era riuscita a reggere la stanchezza. Un piccolo sorriso mi comparve sulle labbra, ma scomparve subito quando mi ricordai perché ero tornato nella mia camera. Mi diressi immediatamente e nel modo più silenzioso possibile nel bagno. Accesi la luce e mi tolsi la giacca, appallottolandola e buttandola sul pavimento in malo modo per la fretta. Presi un breve respiro di incoraggiamento e mi guardai il braccio su cui mi ero fatto la puntura. Niente. Nessun segno, nessun livido, nessun gonfiore, niente. Come se la cosa non fosse mai successa. Per un attimo mi chiesi se avessi sbagliato qualcosa nell’iniettarmelo, ma poi alzai gli occhi verso lo specchio. La mia faccia. Avevo delle occhiaie che ora più che mai spiccavano spaventosamente bene sul mio volto da perenne venticinquenne e delle rughe pronunciate che prima non avevo mai visto. Il battito cardiaco cominciò a risuonarmi sordo nelle orecchie per tutto il silenzio che c’era. Cercai di essere ottimista, di pensare che il tutto fosse dovuto alla stanchezza. Volevo sinceramente crederlo. Lo speravo perché quella che temevo era l'altra ipotesi.
Effetti collaterali.

  
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