Parigi,
1886. E’ uno di quei giorni
settembrini, soleggiati ma freschi, che ti spinge a vagare per le
strade senza
un particolare motivo. E’ uno di quei giorni che ti fa
vibrare dentro
un’energia euforica ed incomprensibile. E’ uno di
quei giorni che ti fa
compiere qualche pazzia.
Ho
incontrato i suoi occhi a Parigi, 1885,
in uno di quei giorni. Attendo il momento in cui potrò
incontrarli di nuovo.
“-A furia
di recensire positivamente questo
sistema corrotto ed assurdo, pure tu, Kidou, non ti rendi
più conto che l’arte
attuale, quella che continui a difendere strenuamente, è
sfinita e svilente. A
questo mondo esiste un’arte ben più fresca e viva,
figlia del talento e non
delle scuole!-
-Mamoru, non ti smentisci mai… Devi capire che nel mondo
della pittura parigino
regnano il potere e il tradizionalismo. In esso non
c’è posto per la tua
agognata “nuova arte”, per quanto fresca ed
entusiasmante sia.-
-Sì che c’è! E’ nella testa e
nel cuore di coloro che amano davvero
dipingere... Che considerano l’arte il loro scopo di vita, il
loro mostrarsi al
mondo per quello che sono, non per quello che l’Accademia
stabilisce! Sono
sicuro che, in fondo al cuore, anche tu apprezzi sinceramente
l’arte quindi
concedimi tempo, lasciami fare, ti prometto che la nuova arte
nascerà e sarà
uno spettacolo grandioso.-
-…-
-Kidou, so che ora tu non riesci ad accettare le mie parole. Ma un
giorno
vedrai la nuova arte, ti ci troverai faccia a faccia e allora capirai
cosa
intendo. Adieu, monsieur.“
Esco dalla Galerie
Passage (*)
particolarmente indispettito, questa sera. Come noto critico
d’arte ho onorato della
mia presenza una nascente
galleria d’arte nei pressi della capitale, il colloquio
tenuto con il direttore
tuttavia mi ha scosso profondamente. Ho conosciuto Endou ai tempi delle
scuole
medie, poi si è trasferito e da allora abbiamo perso i
contatti… Non mi sarei
mai aspettato di incontrarlo proprio come responsabile di una galleria
d’arte.
– la sua voce, la sua voce
è
indubbiamente la cosa che mi ha più destabilizzato.
Ha sempre
avuto, anche da ragazzo, spiccate capacità oratorie: non
posso
tuttavia lasciarmi incantare dalle sue belle parole e dai suoi occhi
carichi e
vibranti. – c’era dentro
un’energia così
brillante da incutere paura. Sono davvero io, Endou, quello che si
illude? I
miei occhi davvero non sanno brillare così?
“A questo mondo esiste un’arte ben più
fresca e viva, figlia del talento e non
delle scuole!”
Mi stringo al bavero della giacca ed imbocco a passi lesti un viale: si
è
alzato il vento. Le foglie ocra e brune al mio passaggio svolazzano
lievi, le
rondini in cielo compiono la loro danza per salutare il sole che
s’appresta a
scomparire sotto i tetti delle case, all’orizzonte.
Un
mezzo sorriso mi si dipinge sul volto: “Tutte
realtà cicliche, come le
stagioni, eppure fisse, immutabili: c’è solo una
cosa che cambia il mondo, le
idee degli uomini. Tuttavia, Endou, il tuo concetto di arte
rivoluzionaria non
è altro che inadeguata utopia, sfuggente miraggio poetico.
Nulla riuscirà a
scardinare l’alto prestigio della conservatrice arte
accademica di cui io sono
il portavoce, con le mie recensioni permetto solo alle opere giudicate
valide
dalla Accademia delle Belle Arti di acquisire più o meno
valore.”
Il brusio delle strade
attigue si diffonde nell’aria come un canto
improvvisato, un cane al guinzaglio mi passa accanto scodinzolando e un
uomo,
seduto di lato contro il tronco di un albero, mi osserva.
Parigi, 1885: per la
prima volta, in questo luogo e in questo momento, mi
chiedo senza tanti giri di parole, con la meravigliosa
curiosità di un
fanciullo, cosa sia l’arte. Di punto in bianco, senza un
perché motivabile:
Cos’è
l’arte?
Due occhi mi fissano, pietre nere scagliate nel più turchese
degli specchi
d’acqua.
E’
seduto contro un albero, con il busto leggermente chinato in avanti,
sul
grembo tiene una tavola di legno su cui sono appoggiati alcuni fogli
bianchi:
in mano ha un carboncino.
Cos’è
l’arte?
La pelle
è ambrata, i capelli lunghi e biondi, spesse ciocche gli
cadono ai
lati del volto mentre altre sono raccolte in una coda bassa. Indossa
una giacca
rossa con un alto colletto con quale ripara il collo dalla brezza
serale, sotto
porta una maglia scura. Labbra sottili e socchiuse, occhi affilati e
neri neri:
sembrano ambasciatori delle notti più oscure, non
trasmettono calore alcuno.
Sfuggenti e abbrunati, forse, dal carboncino con il quale disegna.
Cos’è
l’arte?
Al
dito non porta la fede e la sua espressione è sporca di una
tristezza
concentratissima… Sembra essersi dato qualche pennellata di
voluttà e pena
negli occhi, forse per sbaglio, chissà. Forse non desiderava
che il suo sguardo
come un turbine di nero fuoco venisse, alfine, così ridotto.
Guardandolo, mi
ritrovo a pensare che l’idea che l’arte accademica
sia così
potente mi tranquillizza. Per quante recensioni critiche possa aver
fatto, per
quanti sogni possa aver spezzato con una sola frase, con una sola
parola – mediocre-, mi sento al sicuro.
Perché,
così facendo, io posso sopravvivere.
Cos’è
l’arte?
Eppure…
Eppure anche questo giovane e sconosciuto cittadino –artista,
“artista” che parola improvvisa
risuona nella mente-
esiste, ora, qui, solo grazie a quel carboncino ed a
quel foglio bianco. Senza di essi, lui non sarebbe.
Cerco i suoi occhi, ma
il biondo sta fissando dietro di me, attraverso me, al
di là di me, un mondo a cui non posso avere accesso: sono
pietre nere scagliate
troppo in là, verso un orizzonte che non percepisco.
L’arte
è vita. L’arte è elevazione.
L’arte è sopravvivenza.
L’arte è fuga.
L’arte
è morte. L’arte è oblio.
Allora,
semplicemente, procedo. Porto avanti
i miei passi, sorpassando un giovane artista che non avrà
mai il consenso
dell’Accademia. L’arte attuale promette
stabilità e sicurezza… I suoi occhi
invece hanno dentro una forza incredibile, che ha del meraviglioso e
che
tuttavia m’intimorisce.
“Un giorno vedrai la nuova arte, ti ci troverai faccia a
faccia e allora
capirai cosa intendo.”
Sbuffo, infilando una mano nella tasca della giacca: “Endou,
sei sempre stato
un grande sognatore, ma devi rassegnarti. L’arte non
è per tutti. – qualunque
cosa sia…”
“Dimmi, artista,
qual’ è la
differenza fra me e te?
…
Semmai il mondo
dell’arte dovesse cambiare, tornerò qui.
Ti troverò ancora disegnare con il carboncino e ti
porrò le mie domande.
Risponderai, allora? Ricambierai il mio sguardo? Mi farai sbirciare
l’orizzonte?”
(*): fittizia galleria
d’arte parigina
Angolo
degli artisti (?)
Bonjour
<3
-un saluto francese era d’obbligo, ihih
Bene, mi sembra di star pubblicando abbastanza in questo
periodo… Sono molto
ispirata bugia la gente mi obbliga a scrivere owo
In realtà è una via di
mezzo: diciamo pure che ho un sacco di idee ma mi serve alle volte un
po’ di
incoraggiamento ^^
Questa fanfic è tutta per _Juddy_, la mia fatina
del cuore: tanti auguri, cara
<3
So che di recente va matta per le Shuuto – pfff, è
sempre andata matta per le Shuuto,
ma in questo periodo è proprio
ammattita, quasi non la riconosco scherzo amoraH –
Per darci un tocco
particolare mi sono ispirata ad un manga uscito quest’estate
che ci ha fatto
fangirleggiare in modo spropositato, “Addio,
Stregone”: spero che il mix che ne
è uscito fuori sia stato apprezzato da tutti!
Mi sono abbastanza attenuta al manga sia per quello che riguarda i
dialoghi fra
i personaggi sia per gli ambienti parigini: è stato senza
dubbio un lavoro
stimolante, sappiatemi dire se vi è piaciuto oppure no!
Au revoir,
Sissy