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Autore: darkrin    12/08/2015    2 recensioni
Arriva un gufo e Caroline Forbes improvvisamente si trova strappata dalle mani qualsiasi possibilità di una vita normale e banale. Giunta al settimo anno di scuola, non sa ancora se sia un bene o un male.
(Hogwarts!AU | raccolta)
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caroline, Forbes, CarolineKlaus, Klaus, Rebekah, Mikaelson, Stefan, Salvatore
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Note: - sono ovviamente in ritardo, ma comunque. /o\ Questo capitolo mi ha dato diversi problemi un po' perché non riuscivo a gestire Becks un po' perché le reazioni di Caroline non mi sembravano naturali. 
- I ragazzini che Caroline incontra all'inizio sono Becks e Kol. 
- Sempre NO BETA quindi segnalatemi qualsiasi errrore/svista/strafalcione. 




Hogwarts Express, primo anno – Caroline
 
 
 
L’Hogwarts Express – era vapore quello? – sembrava vecchio e inaffidabile ed era completamente diverso dai treni che Caroline era solita prendere quando d'estate andava a trovare lo zio Steven a Brighton, insieme a suo padre.
Steven era il migliore amico di Bill e sin da quando Caroline era solo una bambina con le treccine bionde e le guance rosse i due uomini avevano insistito perché lo chiamasse “zio” e Caroline aveva obbedito, come faceva ogni volta che Bill si chinava a guardarla negli occhi e le chiedeva: Per favore CareBear, per favore, non dirlo a tua madre e Non sarebbe bello se fosse il nostro segreto?
Caroline storse il naso e si strinse lo zainetto al petto. Tutti gli altri ragazzi avevano con loro bauli di pelle o borsoni di stoffa lisa, sormontati da gabbie di gufi o altri strani animali, e lei, con il suo trolley rosa e il suo minuscolo gatto miagolante, si sentiva come un pesce nel deserto, come se le mancasse l'aria.
- E levati! – ringhiò qualcuno alle sue spalle.
Voltandosi, Caroline si trovò di fronte una bambina bionda con il volto imbronciato in una smorfia sdegnata, accompagnata da un ragazzo dai capelli scuri e un ghigno divertito stampato sulle labbra.
Caroline arrossì.
- Sei in mezzo. Se vuoi continuare a stupirti fai pure, ma togliti dal passaggio – continuò la bambina, sbattendo un piede per terra.
Se fosse stata a casa e se quella ragazza fosse stata Camille, Caroline avrebbe raddrizzato le spalle, tirato in fuori il petto e non si sarebbe piegata, ma quella non era Camille e quello non era il suo mondo, quindi Caroline si scansò, desiderando di poter sparire nell’ombra o di essere inghiottita dal pavimento.
- Babbani – sibilò la ragazzina dopo averla superata, facendo scoppiare a ridere il suo compagno.
Caroline non aveva idea di cosa volesse dire quella parola, ma era certa, dal tono e dal modo con cui la ragazzina l’aveva sputato, che fosse un terribile insulto e si sentì avvampare.
 
 
 
- Serve una mano? –
Caroline si girò di scatto e pensò, distrattamente, che lo stava facendo davvero un sacco quella mattina e che rischiava che le si svitasse la testa come in quel vecchio film - perché se esistevano i maghi, poteva accadere anche quello. No?
Un ragazzo con i capelli chiari stava mollemente poggiato contro lo stipite dello scompartimento, con le braccia incrociate davanti al petto e le labbra piegate in un sogghigno.
C’era qualcosa che le ricordava un predatore nel portamento del ragazzino e nella piega della sua bocca e Caroline rabbrividì.
- Cosa? – quasi squittì.
Arrossì quando vide il ghigno sul volto del ragazzo allargarsi maggiormente.
- Ti ho chiesto se ti serviva una mano a mettere la valigia sulla rastrelliera – ripeté, indicando con la mano il trolley che si trovava pericolosamente in bilico sui sedili di pelle dello scompartimento.
Caroline scosse la testa con veemenza, facendo esalare al ragazzo un verso a metà tra uno sbuffo e una risata, ma non una di quelle risate leggere e gentili che ti fanno sentir parte di qualcosa, quanto un verso di sdegno. Era un: sto ridendo di te, perché sei ridicola, perché ogni tuo gesto denota come questo non sia il tuo mondo e come tu non dovresti trovarti su questo treno.
- Puoi parlarmi. Non mordo – affermò lui.
- Oh, ne sono certa – pigolò con sarcasmo.
Gli angoli della bocca del ragazzo si sollevarono leggermente verso l’alto in un’espressione di sincero divertimento.
Nonostante tutta la boria con sui poneva e quel ghigno che sembrava essergli incollato sul viso, c’era qualcosa, in quel ragazzino che la spingeva a pensare che non fosse poi così antipatico come voleva far credere, che se le aveva rivolto la parola era perché una parte di lui si era davvero preoccupata per lei e Caroline non voleva perché non poteva fidarsi, ma si sentiva lusingata da quelle attenzioni.
- Non ho bisogno del tuo aiuto – continuò lei, con la sua vocina sottile da pulcino e le guance rosse.
Il ragazzo avanzò nello scompartimento.
- Mi sembrava di sì – ribatté.
- Ti sembrava male – affermò lei, con tutta la testardaggine di cui era capace, tirando il petto in fuori e il mento in alto. Le parve, per un istante, di vedere il ghigno sul volto di Klaus ammorbidirsi, perdere quella punta di freddezza e di disprezzo, e per un istante pensò di chiedergli aiuto - perché era stato quasi gentile ed era stato l’unico - non per la valigia, ma per quel mondo che non conosceva, da cui temeva di finire divorata come Cappuccetto Rosso nella sua favola e…
Il ragazzo chinò per un istante il capo, prima di rialzarlo e tendere una mano verso di lei.
- Klaus - si presentò.
Per un istante Caroline rimase interdetta dall’improvviso cambio di rotta, poi scosse le spalle e strinse le dita intorno a quelle dell’altro – che male c’era? E non era certo la cosa più strana che le fosse accaduta quel giorno.
- Caroline. –
- Caroline, hm? Un nome incantevole. –
Caroline esalò uno sbuffo sarcastico perché il ragaz… Klaus aveva lo stesso tono che era solita usare sua nonna, quando faceva i complimenti a sua madre per il vestito, i capelli e la cena di Natale e Liz Forbes non sapeva né cucinare né vestirsi per le occasioni che prevedessero un abito più elegante della sua divisa d’ordinanza.
- Nik! – gridò una voce stranamente familiare dal corridoio.
Caroline vide le spalle del ragazzino irrigidirsi e il sorriso trasformarsi nuovamente in un ghigno sardonico.
- Sembra che ci sia qualcuno che ha davvero bisogno del mio aiuto – soffiò e Caroline quasi sobbalzò per il distacco che gli permeava la voce.
- Becks, cosa vuoi? – lo sentì ringhiare dal corridoio, dopo averlo guardato mentre usciva senza rivolgerle neanche un saluto o un’altra occhiata, come se lei fosse solo stata una fastidiosa formichina con cui intrattenersi in mancanza d’altro e non fosse degna di più attenzioni e come osava? Era stato lui a parlarle per primo!
Caroline si strinse le braccia intorno al corpo e s’ingiunse di non sentirsi sola e abbandonata. Con un sospiro, si chinò a sollevare la sua valigia e sarebbe riuscita a metterla al suo posto senza l’aiuto di nessuno! Alla faccia di quel ragazzino borioso. Esalò un grugnito di fatica mentre tentava di issarla sulla rastrelliera, tenendola pericolosamente in bilico sulle braccia tese per lo sforzo.
Fece appena in tempo ad ondeggiare pericolosamente sotto il peso del trolley e a pensare che oh, oh, ora mi cadrà in testa prima che due ragazzine accorressero al suo fianco, sbattendosi la porta dello scompartimento alle spalle ed esclamando:
-Aspetta, aspetta! Ti aiutiamo noi! –
 
 
 
- Io sono Bonnie – si presentò una delle due bambine, dopo aver efficacemente sventato il crollo della valigia. – E lei è Elena – continuò, mentre l’altra ragazzina si esibiva in un goffo saluto con la mano.
- Caroline – rispose, con un sorriso.



 
   
 
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