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Autore: Bess Black    13/08/2015    2 recensioni
I protagonisti sono Cedric e Laurence, ma le loro due storie sono separate, staccate, totalmente disgiunte.
In realtà, dal prologo sappiamo che sette anni dopo l'ambientazione della storia saranno sposati, ma quando torniamo al presente narrativo Laurence è la figlia di una famiglia benestante che si ritroverà a dover fare sacrifici, in realtà anche voluti, per aiutare un completo sconosciuto, Goran, e d'altra parte Cedric, ad un certo punto e senza alcun motivo o sensatezza, inizierà a ricevere lettere anonime e di contenuto potenzialmente pericoloso: in quelle lettere una sconosciuta gli confida segretamente gli abusi domestici che riceve e lui cerca di fare di tutto per scoprire chi è e come aiutarla.
Ma il ragazzo che sta cercando di aiutare Laurence non è solo reduce di torture di guerra, è anche serbo; la sconosciuta che Cedric tenta di liberare dagli abusi è bangladese e loro vivono in un Canada ancora troppo intollerante e razzista per poter sperare di aver la possibilità di amare com'è giusto e sbagliato amare, senza distinzioni, premesse od esclusioni.
Genere: Angst, Malinconico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Scolastico, Storico
Capitoli:
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Solo se Dio perdona
 
Prologo
Ergastolo
 
 
 

 
Il tribunale odorava d’aria fresca e silenzio moderato artificiali.
Sullo sfondo l’inscrizione dei diritti di pari opportunità su pietra e le udienze penitenziarie programmate su carta: i diritti sono per tutti e per sempre, sembrava voler dire; chi è condannato, è condannato da solo e per sempre. L’incisione non riportava committenti, l’inchiostro evidenziava in grassetto il nome dei soli imputati: le leggi sono da nessuno, per tutti e per sempre, specificava; chi è condannato, si è condannato solo, da solo e per sempre. La giustizia non ha colpe, dimostrava; solamente l’uomo può averne.
È ciò che succede quando i principi sono negati da leggi per tutti, dietro alle quali c’è nessuno e nessuno sa chi è nessuno.
 
  «Maledetto stronzo.»
A dimostrare quanto poco moderato poteva essere un silenzio artificiale fu la risata spinta di un giovane uomo fermo di fronte all’aula V che, però, attirò per poco l’attenzione proprio per quanto voluta ne era stata la sghignazzata.
«’Sta fermo.»
«Sei uno stramaledetto stronzo.»
Cedric sciolse nuovamente il nodo della cravatta, specchiandosi negli occhiali dell’amico, prima che questo potesse trovare un ulteriore pretesto per muoversi.
«Laurence, tu lo sapevi?» Vincent si sporse, aprendo le braccia con teatralità che presupponeva complicità spontanea, ma che si ritrovava ad essere solo teatralità unilaterale ben riuscita. «Lo stronzo si è beccato il giudice checca e pure umanitario.»
«Vuoi stare fermo?»
Vincent tornò a fissarlo con lo sguardo nascosto dietro gli occhiali, insieme alla fonte del divertimento che lo gioiva. «Ti sei preparato il discorsetto? Lo so che te lo sei preparato… te lo sei preparato, non è vero? Ammetilo che te lo sei preparato, avanti!»
«Mi sono preparato il cazzo di discorso.» ammise Cedric, strappandosi via la cravatta. «Ora stai fermo?»
Laurence si alzò e rimpiazzò il calore del suo corpo sulla sedia che occupava con la borsa a mano del marito; gli prese di mano la cravatta, sciogliendo il nodo che lui aveva ingarbugliato tra discorsi che si scriveva addosso, discorsi che misurava, tagliava, allungava, aggiustava e si provava come cappio al collo al posto della cravatta.
Sua madre glielo aveva detto, qualche sera prima, gli aveva pianto sui capelli, i capelli che somigliavano tanto ai suoi, lo aveva baciato con lacrime pesanti, lacrime che non erano di quel momento, ma di molti altri, così come il significato di ciò che voleva dirgli. Parli con parole che non sono tue, aveva singhiozzato, parli solo attraverso parole di altri. Poi aveva solo singhiozzato, proprio come fanno le persone quando piangono pianti troppo maturi per essere solo pianti e che hanno avuto tempo per diventare lamenti, tornare ad essere pianti e, ancora per un’ultima volta, lamenti. Cedric non aveva pianto perché sapeva di non averne ancora il diritto e, sopratutto, non le aveva detto nulla, non dopo la colpevolezza con la quale aveva gemito quel altri, sia la prima che l’ultima delle volte. Si pentì solo che non ci fosse nessun altro a sentila.
Le porte dell’aula V vennero aperte, uscì il gendarme del piano e si stazionò sull’uscio a gambe parallele, mani dietro la schiena.
«Senti, quasi quasi entro ad assistere per il solo discorso.» Vincent si guardava le spalle quando parlava, soprattutto quando pronunciava un certo tipo di parole, di frasi; voleva essere sentito. Però, si disse Cedric mentre Laurence rispondeva al suo sguardo incavato con un sospiro, per uno come Vincent era facile essere sentito.
«Preferirei che accompagnassi Laurence a casa, prima dell’orario di pranzo, se non ti dispiace.»
L’amico si tolse gli occhiali da sole e lo guardò, indignato. «E perdermi il tuo discorso sulla fame nel mondo? Le pago un taxi, piuttosto.» Si rimise gli occhiali, gettando un tic nervoso d’occhiata alla sua sinistra.
«Tesoro, ho chiamato Brigitte e ha detto che resterà con Dush tutto il tempo necessario, posso rimanere ancora.» la moglie gli porse la sua borsa ed un sorriso timido come incoraggiamento. «Resto qui.» Aggiunse a labbra aperte, un poco tremanti. «Ti aspetto.»
«Sicura?» chiese dando le spalle a Vincent. «Non ti stanchi qua fuori?»
Laurence scosse il capo e si permise di sorridergli sulle labbra quando la baciò, questa volta timido e tremante anche lui. Aspettò di vederla sedersi, prima di allontanarsi sulla scia del richiamo del gendarme; aspettò di vederla aspettarlo con una promessa degna di quella che le stava facendo lui.
Vincent intanto lo aveva preceduto, stazionandosi affianco al gendarme con le mani nelle tasche, perfettamente abbinate agli occhiali da sole, entrambi fuori luogo. Gli stava facendo l’occhiolino da un po’, riusciva a notarlo solo perché il sopracciglio destro veniva risucchiato al di sotto della lente scura dell’occhiale.
«Non lo faccio solo per il discorso, smettila di guardarmi così. La filantropia di questi tempi è assolutamente démodé, persino qui in Canada.» Non gli passò una mano attorno alle spalle, Cedric era certo che altrimenti l’avrebbe fatto, solo perché ormai erano entrati in aula. «Sei un pezzo raro, amico.»
Tossicchiò per schiarire la voce, ma non gli rispose.
«Allora? Dov’è il figlio di puttana del giorno? A cosa miriamo, un ergastolo ben assestato?»
Cedric scosse il capo, ma solo da un lato. «Dal momento che hanno abolito la pena di morte.»
«Guarda che scherzavo.» Sbuffò Vincent assieme ad una risata interrotta.
«Io no.» gli concesse, allora.
Il gendarme richiamò il silenzio in fondo all’aula ed annunciò l’ingresso dell’imputato; suonò come la migliore delle pause alle sue parole, mentre Vincent scrutava la soglia con cipiglio tremolante che dietro quei benedetti occhiali da sole barcollava tra i due poliziotti che scortavano l’accusato e, alle loro calcagna, la difesa.
«Ced, cazzo.» fece per passarsi una mano sul viso, ma si fermò all’ultimo e se la passò solamente sulla bocca. «Quanti anni ha?»
Cedric si sedette ed aprì la valigetta, estraendo il fascicolo così com’era stato disposto all’interno di essa; se lo portò davanti agli occhi, poggiandolo sullo scrittoio e mettendo al contempo da parte la borsa a mano. Si mise comodo in due, tre modi diversi, prima di guardare Vincent. «Puoi sederti solo in quarta fila.» lo informò, senza allegare alcun cenno nello sguardo, ma tenendolo ben fisso laddove le lenti riflettenti gli restituivano una giusta immagine di sé.
«Senti, Ced.» aveva ancora una mano, il dorso destro della mano fermo sulla bocca; le parole sembrava uscissero dal suo palmo e dalle dita pallide. «Ascolta, non fare cazzate.»
«Sono solo un avvocato d’accusa. Quello è l’incarico a chi approva le cazzate, non di chi le suggerisce.»
Vincent si chinò in avanti, facendo cadere la mano destra dalla bocca al collo, dove si alleggerì la stretta di camicia e cravatta. «Quello avrà la nostra età, Ced.» riportò la mano alla bocca e la spostò immediatamente, guardando oltre le spalle dell’amico gli stagisti ed i giornalisti prendere posto nelle collocazioni assegnate loro. «Non è giusto.»
«Oh, no.» rispose immediatamente Cedric. «No. È giusto. Così è giusto.»
Venne richiamato nuovamente l’ordine in aula. Si ristabilì immediatamente lo stesso silenzio moderato ed artificiale che si addiceva solo ad un tribunale, ma lui aprì il fascicolo e lo mise ben in mostra, creando, così, un silenzio moderato ed artificiale proprio, intimo, che si addiceva solo ad un tribunale sul momento del verdetto o, ricordò a se stesso, ad un cimitero dopo una sepoltura.
Vincent guardò i documenti all’interno della cartella sullo scrittoio, si permise addirittura di allungare le mani e frugarvi: non trovò atti, né dichiarazioni, né certificati. Erano solo lettere. «Dannazione Ced, che stai facendo?»
«Dio è misericordioso, Vincent. Dio perdona sempre.» erano parole, parole di altri, che come nulla al mondo si abbinavano ai suoi occhi; glielo avevano giurato su carta e lui aveva solo fatto in modo che si abbinassero anche alla sua cravatta. «Dio è compassionevole e misericordioso.» non si preoccupò né di abbassare significativamente la voce né, altrettanto significativamente, di alzarla. Prese in mano le lettere contenute nel fascicolo. «Ma Dio non è qui.»
«Ascolta, fai quello che devi, fai quello che devi e andiamocene. Laurence ti aspetta fuori, Ced.» Vincent si spostò lateralmente e tornò indietro, accontentandosi di parlare alle sue spalle. «Non fare- non metterla sul personale, non è giusto, Ced.»
«No.» lo rimbeccò Cedric, senza voltarsi, senza guardarlo o guardare l’immagine di sé riflessa sui suoi occhiali. «Non finché Dio perdona. Se Dio perdona è giusto. È giusto solo se Dio perdona.» 
 
Non appena la Corte fu annunciata sia difesa che accusa si alzarono immediatamente. Il signor Vincent Adair venne sollecitato ad accomodarsi in quarta fila dal procuratore delegato, ma preferì uscire prima che la corte invitasse i presenti a sedersi e venissero chiuse le porte dell’aula.
 

 
 
 



 
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Intervengo velocissimamente solo per dire due cosette abbastanza rilevanti: 
La storia, la storia in sé, è ambientata sette anni prima; quindi, dal prossimo capitolo in poi si avrà a che fare con la versione "giovanile" e, quindi, non adulta dei personaggi finora introdotti e, ovviamente, altri personaggi.
Altri è quindi un invito a non pregiudicare i chi, cosa e perché delle azioni: sappiamo che tra sette anni, Cedric farà in modo che una persona (si sa che è circa suo coetaneo e che forse poteva risparmiarselo) finisca in prigione a vita, ma quello che poi vedremo sarà un diciassettenne - lo stesso per quanto riguarda Vincent e Laurence (e, probabilmente, il condannato). 
E, a proposito di Laurence, seppure lei e Cedric sian i due protagonisti della storia, seppur questa sia romantica e noi abbiam la certezza che tra sette anni saranno sposati, ve lo assicuro, vuol dire meno di quello che sembra (figuriamoci di quello che è).

Credo di aver detto tutto, quindi vi saluto,
Alla prossima, 
Bess
   
 
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