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Autore: MardukAmmon    12/08/2015    2 recensioni
"Ahriman così, sporco dalla barba fino ai piedi di sangue umano, uscì fuori, presentandosi al suo popolo come un orso, che con la preda tra le fauci si esibisce davanti alla sua prole.
Alzò la lancia al cielo e disse: Non esiste Deywos , ne Dei del cielo, che può avvicinarsi alla mia potenza, non esiste forza che non può incarnarsi in me."
Queste furono le parole dette dal Re senza scettro, signore della pianura solcata dai tre fiumi. Il suo sangue era nobile, ma non il suo animo, che ambizioso e scellerato lo portò a mettere in ginocchio la terra dove lui stesso nacque, soggiogandola con eserciti stranieri alla ricerca di gloria. Solo due luminose stelle, protette dallo sguardo degli Dei, potranno ridare agli uomini la speranza perduta, in quella lunga notte, alla fine dell'età dell'Argento.
Genere: Fantasy, Guerra, Poesia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Incest, Violenza
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Un ordine sacro Destinato a tramontare.

 

 

Sul trono di Yampur, sedeva l’essere più saggio e buono che l’uomo avesse mai conosciuto, alto, dalla rossa barba e dagli occhi azzurri, forte e dal’aspetto austero, regale e dallo sguardo ricolmo di pace, Ohrmazd figlio di Yanu era il suo nome.
Lui regnava nella pianura ed aveva il comando su tutte e sei le città, governate da saggi Mahavira, scelti con raziocinio dai sacerdoti, tra il nobile popolo. Salito al trono, al’età di vent'anni, succedette il padre, che anziano perse la vista e divenne inabile al comando. Alla guida della capitale il senato pose al fianco del Re Ohrmazd, un Mahavir, il cui compito sarebbe stato quello di consigliare il Sovrano e aiutarlo nella gestione della città ed i territori da essa controllati, egli fu l’anziano Asha Vaìshtaa, dal’animo giusto e saggio.

La Capitale dei Vyria, costruita dai divini Ekuhvin ben settecento anni prima della salita al comando di Ohrmazd, fu fondata con l’intenzione proteggere l’ordine cosmico sulla terra, le sue mura, i suoi limes, vennero alzati per bloccare ed arginare qualsiasi forma malvagia nata dal caos corruttibile, generato dalle nere notti abitate da spiriti e mostri, deboli ma allo stesso tempo nocivi in quel’era Argentata. Della fondazione rimase il ceppo a ricordare quel faggio, che colpito da un fulmine tonante si spezzò in due parti ed indicò ai due cavalieri gemelli, il punto dove sarebbe sorta la città in tutto il suo splendore. Il legno venne tagliato prima dai patriarchi delle nobili famiglie presenti, poi dal’araldo del padre degli Dei che tra i tanti fasci, risparmiati dalle fiamme ne fece uno solo, lungo e stretto, con cui scendendo alle pendici della bassa ma ampia collina cominciò a segnare il primo limite tra la città ed il mondo esterno.

Il Saggio impiegò tre giorni, compiendo sacrifici sopra il fuoco sacro preservato dalla scintilla della folgore, per onorare tutti i volti del cielo e della terra, il solco ottagonale che ne seguì fu ampio e lungo, ai vertici della figura segnata sul suolo, i nobili capi famiglia posero gli ampi legni rimasti del’alto faggio insieme ai cippi familiari, dividendosi la proprietà su quei lembi di terra; l'anziano Jarowir degli Euriviri, padre dei due gemelli reali, prese possesso dell'angolo a nord est innalzandovi un altare dedicato agli antenati, vicino al punto dove sarebbe sorta l'ampia porta; l'eterno giovane Marcandeva dei Bacchiadi, pose il proprio cippo ad est, sull'altro angolo che avrebbe fatto da base all'entrata; affianco a lui, nell'angolo orientato verso sud est, il potente Svartoviro dei Boiari, pastori dalle ampie mandrie, mise il suo stendardo bianco infilzandolo nel terreno, reclamandone la proprietà; il biondo Cussara, padre degli Equomadi, prodi cavalieri, pose la sua pietra, con incisa una croce, sull'angolo sud; il fulvo Furio dei Luciensi, alto e robusto capo delle Virili armate, prima lasciò sul terreno libagioni: Latte, idromele e dolci bacche vennero versate in tre rispettive buche, per onorare gli spiriti della terra, poi prese tre assi e costruì l' altare familiare sull'angolo sud ovest; il glauco Brenno dei Galageni, nobile dai lunghi crini castani e dai baffi color del fuoco più caldo, fiero sorrise, nel piantare il palo di legno nel terreno sull'angolo ovest, sul quale abbondavano solchi vorticosi ed a spirale; il rosso Sètanta degli Ariomadi, occhi glauchi come il cugino, prese la sua lancia, regalo del padre Lughelio e per il legno la fissò nel terreno sull'angolo nord ovest; Il biondissimo e bellissimo Haermin dei Ghermanni, popolo dalle lunghe lance e dai poderosi cavalli, collocò la sua casa nell'angolo nord dell'ottagono che faceva base per le mura cittadine, sistemò nel terreno un legno ormai vecchio con tre punte, due rami spezzati ai lati ed al centro il fusto a cui dedicò tre libagioni per ogni estremità, intonando lodi a Deiwo Pytar.

Passarono tre notti, intorno al ceppo del faggio i due gemelli posero due tende, una per il sacerdote, issata opposta al’entrata e orientata verso il levante, lungo l’asse nordest-nordovest, che avente come centro il ceppo divenne la spina dorsale del neonato insediamento e l’altra per la loro stessa famiglia, davanti al ceppo e di fronte a quella del sacerdote, sorta intorno alla primigenea fiamma sacrificale. Il resto dei Vyr che seguirono gli Ekuhvin dalle lande innevate fino alla pianura posero le loro tende intorno alle due dimore sacre nei luoghi scelti dai loro patriarchi, lasciando sgombero solo la lunga linea retta sulla quale furono orientate e issate le due tende dei nobili.
Ma dopo altre tre notti, l’anziano Sacerdote, dagli occhi bicromi e profondi osò dire ai biondi Ekuhvin dopo aver ricevuto continui terrificanti vaticini sul futuro: Tra settecento anni ci sarà un sole luminoso ed un sole nero, quello nero ingoierà il luminoso, questa città allora non avrà pace, fratello contro fratello, cugino contro cugino, l'Arya sarà schiavo dello straniero.
I due cavalieri divini, sgranati gli occhi, risposero al’unisono: O potente araldo del cielo! poni intorno al solco che hai già sapientemente scavato intorno alla città, un ulteriore barriera, così che anche le case che sorgeranno oltre le mura saranno protette dalle nefandezze notturne, così che questo sole nero non possa passare con i suoi infidi raggi oltre le alte palizzate che innalzeremo!.
Il saggio annuì, sperando in cuor suo, che i divini avessero avuto ragione, venne sacrificata una giumenta, del latte e dei frutti, così da ingraziarsi gli spiriti della terra, crucciati per l’ulteriore fenditura circolare che i Vyria imposero su quel terreno ampio e florido.
Ma nessun solco, nessun Menhir, nessun amuleto di ossa, posto al’entrata del’ insediamento, poté bloccare un’oscurità nascente, sorta oltre alle barriere sacre, lontano dalle alte fiamme del tempio, come una nauseabonda nebbia lacustre sempre pronta ad avvolgere ogni cosa. Infatti , come da profezia, un anno dopo la nascita di Ohrmazd dal ventre della Regina Mahamatri uscì un secondo infante, Ahriman, chiamato così per la pelle scura, quasi violacea che presentava alla nascita, tipica dei parti travagliati e difficili, che lo facevano assomigliare ad uno spiritello maligno e che gli rimase poi come nome anche quando salvatosi dall'asfissia riprese a respirare fino a riprendere un colorito chiaro come il latte perseguitandolo come un'infamia.
Il suo concepimento avvenne lontano da Yamhpur, tra i giunchi lungo al Dnepr, vicino alla tenuta di caccia reale, ben lontano dalla barriera che venne alzata proprio per scongiurare quel’infausta nascita, portatrice di discordia e disgregazione.
A differenza del fratello maggiore, quando il padre Yanu perse completamente la vista cadendo da cavallo, Ahriman non venne considerato tra i candidati per la successione al trono, infatti il giovane era lontano, a est nelle terre di Turashid in cerca di una tregua tra i due popoli in perenne guerra. Solo Ohrmazd fu presente fin dal’inizio vicino al padre, che lo ricompensò con l’onere di continuare il suo compito, quello di sorreggere l’intera comunità, quello di diventare Re.
Questo riconoscimento, che Yanu diede al suo Primogenito, portò per la prima volta delle vere e proprie dispute al’interno della famiglia Reale, tutto il senato sapeva che l’iracondo Ahriman si sarebbe vendicato di quella scelta saggia ma sciagurata.
Yamhpur non poteva rimanere senza Re, ne le sei città della pianura potevano rimanere senza il loro Monarca, capo degli eserciti e dei Mahavir. Gli animi dei due fratelli infatti erano opposti ed imponenti, il più grande; Ohrmazd, era pio, umile, sincero, furente verso i nemici e generoso con gli amici; Ahriman invece, era ambizioso, bugiardo, scellerato in battaglia contro i nemici, sboccato, prodigo con i nemici ed avido con i compagni, era chiaro a tutti che entrambi non potevano regnare insieme, non erano né gemelli come gli antichi fondatori, né i loro animi uniti avrebbero potuto sopportare il peso dell'incarico. I vaticini dei sacerdoti erano chiari, dai tagli poco profondi sul ventre del capro usciva sangue copioso e le ossa erano fragili, affrettata e mortale fu la decisione.

 

   
 
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