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Autore: blackmiranda    11/08/2015    8 recensioni
Cinque mesi dopo la sonora sconfitta, Ade riesce finalmente ad uscire dal fiume infernale in cui Ercole l'ha scaraventato. Purtroppo per lui, i progetti di vendetta dovranno attendere: una nuova minaccia si profila all'orizzonte, preannunciata da una profezia delle Parche, unita a quella che ha tutta l'aria di essere una proposta di matrimonio...
“E' molto semplice, fiorellino. Vedi, sono in giro da un bel po', e, anche a seguito di recenti avvenimenti non molto piacevoli, mi sono ritrovato, come dire, un po' solo. E così ho pensato, ehi, perché non cercare moglie?”
Persefone rimase interdetta. La situazione si faceva sempre più surreale, minuto dopo minuto.
“Tu... vorresti sposarmi?” balbettò incredula.

Questa è la storia di Ade e Persefone, ovvero di un matrimonio complicato. Molto complicato.
Genere: Comico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ade, Ercole, Megara, Persefone
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Told you so




 

La prima persona da cui Persefone corse a parlare del proprio sogno profetico fu sua madre, la quale era alle prese con la colazione alquanto generosa offerta quella mattina dai loro ospiti.

“Mamma, ho bisogno di parlarti!” esordì la fanciulla, andandole vicino. Demetra le lanciò un'occhiata incuriosita, che tuttavia non le impedì di continuare a spalmare il miele sul pane. “Che succede, tesoro?” chiese in tono serafico. Pareva che si stesse abituando a essere mortale, o almeno che avesse superato lo shock iniziale.

Persefone si guardò attorno, abbassando la voce. “Preferirei fossimo noi due sole.”, bisbigliò: nella stanza infatti si stavano raggruppando le altre ex-divinità, chi prima chi dopo, attirate dal profumo del pane appena sfornato e della frutta fresca.

Demetra addentò un grosso pezzo di pane. “Cara, non vedi che sto mangiando? Siediti, fai colazione anche tu...ne parleremo dopo.”

La ragazza le si sedette di fianco, suo malgrado. Non voleva contrariare sua madre.

Demetra le porse una mela, rossa e lucida. “È per caso una cosa che riguarda...Ade?” le chiese, una smorfia disgustata sul volto pasciuto.

“No, lui non c'entra niente.” rispose Persefone, distogliendo lo sguardo. Si rigirò la mela tra le mani, avvertendo lo stomaco stringersi. “È che...ho fatto uno strano sogno, anzi in realtà non credo che fosse un sogno, almeno non del tutto...”

La madre le scoccò un'occhiata confusa. “Cosha?” fece a bocca piena.

Persefone tremò per la frustrazione. “Ho sognato Gaia.” sbottò buttando alle ortiche la privacy. “Mi ha rivelato il modo in cui potremo sconfiggere Urano, e anche che-”

Demetra tossicchiò. “Cosa cosa cosa?” gracchiò, sorbendo un sorso di vino allungato con acqua.

Artemide e Apollo, che stavano bisbigliando tra di loro dall'altra parte del tavolo, si girarono a guardarle.

“Ho. Sognato. Gaia. Mi ha parlato in sogno.” scandì la ragazza, fremente. Più lo diceva più la cosa sembrava ridicola anche alle sue orecchie.

Finalmente sua madre si decise a prestarle attenzione. “Hai sognato Gaia? La grande madre terra Gaia?” le fece, incredula.

“Sì. Mi ha rivelato delle cose estremamente importanti...”

“Perché mai Gaia avrebbe dovuto parlare con te?” la interruppe Demetra, con tutta l'aria di aver appena ricevuto un insulto.

Persefone raddrizzò la schiena. “Non lo so, perché. Ma l'importante non è questo, l'importante che mi ha avvertita di una minaccia incombente e che mi ha rivelato l'esistenza di un'arma che possiamo usare contro Urano.”

Tutta la sala ascoltò in silenzio quelle parole, tanto che la voce di Persefone parve rimbombare tra le mura dipinte.

Demetra aveva la fronte corrugata e fissava la figlia con uno sguardo sospettoso che non le piacque per niente. “Tesoro, sei certa di non aver mangiato pesante, ieri sera?” chiese, e si sentirono Bacco e Apollo ridacchiare sotto i baffi.

Persefone sgranò gli occhi. “Credi che me lo sia inventato? Ho avuto un sogno profetico!” protestò, la voce che aumentava di tono ad ogni parola.

“Cosa ti avrebbe detto, esattamente?” le chiese Apollo, incrociando le braccia, mentre anche Ares e Afrodite facevano la loro comparsa in sala da pranzo.

Persefone incrociò le braccia a sua volta. Non poteva credere che la stessero trattando con sufficienza! Sbuffò rumorosamente. “Mi ha detto che presto arriveranno i Centimani e che dobbiamo andarcene da qui, e che solo grazie alla falce di Crono riusciremo a sconfiggere Urano. E mi ha detto dove possiamo trovarla.”

“E dove sarebbe questa falce?” la incalzò Apollo, mentre gli altri si misero a confabulare tra di loro.

“La falce è...in un posto che mi ha mostrato, al di là del mare. Un promontorio.” rispose Persefone, vaga. Aveva bene in mente il luogo, ma descriverlo ad altri non era propriamente una passeggiata.

“Tutto questo è ridicolo.” sbottò all'improvviso Demetra, alzandosi in piedi.

“Mamma!” protestò Persefone, imitandola. “Sto dicendo la verità!”

Il volto della madre si tinse di rosso. “Perché avrebbe scelto te per rivelazioni così importanti? Perché Gaia, la Terra, avrebbe deciso di parlare con te e non con me? Io non so nulla di queste cose-”

“E quindi me le sarei inventate?! È questo che stai dicendo, che sarei una bugiarda?” urlò Persefone, allargando le braccia in segno di costernazione. “Che motivo avrei per inventarmi delle cose del genere?”

Demetra incrociò le braccia al petto. “Modera i toni con tua madre, signorina!” esclamò. “Non sto certo dicendo che te lo stai inventando di proposito, sto solo dicendo che te lo sei semplicemente...sognato.”

Prima che la ragazza potesse replicare, Zeus, arrivato qualche momento prima, prese la parola: “Qualcuno potrebbe spiegarmi cosa sta succedendo? Mia nipote sta dormendo e voi fate baccano di prima mattina.”

Persefone boccheggiò. “Ho avuto un sogno profetico e nessuno vuole credermi!” si lagnò.

“Ha sognato che Gaia le parlava, ma Zeus, se veramente Gaia avesse voluto parlare con qualcuno, sicuramente avrebbe scelto me!” protestò Demetra a gran voce.

Persefone, indispettita, la guardò in cagnesco.

Zeus corrugò la fronte, mentre Atena gli si affiancava. “Forse dovremo prestarle orecchio.” interloquì l'ex-dea con fare benevolo.

Demetra sbuffò, ma Zeus le fece segno di zittirsi. Sospirando, disse: “E va bene, Persefone. Sentirò quello che hai da dire.”

La ragazza gonfiò il petto, soddisfatta di averla spuntata. In fretta, cercando di non mangiarsi le parole per la troppa foga, raccontò del sogno che aveva fatto e delle cose che Gaia le aveva rivelato. Sua madre ostentò scetticismo per tutto il tempo, ma Persefone fece del suo meglio per ignorarla. Non credeva che nessun altro fosse in grado di farle saltare i nervi come Ade, ma a quanto pareva si sbagliava.

Quando ebbe terminato il suo racconto, le mani puntate sui fianchi, attese che Zeus commentasse. L'ex-dio sembrava sorpreso e allarmato insieme. “I Centimani, dici?” borbottò accarezzandosi la barba.

“Credevo che fossero imprigionati.” interloquì Apollo, che, rifletté Persefone, quella mattina pareva particolarmente in vena di chiacchiere.

“Anche i Titani lo erano, finché qualcuno non li ha liberati.” ringhiò Ares. Persefone non poté fare a meno di guardarsi intorno alla ricerca del suddetto qualcuno, che però non si era ancora fatto vivo.

Meglio così, pensò l'ex-dea, mi avrebbe dato contro anche lui, come minimo.

“Quindi, cosa facciamo?” chiese, senza preoccuparsi di sembrare sfacciata.

“Devo pensarci su.” fu la laconica risposta di Zeus, il quale si sedette prontamente al tavolo della colazione. Gli altri lo imitarono, mentre Demetra voltava le spalle a tutti e usciva dalla stanza.

Persefone squadrò a bocca aperta i suoi connazionali, impegnati ad ingozzarsi come niente fosse. Non poteva credere ai suoi occhi. “Scusate!” esclamò irritata. “Non vorrei suonare scortese, ma vi ho appena detto che stanno arrivando i Centimani e che dobbiamo andarcene, e voi pensate a fare colazione?!”

“Ragazza, abbiamo fame.” le fece Bacco, come se la risposta fosse ovvia. “Inoltre, se davvero stanno arrivando i Centimani, non conosco posto più sicuro della villa di Ercole in cui stare.” aggiunse addentando un pezzo di formaggio.

“Ma...” fu la debole replica di Persefone, a cui nessuno sembrò prestare attenzione. Persino Atena sembrava ignorarla, persa nei suoi pensieri.

“Possibile che nessuno mi creda?!” esclamò la ragazza pestando i piedi per terra.

“Rilassati, fanciulla.” la blandì Zeus, scolandosi un intero calice di vino. “Non è che non ti crediamo, è solo che non vedo perché dovremmo scappare in fretta e furia da un supposto nemico di cui non si hanno notizie certe da millenni...”

“Oh, vuoi dire come Urano?!” sbottò lei, serrando le mani a pugno per la frustrazione.

“Ehi, moderiamo i termini!” fece Apollo in tono di rimprovero. “Stai parlando con Zeus!”

“Sì, e sai cosa me ne frega!” sbottò lei, marciando fuori dalla stanza.

Bacco scosse la testa. “Incredibile, sta diventando insopportabile e arrogante come suo marito.”

 

***

 

Meg bussò alla porta della stanza, reggendo il vassoio della colazione con una mano sola. In tutta risposta, da dietro la porta si sentì tossire insistentemente.

La donna entrò senza tante cerimonie. La stanza sembrava arredata per una veglia funebre: le finestre erano oscurate da lenzuola trasformate in tende improvvisate e l'intero ambiente aveva chissà come acquisito un'aura macabra e soffocante.

Ade giaceva sdraiato a letto, un braccio posato sugli occhi chiusi. Lo scostò quel tanto che bastava per lanciarle un'occhiata.

“Tieni, mangia.” gli fece Meg, disgustata. “Non voglio che tu mi muoia in casa.” Detto questo, posò il vassoio ai piedi del letto.

“Sto malissimo.” biascicò lui tirando su col naso. “Non sono mai stato peggio in tutta la mia vita.”

“Ti sei preso un raffreddore. Non è la fine del mondo.” lo liquidò lei, inforcando la porta.

“Aspetta, Meg! Non lasciarmi solo!” esclamò lui in tono supplichevole, girandosi a guardarla.

Aveva davvero un aspetto orribile, pensò la donna, mantenendo tuttavia un'espressione impassibile. “Non ci penso nemmeno, non voglio mica ammalarmi!” replicò, chiudendosi la porta alle spalle.

“Meg! Torna qui! Sei crudele...” lo udì gridare da dietro l'uscio.

“Sì, beh, ho imparato dal maestro!” gridò lei di rimando, prima di allontanarsi in direzione della propria camera da letto. Era strano a dirsi, dato che in quel momento gli dei non erano più dei, ma Meg sentiva che quello doveva per forza essere un qualche tipo di giustizia divina. Te le meriti tutte, “boss”, pensò sorridendo per la soddisfazione.

Entrata in camera di sua figlia, si sorprese trovando la bambina sveglia e tra le braccia di Hera.

Macaria si sporse verso di lei, allungando le braccia cicciottelle come per toccarla. “Chi è la bambina più bella del mondo?” cantilenava intanto Hera, cullandola dolcemente.

Meg incrociò le braccia, appoggiandosi con un fianco allo stipite della porta. Non voleva interrompere quel momento, ma d'altra parte non riusciva a nascondere il fastidio che le dava vedere sua figlia tra le braccia di quella che era, essenzialmente, un'estranea.

Hera la vide con la coda dell'occhio e le sorrise appena. “È un amore di bimba.” sussurrò, stringendola fermamente tra le braccia magre.

“Ha il carattere di suo padre.” disse Meg, facendo un passo in avanti.

“Se...tu hai altro da fare...posso occuparmene io.” disse Hera speranzosa, ma Macaria si stava dimenando e, Meg lo sapeva bene, non era per niente facile tenere a bada la sua forza sovrumana.

“Non c'è problema.” fece prendendo la figlioletta in braccio. Hera non riuscì a nascondere la smorfia di disappunto che le si dipinse in volto.

Macaria gorgheggiò, felice, le manine che accarezzavano il viso della madre. “Piano, tesoro, piano.” la ammonì Meg, sorridendo.

Hera si costrinse a sorridere. “Sarà meglio che vada a fare colazione.”, si congedò, ed era appena uscita dalla camera che il terreno sotto i loro piedi iniziò a vibrare, prima in modo quasi impercettibile, poi un po' più distintamente. Le due donne si guardarono negli occhi, preoccupate, mentre dalla cucina un paio di servitori lanciarono delle urla mescolate al fragore delle pentole in rame che impattavano con il pavimento.

“Cosa sta succedendo?!” esclamò Hera aggrappandosi allo stipite della porta.

“Un terremoto! Dobbiamo uscire!” gridò Meg, stringendosi la figlia al petto. Le due si precipitarono in giardino, chiamando a gran voce i nomi dei rispettivi mariti.

Ercole arrivò per primo, con Phil alle calcagna, dato che si stavano allenando nella palestra a cielo aperto. “State bene?” chiese loro il giovane, preoccupato.

“Noi sì. Fai uscire tutti di casa, potrebbero crollare dei muri!” ordinò Megara mentre Macaria scoppiava a piangere, confusa e spaventata.

Le vibrazioni non cessavano, anzi sembravano aumentare in violenza in modo costante. Meg avvertì i propri denti battere e rischiò più volte di mordersi la lingua. A stento riuscì a mantenere l'equilibrio.

I servi, i genitori di Ercole e i loro illustri ospiti si riversarono in giardino uno dopo l'altro, schiamazzanti. Hera volò tra le braccia di Zeus, mentre Ercole sosteneva Alcmena per non farla cadere.

“ERCOLE!” udirono improvvisamente urlare quelle che sembravano una miriade di voci all'unisono. “VOGLIAMO ERCOLE!”

“ERCOLE!”

“ERCOLE!”

L'eroe, disorientato, si mosse per andare a vedere di chi si trattasse. Phil lo seguì. “Cosa diamine vogliono, adesso? Maledetti tebani, non hanno davvero il senso delle priorità...” borbottò sculettando per star dietro al suo pupillo.

Un clangore di metallo stritolato li fece sobbalzare. “Questo non era mica il cancello, vero?!” esclamò il satiro, bloccandosi sul posto quando si rese conto di cosa aveva appena abbattuto il cancello principale della villa.

Ercole sgranò gli occhi azzurri: “Cosa sono quelli?!”

Phil deglutì rumorosamente. “Beh, non sono tebani, questo è certo!”

Ercole fischiò per richiamare Pegaso e si udì la voce stridula di Persefone gridare: “Io ve l'avevo detto! Ve l'avevo detto! VE L'AVEVO DETTO!”

 

 






Bentrovate, gentili lettrici. Spero che il capitolo vi sia piaciuto! :D
Volevo ringraziarvi ancora per la gentilezza delle vostre recensioni e per la pazienza che avete avuto. Davvero, siete state meravigliose. 
Avrei aggiornato prima ma purtroppo sembra che il mio ragazzo, i miei amici e la mia famiglia non capiscano il significato della frase: "Non ho voglia, voglio stare a casa a scrivere". Quindi non ho tempo libero anche quando dovrei averne. xD

Un abbraccione grande, e fatemi sapere cosa ne pensate del capitolo! Ricordo che se avete osservazioni la mia porta è sempre aperta. :)

   
 
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