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Autore: angelodaicapellineri    11/08/2015    0 recensioni
Quante volte abbiamo sentito l'espressione "cuore spezzato"?
Quante volte l'abbiamo usata?
Ma un cuore si spezza davvero o si limita a volatilizzarsi lasciando una grossa voragine?
Qualche parola scritta mentre guardavo attentamente il mio cuore subire uno dei colpi più atroci della sua giovane vita.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CUORE O BUCO NERO? Riflettendoci, non sembra azzeccata la metafora del cuore spezzato. La sensazione è più che altro quella che qualcosa si sia polverizzato al centro del petto. Una specie di vuoto, qualcosa che manca, una voragine che risucchia tutto ciò che c'è nel petto. Un buco nero, in pratica. Ma forse è proprio per questo. Qualcosa che manca non può fare male. Non può continuare a provocare dolore, se essa stessa non c'è. Sarà allora per questo che si dice cuore spezzato. Il cuore continua ad esserci e la ferita pulsa, sanguina, fa male. Forse è proprio questo il problema. Se il cuore sparisse, dopo essersi spezzato, se cessasse semplicemente di battere, di pompare sangue, di esserci, sarebbe diverso. Non vi sarebbe sofferenza alcuna. Ma c'è. E insieme ad esso il dolore. Dolore altalenante nell'intensità ma continuo, persistente, costante. Una volta una persona mi ha detto che siamo umani. Che soffriamo, ma sopravviviamo. E spesso dimostriamo in questo una forza incredibile. Nel sopravvivere al dolore. Che le armi dopo essersi spezzate sono più forti nei punti di giuntura. Ma forse i cuori non sono armi. Forse le armi siamo noi stessi, le nostre persone che si fortificano, ma non i nostri cuori. Impariamo ad affrontare il dolore, ma essi non lo fanno. Continuano a logorarsi lentamente, fino a diventare a pezzi. Senza mai morire. Ma qualcosa c'è, in grado di guarire un cuore?
   
 
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