Note d'Autrice: Salve a tutti! Allora chiedo scusa per il ritardo con cui sto aggiornando in questo periodo, ma tra il ritorno dall'Ilranda e il fatto che ho dovuto sistemare le varie cose inerenti ad esso, ho avuto un po' di difficoltà nel finire nel capitolo e nel correggerlo. Ma alla fine ce l'ho fatta e spero di riuscire a darmi una mossa in futuro. Un'altra cosa che volevo dire è che, per farmi perdonare di questo ritardo, il prossimo capitolo sarà uno speciale. Solo per dire. Detto questo vi ringrazio e vi saluto. Buona lettura!
Shadow
“Com’è
strana la vita. Fino a poco tempo fa stavamo rinnovando in ogni suo
aspetto il
regno. Stavamo per farlo passare ad una nuova era. Stavamo per far
comprendere
ai cittadini i loro diritti, per fare un salto tecnologico leggendario.
E forse
in seguito saremmo anche riusciti a far approvare una costituzione
abbastanza solida
da poter essere chiamata tale. E ciò avrebbe finalmente
elevato i nostri
sudditi al rango di cittadini veri e propri, con i loro diritti e i
loro doveri.
Oggi invece stiamo rischiando di partire dal punto di partenza. Forse
anche prima.
E le cose peggioreranno dopo che avrò preso quel medicinale.
So che dovrei
aspettare e che sto rischiando tutto quello che ho. Ma sono stufo.
Stufo di
rimandare, di vedermi scivolare ogni possibilità di veder
realizzare quello che
voglio tra le dita e stufo di vivere ogni minuto con la paura e la
consapevolezza che un giorno mi vedrò morire davanti agli
occhi i miei figli.
Forse, alla fine dei conti, non c’è momento
migliore per assumere il medicinale
se non ora’’.
-Mi stai ascoltando sì o no?- Tre schioccate
di dita davanti al mio naso mi riportarono subito alla
realtà.
-Scusami. Stavo pensando a una cosa-.
Gardon ebbe un lieve tic e alzò
impercettibilmente il sopracciglio, incrociando le braccia al petto.
Due gesti
che con gli anni avevo capito riconducessero ad un suo stato di
nervosismo o ad
un’imminente esplosione di rabbia. Però quel
giorno non sembrò volermi
comunicare questo. Mi sembrò incuriosito e allo stesso tempo
preoccupato.
-Sei distratto oggi. Qualcosa non va?- mi
chiese. Scossi la testa e feci un sorriso tirato.
-No. Continua pure il discorso-.
Lui esitò per un attimo, ma sembrò decidere
di voler eclissare la conversazione per il momento. -Abbiamo inviato
altre
truppe per sorvegliare i templi. Inoltre, parte dei nostri soldati e
stata
spedita a indagare nelle parti settentrionali e orientali del regno.
Abbiamo
intenzione di setacciare ogni angolo dell’impero pur di
trovare il responsabile
dei furti e di queste carneficine-.
Annuii con decisione. -Molto bene. Continua
a coordinare le operazioni come stai facendo ora-.
Gardon mi esaminò velocemente, squadrandomi.
-Hai una brutta cera. Sicuro vada tutto bene?-
-Sì. Da quando sei così dubbioso?- lo
stuzzicai, cercando di continuare a sorridere.
-Ti tremano le mani-. Abbassai lo sguardo.
Aveva ragione. Misi le mani nelle tasche con un gesto naturale,
fingendo
indifferenza.
-E hai le borse sotto gli occhi- continuò
con quel suo dannato sguardo inquisitore. Avevo dovuto ammettere a me
stesso
che quella sua occhiata mi aveva sempre incusso timore, soprattutto nei
primi
giorni in cui ero ritornato a Flaritas dopo il mio breve addio a quel
luogo.
-È solo un po’ d’insonnia, Gardon-.
-Provocata da cosa?- Ridacchiai leggermente,
tentando inutilmente di aggiungere un po’ di ironia alla
situazione.
Sulle labbra del koala comparve l’ombra di
un sorriso comprensivo. -So cosa vuol dire trovarsi per la prima volta
in una
situazione scomoda e so che effetti ha. Ma… tu non sembri
stare tanto bene-.
-È che… ho solo bisogno di vederci più
chiaro. L’impero si merita un sovrano degno-.
-Allora è stato più che accontentato- mi
rispose lui, guardandomi fisso dall’alto verso il basso. Ho
sempre ammirato
quell’uomo proprio per la sua capacità di guardare
all’anima, non al rango o al
grado sociale. Poco dopo, riprese a discorrere. -Ma oggi, per qualche
ora,
dovrà farne a meno. Riposati, ragazzo-. Mi stupì.
In tutti quegli anni
non mi aveva mai proposto una cosa del genere. Del tipo…
mai.
-Che razza di re dorme mentre il suo regno
brucia?- risposi sempre provando a ironizzare, e mostrai nuovamente un
sorrisetto.
-Quale regno sopravvive con un re esausto?-
Detto questo era riuscito a zittirmi, come spesso faceva. Non sempre,
ma
spesso.
-Ci penserò su- borbottai, volendo lasciargli
il beneficio del dubbio
sul fatto che io
seguissi il suo consiglio o meno. Lui annuì, si
girò velocemente e si
allontanò. Appena le porte si furono richiuse dietro di lui
sospirai di
sollievo, godendomi la mia solitaria intimità. Sapevo con
certezza che di li a
poco sarebbe andato a vedere come stesse Blaze usando una scusa per far
sembrare il tutto più formale nei suoi confronti e per non
fare la figura del
padre preoccupato. Blaze… dovevo stare attento. Comportarmi
in modo strano con
lei avrebbe significato rischiare di mandare all’aria tutto
quello che avevo
fatto per ricevere la medicina. E lei era dannatamente
brava a capire come mi sentissi. Tuttavia, non avrebbe avuto molti
momenti per
farmi il quarto grado se avesse notato che qualcosa non andava. Da
quando ci
era giunta la notizia che in uno degli ultimi templi non
c’erano stati
superstiti, avevamo cominciato a lavorare fino allo sfinimento. Io mi
potevo ritrovare
a partecipare a più riunioni in una stessa giornata e Blaze
a non assistere a
nessuna di esse, andando a risolvere problemi completamente diversi.
Praticamente riuscivamo ad avere una vera e propria conversazione
soltanto di
sera o a notte fonda, se uno dei due non era già andato a
dormire, sfinito. Tutto
quello che potevamo fare era adeguarci alla nuova routine. Per la prima
volta
in tanti anni, non avevo più il controllo su quello che
potesse succedere. Ero
spaventato. Non avere il controllo su tutto era veramente
terrorizzante. Sapere
di avere sulle spalle la responsabilità di miliardi di vite
era qualcosa che
sarebbe riuscito a frenare nella sua impresa anche i più
impavido dei
guerrieri. Quel giorno avevo molte cose da fare, abbastanza da
permettermi a
mio malgrado di non ascoltare il consiglio del mio braccio destro. Ma
prima mi
sarei concesso qualche minuto per me. C’era una faccenda di
cui mi dovevo
occupare da solo.
***
Giunsi in camera mia in un momento in cui
nessuno era lì presente. Afferrai dalla tasca una delle due
siringhe contenenti
il vaccino di Tails. Prima di andarsene si era ben raccomandato di
usarne
inizialmente solo una e di comunicargli ogni minimo cambiamento che
avrei
presentato, visto il rischio verso cui andavo incontro. La seconda
doveva
servire solo come riserva, in caso gli effetti non si facessero
sentire.
Avrei volentieri lasciato l’operazione a Marine, che forse
possedeva un po’ più
di esperienza rispetto a me in campo medico, ma non credevo che sarebbe
stata molto
d’accordo. Decisi quindi di agire da solo. Tesi
l’avambraccio sinistro e con il
destro mirai per bene nell’incavatura interna del braccio,
per essere sicuro di
colpire la vena. Infilai l’ago nella carne, totalmente
insicuro di essere
riuscito nel mio intento e, dopo aver inspirato profondamente, iniettai
il
liquido, per poi liberare tutto il fiato che avevo trattenuto a causa
della tensione.
Questa comunque non diminuì quando mi accorsi, aspettando
qualche minuto, che
non stava succedendo nulla. Era quella strana sensazione di quando sai
di aver
fatto qualcosa di sbagliato, ma non puoi più tornare
indietro per rimediare.
Ero combattuto tra il desiderio che la medicina funzionasse e la
speranza che
non succedesse nulla di brutto. Avevo comunque paura. Ma la mia
“pausa” era finita.
Avevo molte cose da fare e non potevo ancora fermarmi.
Espio
Una volta che lo stupore generale si fu dissipato, ci
affrettammo ad avviarci verso l’uscio di quella casa. Sapendo
che i nostri
sospetti erano probabilmente corretti, avevamo già elaborato
un piccolo piano
da mettere in atto una volta varcata quella soglia. Vector
suonò il campanello,
da cui partì un’orecchiabile canzoncina che
durò qualche secondo.
"Bizzarro". Aspettammo
un minuto, ma
nessuno si fece avanti per aprirci. Vector si era incrociato le mani
dietro la
testa, mentre Cream muoveva la gamba un po’ in tutte le
direzioni, chiari segni
d’impazienza che li contraddistinguevano. Charmy invece
passò all’azione e si
mise a premere ripetutamente il pulsante. Vector cercò
subito di fermarlo dopo
che l'ape lo aveva premuto già per quattro volte di seguito,
ma fece l’errore di farlo con troppa
violenza: Charmy tolse subito il dito, e Vector andò a
premere lui stesso il
pulsante per l’ennesima volta per sbaglio. Mentre Charmy se
la rideva
soddisfatto, Vector sbuffò di rabbia. Subito dopo, la porta
si aprì.
-Salve, come posso… ragazzi?-
Vector fu il primo ad approcciarsi al nostro
interlocutore. -Ciao Tails-.
-Ragazzi! …Questa proprio non me
l’aspettavo. Come va?- Il tono con cui si rivolgeva a noi era
ambiguo, lasciava
trasparire un po’ di agitazione.
Ma
potevo notare nel suo sguardo una buona dose di stanchezza. Forse era lo
sfinimento che lo
faceva parlare così, ma non erano di certo queste ipotesi
che ci facevano
arrivare alla fine del mese.
-Noi non potremmo stare meglio di così,
vecchio volpone. Tu invece sembri, eh…strano-.
-Ah, ti riferisci a queste?- disse,
indicandosi le borse sotto agli occhi. -È un periodo pieno
per me. Non ne hai
idea-.
Fu con quella frase che cominciò a sorgermi
un dubbio. Ci stava nascondendo qualcosa.
-Ditemi, avete bisogno di qualcosa?-
Vector non aspettò un istante ad esporre i
nostri “motivi non proprio corrispondenti alla
realtà”. -Abbiamo bisogno di
informazioni. Sono successe… cose, in questi giorni, e
pensiamo che tu sia la
persona più adatta con cui parlarne-.
-Che cosa vuoi dire?-
Vector si guardò bene intorno, più per fare
scena che per motivi di sicurezza nazionale e poi gli si
avvicinò, rispondendogli a
voce discretamente bassa. -Eggman-.
La volpe, prevedibilmente, si allarmò in
maniera piuttosto evidente -Entrate dentro-.
***
-Che cosa sta succedendo?- chiese Tails,
muovendo nervosamente entrambe le code.
-Non possiamo dirti troppo per questione di
sicurezza, ma crediamo che Eggman possa avere ripreso la sua vecchia
attività-
spiegò Vector sedendosi sul divano, seguito a ruota da noi
tre.
-Ma… come? Non riesco a capire perché
dovrebbe…- mormorò, prendendosi la testa tra le
mani e sospirando frustrato. -Perché
dev’essere sempre tutto così complicato?-
Charmy gli sorrise rassicurante. -Calma
amico! Non ti ho mai visto con i nervi così a fior di pelle.
Non siamo venuti
qui per farti l’interrogatorio-.
Cream annuì. -Charmy ha ragione. Vogliamo
soltanto che ci aiuti a capire di più sulla faccenda-. Forse
quei due ragazzi
erano la nostra più grande risorsa all’interno del
gruppo. Avevano più o meno
la stessa età di Tails e lo conoscevano da molto tempo. Se
si fidava di noi
sarebbe stato più disponibile a darci informazioni, cosa di
cui avevamo un
disperato bisogno.
-Sì, grazie- si affrettò a rispondere Cream,
seguendo alla perfezione il nostro piano. Dopo che Tails si fu girato
per
dirigersi in cucina, Vector mi lanciò un’occhiata
seria per incitarmi a
muovermi. Mi alzai velocemente ma restando cauto e cercando di non
creare
troppo rumore, e me ne andai dal salotto. Mi sembrava di ricordare che,
anni
prima, Tails ci avesse raccontato della nuova postazione del suo
laboratorio. O
meglio, Tails lo aveva raccontato ad Amy, Amy lo aveva raccontato a
Cream, Cream viveva già da noi, di conseguenza, sentii la
conversazione. È bello avere
una memoria fuori dal normale, certe volte. Comunque,
Tails aveva creato due entrate,
una per l’uso quotidiano e l’altra in caso ci
fossero state delle emergenze.
Appena entrati in casa sua avevo notato una piccola porta in legno non
troppo
grande nascosta tra il muro e le scale, posizionata lì
giusto per non dare
nell’occhio, quindi supposi che quella fosse una delle due
entrate per il
laboratorio. Ma era troppo rischioso provare ad arrivare al mio
obbiettivo da quella
strada, visto che sarei dovuto passare
davanti alla cucina che dava sul salotto, e anche se fossi diventato
invisibile,
Miles avrebbe notato che una porta si apriva giusto giusto davanti ai
suoi
occhi. Quindi decisi di optare per un’altra strada. Mi
diressi a passo felpato in
un corridoio completamente dipinto di una vernice giallo senape, e
sapevo che tra
tutte quelle stanze ce n’era una soltanto di cui mi
importasse in modo
particolare. Cominciai ad aprire tutte le porte che potevo, piuttosto semplice considerando che
erano
praticamente tutte già aperte. Effettivamente era
comprensibile che un single
così impegnato come Tails non avesse voglia di chiudere
sempre a chiave tutte le
camere di casa sua. Arrivai al fondo del corridoio senza aver trovato
nulla. Ma
quando feci per aprire l’ultima delle porte presenti, sentii
il ronzio del
processore di un computer provenire dall’interno della
stanza. "Bingo’’.
Tails
-Quindi, di che genere di informazioni avete
bisogno?- chiesi nervosamente. “Non mostrarti troppo sulle spine”,
continuavo a
ripetermi tra me e me. Ero sicuramente felice di rivedere i miei amici
dopo
tutto quel tempo, ma non era esattamente il periodo più
adatto perché dei
detective irrompessero in casa mia mentre tenevo un siero illegale in
laboratorio e dei fuggitivi dal governo al piano di sopra.
-Vogliamo sapere qualcosa di più su quello che è
successo negli ultimi
tempi qui nei dintorni e su Eggman. Puoi darci qualche aiuto?- disse
poi, dopo
aver fatto un mormorio di apprezzamento per la bevanda appena
ingurgitata.
Scrollai le spalle e mi grattai la nuca con
un gesto irrequieto. -Su Eggman non posso dirvi nulla. Qui in
città ci sono
stati solo piccoli furti e non da parte sua. La cosa più
grave che è avvenuta
ultimamente riguarda l’attività di alcuni piromani
in centro-. Quella frase mi
fece sentire nuovamente il senso di colpa gravarmi nel petto. Ero
convinto che
sarei riuscito ad aiutare Althea in qualche modo. Ero certo, assolutamente certo, che gli Anelli che
le avevo donato l’avrebbero aiutata. Mi sbagliavo. Ero
riuscito a farle
distruggere il tetto di casa mia, che avevo riparato in modo
improvvisato, e
mezza città. Probabilmente in quel momento quella ragazza mi
stava odiando. E
un giorno mi avrebbe odiato anche di più, sapendo quello che
stavo aiutando a
fare a suo padre. Ma non sempre la vita è facile. La mia men
che meno.
-Perché me lo chiedete?- domandai.
-Semplici indagini- mi rispose subito Vector.
-Sai bene dei rapimenti che continuano ad avvenire da diversi anni a
questa
parte. Abbiamo dei clienti a cui hanno rapito mogli, figli, animali da
compagnia…-
-Sì, capisco. Il punto è che non so come
aiutarvi. Ormai è da un po’ che non seguo da
vicino gli avvenimenti riguardanti
questa faccenda, e di solito le aree urbane non ne vengono coinvolte-.
Charmy, forse a scopo consolatorio o più
probabilmente per mettersi in mostra, mi rispose al posto del
coccodrillo. -Non
ti devi preoccupare per questo, Miles. Posso chiamarti Miles?-
-Ma ce…- feci per rispondere, poco prima che
Charmy riprendesse subito a parlare sorseggiando con falsa sicurezza la
sua
bevanda.
-L’ultima cosa che desideriamo è di
incappare improvvisamente in casa tua e metterti a disagio con domande
a cui non
sei in grado di rispondere-. Era ovvio che mi trovavo a mio agio. Io
ero in
casa mia. Potei capire il
perché
degli sguardi straniti dei suoi compagni, e fu proprio osservandoli
tutti
insieme che mi venne un dubbio.
-Ragazzi, ma non eravate in quattro?-
Possibile che fossi talmente rintronato da non notare la scomparsa di
una
persona che fino a pochi istanti prima avevo accolto in casa mia?
Certo,
Espio era una persona silenziosa, in grado di nascondersi alla vista e
molto
cauta, ma non era da me.
-Oh, mi dispiace, mi sono dimenticato di
dirtelo, ha avuto un “momento di crisi”, non so se
mi spiego…- disse abbassando
la voce, quasi come se
pensasse che
potesse apparirgli improvvisamente dietro. Ipotesi plausibile, tra
l’altro.
-Sì… e ricorda ancora dov’è
il bagno?-
-Oh, sai bene che razza di memoria ha Espio. E poi stamattina si
è bevuto un gallone di succo di mela, quindi sai…
quando
scappa, scappa-. Decisi di tralasciare il fatto che un camaleonte aveva
deciso
di utilizzare il mio bagno senza nemmeno chiedermelo e cercai di
concentrarmi
sulle loro domande. Dopo qualche minuto però, il senso di
angoscia cominciò a
crescere. Perché diamine Espio non tornava? Il terrore che
si fosse messo a
curiosare per casa mi pietrificò. Poteva trovare Knuckles e
le altre da un
minuto all’altro, i miei progetti… o peggio.
Poteva trovare lui. Mi alzai
velocemente dal divano, il
cuore che mi batteva all’impazzata per la paura.
-È da un po’ che è via. Vado a
controllare
se sta bene- dissi nervosamente. Cream sussultò e
sembrò tentata di afferrarmi
la mano per fermarmi, ma poi fu trattenuta.
-Va… va bene- balbettò Charmy con un tono
stranamente serio, anche lui sulle spine, posando una mano sul polso
della
coniglia per non farla muovere, un gesto che sembrò placarla
da quello che
voleva fare. Vector annuì con un sorriso leggermente tirato.
Vedere quelle
reazioni meccaniche insieme ai motivi non approfonditi del
perché quei quattro
mi fossero venuti a trovare mi fece capire tutto. Mi diedi una svelta e
mi
misi quasi a correre quando arrivai nel corridoio. Bussai abbastanza
violentemente alla porta del bagno, sperando di sbagliarmi.
-Espio?- Non arrivò alcuna risposta. -Espio!?
Stai bene?- gli chiesi, continuando inutilmente a bussare. Capii che
qualcosa
non andava e decisi di dirigermi immediatamente nella stanza
più delicata della
casa: il laboratorio. Ero talmente agitato che mi misi seriamente a
correre,
facendomi prendere in parte dal panico. Non che non ci fossi abituato,
era già
molto più semplice che dover inseguire Sonic per mezzo mondo
beccandosi
dozzine di proiettili, spuntoni di acciaio e semi-annegamenti
perché non
riuscivo a stargli dietro. Bei tempi. Non appena varcai la porta, non
vidi
nessuno all’interno della stanza, né oggetti in
disordine. Sembrava tutto a
posto. Nella mia testa si faceva largo una sempre maggiore
tranquillità. Tirai
un sospiro di sollievo, ma poi per distrazione colpii una fialetta di
vetro
vuoto che mi ero dimenticato sul tavolo quella stessa mattina facendola
cadere
per terra e spargendo i suoi frammenti tutt’attorno a me.
Facendo attenzione a
non pestarli, mi girai e mi diressi a prendere scopa e paletta per
pulire quel
macello. Poi mi venne un colpo, vedendo chi se la stava silenziosamente
filando
dal laboratorio. -Espio!- Lui irrigidì improvvisamente le
spalle, voltandosi
lentamente verso di me.
-Ehi- mi salutò senza un accenno di
nervosismo. Mi avvicinai pericolosamente a lui, sperando che la mia
statura di
un metro e ottanta mi fosse utile in quell’occasione.
-Che cosa stai facendo?- chiesi in un
ringhio basso. Espio inarcò un sopracciglio e notai un
barlume di sorpresa nel
suo sguardo.
-Ti chiedo scusa, stavo cercando il bagno. È
che la tua casa è così grande che a volte faccio
fatica ad orientarmici,
quindi… eccomi qui-. Dopo
che aveva
detto l’esatta cosa opposta rispetto a ciò che
aveva affermato poco prima
Vector lo squadrai per bene, in cerca di un qualche segno di
irrequietezza, uno
qualsiasi. Ma i suoi occhi non lasciavano trasparire paura. Erano
assolutamente
calmi, freddi. Quindi, pur essendo sicuro che la sua fosse una ridicola
scusa
per provare la mia colpevolezza in qualcosa, allentai la presa per non
rischiare di lasciare io stesso il fianco scoperto.
-Non ti preoccupare. Certe volte mi perdo
anch’io qui dentro. Mi sono agitato un attimo visto che non
avevi dato segni di
vita nella toilette-. Ci fu un attimo di silenzio quasi imbarazzante,
in cui
ognuno cercava le parole giuste da dire guardandosi anche un
po’ intorno, in uno
sciocco tentativo di evitare lo sguardo diretto dell’altro.
-Allora… come ti va la vita?- chiese lui,
prendendo la parola per primo.
-Ah, molto impegnata… è un periodo
intenso…-
-Sì… immagino…- Potei quasi avvertire
dei
grilli che canticchiavano allegri la loro melodia in casa quando il
silenzio
tornò presto a fare da padrone. Espio si sgranchì
la schiena, sempre evitando
accuratamente il mio sguardo e poi cominciò a camminare in
giro quasi a
casaccio.
-Sai, hai un bel laboratorio. È molto più vasto
di quello che abbiamo noi-.
-Voi
avete un laboratorio?-
-Si, Cream ne ha preparato uno. Più che un
laboratorio vero e proprio è la sua stanza piena di provette
e strumenti vari
sparsi a casaccio, ma per gli altri del gruppo ciò
è più che sufficiente per
poterlo chiamare così-. Non mi piaceva la maniera in cui
curiosava cercando in
tutti i modi di non darlo a vedere. Era come se stesse cercando
disperatamente
qualcosa. Solo che lui stesso sembrava confuso su cosa
stesse cercando. Apriva i cassetti cercando di farmi
confondere i suoi intenti con la semplice curiosità. Sapevo
che erano bizzarri,
ma Espio… Comunque sia, cercando di tenere
d’occhio i suoi movimenti,
ripresi a parlare.
-Beh, sono certo che una come Cream sappia
cavarsela benissimo anche con dei mezzi un po’ ristretti. Da
quando ha cominciato
a studiare ha fatto progressi da gigante, ho sentito-.
-Già. Non ci ha messo molto a trovare
lavoro, ma non è andata benissimo…-
-Che vuoi dire?-
-All’inizio ha provato diversi lavori che
concernevano tutti la costruzione e progettazione di giocattoli ed
elettrodomestici. Sembra però che si sentisse un
po’ ristretta in quell’ambito,
quindi Vanilla si è rivolta ad un vecchio
amico che ha raccomandato immediatamente sua figlia. E poi
assunta-.
-Vector?-
-Già. Figurati se si sarebbe permesso di
dire di no a Vanilla-. Espio era sempre stato un bravo interlocutore,
tanto che
era riuscito a farmi prendere dal discorso. Poi vidi che stava
bazzicando con
una provetta molto speciale.
-Non toccarla!-
-Come?- Ma era troppo tardi. La sua mano
aveva appena tirato su la fialetta vuota dal porta-provette che, anche
se lui
non se ne era ancora accorto, era attaccato al tavolo, la cui parte
inferiore
era coperta da uno strato di legno. Pensavo che fosse ben nascosto, ma
evidentemente mi sbagliavo. Espio rimase freddo quando la parete
cominciò a ruotare,
osservandola con calma e con sguardo fisso. Io, invece, provavo la
tipica
sensazione che si prova quando si viene beccati in flagrante a fare
qualcosa di
brutto. Sensazione che, ad essere sinceri venne solo peggiorata dalla
consapevolezza che chi mi aveva scoperto poteva mandare
all’aria tutto il mio
lavoro. E mandarmi in prigione. Ad un certo punto, dopo che
il muro fece un
giro di centottanta gradi, mostrando il lato opposto rispetto
a quello
di prima, capii che la mia volontà di tenerlo segreto era
fallita. Espio alzò
leggermente lo sguardo, pur rimanendo impassibile davanti allo svolgere
degli
eventi. Però, un barlume di stupore scaturì dalla
parola che uscì dalla sua
bocca. -Omega-.
Gli occhi del robot, il quale era agganciato al muro con dei
bracciali di acciaio, si accesero, mostrando una scintilla rosso
acceso, e
cominciarono ad osservare in tutte le direzioni, per poi soffermarsi su
di me e
sul nostro ospite. Anche se appena sveglio, sembrava che riuscisse
ancora ad
analizzare la situazione nel migliore dei modi. Quando si dice
“svegliarsi di
soprassalto”.
-*Soggetto: Espio the Chameleon; Luogo di residenza: Forgotten
Park, periferia estrema di Station Square…*-
-Hai un bel giocattolo qui,
Miles…- disse Espio ironicamente e senza mai distogliere lo
sguardo dalla
macchina senziente davanti a lui.
-*Mestiere: Investigatore/Dipendente
dell’Agenzia investigativa
“C.H.A.O.T.I.X”*. *Attivazione Vocabolario
Informale*: Io mi ricordo di te.- disse Omega riferendosi al mio roseo
“amico”.
-Per
me questo è un onore, E-123 Omega. Ti stavamo cercando-. Da
ciò dedussi che
forse avevano saputo tutto fin dall’inizio.
-Mi stai dicendo che avete sempre saputo
che custodivo Omega? Come…-
-Non da subito. E non sapevamo “chi”. Ma ora
ciò è
irrilevante.- Espio fece qualche passo verso Omega, con delle
intenzioni a me
sconosciute.
-Omega, abbiamo bisogno di te. Ci sono cose che dobbiamo sapere e
che forse solo tu ci puoi spiegare-.
Omega non rispose subito, rimanendo a
fissarlo con attenzione per diversi attimi. -*…Mi dispiace,
ma ciò non è
possibile.*-
-Come?-
-*La mia permanenza qui è Top-Secret e tale deve
rimanere. I testimoni imprevisti vanno obliterati.*- La giornata era
iniziata
male e stava per finire peggio. Dovevo intervenire.
-Omega, NO!-
-*Attivare
“Assetto da Combattimento”*- Omega
spaccò con la sola forza bruta i bracciali
che lo inchiodavano al muro, cadendo con un rumoroso tonfo a terra ma
alzandosi
subito dopo e cominciando a puntare il braccio contro Espio. Il suo
stesso braccio,
pochi istanti dopo, con una velocità sorprendente assunse le
fattezze di un
fucile di grossa taglia, che puntava dritto sul cranio di
Espio…
-Obliterare?-
…che ovviamente non si fece attendere poiché, con
grande agilità, afferrò
quella che sembrava l’elsa di una spada dalla quale, con mia sorpresa, si
formò molto velocemente una lama molto affilata,
completamente dorata, che il
guerriero a sua volta puntava molto vicino al cranio del robot.
-Prima dovresti
aggiornare il tuo vocabolario-. Come potevo facilmente prevedere, dei
passi si
avvicinarono rapidamente alla nostra posizione. La voce di Vector fu la
prima,
tra quelle del gruppo, che si fece sentire.
-Heiheihei, che succede qui-oh
cappio! Sento puzza di rissa!- Il gruppo era leggermente indietreggiato
dopo
aver percepito l’aria tesa che aleggiava in quel momento. Mi
avviai in mezzo a
quei due per far desistere Omega dal suo scopo. -Omega, calmo!
...non è un
nemico.- Lui mi osservò per un secondo, per poi tornare
immediatamente a
puntare l’arma verso Espio. -Omega! Probabilmente
è stato mandato da qualcuno…-
continuavo a parlare, interrompendomi spesso a causa del fiatone e
dell’agitazione generale -…se spari, ci faremo un
nemico…ok?-
Omega aveva lo
sguardo fisso su Espio e non diceva nulla.
-*Affermazione…accettata.*- Abbassò
l’arma e lo stesso fece Espio, facendo girare con
abilità la lama nel palmo
della mano e posizionandola proprio dietro la schiena. A quel punto,
dopo aver
sospirato per il sollievo, feci una proposta.
-Forse, ora dovremmo metterci
seduti e parlare tutti in modo chiaro d’ora in avanti,
così da capire che diavolo. Sta. Succedendo. Ok?- Gli altri
annuirono, mentre Omega, beh… non
faceva nulla. Elaborava?
Cream
La situazione si era decisamente calmata
grazie all’intervento di Tails. Se non fosse stato per lui,
nella migliore
delle ipotesi avremmo potuto perdere un preziosissimo testimone, forse
l’unico
che c’era. Ci trovavamo sempre nel laboratorio, in piedi,
cercando di capire
se, in effetti, tutto quel trambusto fosse effettivamente servito a
qualcosa. Vector,
come sempre, iniziò per primo a fare le domande, anche se in
questo caso
sarebbe stato difficile giocare al poliziotto buono e a quello cattivo
come
facevamo a volte.
-Bene pupone, ora parliamo di cose serie. Abbiamo bisogno di
informazioni su Eggman e forse tu puoi darcele. Te la senti?-
-*Elaborazione
risposta…..*- I suoi occhi, da rosso acceso assunsero una
colorazione verde
brillante per motivi che non sapevamo spiegarci. Tails, con fare
imbarazzato,
intervenne subito.
-Oops. Scusate. Non ho ancora riparato del tutto il
programma che consente le relazioni sociali. Ci metterà un
po’ a rispondere
alle vostre domande-.
Si poteva intuire che sarebbe stato un lungo e difficile
processo di raccolta dati. Dopo un minuto circa di attesa finalmente il
bagliore rosso tornò ad alberare negli occhi
dell’interrogato.
-…..*Si*-.
Rimanemmo tutti in silenzio per qualche secondo poiché
avevamo capito che
sarebbe stato molto
lungo e difficile. Vector riprese alacremente a
fare domande.
-…Quindi… per prima cosa dicci molto chiaramente
perché ti
trovavi nella Foresta di Confine di Green Hill-. Pur mantenendo gli
occhi di
colore rosso, ci mise un po’ a rispondere.
-*…Non lo so…*-
-E…questo non è un bell’inizio,
ma sono ottimista per il seguito-. Charmy, sorprendentemente, volle
approfondire la faccenda.
-Intendi che, pur essendoti svegliato ferito a morte,
non hai la minima idea né del come né del
perché sei finito lì? Come può
essere?- I suoi occhi assunsero nuovamente un colorito verde, facendoci
indietreggiare e sospirare dalla frustrazione, creando un coro
involontario e
desincronizzato di espressioni quali “Oh, ma dai!”,
“Non è possibile!”, e via
dicendo. Finalmente, cambiato nuovamente colore, ottenemmo la nostra
aspirata
risposta.
-…*Non lo so*…- Eravamo piuttosto sconsolati
dall’andamento della
faccenda, e avevamo cominciato a malapena tre minuti prima.
-*…Tuttavia…*- riprese lui, facendoci nuovamente
alzare lo sguardo e rizzare le orecchie. -*…Ricordo
ciò che successe dopo…*- L’interesse
tornò nella stanza, lo si poteva sentire
nell’aria, mentre Vector continuava con le domande.
-Benissimo. Racconta. Nei
dettagli-.
-*I miei sistemi tornarono attivi all’incirca alle 18:12 e
trentotto
secondi.*-*La prima cosa che
ritenni
necessaria attuare immediatamente fu l’analisi
dell’integrità degli stessi.*-*Una volta
terminata, potei notare una lunga serie di malfunzionamenti in grado
di compromettere significativamente la mia
funzionalità.*-*Primo fra tutti il
mio apparato ottico, che dovetti sostituire con quello di riserva a
causa
delle pessime condizioni in cui versava e che lo rendevano
inutilizzabile.*-*Nonostante ciò, sono stato programmato per
eseguire l’autoriparazione
solamente su una parte limitata della mia struttura
complessiva.*-*Avevo
bisogno di aiuto*.-
A quel punto entrai in gioco io. - È
comprensibile, ma
perché proprio Tails? Da quel che ne so, eri in buoni
rapporti con G.U.N. fino
a qualche tempo fa-. -*Affermativo*-*Tuttavia i miei livelli energetici
erano
molto bassi al mio risveglio, rallentando di fatto la mia
avanzata.*-*Quando
arrivai giusto alla periferia, avevano ormai raggiunto livelli
critici*-*La
situazione era classificabile in EMERGENZA.A.A.*-*Inoltre, pur
confermando
la mia passata esperienza con i servizi governativi, era più
che plausibile
aspettarsi che le reclute di grado inferiore non sarebbero state in
grado di
riconoscermi immediatamente e che erroneamente avrebbero potuto
confondermi
per un comune badnik di EGGMAA-AAAN, aprire il fuoco su di me, e
terminare di conseguenza le mie attività
complessive*-
Dopo esserci guardati
tutti a vicenda, mi rivolsi a Tails per sapere questa parte dal suo
punto di
vista. -E qui sei entrato in gioco tu Miles, sbaglio?-
-Non sbagli. In effetti
fui piuttosto sorpreso nell’aprire la porta e trovarmi
proprio Omega davanti,
dopo tutto il tempo in cui non si era fatto vedere-.
-*Gli unici motivi che mi
spingevano a collaborare con la G.U.N. erano la presenza degli altri
membri del Team
Dark, e la spi-spi-spi-spiccata rivalità che questa aveva
con *analisi
obiettivo: Dr Eggman; Mestiere: Ingegn*-*Chiedo venia*-*Una volta che
la
squadra è stata sciolta e l’avvento
dell’apparente calma di Robotnik, non
avevo più alcun vincolo che mi legasse a loro*-
Espio continuò a parlare. -E
quindi te ne sei andato. E cos'hai fatto dopo aver lasciato la G.U.N.?-
Dopo
che Omega si prese una pausa di riflessione, se così si
poteva chiamare,
riprese a raccontarci la sua storia. Trovai però strano che,
nonostante avesse
affermato di non ricordare nulla dopo il suo risveglio, riuscisse a
descriverci
questi particolari.
-*Purtroppo, contrariamente a quanto avviene per gli esseri
composti di materia organica attiva e funzionante, le macchine,
indipendentemente
dal grado di sviluppo e consapevolezza raggiunta dalla loro memoria,
non
possiedono vere e proprie tutele giuridiche, né diritti che
stabiliscano il
loro personale, come voi tendete comunemente a chiamarlo,
“Libero Arbitrio”*-*Il mio corpo e i miei
armamenti, nonché la mia tecnologia in sé ormai
appartenevano per diritto alla G.U.N.*-*Decisi di fuggire dallo
stabilimento
senza destare sospetti ma mio malgrado, Eggman non mi aveva progettato
per
attacchi o azioni furtive.*-*Il mio piano fallì miseramente
e dovetti farmi
strada con le armi.*-*Vi furono molte perdite umane.*-
Charmy, il cui interesse
fu particolarmente stimolato da quell’affermazione,
intervenne subito. -Sì, me
lo ricordo! Avevano dato la notizia al telegiornale di un attacco in
grande stile
alla sede centrale di Station Square, ma avevano parlato di una cella
di
terroristi che erano penetrati all’interno, nulla che potesse
far risalire a
te-.
-*Ammissibile.*...*Il tentativo della G.U.N. di coprire la perdita di
mano
della situazione era più che plausibile.*-
Vector, nei cui occhi potevo
chiaramente capire che ormai cominciava a vedere da lontano la fine di
questa
storia, proseguì con la nostra
“intervista”. -Fantastico. Ora però
dimmi, perché
tutta questa urgenza quando si poteva chiaramente prevedere un periodo
di pace
duraturo?-
-*Conosco il Dottore*-*Finché sarà vivo
creerà problemi*-*E da quando è scomparso, non
sono stati
trovati cadaveri*-*Questo, unito al fattore dell’aumento dei
Badnik in tutte
le zone rurali e/o poco abitate di Mobius, nonché alla sua
aspettativa di vita
media che lui stesso, visto il suo elevatissimo quoziente intellettivo,
potrebbe aumentare, mi permette di calcolare per via statistica una
possibilità
del 75,38% che sia ancora in vita e che stia progettando un
ritorno.*-*Lo
scopo primario del mio programma è la sua eliminazione
totale, pertanto non
potrò fermarmi finché lui
vivrà*-*Motivo per cui mi misi a cercarlo di mia
iniziativa*-*Ma tutto quello che riuscii a trovare nel corso di
più di dieci
anni di costante ricerca furono macchine di rango minore e,
più raramente,
esemplari che come me appartenevano alle classi elitarie, la cosiddetta
“Serie E”.*-*Nulla che, malgrado la mia tecnologia
ormai obsoleta rispetto alle
serie E di ultima generazione potesse crearmi particolari perdite di
tempo.*-*Ma non sono mai riuscito a rintracciare il dottore.*-
-Poi cosa successe?-
*-………….-*
I suoi occhi tornarono verdi. Era peggio di quando Charmy riusciva ad
installarmi dei virus nel computer quando scaricava illegalmente film e
videogiochi. Vector si era ormai rassegnato -Ehi Tails, non voglio
approfittarmene, ma non è che avresti del caffè?
Qui durerà più del previsto…-
Dopo cinque, interminabili minuti nei quali
Tails aveva davvero trovato il tempo di prepararci caffè e
pasticcini, nonché
di iniziare a consumarli allegramente insieme a noi, finalmente
l’APPCRASH di
Omega si interruppe improvvisamente e il robot ricominciò a
parlare, facendoci
sobbalzare dalle sedie disposte velocemente lì per il nostro
breve break e
facendo rovesciare a Vector la sua caldissima bevanda sulle gambe.
Ancora oggi
mi chiedo che cosa avesse da urlare. Ancora oggi mi chiedo che cosa avesse
urlato.
-OH, SANTA PIGNATTA! SI ESTINGUANO I MITOCONDRI! MONDO, DISSOLVITI!- Ci
allontanammo tutti di un metro circa finché, poco dopo, non
si calmò. -Ah,
dolore…Ah…-
Tails rimase stupito da quella reazione forse eccessiva -Fa sempre
così?-
Vector, invece, irritato. -E tu dove lo prepari il caffè, su
un vulcano
attivo?-
-…*Come dicevo*…*Dopo anni di ricerca non andata
a buon fine*…*dopo_dod_dodopo…*-
Quella strana reazione ci turbò tutti, in quella stanza.
-*Ogni volta che provo
ad accedere a questi file informativi, il mio sistema rischia il Crash
immediato*…*Pensavo che Prower sarebbe stato in grado di
riparare questo
difetto*…-
-No, purtroppo. Non è la prima volta che gli accade, e
l’ultima
volta che gli ho fatto la stessa domanda sembrava quasi che dovesse
esplodere da
un momento all’altro. Contavo sul fatto che ciò
fosse dovuto ad un danno della
scheda madre, ma quando l’ho controllata era integra. Non
capisco quale sia il
problema-.
Vector non si arrese dopo tutta quella fatica, e decise di andare in
fondo a quella storia. -Quindi mi stai dicendo che è tutto
quello che ricordi?
Non hai altre immagini, o cose simili?-
-…*Ricerca immagini/filmati*…*Dopo di
ciò, mi risvegliai nel mezzo della foresta di confine di
Green Hill Zone,
accorgendomi di quanto la mia corazza e i miei sistemi complessivi
fossero
danneggiati, e decisi di ricercare aiuto*…-
-No, non le hai…- borbottò Vector
sospirando di frustrazione. Io, tuttavia, avevo già in mente
un piano di
emergenza.
-Credo che sia necessario analizzare direttamente la scheda madre-.
Vector, incuriosito ma stancato dall’interrogatorio, si
rivolse subito a me
dopo che finii di parlare, guardandomi con un solo occhio aperto. -Che
vuoi
dire?-
-Intendo dire che qualcosa deve aver danneggiato i riproduttori visivi
e
sonori interni di Omega, ma ciò non implica che
ciò che stiamo cercando sia
andato perduto. Potrebbe semplicemente essere irriproducibile da
Omega-.
Tails,
sentito il discorso, sembrò essersi ricordato di un
particolare. -Hai ragione.
In effetti, Omega era così danneggiato che l’unica
cosa di cui mi sono occupato
fino ad oggi è stata la riparazione dei suoi apparati
primari, non mi era
nemmeno venuto in mente di controllare i file grafici e
sonori-.
Espio se ne
era rimasto zitto a lungo, ma lì si mise a parlare, giusto
per chiedermi
qualcosa di essenziale. -Puoi farlo, Cream?-
-Credo di sì. Ma ci vorrà un po’.
Tails, ci permetti di rimanere ancora un po’?- Dopo qualche
attimo di silenzio
in cui abbassò la testa, forse in segno di
riflessione…
-Sì, va bene, nessun
problema. Se Eggman centra in tutto questo, allora anch’io mi
trovo in prima
linea. Ditemi tutto ciò di cui avete bisogno per la causa-.
Vector, sollevato
dal nuovo piano, rispose subito al meccanico. -Grazie, amico-.
-Oh mio Dio ragazzi, ancora non ci posso credere! Ci
sono novità, ahah!- rise la volpe. Aveva bisogno di una
vacanza, il più presto possibile.
Vector, quasi di riflesso, reagì immediatamente.
-Avete scoperto qualcosa?!-
-Puoi dirlo che l’abbiamo fatto! Scoperto qualcosa, intendo-.
Finiti i
convenevoli, ci dirigemmo in laboratorio, il posto migliore per Cream
per
lavorare. La visione che ci si parò davanti non ci era per
niente nuova: Cream
con le occhiaie che ci guardava in modo assente, come se per lei
fossimo
trasparenti. Mi sentii in vena di darle una parola di conforto o
quantomeno di
capire in che condizioni si trovava il suo sistema nervoso.
-Heilà Cream… tutto
be…-
-Non dire nulla Charmy, non sono in grado di trattenermi quando ho
sonno,
quindi sta’zitto, va bene?- Era pericoloso stuzzicare,
parlare, guardare o
respirare nei dintorni di Cream quando lavorava notti intere, anche se
si
trattava di essere gentili con lei. Persino Vector ne aveva timore,
anche se,
stavolta, doveva farsi avanti per forza.
-Buone notizie?-
-Più o meno. Se più o
più meno decidete voi-. Ci avvicinammo tutti e quattro al
monitor, ma riuscii
ad intravedere solo uno schermo nero, senza niente a colorarlo. A mio
rischio e
pericolo, avanzai un quesito. -Che…cosa dovremmo
vedere?-
-Solo una
cosa…osservate la data-. Premette un pulsante e notammo che
la data continuava
ad avvicinarsi al quella attuale, avanzando sempre di più.
Mi resi conto poco
dopo che su quell’indicatore erano indicati i secondi, le
ore, i giorni, i
mesi… gli anni che Omega aveva vissuto fino a dieci anni
prima, fino a dove aveva ricordo delle sue ricerche. Eppure, nessuna
immagine.
-Aspetta,
torno indietro di un po’… Guarda meglio, ora-.
Stavolta governò lei la
velocità, premendo diverse volte il pulsante. E in effetti,
vidi uno scatto passare molto brevemente sullo schermo.
-Visto?- disse, piuttosto seria in
viso. Espio era incuriosito dalla faccenda.
-Puoi fermare l’immagine?-
-Sssì… devo solo beccare il momento g…
fatto-. In quel preciso ferma-immagine si poteva chiaramente
distinguere una prateria sovrastata da un
cielo limpido e qualche raro alberello. La data indicava che
l’immagine
risaliva a nove anni e qualche mese prima del preciso istante in cui la
stavamo
osservando. -E questa è solo la prima, ragazzi-.
Ricominciò a premere a
velocità supersonica il dito sul pulsante della tastiera,
quasi come se questo
fosse preda di un tic. Poi lo fermò di nuovo e mise in pausa
la nuova immagine
che venne fuori.-Lustratevi gli occhi-.
Questa volta dallo schermo si poteva
osservare quello che aveva tutte le sembianze di un landa desolata e
ghiacciata, che poteva ricordare luoghi come la Ice Cap Zone o
l’ambiente tipico
di Holoska. Stavolta la data era andata avanti di un paio
d’anni. Cominciavamo
ad avere le idee più chiare. Di nuovo dopo qualche secondo
di attesa, un’altra
immagine, completamente diversa dalle precedenti, si fece avanti nei
nostri
sguardi, e Vector fu il primo a capire di cosa si trattasse. -Luci a
volontà,
insegne bizzarre, forte odore di vite patetiche e di alcool…
Sì, so riconoscere
un casinò quando ne vedo uno. Quella è Carnival
Night, la zona precedentemente
posseduta da Eggman. Una delle sue maggiori fonti di profitto e
guadagno… almeno
finché non è sparito senza lasciare
traccia-.
Ora la faccenda aveva senso. La data
era avanzata poco meno di un anno. -Ora, date un’occhiata
alla prossima-.
L’immagine seguente mostrava una scogliera prospiciente al
mare che si
interrompeva bruscamente e nei cui pochi tratti di terra era ben
visibile
dell’erba ancora verde. La data era di pochi giorni
successivi rispetto alla
precedente. Quelli erano i luoghi che Omega aveva visitato nel corso di
tutto
quel tempo. Le immagini che si susseguirono non fecero altro che
mostrarci
altre zone apparentemente casuali e sparse per tutto il mondo, mai
eccessivamente vicine ai centri abitati maggiori. E in ogni caso,
nessuna tra
queste poteva far pensare che Omega avesse potuto commettere i tipici
“rapimenti di massa” solitamente effettuati dal
Dottore. Ipotesi che ci
allontanava leggermente dal sospetto che fosse stato Robotnik a
provocare
questi problemi di amnesia in Omega. Ma c’erano delle
immagini, due precise
immagini che, al contrario delle altre, si ripetevano ad intervalli
irregolari:
una relativa alla prateria, l’altra alla scogliera che
guardava al mare. Quei
due luoghi dovevano significare qualcosa. Vector cercò
immediatamente di capire
dove potessero trovarsi quelle locazioni.
-Omega, sai dove possono trovarsi questi
posti?-
-*Sono spiacente. Temo che le immagini siano
troppo generali perché il mio database possa riconoscere
degli elementi tipici
di un certo ecosistema*- La risposta fu più che esaustiva.
-*Posso provarci.*-
***
Vector
Finalmente le cose stavano girando nel
verso giusto. Giravano come due ruote. Due ruote spesse, resistenti,
nerissime,
montate su una meravigliosa carrozzeria verde chiaro. Sto parlando
della
macchina. E, ancora meglio, ci stavamo allontanando da Station Square e
dalle
verdi valli insieme ad Omega.
-Splash Hill Zone. Non sono mai stato così
felice di andare in quel posto così bagnato e assolato-.
Sapevo bene che tutti
sarebbero stati d’accordo con me, compreso Charmy.
-Splash Hill? Vuoi dire quella penisola
molto vicina a Green Hill, con la stessa fauna e flora di Green Hill e
leggermente più “bagnata” di Green Hill?
Hai ragione di essere felice:
completamente diversa-.
-Cos’è quest’impertinenza?! Questa zona
è
stata progettata e realizzata artificialmente con dei lavori proprio
per essere
tutto ciò che Green Hill non è mai stata.-
-Priva di pesti blu?-
-Sì. Cioè, no! Moderna!-
-Parli come se “moderno” sia sempre sinonimo
di “migliore”-. Sapevo di dovermi concentrare sulla
strada. Se davvero ogni
volta che Charmy avesse parlato mi fossi fermato derapando, non avrei
più avuto
i soldi per poter corr-*ripagare* le multe che mi facevano. Strinsi con
decisione il volante, sospirando frustrato e lanciando una rapida
occhiata al
robot dallo specchietto retrovisore. Avevamo deciso insieme a Tails,
rimasto in
laboratorio pronto a darci nuove dritte su come proseguire, di portarci
dietro
Omega, l’unico che fosse in grado di ricordare i posti in cui
era stato in
tutti quegli anni. E visto che la sua memoria danneggiata non ci poteva
essere
di alcun aiuto, avevamo ben pensato: perché non portarlo a
spasso per vedere se
riesce a riconoscere almeno uno dei luoghi in cui è passato
durante la sua
scappatella?
-Vector!- mi richiamò Cream, mentre
osservava le reazioni di Omega mano a mano che quest’ultimo
vedeva i paesaggi
scorrergli davanti agli occhi meccanici. Proprio questi infatti si
erano
illuminati di una luce verde accesa. -…*Luogo riconosciuto:
Entrata Labora-aa-*…-
Il corpo di Omega tremò leggermente mano a mano che i
ricordi cominciavano a
riaffiorargli alla mente.
-Ferma la macchina- proruppe Espio. Feci
quanto detto e mi fermai nel primo spiazzo libero di terra che trovai
lontano
dalla strada. Scendemmo tutti e cinque dal veicolo, robot compreso, e
ci
guardammo intorno.
-La scogliera. È quella che abbiamo visto
nelle immagini- disse Cream, incamminandosi verso la sporgenza che
portava sul
mare. La coniglia si fermò qualche centimetro dal suo bordo,
inginocchiandosi e
cercando qualche cosa che ci potesse essere d’aiuto. Omega
nel frattempo
continuava a restare immobile, mentre i suoi circuiti stavano
cominciando a
riconoscere il posto.
-*Corrispondenze tra memoria fotografica e
luogo attuale: 100%...- mormorò lui con il suo vociare
meccanico.
Cream cominciò a sorridere vittoriosa,
battendosi l’indice sul labbro inferiore mentre rifletteva.
-...Bene!- esclamò poi
con gli occhi illuminati dall’entusiasmo. Cosa strana visto
che non aveva
chiuso occhio. -Io resto qui ad analizzare il posto, voi andate alla
ricerca
del luogo che corrisponda all’altra immagine che abbiamo a
disposizione!-
Charmy annuì con il suo stesso entusiasmo,
probabilmente sollevato dal fatto che l’umore di Cream fosse
migliorato
radicalmente. -Si! Sarà un ottima scusa per assaggiare il
polline locale!-
Portammo con noi Ultra-Pattumiera e ci
incamminammo da qualche parte, per cercare in un’area di 25
chilometri quadrati
una singola immagine di un luogo in cui non eravamo praticamente mai
stati.
Beh, forse, finita quella storia mi sarei fatto un bagnetto da qualche
parte,
di nascosto dagli altri.
***
Espio sospirò sonoramente, stirandosi la
schiena. -Qualcosa ti sembra famigliare?- chiese in un mugugno stanco.
Omega mosse un braccio fino a portarselo
sulla testa. Qualche rumore non esattamente rassicurante provenne dal
suo corpo
prima che ci rispondesse. -*Negativo*-
Reclinai all’indietro la testa, lasciando
che la frustrazione mi attraversasse ogni nervo. Ormai era da tutto il
dannatissimo giorno che vagavamo per le colline cercando qualcosa che
lo
facesse ridestare dalla sua crisi d’identità, ma
niente. Assolutamente,
inevitabilmente, pienamente niente. Non un solo posto che Omega
riuscisse a
riconoscere con un meraviglioso 100%.
-*Corrispondenze tra memoria fotografica e
luogo attuale: 63%*- disse il robot. Charmy ridacchiò in un
modo strano, come
se avesse bevuto almeno una decina di calici di birra.
-Non ti ci mettere anche tu ragazzo. Abbiamo
già abbastanza problemi- ringhiai. Sulle labbra di Charmy
comparve un
sorrisetto ebete, mentre con la schiena stava leggermente curvo. Le
pupille gli
si erano dilatate e non riusciva a stare fermo da almeno due ore,
continuando a
volare e disegnando per aria il simbolo dell’infinito.
-Non avremmo dovuto lasciargli assaggiare il
polline da quel fiore. Te lo avevo detto che era troppo strano- si
lamentò
Espio, guardandomi con quell’aria in stile: Te lo avevo detto.
Fui sul punto di ribattere, ma sentii
squillare il cellulare nella tasca del giubbotto di Charmy,
l’unico tra noi che
avesse effettivamente dei vestiti con le tasche. Afferrai
l’ape per una gamba e
lo riportai a terra con uno strattone, tenendolo fermo con la forza e
rubandogli il cellulare.
-Che diavolo fai?- mi chiese con voce
biascicata e molto più roca del solito. Gli lanciai
un’occhiataccia, facendogli
cenno di tacere.
-Ragazzi, dovete tornare subito qui- mi
informò Cream quando risposi alla chiamata, senza neanche un
saluto da parte
sua.
-Ciao anche a te Cream-.
-Vector, è una cosa seria! Abbiamo fatto un
enorme casino. E perché rispondi tu al cellulare di Charmy?-
-Il ragazzo è un po’stordito al momento.
Cos’è successo?-
-Venite subito. Tutti quanti-.
Fortunatamente era riuscita a mettermi in allarme quanto bastava per
farmi dare
una mossa.
-Ok ragazzi, si torna indietro. Espio,
trascina Charmy, con violenza se necessario. Omega, si torna al punto
di
partenza-.
-*Affermativo*.- Cominciammo a sentire il
tipico umore di un reattore che si attiva. Omega accese dei razzi
presenti
sulla sua schiena e partì a grande velocità,
lasciandoci indietro e
parzialmente sbigottiti.
-Non sapevi dei razzi?- mi chiese Espio,
leggermente frustrato.
-Adesso sì-.
***
-Non posso credere di essere stata così
cieca!- gemette Cream, stringendosi la testa tra le mani. Le poggiai
tranquillamente una mano sulla spalla. Eravamo ritornati esattamente da
dove
eravamo partiti da neanche un minuto e già ci stavamo
godendo una delle crisi
di nervi di Cream.
-Forse se ti degnassi di raccontarci cos’è
successo potremmo evitare di osservarti mentre inveisci contro il
cielo-.
La coniglia prese un paio di respiri
profondi, premendosi una mano sul cuore. -Ok. Scusami-. Ma
sembrò di nuovo
andare nel panico quando si accorse delle condizioni di Charmy. -E che
diavolo
è successo a lui invece?-
-Te lo spieghiamo dopo. Ora, dimmi immediatamente
che cosa sta succedendo- ringhiai. Lei sospirò nervosamente.
-Guarda tu stesso. Forza, girati- Ci girammo
tutti all’udire di quel “comando”, senza
notare nulla. Quindi mi rigirai
nuovamente verso di lei.
-Ok, ci siamo girati e non… oh no-. Mi
rigirai nuovamente verso il paesaggio retrostante. E poi di nuovo verso
Cream.
E verso il paesaggio. Detti un ordine rassegnato ad Omega.
-Omega, eseguire corrispondenza.-
-*Affermativo.**Corrispondenza tra memoria
fotografica e luogo attuale: 100%*-
-Lo abbiamo cercato per tutto il giorno… e i
due luoghi erano in realtà lo stesso…?- mormorai
con un filo di voce.
Stemmo tutti zitti per qualche attimo,
mentre Cream si era pestata il palmo della mano sulla fronte e Charmy
sbavava.
Espio sembrava leggermente preoccupato per me. -Conosco quella faccia.
Cosa
vuoi dire?-
-Voglio la pensione anticipata. E un drink
pesante.- Poi mi girai verso Omega, arrabbiato come un caimano.
-Perché non ce l’hai detto prima?!- Gli
occhi di Omega si colorarono di verde, negandomi una risposta. -Sul
serio?!-
Cream cercò di calmarmi, poiché aveva capito che
avevo raggiunto il limite
della sopportazione.
-Allora non si accorgerà se lo trasformerò
in una toilette portatile-. Per i successivi cinque minuti cercarono di
tenermi
fermo come meglio potevano.
***
Cream
-Ok, ecco i fatti: abbiamo perso ore
preziose, nessuno lo ha saputo, Omega non ha caricato la risposta,
Vector si è
calmato e finalmente abbiamo degli indizi utili-.
All’improvviso, gli occhi di
Omega ritornarono rossi.
-*Non mi è stato richiesto di eseguire
alcuna scansione.*-
-Aaaaah, bastardo!- Dopo aver passato un
altro minuto a cercare di calmare Vector, finalmente tornammo a parlare
del
discorso principale. Mi permisi di posare la prima pietra in proposito.
-Bene ragazzi, siamo sopra il luogo chiave
di tutta questa storia. Ora dobbiamo solo capire perché
sia così importante-.
Ci lanciammo a turno un’occhiata
interrogativa. Era più che ovvio che nessuno tra di noi
avesse la più pallida
idea di che cosa fare. Mentre ero assorta nei miei pensieri, sentii un
movimento di circuiti da parte di Omega.
-*Riattivazione memoria non completa. Stima
tempo impiegato per la totale riattivazione: indefinito.-* Grugnii
scocciata.
Non aspettavo altro che Tails facesse il suo lavoro di genio e che
rimettesse a
posto quel dannatissimo robot. Cominciava a darmi seriamente sui nervi.
Ma
Omega non aveva ancora finito.
-Cosa? Quali?- chiesi entusiasta, afferrandolo
per le spalle metalliche. Per un attimo gli occhi di Omega diventarono
verdi,
cosa che mi fece temere in un altro dei suoi momenti di stasi. Per
fortuna,
tornarono praticamente subito del loro colore originario.
-*Nella mia memoria non sono presenti
dettagli significanti riguardo a questo luogo. Ma… ho dei
sospetti su…. il
mare--scogli…*- Un leggero velo di fumo cominciò
a salire vellutato verso il
cielo dalla sua testa.
-Ok, ok. Non ti sforzare troppo signorina-
disse Vector, dandogli una pacca sulla schiena. Mi sporsi verso la
scogliera,
guardando mentre il mare si scagliava su quelli scogli frastagliati.
-Credo che volesse dire che c’è qualcosa che
non va nell’acqua- spiegai pensierosa.
-Non ho intenzione di essere io quello che
andrà là sotto Vector, sia chiaro- intervenne
subito Espio, parandosi le mani
davanti. Schioccai le dita mentre una delle mie solite e geniali idee
mi
affiorava nella mente. Scostai un poco la mia maglia per riuscire a
scoprire la
cintura dei jeans, e da questa estrassi uno dei miei gadget.
-Oh Dio, questa Charmy se la perde- rise
Vector, guardandomi incuriosito. -Sentiamo, cosa sarebbe
quell’affare?-
-Una semplice ed efficientissima
videocamera- dissi con un sorriso soddisfatto sulle labbra, mostrando
ai miei
compagni il mio minuscolo ingegno tecnologico. Espio inarcò
un sopracciglio.
-Che è in grado di volare ed è repellente
all’acqua- aggiunsi. -L’ho costruita dopo aver
avuto quel piccolo diverbio con
Nack nel suo ufficio. Non ho più intenzione di mandare Espio
o chiunque altro
di noi a spiare qualcuno alla cieca senza sapere esattamente su quale
campo di
battaglia stiamo giocando-.
Allungai il braccio nel vuoto e lanciai il
marchingegno abbastanza lontano perché non si scontrasse con
il fondo marino.
-Vector, potresti andare a prendermi un
attimo il mio computer in macchina?- chiesi, estraendo dalla mia
cintura un
piccolo telecomando portatile con cui avrei comandato i movimenti della
telecamera. Dopo
qualche minuto il
coccodrillo tornò con l’oggetto della mia
richiesta.
-Sicura che troveremo qualcosa?- mi domandò
Espio. Accesi il mio portatile, preparando già
l’applicazione con cui avremmo
visto esattamente quello che vedeva il visore del mio gadget.
-Assolutamente no-.
-Cos’è che stiamo cercando esattamente?- mi
domandò Vector con voce roca per la stanchezza.
-Non lo so con certezza. Qualcosa di strano
o sospetto, suppongo-. Affianco a noi nel frattempo, Charmy si stava
riprendendo lentamente dallo strano polline che Vector e Espio mi
avevano
raccontato avesse assunto. Espio gli punzecchiò il fianco
con un piede, in
cerca di una reazione.
-È ora di cena?- mugugnò l’ape con voce
impastata e un rivolo di saliva che gli scendeva dall’angolo
della bocca.
-È proprio fatto- constatò con aria esasperata
il coccodrillo. Feci scendere la nostra videocamera di metro in metro
in
profondità, fino a quando la luce non cominciò a
scarseggiare e non fui
costretta ad attivare la torcia che avevo personalmente incorporato
nella
videocamera. Vector si sporse sopra la mia spalla, aguzzando lo
sguardo.
-Trovato nulla di interessante?-
-Fatta eccezione per i pesci, no-. Per
svariati, interminabili minuti, che poi si trasformarono in ore,
rimanemmo con
le facce incollate allo schermo del computer, cercando invano qualcosa
che ci
potesse essere d’aiuto. Ma fu dopo due esasperanti ore di
ricerca che
finalmente ci furono dei risultati.
-Ehi… ehi guardate lì!- esclamai, puntando
il dito in un punto dello schermo. Espio e Vector accorsero
immediatamente.
Alla destra della telecamera era presente una parete di rocce, e in
questa vi
era infossata una rientranza evidente che si sarebbe quasi potuta
definire una
grotta. Feci dirigere il gadget verso quella scavatura e ve lo feci
slittare
abilmente all’interno. Mano a mano che avanzavamo
nell’oscurità, vedevamo che
quel buio antro si allargava poco a poco, diventando sempre
più ampio e
spazioso, formando una vera e propria caverna. Avanzati di qualche
metro
dall’entrata, trovammo qualcosa che ci fece restare
letteralmente a bocca
aperta.
-Cosa diamine è quella?- boccheggiò Vector,
senza parole. Mi venne spontaneo sorridere..
-Quello che stavamo cercando-. Un’enorme e
larga porta in titanio chiusa si innalzava nel nostro schermo.
-Quella è una porta- mormorò ancora Vector.
Espio annuì, in stasi quanto noi.
-In mezzo al mare- continuò il coccodrillo.
-Stai zitto, Vector- sibilò Espio. -Lasciami
godere un attimo il momento-.
Alzai al cielo gli occhi. -Spiacente Espio,
ma se è la porta che ti entusiasma tanto la devo togliere di
mezzo-.
Feci avvicinare il più possibile la
telecamera alla porta e schiacciai un piccolo pulsante sul telecomando
che la
controllava e da essa uscì un piccolo laser che
cominciò a perforare il metallo
della porta, formando un piccolo cerchio a causa dell’intenso
calore.
Vector mi guardò confuso. -Un laser? Sott’acqua?
Come diavolo hai fatto a…-
-Non sottovalutarmi, Capo. Mai- ghignai. Una
volta che la telecamera ebbe fatto il suo lavoro e che ebbe creato uno
spiraglio per il suo accesso, entrò.
Un installazione subacquea inattiva. Decine
e decine di macchinari rotti e spenti, senza alcuna apparente
utilità, si
espandevano per un’ampia stanza. Computer, apparecchiature,
perfino alcuni
vecchi robot ricoprivano ogni centimetro delle pareti e del pavimento,
donando
al tutto un’aria desolata e abbandonata.
-È… è una base- dissi in un bisbiglio,
incredula. Continuando a vagare per quel luogo deserto riuscii a
trovare
numerosi prototipi arrugginiti e inservibili dei robot con stampato il
tipico
ed egocentrico stemma della faccia di Eggman, vecchi progetti stampati
su fogli
plastificati che l’acqua aveva ormai reso inservibili e vecchi e ammuffiti libri
galleggiavano, praticamente
disintegrati, a qualche centimetro dal pavimento in metallo insieme a
spessi
tomi. Ma del Dottore non c’era alcuna traccia. In tutto quel
macello non c’era
niente che ci suggerisse che quel pazzo fosse stato ancora in
attività o,
addirittura, ancora vivo.
-Qui non c’è nulla-. Avevo controllato tutte
le stanze che c’erano e avevo persino passato un bel
po’ di tempo ad
assicurarmi che non ci fossero passaggi segreti o stanze occultate.
Quell’installazione era stata sicuramente abbandonata a
sé stessa cosa che rendeva plausibile l’ipotesi di
Gibson sulla tendenza di Eggman ad abbandonare periodicamente le sue
basi. Ma
almeno avevamo le basi, che ci assicuravano un coinvolgimento del
dottore in
tutto quello. O meglio… le avremmo avute qualche istante
più tardi, grazie agli
spasmi di cui Omega fu preda.
-Omega, che succede?- Il robot
non rispose
alla mia domanda, anche se i suoi occhi rimasero rossi. Poi mi
colpì in pieno
muso con gli artigli, provocandomi un brutto graffio.
-Dannato!- Charmy, rialzatosi all’improvviso
dopo aver sentito la mia esclamazione di dolore, stette per attaccarlo
frontalmente…
-Charmy, no!- …Quando intervenne Espio,
saltando per primo in testa al robot, il quale continuava a dimenarsi.
-*Ppp.pprototipo…*Dist.st.st.st.
testimoni.*- Vector mi aiutò a rialzarmi e ad allontanarmi
prima che ci
facessimo male. Espio si teneva ben saldo al capo di Omega, facendomi
sospettare che di li a poco glielo glielo avrebbe staccato a mani nude.
Decisi di
intervenire, prima che la nostra unica fonte di informazioni andasse a
farsi benedire.
-Espio, prendi!- Gli lanciai una delle mie
“mini-EMP” che lui afferrò al volo
nonostante la situazione impervia. -Agganciala
alla nuca!-
-La mia!?-
-La sua!- Espio non era un genio
dell’informatica, bisognava aver pazienza. Dopo che Espio la
appoggiò proprio
dietro alla testa della macchina, la piccola bomba aderì
perfettamente.
-Ora scendi subito da lì!- Espio si lasciò
sbalzare via, colpendo il terreno ma rimettendosi subito in piedi,
facendo una
strisciata sul terreno. Omega sembrava aver capito il pericolo, in
quanto attivò
subito le sue mitragliatrici per poi puntarmele contro.
-*P.pp.prrrrgg.
“Perdono”*- Avevo già
preso il comando manuale, e mentre le sue canne da fuoco avevano
cominciato a
girare premetti il pulsante. Da Omega partì una lieve onda
d’urto che smosse
l’erba attorno a lui e lo fece cadere per terra, provocando
un grosso tonfo. La
cosa era strana, per non dire allarmante. Vector mi era rimasto vicino
per
controllare la mia ferita
-Hai un brutto taglio. Bisogna coprirlo
subito- Mi toccai la guancia sinistra, dolorante come tutta la
mascella,
per capire in che condizioni versava, ma Espio cercò di
farmi desistere.
-Non toccarla. Non hai le mani pulite-. Mi
guardai la mano e la vidi tutta sporca di sangue. Charmy, che sembrava
finalmente essersi ripreso completamente, si avvicinò
cautamente al robot,
completamente sedato.
-Che cos'è successo? Perché ha attaccato?-
Espio, come sempre, aveva prestato più attenzione di noi
anche in quela
situazione di emergenza .
-Ha pronunciato diverse parole disconnesse,
del tipo “prototipo” o
“Perdono”. Forse era cosciente mentre ha
attaccato-.
Avevo capito qual'era il problema. Pertanto, mi avvicinai per esporlo.
-No, non erano parole a caso-. Vector,
preoccupato, mi fermò subito.
-Non mi hai sentito? Non muoverti, e tu
Espio, puoi ricucirle la ferita?- Espio aveva già preparato
degli unguenti e stava
tendendo il filo.
-Aspetta un attimo Vector, è importante.
Quelle parole non erano buttate a casaccio, facevano parte di un
discorso. E anche
se lo fossero state, hanno cominciato a venire fuori dopo che Omega ha
visto le
immagini sul computer-. Vector, visibilmente spaventato dal fatto che,
forse,
c’era qualcuno che volesse impedirci di scoprire informazioni
scomode, non poté
che mostrare la sua confusione in merito.
-Quindi? C’è qualcuno che ci vuole morti? Di
nuovo? Eggman?-
-È probabile. Ma non credo che sia stato lui
ad attivare quell’istinto omicida in Omega. Non in questo
esatto momento,
almeno. È come se si fosse attivata una difesa automatica
per impedirgli di
ricordare ciò che aveva visto o fatto in quel periodo di
tempo-. Rimanemmo
tutti muti per qualche secondo, lanciandoci occhiate allarmate. Ognuno
di noi
vagava con la propria mente, in cerca di qualcosa che potesse
tranquillizzarci
per un po’ in attesa di trovare una soluzione, quando in
realtà, più che
tranquillizzarci, il nostro compito era di scovare il colpevole prima
che
questi scovasse noi. E i tempi cominciavano a stringersi. Persino la
tipica
temerarietà di Vector aveva lasciato il posto ad un
po’ di timore.
-Intanto dovremmo cominciare a muoverci e
riportare il ferro vecchio da Tails.
Forse lo hai fritto un po’ troppo, Cream-.
-Nah, è solo svenuto. È vero, ho dovuto
danneggiare certi circuiti, ma quella bomba non è potente
come le EMP normali.
La memoria centrale quindi dovrebbe essere a posto. Nulla che Tails non
possa
riparare. Certo, non ne sarà entusiasta-.
-Chi se ne importa- sbottò Charmy,
afferrando Omega per un braccio e trascinandolo, con immane fatica, fino alla macchina. -Per me
questo rottame ha
già fatto abbastanza-. Espio mi guardò, cercando
di comunicarmi con lo sguardo
che era il momento di curarmi. Mi fece sedere per terra, mentre lui mi
si mise
in ginocchio davanti. Odiavo quegli unguenti.
-Non ti mentirò: la ferita è profonda,
quindi stavolta le cure saranno particolarmente dolorose. Ma poi starai
meglio-.
Si avvicinò e scrutò con più
attenzione il taglio.
-Forse… dopo che lo avremo ripulito per
bene. Ora è troppo pericoloso- borbottai mentre Espio mi
passava la salvietta
impregnata di liquido. Ci eravamo trovati costretti ad implorare
l’aiuto di
Tails, e nonostante tutto ciò che stava facendo per noi, gli
stavamo anche
nascondendo i nostri committenti per paura che si sarebbe tirato
indietro. Non sapevo
gli altri, ma non potevo negare che questo non stava facendo bene alla
mia
coscienza. Avevamo fatto diverse scoperte, ma nulla che potesse rendere
particolarmente contenti i nostri. E tra l’altro, lentamente
mi stavo rendendo
conto che, per ogni passo in avanti che facevamo in
quell’indagine, ci stavamo
creando dei nemici pericolosi. Quel giorno avevamo rischiato la vita.
Certo,
non era raro, ma le cose si stanno facendo più infide,
più imprevedibili. Non
sapevamo ciò che ci attendeva, non potevamo nemmeno
immaginare come le cose avrebbero preso una piega del tutto
inaspettata, con eventi fuori dalla nostra
comprensione da ogni punto di vista. Ma potevamo solo proseguire per
scoprirli.
Eggman
Nella tranquilla penombra della stanza mi
stavo godendo il rilassante massaggio alle tempie che in quel momento
le mani
gelide e metalliche di uno di miei robot mi stava facendo. Sospirai
soddisfatto, affondando la schiena nella mia comoda poltrona. Un altro
dei miei
robot nel frattempo mi stava aggiustando un poco i baffi, dandogli una
leggera sfoltitina. La porta della mia stanza si aprì
improvvisamente.
-Vi ho detto mille volte che non voglio che
nessuno mi interrompa nella mia sacra ora di relax!-sbraitai, alzandomi
in
piedi dando un pugno sul bracciolo della poltrona e voltandomi verso lo
stolto
che aveva osato fare un’eresia del genere. Orbot mi
guardò indifferente, abituato
ad anni e anni di ascessi di rabbia da parte mia.
-Dottore, non per essere inopportuno, ma non
ha avuto alcuna interiezione con nessun essere vivente per
più di vent’anni e
quelle che ha avuto in precedenza sono state esclusivamente con i suoi
arci-nemici.
Non mi sembra il caso di farsi fare una pulizia del viso da alcuni dei
nostri
soldati in un momento come questo-. Incrociai le braccia e mi stirai la
schiena, lanciando un’occhiata scocciata ad Orbot.
-Non dire sciocchezze, Orbot. Mi sto facendo
bello per la mia imminente entrata in scena-. Mi risistemai gli
occhiali sul
naso con un gesto quasi meccanico e congedai i due robot che mi stavano
aiutando nel mio intento di distendere i nervi. Era lecito essere
così
preoccupato in quel periodo. Infondo avevo solo una
possibilità per la riuscita
del piano e questa volta non si poteva tentare la sorte una seconda
volta.
-Come stanno gli Smeraldi del Sol e del
Chaos?- chiesi. Ormai la nostra meta era vicina. Avevamo quasi quasi
rubato
tutte le Pietre con successo e senza troppi intoppi… tranne
per quelle poche
basi che avevamo necessariamente dovuto radere al suolo e per quella
manciatina di cadaveri che abbiamo dovuto forzatamente lasciarci alle
spalle.
-In ottime condizioni, signore. Li abbiamo
messi nelle capsule di contenimento per mantenere stabile il loro
potere ed
evitare che interferissero con i nostri macchinari-.
Annuii sollevato. -E i nostri fiori
all’occhiello?-
-Se parla dei due Progetti “Fedeltà” e
“Neonato”,
bene. Le modifiche che ha richiesto saranno ultimate a breve-
spiegò.
-Bene. Non posso permettere che quello che è
successo con il “Progetto Perdono”, o
“E-123 Omega”, se preferisci, succeda di
nuovo con quei due- ringhiai,
stringendo i pugni con rabbia. Scossi la testa e cercai di rimanere
lucido.
-Orbot, dimmi perché sei qui. Hai qualcosa da dirmi?-
Il robot mi rotolò un po’ più vicino,
guardandomi dalla sua bassa statura. -Sì, Dottore. Le nostre
telecamere hanno
rilevato una tentata intrusione, e…-
-Non continuare. Lo so già-. Dal bracciolo
della poltrona afferrai un piccolo telecomando e ne schiacciai un
pulsante. Gli
schermi dei computer della nostra base si illuminarono improvvisamente,
mostrando una sequenza di immagini registrate rappresentanti una
piccola, quasi
microscopica, telecamera che vagava nelle vastità del mare e
che si infiltrava
tra le rocce.
-È preparato a quanto vedo- si complimentò
Orbot con quel suo solito sorriso. Se sorriso si poteva chiamare, visto
che era
privo di labbra. Feci un cenno con la testa verso i computer.
-Non so a chi appartenga quell’affare, ma
chiunque sia ci sta cercando e si sta avvicinando a noi. Abbiamo fatto
bene a
costruire il nuovo quartier generale così vicino a quello
precedente. È
improbabile che ricontrollino in questa zona-.
-Ma non impossibile- continuò Orbot, dicendo
ad alta voce la mia più grande paura. -Spero che lei sia
consapevole che essere
scoperti ora significherebbe la nostra fine-. E tutto il nervosismo che
avevo
cercato di reprimere per il bene nel mio corpo era finalmente uscito
come una
nuvola di vapore.
-Non
parlare in questa maniera- sibilai in un ringhio. -La
negatività è l’ultima
cosa che ci serve in questo momento. In ogni caso, non hai tutti i
torti. Ma
non ho intenzione di spostare la base adesso che siamo così
vicini alle battute
finali della corsa-. Rivolsi uno sguardo interrogativo ad Orbot,
cercando di calmarmi.
-Dimmi, come stanno le truppe?-
-Dure e determinate come il ferro. Oserei
dire come l’acciaio, in certi casi-.
-Bene. Preparatevi: con il prossimo colpo
prendiamo tutti gli Smeraldi che rimangono. Sarà
l’attacco più massiccio
eseguito fino ad ora… e se non ci riusciamo,
l’ultimo. Non voglio errori, o i
soldati si pentiranno che li abbia anche solo assemblati.
Comunicaglielo, prima
che partano-.
Orbot annuì con fare stranamente sottomesso.
Potevo chiaramente capire che anche lui e probabilmente Cubot fossero
turbati. La mia ultima sconfitta significava anche il loro probabile
spegnimento. -Come
desidera, Dottore-.
“Presto
questo vecchio e debole corpo sarà sostituito da quello di
una divinità. Quando
avrò ottenuto tutti e quattordici gli Smeraldi tutto il
mondo, no, anzi,
l’intero universo verrà identificato sotto
l’etichetta “Eggman Land”. E ci
sarà
un nuovo Dio a comandarlo. Tutto questo, sempre se la profezia
è stata veritiera.
In caso contrario, tutti i nostri sforzi saranno stati inutili. Ma
dobbiamo
tenere acceso il nostro unico barlume di speranza. Non abbiamo altra
scelta’’.
***
Althea
Presi un respiro profondo, raddrizzando le
spalle e guardando con aria convinta la porta della stanza di Dash.
Ormai era
qualche giorno che cercavo di evitarlo disperatamente, ma non potevo
più
rimandare l’inevitabile. Ma che diavolo avrei dovuto dirgli?
Ciao Dash, scusa
se ti ho evitato per tutto il giorno ma volevo chiederti scusa dal
più profondo
del mio cuore per averti carbonizzato mezza gamba?
No, decisamente no. Mi ero anche rinchiusa
come… come un’idiota nella mia stanza per
esercitarmi a chiedergli dannatamente
perdono, ma mi sentivo stranamente in soggezione e in imbarazzo a
doverlo fare
adesso, davanti a lui. Non era esattamente una delle cose che ero
abituata a
fare… di solito, se facevo qualche danno nella mia
dimensione, ci pensava
qualche membro di corte a risarcire personalmente la persona a cui
avevo
bruciato qualche arto o i suoi effetti personali e a chiedergli scusa
da parte
mia. Altro motivo per cui non andavo molto spesso in giro per la
città. Feci
per alzare il braccio e bussare alla porta ma mi bloccai, sentendo un
imbarazzo profondo farsi strada nelle mie vene. Non ci riuscivo. Per
quanto
fosse una faccenda stupida mi vergognavo troppo di quello che avevo
fatto.
Sospirai, riabbassando immediatamente il braccio. “Oh
Dio. Non è possibile, non è possibile! Sei una
regina, datti un
po’di contegno, dannazione. Hai fatto cose più
imbarazzanti.’’ Strinsi i
denti e mi apprestai a bussare per la seconda volta. Prima che mi
riuscissi a
muovere, la porta si aprì violentemente e mi
colpì in faccia con lo spigolo.
Caddi a terra disorientata e mi portai una mano sul volto.
-Lurido pezzo di…- sbraitai, trattenendomi a
stento per il dolore insopportabile che si era sfoderato sul mio naso.
Dash mi guardò stranito. -Althea?- esclamò
confuso, prima di capire cosa fosse successo. -Oddio, come stai?-
chiese,
inginocchiandosi subito davanti a me. -Tutto bene?-
-Sì… abbastanza-. Lasciai la presa che avevo
fatto sul mio naso per alleviare leggermente il dolore e mi premetti
una mano sulla testa.
Dash mi guardò spaventato la faccia. -Oh
no-.
-Che c’è?-
-Niente. Seguimi-. Mi afferrò prontamente
per un polso, aiutandomi ad alzarmi e trascinandomi dietro di
sé. Scendemmo le
scale praticamente saltando direttamente al piano terra.
-Dash? Sei impazzito?!- esclamai quando a
malapena riuscii a mantenere l’equilibrio dopo che ebbe sceso
con un salto gli
ultimi tre scalini. Con un leggero strattone mi costrinse a continuare
la
nostra scarrozzata.
-Mamma?- disse ad alta voce il riccio. Dalla
cucina si sentì un rumore di varie stoviglie che venivano
buttate a mo’ di peso
nel lavandino e dell’acqua che stava scorrendo da
quest’ultimo.
-Oh, tesoro!- esclamò Amy. Lo scroscio
dell’acqua venne interrotto. -Capiti proprio a fagiolo!
Voglio parlarti un
attimo riguardo ad Al…- Quando la riccia rosa apparve oltre
la soglia della
cucina e mi guardò, sul volto le comparve
un’espressione come quella di
qualcuno che viene colto sul fatto, poi sgomenta.
-Oh mio Dio, Dash! Che diamine è successo?!-
strillò, buttando dietro di sé lo strofinaccio
con cui si stava asciugando le
mani poco prima e avvicinandosi a me. Aggrottai le sopracciglia,
chiedendomi se
forse tutti fossero impazziti. Ma mi accorsi solo in quel momento che
qualcosa
mi stava colando abbondantemente dalle narici. Mi tastai allarmata il
labbro
superiore su cui ormai il gusto di quella sostanza si era
già espanso, e
quando la guardai le dita si erano colorate di un rosso scuro. “Oh no.’’
-Le… le ho sbattuto la porta in faccia-
spiegò Dash imbarazzato, abbassando lievemente la testa. Amy
lo guardò
infuriata con un cipiglio severo sul volto.
-Sei forse impazzito?! Ok, capisco che tu
abbia dei motivi per essere nervoso, ma picchiare una ragazza?! Che
razza di
figlio ho cresciuto?!-
-Signora, non è andata cos…-
-Oh, cara, tu siediti e stai tranquilla.
Corro a prendere la cassetta medica-. Poco dopo che si fu allontanata
Dash mi si avvicinò, passandomi uno straccio arrotolato
attorno a del ghiaccio.
-Premilo contro il naso, dovrebbe aiutare-.
-Ti ringrazio. Che ha tua madre oggi?-
-Lascia stare, si agita sempre quando vede
del sangue. Cerca di mantenere la calma, ma tende a cadere ancora
più nel
panico. E smette di ragionare-. Mi lasciai volontariamente scappare una
risatina ironica.
-Va bene, ma la prossima volta che mi
“picchierai brutalmente”, cerca almeno di non
trascinarmi giù per le scale. Potevi
uccidermi davvero-.
-Ops. Pardon, colpa mia-. Ci fu un attimo di
silenzio in cui, come facevamo spesso in quel periodo, facevamo di
tutto per
non guardarci direttamente. Poi lui si fece avanti.
-Beh, allora… uhm… com’è il
tuo mondo?- mi
domandò, grattandosi la nuca con fare imbarazzato. In
effetti c’era un’aria vagamente
tesa all’interno della stanza.
-Pensavo di avertelo già detto-. Lui sorrise
nervosamente, spostando la grattata alla cima del capo.
-Sì, sì. Ma
come lo vedi tu?- Il mio orecchio si contrasse
in uno scatto involontario mentre cercavo di capire perché
gli interessasse
tanto la mia storia. Mi premetti il ghiaccio delicatamente sul naso,
chiudendo
gli occhi e riflettendo.
-Beh… ogni volta che ho la possibilità di
uscire dalle mura, la prima cosa che faccio è andare sulla
collina poco lontana
da casa e allargare le braccia, godendomi appieno il vento e il
panorama che si
vede da lì- sospirai, sentendomi invadere di una strana pace
il petto. -Sai, la
mia città è molto bella vista
dall’alto. Soprattutto quando c’è bel
tempo-.
Dash inarcò un sopracciglio. -In che senso
quando puoi uscire dalle mura?-
Mi irrigidii, capendo che ero riuscita a
fregarmi da sola. -Mura… mura in senso metaforico, mura di
casa. Io ho molti
impegni, i miei hanno molti impegni, sai
com’è…- blaterai, ridacchiando
nervosamente e mordendomi un labbro. Parlai così velocemente
che per un attimo
mi sembrò di essere diventata Emily.
Dash appoggiò la guancia sul palmo della
mano, guardandomi con un sorriso furbetto sulle labbra. -Ma davvero?-
chiese
con un tocco di stuzzicante ironia.
-Inoltre, quando ne abbiamo la possibilità
io e la mia famiglia viaggiamo in città lontane o in altri
continenti. Quando
vivi a lungo in un solo posto è bello cambiare per un
po’ panorama- continuai,
ignorando volutamente i suoi sorrisi che cercavano di provocarmi.
Lui si risistemò sulla sedia, appoggiando i
gomiti sul tavolo e sporgendosi verso di me. -A proposito dei tuoi
genitori, ma
non ti mancano neanche un po’? Dico, non senti la loro
mancanza?-
-No. Sono delle persone violente e
aggressive. Spesso mi maltrattano-.
Il riccio sbarrò gli occhi, perdendo ogni traccia
dell’allegria che aveva prima. -Davvero?-
Feci un sorrisetto ironico. -No. E ad essere
sincera, mi mancano un po’-. Sembrò sollevato
delle mie parole e si rilassò sulla
sedia. Dopo quello, nessuno dei due continuò il discorso.
Nella stanza cominciò
a regnare di nuovo quell’odioso silenzio che compare quando
due persone cercano
di introdurre un discorso ma non sanno come fare. Abbassai lo sguardo e
mi
tolsi il ghiaccio dalla faccia, schiarendomi la voce per quanto nasale
potesse
essere.
-Ehm… Dash… lo so che non centra molto
ma…-
borbottai con la voce che mi era improvvisamente venuta meno. Cominciai
a
tormentarmi inconsapevolmente le mani da sotto il tavolo e sentii un
calore a
me non famigliare sulle guance. Oh cavolo, sarà stato da
almeno dodici anni che
non arrossivo.
-Cosa? Ti maltrattano davvero? È questo che
vuoi dirmi?-
-No!- Presi un bel respiro e lasciai andare
tutto quello che ancora mi tratteneva. -Scusami-.
-…”scusami” per cosa?-
Indurii la mia espressione e lo guardai un po'innervosita. -Per cosa,
secondo te? Per la gamba-.
-Oh, per questa?- disse, quasi si stesse mettendo
a ridere e abbassando la testa. -Te l’ho detto: sono una
roccia! E poi è già
quasi guarita-. Il suo atteggiamento mi risollevò un
po’. Mi voltai di lato, cercando
di coprire il fatto che sul mio viso stava nascendo un lieve sorriso.
Pensavo
che a momenti avrei anche potuto chiudere gli occhi tanto ero
rilassata. Poi
sospirai, riportata alla realtà.
-Ma resta il fatto che ho distrutto parte
della città. Ho ferito molte persone-.
Dash scosse energicamente la testa. -Non sei stata tu. È
stato
quell’essere-. Le sue parole mi stupirono. Davvero non mi
giudicava
responsabile? Riponeva così tanta fiducia in me?
-Quell’essere fa parte di me, Dash. Se io esisto, esiste
anche
lui-. Alzai lo sguardo e vidi che Dash stava praticamente pendendo
dalle mie
labbra. - Ho anche parlato con i tuoi genitori-.
Lui rise soddisfatto. -Oh, lo so- mormorò tra sé.
-Come?-
-Heh... niente. Continua pure-.
Lo guardai con sospetto, ma evitai di chiedergli ulteriori
informazioni a riguardo. -Tuo padre ha discusso riguardo il problema
con il
signor Miles, il quale sostiene che i miei poteri si siano
sentiti… intrappolati,
quando abbiamo provati a tenerli a bada con quegli anelli.
Così, si sono
ribellati. Hanno provato a prendere il controllo su di me, a
controllarmi-
dissi, piena di vergogna per essere così…
diversa. Certe volte avrei voluto
essere un adolescente normale, con i suoi stupidi e insulsi problemi. E
invece
ero sempre accompagnata dalla
preoccupazione
di poter essere la responsabile di un genocidio ogni volta che andavo a
fare
una passeggiata per strada. -Quella cosa… quella
bestia è venuta da dentro di me. Ed è
ancora lì. La sento- sussurrai.
La mano di Dash si poggiò sulla mia. -Bene- disse lui di
rimando, sorridendo dolcemente. -Avere quella cosa dentro non fa di te
un
mostro. Ma sapere quando lasciarla andare; questo è quello
che fa di te una brava
persona-.
Schiusi le labbra per dire qualcosa ma, per
la prima volta, Dash era riuscito a farmi restare senza parole.
Abbassai lo
sguardo e rimasi lì, a boccheggiare come un pesce, cercando
di dire qualcosa
che non suonasse incredibilmente stupido al momento. Poi alzai gli
occhi e gli
sorrisi sinceramente.
-Grazie-.
Amy irruppe improvvisamente nella stanza,
facendoci sobbalzare. -Eccomi qui! Scusa il ritardo Althea, ma non
riuscivo a
trovare la…- La riccia guardò la mano di Dash
ancora poggiata sulla mia con un
misto di confusione e contentezza. Ritirai di scatto il braccio,
sentendomi
nuovamente avvampare pesantemente. Sapevo che probabilmente aveva
frainteso cosa fosse successo, e sapevo anche che prima o poi avrebbe
intavolato il discorso con uno dei
due per cercare di vederci più chiaro nella faccenda.
-…cassetta medica- terminò, con la bocca
praticamente spalancata lei. Sbatté le palpebre un paio di
volte prima di
riscuotersi dalla sua trance e di avvicinarsi a me con in mano del
cotone umido
e un disinfettante.
Mi si fermò davanti e mi ordinò di
reclinare la testa all’indietro per poter controllare i danni
della mia
presunta zuffa con il figlio. Quando fui a testa in giù
riuscii a notare che
Dash mi stava fissando ad occhi socchiusi. Sulle labbra aveva un
sorriso furbo,
divertito, curioso. E lo capii solo in quel momento. Per lui il nostro
gioco
era finito. Avevo smesso di essere solo
una sfida con cui confrontarsi e mi ero elevata ad un altro livello.
Ricambiai
il sorriso con un ghigno altrettanto sbruffone, incrociando le braccia
al
petto. Era come se ci stessimo parlando solo con gli occhi. Ma la
nostra
battaglia era iniziata già molto prima che ce ne
accorgessimo. Tutto stava
cambiando, ogni cosa. Quello che potevamo e non potevamo controllare, tutto.
E non ci sarebbe stato l’eroe a fermare
l’ira del mostro questa volta.
Shadow
Che giornata. Una di quelle che ti tenta di farti
lasciare tutto alle spalle per andare a fare una passeggiata nei
dintorni. D’altro
canto, non avevo più tempo per le passeggiate e avevo troppi
pensieri per la
testa. Soprattutto dopo che mi ero reso conto che ciò che
avevo fatto non era
reversibile. Ero partito con le migliori intenzioni, ma nonostante
tutto
provavo rimorso. Mi chiedo tuttora se, indipendentemente da quanto
onorevole
possa essere un fine, sia normale dopo aver oltrepassato un punto di
non-ritorno comprendere tutte le sfaccettature negative di quel gesto e
concentrarsi solo su quelle. Questi pensieri mi tormentarono
per tutta
giornata. E nonostante questo, mi sembrava tutto nella norma: nessun
effetto collaterale,
nessuna stanchezza o giramento di testa, nulla. Forse tutti gli sforzi
che avevo fatto per riuscire ad ottenere il vaccino erano stati
inutili...
Peggio
ancora, Gardon detesta quando un suo consiglio non viene seguito. Mi
venne in
mente quando vidi l’ormai anziano koala dirigersi verso di me
con uno dei suoi
sorrisetti per l’ennesima volta.
-Allora? Com’è andata la giornata, Shadow?-
mi chiese. -Rilassante?- Mi massaggiai il collo con un movimento stanco
della
mano.
-Ad essere sincero, ho deciso di non
ascoltare il tuo consiglio oggi-. Gardon, sentendo queste parole,
raddrizzò la
schiena con un movimento automatico e ci incrociò dietro le
mani. Nonostante
la sua espressione si fosse indurita notevolmente, non riuscii a capire
se
volesse rimproverarmi o lodarmi per la mia scelta.
Feci un sorriso che forse al momento avrebbe
potuto sembrare come un atto di sfida. -Hai intenzione di farmi la
predica a
riguardo?-
Gardon scosse con un movimento lieve la
testa. -Ciò che penso io non ha importanza. Il re qui sei
tu. Ma per quanto tu
ti stia occupando a meraviglia di un intero regno, di una stupenda
famiglia, di
centinaia di migliaia di persone di cui non hai nemmeno mai visto il
volto né
conosci il nome, continui ad ignorare te stesso. Credi sia giusto?-
Incrociai le braccia e serrai la mascella.
-Hai una considerazione di me più alta di quanto dovresti.
Infondo penso a me
stesso più di quanto tu possa credere-.
Gardon cominciò ad irritarsi. -Allora non è
abbastanza. Ma fai come ritieni opportuno-.
Sospirai, abbassando il capo. Forse Gardon
aveva ragione. In più, avrei potuto afferrare la palla al balzo e approfittare
del suo discorso.
-Ora che mi ci fai pensare, devo andare un attimo nei miei alloggi.
C’è una
cosa che devo controllare-.
Nonostante avessi lo sguardo ancora
abbassato, potei chiaramente percepire il sorriso soddisfatto di
Gardon.
-Suppongo che sia un gradevole inizio. La lascio ai suoi affari,
maestà-.
Quando rialzai la testa per ringraziarlo, Gardon se n’era
già andato. Questo mi
ricordò dei miei anni alla G.U.N., quando mi ritrovavo a
minacciare e a
interrogare uno dei nostri nemici e a sparire un attimo dopo tra le
ombre. “Quindi è questo
l’effetto che fa…’’
***
A volte mi dimenticavo di come fosse difficile
arrivare agli alloggi reali, situati al piano più alto del
castello, senza
svenire dalla stanchezza prima. Mi ero già accorto da tempo
di essere
decisamente fuori allenamento. Una volta terminata l’infinita
salita mi
diressi velocemente verso le mie stanze, notando che ogni volta che
qualche gruppo di
guardie che fino a qualche attimo prima conversavano amabilmente di
chissà
quale scurrile e sciocco argomento, da lontano notavano la mia presenza
improvvisamente si zittivano, mostrandomi il loro rispetto e
fedeltà. Mi
ricordavo la sensazione e ciò che loro stessi durante e dopo
l’orario di lavoro
provavano, e ciò in qualche modo mi faceva sentire ancor
più responsabile della
loro sicurezza. Improvvisamente, la nostalgia cominciò a
pervadermi la mente e
mi fece preoccupare delle condizioni in cui potesse trovarsi in quel
momento
Pal. Una spinta in più a trovare in fretta i colpevoli degli
efferati omicidi avvenuti
nel tempio l’ultima volta. E finalmente, mi trovai davanti
all’elegante uscio
della porta delle stanze reali, decorato di metalli e pietre preziose e
con
incisi dei disegni simbolici… di cui non ricordavo io stesso
il significato
malgrado le varie e noiosissime lezioni che ricevetti dai sermoni reali
poco
prima del mio matrimonio e dopo che Blaze, scavalcando ostacoli
titanici
rappresentati dai membri del Consiglio e dai nobili puri,
riuscì ad elevarmi al
titolo di Duca dei territori adiacenti a Flaritas.
Aprii delicatamente la porta, guardando
attraverso un piccolo spiraglio se Blaze fosse tornata dopo la sua
giornata
lavorativa, cosa probabile visto che era ormai notte inoltrata. Entrai
all’interno della stanza e mi richiusi delicatamente
dietro le spalle la porta, la
quale nel farlo emise un lieve clack. Tesi
i nervi a questo impercettibile rumore. Nel letto a due piazze davanti
a me,
vidi una Blaze addormentata sopra le coperte in posizione fetale, con
ancora i
vestiti da giorno composti da un cappotto lungo viola con i bordi
colorati di un
porpora scuro e da dei pantaloni neri attillati, e le scarpe con il
tacco basso
dello stesso colore dei bordi della giacca addosso. Probabilmente si
era
appisolata per un minuto stendendosi sul letto e non era riuscita a
reggere la
stanchezza. Un piccolo sorriso mi comparve sulle labbra, ma scomparve
subito
quando mi ricordai perché ero tornato nella mia camera. Mi
diressi
immediatamente e nel modo più silenzioso possibile nel
bagno. Accesi la luce e
mi tolsi la giacca, appallottolandola e buttandola sul pavimento in
malo modo
per la fretta. Presi un breve respiro di incoraggiamento e mi guardai
il
braccio su cui mi ero fatto la puntura. Niente. Nessun segno, nessun
livido,
nessun gonfiore, niente. Come se la cosa non fosse mai successa. Per un
attimo
mi chiesi se avessi sbagliato qualcosa nell’iniettarmelo, ma
poi alzai gli
occhi verso lo specchio. La mia faccia. Avevo delle occhiaie che ora
più che
mai spiccavano spaventosamente bene sul mio volto da perenne
venticinquenne e
delle rughe pronunciate che prima non avevo mai visto. Il battito
cardiaco
cominciò a risuonarmi sordo nelle orecchie per tutto il
silenzio che c’era.
Cercai di essere ottimista, di pensare che il tutto fosse dovuto alla
stanchezza. Volevo sinceramente crederlo. Lo speravo perché
quella che temevo
era l'altra ipotesi.
Effetti collaterali.