Fanfic su artisti musicali > 5 Seconds of Summer
Segui la storia  |       
Autore: Lost on Mars    12/08/2015    3 recensioni
SEQUEL DI "INDACO" (http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2746316&i=1), è consigliabile la lettura.
C’è stato un momento in cui Amelia e Ashton sono rimasti intrappolati in una vecchia istantanea in bianco e in nero: nessun colore a determinare la loro gioia, felicità, paura o tristezza. Nedlands sembra aver congelato la loro esistenza, li ha tagliati fuori dal mondo e non c’è stato niente se non pace e tranquillità. Dall’altra parte dello Stato, però, Luke è a piede libero e va cercando la propria vendetta. Responsabilità e pericoli di duplicano e il mondo li poterà a schierarsi: bianco da una parte e nero dall’altra, in perenne lotta tra di loro. Chi vincerà?
Dalla storia:
«Non ho altra scelta. La mia vita e quella di mio figlio contro la felicità della mia famiglia, so benissimo che li farò soffrire, ma se fossi io a morire sarebbe peggio, non credi?»
«Se non fermiamo Luke passeremo la vita a fuggire da lui. Anche se riuscissimo a cavarcela per i prossimi mesi, spostarsi con un bambino sarebbe impossibile.»
«Fermarlo? Ci abbiamo provato e lui è fuggito dal carcere. Non possiamo fermarlo, è inarrestabile.»
«Ma non è immortale.»
Genere: Azione, Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin, Calum Hood, Luke Hemmings, Michael Clifford, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 
18– SENZA USCITA
 
Negli ultimi due mesi erano successe davvero tantissime cose, non riusciva quasi a crederci.
Prima Amelia e Ashton che litigavano, lui che se ne andava di casa e lei che usciva disperatamente a cercarlo. E poi Amelia che incontrava Luke e lui che l’aggrediva, che stava quasi per ucciderla, se non fosse stato per un qualcosa di impercettibile, che gli aveva improvvisamente fatto cambiare idea.
E Michael. Michael che l’aveva portata fuori a cena, facendo finta che fosse tutto normale, che niente di tutto quello esistesse per davvero. Michael che, per una sera, l’aveva fatta sentire normale. Michael che le aveva chiesto di sposarlo.
Valerie guardava l’anello argentato al dito per assicurarsi che non fosse stato solo un sogno. Si sarebbero sposati, e ancora le sembrava incredibile.
Per un attimo, era stata tentata di farlo subito. Di entrare al municipio e di venir sposati in meno di cinque minuti, con i jeans e le scarpe da ginnastica.
Poi aveva deciso di aspettare, aveva deciso di avere speranza e di immaginare che, un domani, quando tutto fosse finalmente finito, avrebbero organizzato una cerimonia meravigliosa, così sfarzosa che tutta la città ne sarebbe venuta a conoscenza, senza doversi nascondere mai più.
Non era molto ottimista, nonostante si sforzasse di esserlo per Michael. Sapeva che se non ci fosse stata lei a dirgli che ce l’avrebbero fatta, lui non sarebbe andato avanti, ma Michael sapeva accorgersi quando Valerie mentiva, di conseguenza non avrebbe potuto andare avanti ancora a lungo.
Si chiese come avrebbero fatto a fermare Luke. Lui non sarebbe mai cambiato. Non si sarebbe mai alzato, una mattina, e deciso di lasciarli in pace.
Improvvisamente, immaginò cosa sarebbe successo se Luke non avesse mai cambiato idea: sarebbero forse scappati per sempre?
Eppure, le sembrava strano, davvero strano. Luke era lì a Sydney, probabilmente sapeva già dove si trovavano, probabilmente gli sarebbe bastato schioccare le dita per farli uccidere. Ma non l’aveva ancora fatto.
Fu proprio quello strano ragionamento che fece pensare a Valerie che, forse, per Luke e per tutti loro ci fosse ancora un piccolo barlume di speranza. Forse, con un po’ d’aiuto, Luke avrebbe potuto trovare un piccolo lume di lucidità. Forse, sarebbe finito tutto bene.
Forse.
Quell’incertezza la uccideva. Era stressante ai massimi livelli vivere sul filo del rasoio. Ogni giorno che si poteva definire normale non cambiava mai, era sempre grigio e si stava sempre sull’attenti. Valerie poteva percepire i nervi di Michael a fior di pelle ogni volta che lo sfiorava. D’altronde, non poteva biasimarlo: lei prendeva la pistola che lui le aveva dato ogni volta che sentiva un rumore provenire dalla porta o da una delle finestre del piccolo appartamento in cui vivevano.
Ashton e Amelia si erano da poco trasferiti in un appartamento in affitto, in una zona abbastanza tranquilla, non molto lontano dal centro. Una volta aveva deciso di andare da loro da sola, così aveva nascosto a pistola nella borsa, che si era tenuta stretta al fianco destro per tutto il tragitto. Fortunatamente era andato tutto bene.
I suoi due amici abitavano nello stesso quartiere in cui viveva la zia di Ashton, la stessa che, dopo la morte dei genitori di quest’ultimo, aveva la custodia dei suoi fratelli più piccoli.
Valerie non ne sapeva molto, ma Amelia le aveva confidato che lui non si sentiva ancora pronto a richiedere legalmente la loro custodia, anche per via dei suoi piccoli precedenti: pur non essendo mai stato colto in flagrante durante le sue missioni, non erano poche le volte che aveva passato una notte in un commissariato per via di piccoli reati.
Se visto dall’esterno, poteva sembrare che andasse tutto bene, che tutto fosse normale.
La storia ordinariamente tranquilla e felice di due coppie, tutti amici tra di loro; una aspettava un bambino e aveva deciso di trasferirsi in una zona tranquilla per poter essere una famiglia; l’altra conviveva serenamente in un’abitazione modesta, senza navigare nell’oro, ma essendo comunque felici, perché arricchiti dall’amore che provavano l’uno per l’altra.
Ma se vissuta, quella era tutta un’altra storia.
Era la storia di quattro fuggitivi, con tanti problemi a gravare sulle spalle e tante complicazioni, con l’unico, grande terrore di fondo che era quello di incontrare fatalmente l’uomo che voleva rovinargli la vita, se non fermarla definitivamente.
E così, Valerie si trovava a pensare, con lo sguardo perso nel vuoto, verso il muro spoglio della loro camera. Aveva appena rifatto il letto, Michael era in cucina a fare colazione. Si domandò se fosse pronta ad affrontare un’altra giornata di costante ansia e paura.
Qualche minuto dopo giunse alla conclusione che non era pronta affatto. Sarebbe sicuramente impazzita, se fosse rimasta ancora tra quelle quattro mura.
Le venne un’idea assurda e pericolosa, un’idea che Michael non avrebbe mai approvato, ma era un’idea che non lo riguardava comunque.
Prese il cellulare e cercò in rubrica quel numero, quel nome che si era promessa di dimenticare, o almeno, di sciogliere da ogni legame affettivo che aveva con esso.
E nonostante tutto, lei lo aveva sempre saputo che era impossibile eliminare ogni traccia di affetto per qualcuno dal proprio cuore.
Anche se quel qualcuno non desiderava altro che la sua morte e quella delle persone che amava.
Anche se quel qualcuno era Luke Hemmings.
Eppure, era li. Con il dito sollevato a pochi centimetri dallo schermo, in direzione perpendicolare a quel nome.
Luke.
Esitò, si fece mille quesiti e non trovò nemmeno mezza risposta.
Alla fine arrivò a pensare che quel gesto non avrebbe potuto fare altro che migliorare la loro situazione. Peggiorare era impossibile, perché il fondo lo avevano già toccato da un pezzo e nessuno li stava aiutando a risalire.
Ma c’era una cosa che Valerie ignorava e che avrebbe invece dovuto tenere in considerazione: ci poteva essere qualcosa oltre il fondo.
Ignara di quel possibile e drastico risvolto, decise di chiamarlo.
 
Era un totale follia, lo sapeva bene.
Prima di uscire aveva detto a Michael che andava a fare un po’ di spesa per il pranzo, lui l’aveva lasciata fare  le aveva sempre raccomandato di portare con sé la pistola.
Valerie l’aveva già messa nella borsa.
Si sentiva quasi sporca, colpevole. Mentire in quel modo alla persona che amava di più al mondo la distruggeva, sapere che gli stava nascondendo qualcosa che avrebbe potuto metterla in pericolo era ancora peggio, ma non poteva farci nulla: quella era una cosa che non lo riguardava. Erano conti in sospeso con qualcun altro.
Aveva scelto con cura il posto dove incontrare Luke. Era stata cauta, aveva evitato zone isolate o particolarmente pericolose, ma anche quelle eccessivamente affollate, dove una persona che spariva non sarebbe stata facilmente notata.
Così, aveva scelto un piccolo bar in una via secondaria del centro della città. Non era trafficata come i corsi principali, ma non mancavano i costanti gruppetti di persone che passeggiavano tranquille.
Il posto era tranquillo e abbastanza frequentato. C’erano dei tavolini fuori, sul marciapiede, e altri all’interno. Scelse di stare dentro.
Luke era stato ad ascoltarla, al telefono. Non che avesse detto molto. Gli aveva solo sussurrato che doveva vederlo per parlargli, gli aveva dato orario e posto e poi l’aveva salutato.
Erano appena le dieci e trenta del mattino di una tenera giornata primaverile. Il sole era mite e tirava una piacevole brezza.
Si era seduta in un posto non troppo appartato, vicino alla finestra e di fronte al bancone, aveva controllato l’orario svariate volte, in preda al nervosismo e poi l’aveva visto varcare la soglia del locale.
Luke era diverso da come lo ricordava.
Il viso luminoso e sorridente era stato sostituito da una maschera grigia e scavata, da occhiaie leggermente evidenti e occhi che avevano perso la luce e il colore di una volta. Sembrava che non sorridesse da molto tempo, e a quel punto si chiese se non fosse più felice mentre fingeva di essere qualcuno che non era. Adesso che era completamente assorbito dal vero se stesso, dalla sua vera vita, sembrava distrutto.
Si accomodò di fronte a lei, rimanendo in silenzio. Proferì parola solo quando un giovane ragazzo si avvicinò a prendere le ordinazioni, lui disse che due caffè andavano bene.
Valerie aveva tantissime cose da dire dentro di sé, ma in quel momento non riuscì a ricordarne nemmeno una. Aveva sentimenti troppo contrastanti, parole che si annullavano a vicenda.
Avrebbe voluto dirgli che le mancava tanto, che rivoleva indietro l’amico del liceo, dell’università, quello che l’aveva sempre sostenuta; dall’altra parte, avrebbe voluto solamente insultarlo, dirgli che non riusciva a credere che le avesse sempre mentito, che era una persona malvagia, che voleva rovinarli solamente perché era invidioso di tutto ciò che lui non aveva e che, forse, non aveva mai avuto in vita sua.
Alla fine, fu Luke a spezzare il silenzio.
«Avevo intenzione di non presentarmi» disse. «Ho creduto che fosse una trappola fino all’ultimo momento.»
«È comprensibile» rispose lei.
«Di cosa volevi parlarmi?» chiese. Andò dritto al punto. Conoscendo Valerie, avrebbe provato con tutte le sue forze a farlo ragionare sulle sue azioni, a dirgli che non ne valeva la pena, che avrebbe dovuto smetterla. Lei lo faceva sempre, cercava di vedere il buono in tutti.
«In realtà, ora come ora non so da dove cominciare. Ti direi che vorrei tornare ad un anno fa, ma allo stesso tempo non sono sicura che sia una buona idea» rispose Valerie.
«Ti piacevo di più quando ero un semplice studente imbranato, non è così?» Luke sogghignò.
«Non capisco perché ci stai facendo questo.»
«Mi avete rovinato la vita. Sbaglio, o sei stata tu a denunciarmi?»
«Speravo potessi cambiare!» esclamò Valerie. «Loro… avevano paura di te, volevano tenerti fuori gioco e salvarsi. Ma io, Luke, in te ho sempre visto qualcosa… io credevo che avresti riflettuto e avresti scelto di vivere un’altra vita.»
«Io vivo di vendette. È così che funziona nel mio mondo. Se fai qualcosa di sbagliato, se danneggi qualcuno, ne paghi le conseguenze» asserì Luke.
«Forse saremo anche colpevoli di qualcosa, ma non credi di averci fatto pagare abbastanza?» domandò la ragazza. «Amelia aspetta un bambino e se non fosse per lui avrebbe già fatto qualche cavolata, Ashton è sull’orlo di un esaurimento nervoso, Michael è paranoico, io sto rischiando la mia vita in questo momento. Noi non stiamo bene, c’è il costante pensiero di te che puoi farci del male, fuggiamo sempre, evitiamo tutto e tutti. Ci riesce persino difficile uscire per strada, perché abbiamo che tu possa saltare fuori da un momento all’altro e ammazzarci. Tu non la vorresti una vita così.»
«Questo perché tu non sai com’è la mia vita!» esclamò Luke, forse a voce un po’ troppo alta, perché un paio di persone si girarono, ma poi tutto tornò alla normalità. «È meglio uscire da qui.»
«No.» Valerie lo trattenne con una mano, facendolo rimanere seduto. «Non so com’è la tua vita, hai ragione. Ma perché devi rendere la mia un inferno? Ti sto chiedendo civilmente di ragionare. Pensaci, se morissimo le cose cambierebbero? Forse per un momento, per un effimero momento, saresti soddisfatto e orgoglioso di te stesso. Sarai riuscito a raggiungere il tuo obiettivo, ma dopo? Dopo tornerà tutto come prima.»
Luke non disse nulla, a quel punto, ma Valerie colse uno scintilla d’esitazione nel suo sguardo. Avrebbe voluto fare qualcosa, ma era rimasto immobile. Forse avrebbe voluto dire qualcosa, ma non aveva aperto bocca.
«Val, io…» sospirò il ragazzo. E quelle due parole la fecero sobbalzare dalla sorpresa, l’ultima volta che le si era rivolto in quel modo, erano ancora amici. «In questo momento, la mia unica scelta è questa. Non posso vivere una vita onesta, non posso viverne una peggiore.»
«Perché?» chiese lei.
«Non posso dirtelo.»
«Non puoi dirmelo o non sai dirmelo?»
«Sapevo che non dovevo venire. Tu lo fai sempre, cerchi sempre di incasinare il cervello delle persone, è la stessa cosa che hai fatto con Mike, non è vero?»
«Stai vaneggiando, Luke. Ti prego, pensa a quello che ti ho detto. Pensaci e dimmi se non ho ragione.»
«No, non hai ragione» disse lui, guardandola negli occhi con uno sguardo gelido, ma allo stesso tempo pieno di umanità. «Non posso lasciarvi in pace. Voi siete l’unico obiettivo che mi tiene legato a questo mondo e a questa vita.»
Valerie rimase pietrificata. Spalancò gli occhi verdi, continuò a guardare quelli di Luke finché non si alzò di scatto, lasciando una banconota da cinque dollari sul tavolino di plastica. Lei non ebbe il coraggio di seguirlo con lo sguardo mentre usciva dal locale e chiudeva con forza la porta.
Rimase seduta sulla sedia nera di plastica, con le pupille intente a fissare il nulla, mentre le parole di quello che una volta era il suo migliore amico echeggiavano violentemente tra le pareti della sua mente.
Era possibile che una persona arrivasse a distruggersi a tal punto che la morte di altri rappresentasse la sua unica ragione di vita?
Era possibile che Luke non avesse altri scopi, che fosse la sua vita l’avesse prosciugato così tanto?

 

Marianne's corner
Lo so che non aggiorno tipo da sempre. E lo so che me lo merito se mi avete abbandonata, MA c'è una ragione a tutto u.u sono appena tornata da una "vacanza" un po' inaspettata ^^ una mia amica ha casa al mare e mi ha invitato da lei, in quattro e quattro otto ho fatto i bagagli e sono partita. Lì non avevo il pc, ma anche se lo avessi avuto non avrei scritto lol. E niente. Spero davvero di riuscire a concludere questa storia prima dell'inizio della scuola, anche se con questi miei ritmi da bradipo la vedo una cosa molto difficile. Dovendo affrontare la maturità, l'anno prossimo, non voglio fare stronzate e cominciare ad andare bene sin dal primo quadrimestre, quindi vorrei finire Black and White e dedicare più tempo alla scuola che ad altro D: Ora a ferragosto vado un paio di giorni fuori, ma per il 18 dovrei stare a casa u.u
Grazie mille a chi continua a leggere o a recensire! Ricordate che se volete lasciarmi anche un piccolo parere, io non mordo ^^
Un bacione,
Marianne


PS: LA 6X10 DI PLL. SO CHE VOI MI CAPITE. SO CHE VOI COMPRENDETE IL MIO SHOCK. E so anche che ci avevo preso, ma poi mi sono detta che sembrava una cosa assurda e ho lasciato perdere le mie convinzioni. VI PREGO DITEMI CHE SIETE SCONVOLTE QUANTO ME!  
   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > 5 Seconds of Summer / Vai alla pagina dell'autore: Lost on Mars