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Autore: homuraxmadoka    10/08/2015    1 recensioni
Mentre Rizzoli & Isles stanno lavorando ad un caso, una vicenda del passato della detective torna a turbare la sua vita. Tra azione, battute e conflitti interiori sui loro reciproci sentimenti, Jane e Maura dovranno fare i conti con un nuovo personaggio, che si rivelerà essere un vero e proprio mostro. E la posta in gioco stavolta è altissima. Riusciranno le nostre eroine ad uscirne incolumi ancora una volta?
Genere: Azione, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il caso del cadavere dell’acciaieria si stava rivelando molto più lungo e complesso di quanto tutti desiderassero. Era già trascorso qualche giorno dal rinvenimento del corpo di Donald Smith, ma le prove a disposizione della omicidi per poter formulare qualsiasi teoria, erano veramente poche, e gli interrogatori finora sostenuti da Korsak, inconcludenti. Non vi era ancora alcun sospettato. Della vittima si sapeva che era l’amministratore delegato delle acciaierie Fayenord, che il giorno in cui è morto alle cinque del mattino era già sul posto di lavoro, che era precipitato giù dal quarto piano, e che probabilmente era stato percosso prima di morire. Bisognava inoltre considerare la strana scoperta di Maura di quel pezzo di carta cacciato nella trachea: qualsiasi cosa ci fosse stata scritta sopra, sicuramente non era finita lì per una coincidenza. Così, presi dalla smania di risolvere il caso, sia per poter fare giustizia che per arginare le pressioni che Cavanaugh iniziava a fare, data la scarsità dei risultati ottenuti, Jane si accordò con Korsak e Frost per analizzare meglio i dettagli e le dinamiche del caso. Doveva a tutti i costi trovare il colpevole e affidarlo alla legge, ne andava della buona reputazione del suo dipartimento, e vista la permanenza nell’ufficio accanto al suo dell’odiatissimo Brooks, anche della sua reputazione personale. Non poteva assolutamente fallire. La detective quindi, partendo dall’identità della vittima, iniziò a scrivere su una lavagna tante cose senza un significato apparente, quindi chiese a Frost, già pronto nella sua postazione, di scavare nella vita di Smith. Con pochi clic di mouse, Frost riuscì ad esaudire le sue richieste: - Donald Smith, nato ad Austin, in Texas nel 1974. Sposato con Caroline Ross, due figli. Si è trasferito a Boston sei anni fa con la famiglia…. - - Ha una famiglia dunque, ma nessuno ha ancora sporto denuncia per la sua scomparsa… - constatò Jane, tracciando delle frecce per unire le varie parole sparse sulla lavagna. - Era amministratore delegato delle acciaierie, ricopriva una posizione di spicco per la società… Quali erano i suoi rapporti con i superiori e con il resto del personale? - chiese poi rivolta a Korsak che aveva curato i colloqui personalmente. - Il presidente della Fayenord mi è sembrato alquanto sconvolto dalla morte di Smith. Lo considerava un ottimo elemento; un collaboratore promettente e ricco di talento che stava conducendo l’incarico affidatogli nel miglior modo possibile. Inoltre i colleghi ed i subordinati di Smith lo descrivono come una persona in gamba, cordiale e sempre disponibile… Insomma non mi è sembrato che i suoi rapporti interpersonali sul luogo di lavoro fossero tesi o in un qualche modo fonte di attrito tale da giustificare un omicidio! - riassunse il veterano sedendosi sulla scrivania. - Intanto però è morto sul posto di lavoro! Qualcosa quindi non va nel quadro generale che stiamo facendo. O ci deve essere sfuggito qualcosa, o qualcuno sta mentendo…. - valutò attentamente Jane. - La finestra coi vetri rotti del quarto piano era l’ufficio di Smith? - continuò la detective osservando delle fotografie. - Per la verità no, era la finestra di una stanza adibita ad archivio… - spiegò Frost. - E ne avete controllato l’interno? - incalzò la donna. - Certo; si tratta una stanza molto ampia, perimetrata da scaffalature zeppe di faldoni di contabilità… Un luogo piuttosto normale insomma, anche se mi ha colpito la sua posizione: pur possedendo un ingresso indipendente, era comunicante con l’ufficio di Smith e quello della sua segretaria… - - Era arredato? Erano presenti tavoli o non so… sedie? - domandò Jane ricordandosi dei segni di legatura rinvenuti dalla coroner. - Certo! te l’ho detto, era un luogo comunissimo nel quale si consultava contabilità! - - Che informazioni abbiamo sul suo conto? - continuava imperterrita a domandare. - Sophie Grandant, 30 anni, originaria di Plymouth. Laureata in economia alla Boston University. Assistente di Smith da circa due anni… - enumerò Frost e Jane si soffermò dinnanzi alla lavagna, che appariva in quel momento fitta di collegamenti. La studiava a fondo, cercando di trovare un unico filo conduttore che incastrasse tutti gli elementi a loro disposizione e che quasi certamente avrebbe costituito la risoluzione del caso, ma fu improvvisamente interrotta dalla vibrazione del suo cellulare, di cui lesse velocemente il messaggio. - Vado in laboratorio: è pronto il tossicologico… Korsak: convoca in commissariato la moglie di Smith. Dobbiamo informarla dell’accaduto. Frost: tu esamina le riprese delle telecamere poste nei pressi dell’ufficio di Smith, dell’archivio e dell’ufficio della segretaria. Cerchiamo di capire chi era con lui quella notte e cosa è successo! - disse, quindi fece per uscire, ma si arrestò sulla soglia per rivolgersi nuovamente a Korsak: - Convochiamo anche Sophie Grandant ! - e sparì. - Eccomi, allora? Quali novità? - chiese impaziente Jane appena giunse in laboratorio, ma la sua attenzione fu immediatamente attirata da un enorme mazzo di rose rosse, posto sulla scrivania della dottoressa. - Brooks? - chiese infastidita, indicando le rose. - No, Tim! E’ così gentile e carino! - rispose Maura, ammiccando un sorrisino verso il giovane che la guardava sottecchi dall’altro lato laboratorio. - Oh Dio! - esclamò la detective, alzando gli occhi al cielo, ma Maura, seduta al computer per controllare i parametri delle analisi, esordì: - Smith non è stato drogato, ne avvelenato. I valori del tossicologico sono tutti negativi, però… - - Però? - ribadì Jane sulle spine, avvicinandosi. - ….Aveva un tasso alcolemico nel sangue molto elevato e… - - Era ubriaco? - tagliò corto la detective. - Si! - confermò Maura voltandosi a guardarla, e sbadatamente lasciò cadere dei fogli, spargendoli in terra. In quel momento Tim si fiondò a recuperarli attraversando tutto il laboratorio, per porgerglieli infine molto cavallerescamente. Jane osservò perplessa la scena patetica, ma non riusciva a capacitarsi del perché anziché scoraggiarlo, Maura con i suoi comportamenti, gli desse corda. Impiegò soltanto un secondo a decidere che per salvaguardare la sua incolumità mentale era meglio far finta di niente, quindi tornò sul caso: - Non capisco perché per darmi una semplice informazione tu parta ogni volta dagli albori della civiltà umana! - disse indispettita. - La coltivazione della vite si è resa possibile soltanto quando le popolazioni cambiarono il loro stile di vita da nomade a sedentario. Stanziarsi in un solo posto, propiziò la nascita dell’agricoltura e quindi dello sfruttamento per scopi alimentari, di tutti i prodotti da essa derivanti: semi, bacche, frutti… Ciò accadde in Armenia, cuore di quella zona nota come mezzaluna fertile, che scorreva tra i fiumi Tigri ed Eufrate. Tuttavia le prime testimonianze scritte della pratica della vinificazione, si hanno solo nel 2500 a.C ad opera degli egizi… Ma è certamente nel periodo greco-romano che il vino acquistò una notevole importanza come alimento, ma soprattutto per il suo significato simbolico e religioso…. Quindi è tecnicamente scorretto che tu dica che io stia partendo dagli albori della civiltà. Siamo nell’ambito della storia, non della protostoria… - la delucidò con scrupolosa competenza la dottoressa. - Oddio Maura! Sono stati i due minuti più noiosi della mia vita! E non mi sento più serena, dato che tutto questo non c’entra nulla col caso! - sbuffò Jane, appoggiando esasperata la testa sul braccio, che a sua volta era poggiato all’armadio della minuteria di laboratorio. Susie e Tim, che nel frattempo avevano smesso di lavorare per origliare la conversazione surreale delle due, ridacchiavano divertiti. - Va bene, allora qualche informazione pertinente al lavoro la do io a te: Smith era sposato, aveva due figli ma nessuno ha ancora denunciato la sua scomparsa. E’ morto cadendo dalla finestra di un archivio che però comunicava con il suo studio e quello della segretaria. Apparentemente non aveva nemici a lavoro ed era benvoluto da tutti. E noi siamo ancora in alto mare per quanto riguarda questa indagine! - parlò tutto d’un fiato la detective, tentando di focalizzare l’attenzione della dottoressa sul caso. - Wow, tu si che sei pragmatica! - constatò Maura ironica, ed ancora una volta sviò la conversazione: - Jane ma è proprio necessaria la sorveglianza di casa mia? Mi sento una reclusa! - - Maura tu che sei così acculturata ed arguta, spiegami: cosa ti sfugge della parola stalking? Hai capito di esserne vittima? - le si rivolse Jane, preoccupata che l’amica non comprendesse la gravità della situazione. - Ok, va bene, ma mi sento prigioniera in casa mia! - mugolò la dottoressa. - Non mi sembra che finora la sorveglianza di Frankie ti abbia impedito di restare in intimità con Jonathan! - rispose piccata la detective, mostrandosi perfettamente a conoscenza di tutti gli spostamenti della coppia. - Ma cosa c’entra questo, Jane! E poi sappi che non ha mai messo piede in casa mia, non fare mai più allusioni del genere, intesi? - si arrabbiò Maura, stupendosi però che per la prima volta stava dando così tante spiegazioni a qualcuno con tanta apprensione ed affrettandosi a chiarire il malinteso. - Io non posso smettere di far sorvegliare casa tua, non finché ho la certezza che c’è uno psicopatico che ti importuna, là fuori! - concluse Jane con dolcezza, a dispetto del broncio dell’altra. La dottoressa fece per controbattere, ma la sua mente la rimandò a quando Jane fu sequestrata e torturata prima da Hoyt, poi dal panettiere psicopatico e si rese conto che in fondo l’amica stava solo facendo il possibile per evitarle quella brutta esperienza. Realizzando finalmente quanto realmente fosse preoccupata la detective per lei, le si avvicinò e stringendole forte la mano fra le sue le disse: - Hai ragione… Scusami… Ti ringrazio… - Jane la guardò con dolcezza quindi pose la mano sulle sue per rafforzare l’intensità di quel contatto e continuò: - Non voglio che ti capiti nulla di male, tutto qui… - - Non so se esistano davvero, ma sicuramente tu sei il mio angelo custode! - le sussurrò Maura, restando a fissare lo sguardo profondo e volitivo della mora per un tempo che le parve indeterminato. - A proposito: ma perché quello ti fissa sempre? - disse Jane interrompendo l’idillio venutosi a creare. - Chi Tim? - le chiese Maura riprendendosi. - Si, proprio lui! Perché hai accettato le sue rose? Non stai frequentando Brooks? Che sta succedendo? - domandò senza contegno la detective, malcelando l’ansia di avere risposte da parte dell’altra. - Se vuoi vengo anche nella camera degli interrogatori con te, vista la mole di domande che mi stai ponendo! - scherzò la dottoressa, che finalmente le rivelò: - Tim è innamorato di me fin dai tempi dell’università… E’ sempre stato premuroso, gentile, attento nei miei riguardi… Oddio, forse a volte un po’ troppo da rasentare la morbosità… Ma so che è una brava persona… Ha un animo sensibile e se non avessi accettato i suoi fiori, ci sarebbe rimasto molto male. Oltretutto non voglio incrinare i rapporti lavorativi con il mio team… Finché il suo corteggiamento si limita ad un fiore o un cioccolatino ogni tanto, non mi da fastidio. Senza contare che sto frequentando Jonathan, non mi permetterei mai di accettare la corte da parte di un’altra persona! - - Quel coso lì innamorato di te? - - Ehi! Abbi rispetto per gli altri! Mica hanno tutti la fortuna di essere belli sani ed in forma come te! - le strizzò l’occhio la dottoressa. - Suppongo che questa sia una cosa per la quale debba essere grata a mia madre… Ora però non attaccare con la storia dei cromosomi, dei caratteri recessivi e dominanti e degli esperimenti di Mendel sui piselli, per favore! - la prese in giro Jane, ma Maura sgranò gli occhi fissandola, sinceramente stupita nel constatare che la detective conoscesse nozioni così precise di genetica, e se ne compiacque molto. - Cosa guardi, il liceo l’ho frequentato anche io! - scherzò Jane congedandosi. Appena fuori dal laboratorio però, fu assalita da un dubbio: tutta quell’attenzione esagerata di Tim nei riguardi di Maura non le piaceva, e non certo per gelosia: aveva una strana inquietante sensazione, quindi doveva fugare ogni dubbio. - Frankie! Devo chiederti un grosso favore! - affrettò il passo lungo il corridoio quando vide il fratello. In quel momento anche Brooks uscì dal suo ufficio. - Si tratta di Maura, però… Vieni, te lo dico in privato… - disse Jane, prendendolo per un braccio e trascinandolo nel suo ufficio, accortasi che Brooks la fissava con un po’ troppa insistenza.
  
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