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Autore: Natalja_Aljona    13/08/2015    1 recensioni
Novosibirsk, 2013.
Aljona Sergeevna Dostoevskaja e Lev Fëdorovič Puškin, l’aspirante pattinatrice e l’ex terrorista.
Lei quindici anni di sogni, lui ventidue anni di illusioni.
Lei scandalosamente bionda, coraggiosa e incosciente come poche.
Lui troppo impulsivo e troppo innamorato.
Lei frequenta il penultimo anno del Ginnasio, lui ha passato sei anni in carcere per un attentato a Putin.
Perché lui davvero non ci riusciva, a non idealizzare quel Paese, quella Siberia feroce e opprimente, il cuore bianco e grigio della sua Russia sanguinaria e corrotta, a non cullare l'illusione di una Patria gloriosa sotto le macerie della violenza fine a se stessa e le sue stesse cicatrici di ragazzino che credeva ciecamente nel suo mondo immaginario, nei suoi miti bellissimi e impossibili, perché non c'era davvero quella gloria, non c'era davvero quella Patria.
Non c'era davvero quella luce, c'erano solo loro.
Lev con la pelle mangiata dalla prigione e il cuore rubato da Aljona e Aljona fatta di ghiaccio, musica, libri e capelli.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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Centoventi
I kept my faith, I still believe

Ho mantenuto la mia fede, credo ancora

I might have said yeah, but I laughed so hard I think I died

Potrei aver detto di sì, ma ho riso così tanto che penso di essere morto

(Seconda Parte)


Remember how we used to talk
About busting out

We'd break their hearts
Together

Forever

Never say goodbye

Never say goodbye
You and me and my old friends
Hoping it would never end
Say goodbye

Never say goodbye
Holdin' on, we got to try
Holdin' on to never say goodbye

(Never Say Goodbye, Bon Jovi)


Novosibirsk, 2 marzo 2017


Era la mattina del 2 marzo 2017, e il pope Aleksej Nikolaev aveva accettato di celebrare la funzione solo se gli avessero garantito che quella terribile ragazza, valeva dire la biondina in tubino di pizzo blu chiaro e stivali che tre anni prima era entrata nella sua chiesa correndo, per poi togliersi in diretta gli stivali e tutti gli strati di vestiti invernali indossati per non assiderare durante la strada e rimanere in abito bianco e ballerine nere, purtroppo per lui in qualità di sposa, e l'altro scriteriato che l'aveva seguita e, dopo aver lasciato impronte di neve lungo tutta la navata, era scivolato dritto contro l'altare, si mimetizzassero il più possibile con i banchi.
Erano entrambi troppo biondi per poter scomparire completamente, e c'era il piccolo, trascurabile particolare che Lev era il testimone dello sposo, ma Nikolaj aveva promesso che se li avesse sentiti fiatare più dello stretto indispensabile li avrebbe soppressi su due piedi.
Aleksej Nikolaev era un uomo di Dio, ma a quanto pareva l'idea di avere i cadaveri di Lev e Aljona in chiesa mentre celebrava il matrimonio del loro assassino lo turbava meno del pensiero di averli lì vivi.


Aljona scese in cucina in mutande e canottiera, che per lei era già un grande sforzo, ma perfettamente pettinata, perché nella sua scala delle priorità prima venivano i capelli, poi il resto del mondo.
Miracolosamente Nikolaj e Natal'ja in quel momento dormivano entrambi, e se non fosse stato il giorno del matrimonio di Kolja e Zinaida non ci avrebbero creduto nemmeno gli stessi Al, Lev e Fëdor.
Lev ringraziò mentalmente che il suo unico fratello, Jakov, avesse tre anni, perché già suo padre vedeva sua moglie mezza nuda tutti i giorni, ci sarebbe mancato solo di avere un fratello maggiore che faceva colazione con Aljona in biancheria striminzita.
Lui era già sveglio da quasi un'ora, si era fatto una doccia e infilato un paio di jeans chiaro strappati e una canottiera nera ed era sceso in cucina a piedi nudi, con i lunghi capelli biondi ancora leggermente bagnati che, come sospettava Kolja, non si tagliava da mesi, perché gli piacevano così, con le ciocche che gli si arricciavano sulle spalle, e, particolare non trascurabile, Al non gli avrebbe mai permesso di tagliarli più di due millimetri e Lev non poteva permettersi di contraddire Al.
-Avete già sentito Niko?-
-No, grazie a Dio.
Dorme-
-Non nostro figlio, Leva. Il cretino che oggi si sposa-
-Perché, non è anche lui nostro figlio?-
-È nato due anni prima di te e nove prima di me, ma se lo dici tu...-
-Dorme ancora anche lui. O forse no, dato che è con Zinaida...-
-Beh, non sono fatti nostri-
-Certo che lo sono! Lui è mio figlio e mio fratello!-
-In effetti...-
-Poi mi aiuti a scegliere i vestiti?-
-Vuoi anche una treccia?-
-Perché, potresti farmela? Dici che dovrei tagliarmi i capelli?-
-No! Sono assolutamente fantastici così, non ti azzardare! Sei nel tuo periodo
These Days*... E non ti permetterò di uscirne-
-Evitiamo la treccia, comunque. Non credo che mi si addica-
-Perché no? Sei un Cosacco...-
-Moderno, Al. Sono un Cosacco moderno e mi rifiuto di farmi fare una treccia. Ty ponyala?*-
-Quello avrebbe dovuto essere un tono autoritario? Ma fammi il favore!-
-Khristos, papà, perché l'ho sposata?- sospirò Lev, lanciando a Fëdor uno sguardo affranto.
-Perché è bella, perché la ami...
E perché è bellissima-
-Che argomentazioni profonde...-
-Ma sono vere!-
-Mh. Può darsi-
-Hai già messo il mascara?- notò Fedja, e Aljona annuì, raggiante.
-Hai visto? E stavolta non ho nemmeno riempito di nero il lavandino!-
Era così da anni: Aljonka aveva imparato a mettersi il mascara una vita prima, ma ogni mattina doveva litigarci almeno per un quarto d'ora.
L'occhio destro in qualche modo riusciva a truccarselo al primo tentativo, mentre il sinistro doveva rifarselo circa tre volte, e Lev la trovava letteralmente appollaiata sul lavandino del bagno con un'abbondante quantità di mascara sul naso e sullo specchio e una salviettina struccante stretta fra le dita come un kindjal cosacco appena affilato.
Se osava chiederle qualcosa in quei momenti Al gli rispondeva sibilando e lui capiva che gli conveniva comportarsi come se non avesse avuto una moglie finché non fosse uscita dal bagno.
La maggior parte delle volte il risultato era fantastico, perché Aljonka era di stirpe cosacca e non si sarebbe mai lasciata sconfiggere da un mascara, ma era sempre una battaglia all'ultimo sangue e le tracce di mascara rimaste sul lavandino erano la conferma di quanto fosse stata cruenta.

-Incredibile...-
commentò Fëdor, e a Lev scappò da ridere, anche se sapeva che non gli conveniva e Aljona avrebbe potuto staccargli la testa a morsi.
-Lasciamo perdere- sbuffò lei, consapevole di non poter eliminare il marito e il suocero proprio il giorno del matrimonio di Nikolen'ka.
-Levočka, tu ti metti la giacca di pelle e gli stivali e sei pronto?-
-Direi di sì. Ai Cosacchi è richiesto il valore, non l'eleganza. Soprattutto al matrimonio di altri Cosacchi. Beh, Kolja non è un Cosacco, ma in qualche modo riesce ad essere ugualmente straordinario-
-E alle mogli dei Cosacchi cos'è richiesto, esattamente?-
-Di sconfiggere il mascara, innanzitutto-
-Fatto-
-E poi di andare subito a vestirti-
-Subito?! Ma non ne ho voglia, lasciami fare colazione...-
-Ma c'è mio padre!-
-E infatti io sono in mutande e canottiera, sono perfettamente coperta!-
-Te lo dico di cuore, Aljonka,
sparati-
-Oggi?!-
-Fai questa dannata colazione e taci!-
-L'idillio del matrimonio...- sussurrò Fedja, soffocando una risata, e Aljona gli lanciò uno sguardo da "shoot 'em up", per dirlo in stile Skid Row*.
-Aspetta, ma a parte il mascara cos'hai fatto agli occhi?-
Quello di Fëdor non sembrava un complimento, ma Aljonka cercò di non scoraggiarsi.
-Ombretto d'argento-
-D'argento?!
Ed è legale?-
-Fedja, da quanto tempo è che viviamo insieme?-
-Tre anni-
-E in tre anni tu non mi hai mai vista con l'ombretto d'argento?-
-Appunto! Quanto diavolo lo mettevi male?-
-Non lo so, effettivamente non lo vedevo nemmeno io...-
Al si sedette al tavolo senza fare il minimo rumore, un po' incupita, e Fedja le porse un biscotto al burro.

-No ty vsegda nasha svetlaya, krasivaya devochka... Nasha malen'kaya koroleva-
Ma sei sempre la nostra luminosa, bellissima ragazza... La nostra piccola regina.

-Mozhet byt'- Forse, aggiunse Lev, ma la guardava troppo teneramente per poter essere serio.
Aljona addentò furiosamente il biscotto e li polverizzò entrambi con lo sguardo.
-Impiccatevi, bastardi-
Luminosa e bellissima, certo.
Nessuno aveva mai detto
gentile.

-Hai preso tutto, Levočka?-
-Tutto cosa? Ah, sì, le fedi. Certo che le ho prese. Le ho in tasca. E ho anche... Un fazzoletto di stoffa? Possibile? Non credevo di avere un fazzoletto di stoffa in una tasca di questi jeans, ma fa niente...-
-Se questo non impedirà a Kolja di sposarsi, possiamo andare- decretò Fëdor, decidendosi finalmente a uscire di casa.
Elena Ichmeneva e Nikolaj Rostov, i genitori di Anastasija, erano arrivati poco prima, e Fedja non sarebbe riuscito a immaginare due persone più affidabili a cui lasciare Kolja e Al'ja, i suoi nipotini indifesi.
David sarebbe nato solo a novembre, quindi per il momento i suoi nipotini si potevano definire ancora indifesi.
-Secondo te io ho bisogno di un fazzoletto di stoffa, per impedire a Kolja di sposarsi?-
-Secondo me è meglio che stai zitto, mi fai paura-
-Papà, sono tuo figlio-
-Non chiamarmi papà e non dire queste cose-
-Khristos, Fëd'ka, non ricominciare... Ormai te lo tieni in casa da ventisei anni, se volevi rinnegarlo dovevi pensarci prima- sospirò Aljona, fin troppo abituata a quei siparietti fra padre e figlio.
-L'hai messo al mondo tu, prenditi le tue responsabilità, per quanto terrificanti-
-Sempre incoraggiante, lei- sbuffò Fëdor, ma anche del finto risentimento di suo suocero Al aveva una grande esperienza.

Non c'era più niente che quei due poco di buono potessero dire o fare per turbarla realmente, ma in effetti qualcosa di davvero inquietante rimaneva: il fatto che lei vivesse ancora con loro.


I learned a little thing called sacrifice
Givin' up on dreams, lost a couple fights
All anybody wants is a better life
And something to believe

(Walk Like A Man, Bon Jovi)


Due ore prima, nella stessa città, nello stesso quartiere e nella stessa via, due persone normali si stavano svegliando.
Ecco, forse "due" persone normali è un'esagerazione.
Diciamo una e mezza.
Zinaida provò invano a muoversi e maledisse mentalmente il meraviglioso militare ucraino che la teneva così stretta anche nel sonno e non le lasciava alcuna speranza di potersi alzare in tempi ragionevoli.
In altre occasioni, anzi, in tutte le altre occasioni non avrebbe potuto chiedere di meglio, ma in quel preciso momento lei doveva alzarsi e prepararsi per il loro matrimonio e aveva davvero bisogno che Nikolaj la lasciasse andare e, se non era chiedere troppo, che anche lui si alzasse e cominciasse a prepararsi.
-Kolja...-
Il silenzio più assoluto.
E del resto lei, una delle poche anime veramente gentili di Nostal'hiya, si era limitata a sussurrare dolcemente il nome del suo futuro marito.
Romantica finché voleva, ma così non avrebbe risolto niente.
-Kolja!-
-Che diamine...
Zinaida?-
-Eh. Esatto-
-Cos'è successo? Perché hai gridato?-
-Puoi alzare il braccio e lasciarmi scendere dal letto, visto che tra poco ci dobbiamo sposare?
-Oh, certo, scusa... Ma stai bene?-
-Al momento ho solo qualche piccola difficoltà a respirare, ma se alzi il braccio, appunto...-
-Subito. Va meglio?-
-Decisamente. Sei un tesoro-
-E...-
-E cosa?-
-Non mi dai neanche un bacio?-
-Comincia ad alzarti, ai baci ci pensiamo dopo-
-Seriamente?-
-No, infatti...-
Il concetto di
"alzarsi dal letto" si era pericolosamente allontanato dalle priorità di Zinaida, ma fu lo stesso Kolja, per una volta, ad imporsi di non trattenerla, perché effettivamente quel giorno non potevano permettersi di "avere altri impegni".
-E ora...
Put on your best dress, baby, and darlin', fix your hair up right, 'cause there's our wedding, honey*...-
-Questo era... Jon?-
-Nah! Bruce.
Out In The Street, ma l'ultimo verso l'ho adattato alla nostra situazione-
-Fantastico... Adesso tocca a noi, adattarci alla nostra situazione. Tra una decina di minuti arriva Aglaja, l'unica delle mie sorelle che riesce ad aiutarmi senza che io cerchi di ucciderla... No, non puoi capire. Tu hai una sorella, ma non sei una sorella. Te lo spiegherò un'altra volta-
-Sì, ma...
La colazione?-
-La colazione?
La colazione. Mi risulta che ieri sera tu mi abbia detto di avere ventisette anni e tre mesi. Quindi ora scendi da questo maledetto letto, vai in cucina e ti prepari la colazione. E non guardarmi con quegli occhioni sgranati, oggi mi devo sposare, non ho tempo per te!-
-Questa sì che è una perla di coerenza, eh...- protestò Kolja, ma in quell'esatto istante lo schermo del suo cellulare si illuminò, e visto il mittente della telefonata rispose subito alle prime note di
Bobby Jean, la sua canzone preferita di Bruce Springsteen e colonna sonora della sua adolescenza da quando aveva conosciuto Lev, che aveva come suoneria da una vita.
Rispose, ma non riuscì a pronunciare una sola parola, perché il sopracitato mittente della chiamata cominciò a cantare.
-Diamond ring, wear it on your hand, it's gonna tell the world I'm your only man*...-
-Lev, per carità di Dio...-
-Che c'è? Era riferito a te e Zinaida, mica a te e me!-
-Cosa vuoi? Non mi sono ancora alzato e non ho ancora fatto colazione, Zinaida dice cose incoerenti e tu... Tu sei pericoloso!-
-E dire che te l'avevano detto tutti, ai tempi! Ora sono fatti tuoi. Volevo solo sapere come stavi.
And I'm just calling one last time not to change your mind, but just to say I miss you, baby, good luck, goodbye, Bobby Jean*-
Nikolaj non poté fare a meno di sorridere, e in fondo non gli era richiesto altro, quel giorno.
-Sto bene, Levočka. Sto davvero bene. Grazie-
-Hai visto il vestito di Zinaida?-
-No, ti pare che me lo fa vedere? E poi non mi importa cosa si mette, a me basta che mi sposi-
-Ti sposa, Niko, ti sposa... È evidente che non aspetta altro! Anche mia nonna, se potesse, ti sposerebbe!-
-Tua nonna, Elena Fëdorovna Ichmeneva, con il suo odio per gli ucraini, mi sposerebbe? Tua nonna che non voleva far entrare in casa Al, ucraina solo per metà? Che poi Al è di provincia, io sono nato a Kiev, ci terrei a sottolineare-
-Al sarà anche di provincia, e scusami tanto se l'oblast' di Poltava non è all'altezza della tua Kiev, ma è la nipote di Vasilij Zanevs'kij, Generale cosacco ed ex fidanzato di mia nonna al Ginnasio, e Oksana Denysova, pattinatrice ed ex migliore amica di mia nonna al Ginnasio. Voglio dire, se tu scappassi con Al anch'io dichiarerei guerra all'Ucraina!-
-Se io scappassi con Al?! E poi dove la metto? Pensi davvero che potrei sopportare tua moglie per più di dieci minuti? Sai benissimo, e lo sa anche Al, che all'undicesimo lei e il suo iPod finirebbero dritti nel Dnepr-
-E sappiamo benissimo entrambi che all'undicesimo minuto e una frazione di secondo rischieresti la vita per recuperarla. Solo lei, del suo iPod chissenefrega, ma per lei sì-
-E sappiamo benissimo entrambi che tu, a lei, questo non lo dirai mai-
-Ma a proposito, hai fatto colazione? Hai avuto una minima esitazione nella voce, prima, e giurerei che ti sei appoggiato alla cassettiera della tua camera, perché se stai tanto tempo in piedi prima di fare colazione ti viene un capogiro... Vai a mangiare, ti prego, che oggi ti sposi. E di capogiri ne avrai già abbastanza in chiesa, credimi. E ne farai venire a Zinaida-
Kolja, che non si sarebbe mai abituato abbastanza ad avere una persona che si preoccupasse per lui per un'esitazione della sua voce percepita da un capo all'altro del telefono, non trovò subito una risposta degna di quel disastro di angelo che si ritrovava per migliore amico, e sentì in sottofondo le voci di Aljona e Fëdor.
-Ha mangiato?-
-Digli di mangiare!-
-E salutamelo!-
-Anche a me!-

-State tranquilli, ora vado a fare colazione. A prestissimo-
-A prestissimo, scricciolo. Ti vogliamo tutti troppo bene-
-E io a voi, ma non ti azzardare a dirlo a quelle due sanguisughe che sono con te!-


-Lo sai che quello che stai per sposare è un individuo inutile, vero? Voglio dire, quando sono arrivata stava facendo colazione!-
-Lo so-
-E sai anche che è stupido?
Completamente, profondamente stupido?-
-Assolutamente-
-Zinaida, lo dico per il tuo bene, lo so che troppa bellezza inibisce i neuroni, ma mi è sembrato proprio un vero cretino...-
-Lo è davvero, non preoccuparti. Ma è simpatico, in fondo-
Zinaida doveva ancora capire cosa avesse trovato sua sorella di tanto terribile in Nikolaj, a parte il fatto, sinceramente abbastanza trascurabile, che aveva fatto evaporare completamente l'acqua del thè dalla teiera, perché si era messo a sentire l'iPod mentre aspettava che bollisse, e mentre l'acqua evaporava aveva versato troppi cereali al cioccolato nella ciotola, facendone rotolare buona parte per tutta la lunghezza del tavolo.
Il tutto a ventisette anni e tre mesi, come lui si ostinava a ripetere.
-Davvero, Zinaida, meriti di meglio. Sei una ragazza straordinaria, potresti puntare più in alto...-
-Aglaja, più in alto di Nikolaj Gončarov c'è solo il soffitto. È il ragazzo dei sogni di Novosibirsk!-
-Dei sogni, appunto. Nella realtà avresti anche potuto sceglierti un marito più intelligente...-
-Intelligente?
A Nostal'hiya?-
-Oh, insomma, se ne sei proprio convinta...-
-Assolutamente. Ora cosa ne diresti di aiutarmi con il vestito?-
-Una volta non eri così impertinente, sai?-
-Una volta non ero neanche fidanzata con un cretino... Voglio dire,
con il ragazzo più bello di Novosibirsk-
Aglaja emise un sospiro esasperato, rivolgendo gli occhi al soffitto con il suo sguardo più sconsolato.
-Non so se te lo ricordi, ma quando eri piccola ti ho fatto tre raccomandazioni.
Non sposare un ragazzo di Nostal'hiya, non sposare un ucraino di Nostal'hiya e non sposare un militare ucraino di Nostal'hiya. Ed è fantastico come Nikolaj Gončarov sia la perfetta incarnazione della terza raccomandazione e che tu lo stia per sposare-
-Ma poi che cos'hai contro i militari ucraini di Nostal'hiya?-
-Sono stupidi, Zinaida. Non dirmi che non ne hai già avuto la prova!-
-Ma perché, io ti sembro intelligente?-
-Appunto! Con un marito intelligente almeno avresti potuto compensare...-
-Grazie, Aglaja, di cuore. Ora se non ti dispiace vado a prendere il vestito...-
L'abito da sposa di Zinaida era ancora incartato in una scatola nascosta in un'anta chiusa a chiave del suo armadio, insieme alle décolleté d'argento con il tacco che aveva comprato insieme ad Aljona, la quale le aveva scrutate per diversi minuti prima di decretare che lei ci si sarebbe ammazzata nel giro di pochi secondi, ma se era sicura di non percorrere tutta la navata in volo, radere al suolo l'altare e rompersi entrambe le gambe sarebbero state perfette.
Zinaida non aveva mai conosciuto una persona più incoraggiante di Aljona, ma d'altra parte era stata lei a chiederle di andare a fare shopping insieme.
Forse non era esattamente la più incoraggiante, ma di sicuro era la più divertente.
Il vestito era senza spalline, con un corpetto aderente e una gonna lunga fino ai piedi che si allargava e arricciava solo alla fine, un modello etereo e di un lucente color avorio che slanciava e illuminava il fisico esile della giovane ballerina.
-Tu sei perfetta, ma hai idea di cosa indosserà lui?- si azzardò a domandare Aglaja, con gli occhi che le brillavano per la sfolgorante bellezza della sua sorellina preferita, ma un po' preoccupata per l'outfit del militare ucraino che la sua povera stella voleva tanto sposare.
-Oh, certo! Un paio di jeans non strappati, innanzitutto, anche perché quelli li metterà Lev, il suo testimone... E pare che sua sorella, sua madre e Aljona siano perfino riusciti a convincerlo a mettere una camicia!-
-Ossignore, addirittura...
Non sarà troppo elegante?-
-Ma tu non hai idea di quanto stia bene Niko senza camicia... Cioè,
senza camicia ma con una maglietta, ovviamente-
-Ovviamente-
-Lev invece viene direttamente in canottiera, perché dice che se no dopo al ricevimento gli viene caldo...-
-Eh, immagino,
povero-
-Aglaja, sono due bravissimi ragazzi, credimi-
-Scusami l'impertinenza, ma Lev non è quello che ti ha presa per il collo quattro anni fa?-
-Beh, in effetti sì, ma non l'ha più rifatto...-
-Ah, beh,
allora!-

Zinaida decise di lasciar perdere e concentrarsi sul suo matrimonio, a convincere Aglaja che Lev non era l'Anticristo ci avrebbe pensato in un altro momento.
La cosa più urgente, piuttosto, era che l'Anticristo si ricordasse di portare le loro fedi.
Lev, quando voleva, sapeva essere un ragazzo responsabile e assolutamente irreprensibile.
Peccato che a volte, per quanto lo volesse, semplicemente non ci riusciva.
Non si sarebbe mai dimenticato di portare in chiesa le fedi per il matrimonio del suo migliore amico, per nulla al mondo, e infatti non le aveva dimenticate.
Le fedi di Nikolaj e Zinaida erano al sicuro in una tasca dei jeans di Lev, per quanto sicura potesse essere la tasca dei jeans di Lev.
Ma non erano sole.


-A proposito, sai che Lucija sta preparando dolci bosniaci da ieri sera?-
Aglaja era a metà dell'elaborata treccia centrale che stava facendo a Zinaida, quando si ricordò della minaccia della sua amica e collega bosniaca, Lucija Cvetić, conosciuta al negozio di dischi dove entrambe lavoravano.
Lucija era molto più giovane di lei, aveva vent'anni, mentre Aglaja ventinove, ma era stato impossibile non adorarla fin dalle prime parole che si erano rivolte, e ormai per lei era a tutti gli effetti un'altra sorella.
Quando era stata invitata al matrimonio di Zinaida, con cui la piccola bosniaca aveva fatto amicizia altrettanto in fretta, aveva promesso che le avrebbe preparato i dolci con cui era cresciuta a Sarajevo e non aveva voluto sentire obiezioni.
Lei adorava preparare dolci e le sorelle Jusupov, e se capitava anche il futuro mimarito di Zinaida, avrebbero adorato i dolci bosniaci, non nutriva alcun dubbio al riguardo.
-Quella ragazza è un angelo- sorrise Zinaida, e nello stesso momento Aglaja strinse l'estremità della treccia con un nastro di raso bianco.
-Anche tu, oggi-
-Ma va...-
-Lo chiediamo anche al deficiente?-
-Chi?-
-Tuo marito-
-Quale marito, Aglaja?-
-Quello che ha fatto evaporare l'acqua del thè e rovesciato i cereali!-
-Ah, Kolja... No, no, lasciamo perdere.
Non voglio che mi faccia un complimento-
-Scusami?-

Aglaja guardò la sorella con gli occhi sbarrati e Zinaida distolse lo sguardo, avvampando esattamente come avrebbe voluto evitare che le capitasse.
-Mi imbarazzo!-
-Ti imbarazzi se tuo marito ti fa un complimento, peraltro il giorno del vostro matrimonio?-
-Sì, da morire!-
-Ma quanto diamine ti sei rincretinita? Bah... Comunque sei a posto. Il vestito è fantastico, le scarpe sono fantastiche, i capelli sono fantastici, il trucco è fantastico, tu sei cretina...
Ma almeno sei pronta-
-Davvero? Oh, grazie!-
-Oh, prego! E adesso andiamo, che sarebbe anche ora! Il deficiente è riuscito a fare colazione, si è vestito e viene con noi?-
-No, veramente pensava di arrivare a metà cerimonia-
-Quindi hai tutto il tempo di trovarti un marito più decente. Che Dio sia lodato-


-E quello le sembra un vestito da indossare a un matrimonio? Beh, d'altra parte se una ha la vocazione...-
Feliks Jusupov, che della frase pronunciata da suo fratello Iosif aveva sentito solo l'ultima parola, distratto com'era dall'arrivo di Aljona Dostoevskaja e, particolare secondario, suo marito, rispose in base a quello che gli era sembrato di capire.
-È una pattinatrice fantastica, vero?
-Fantastica? Bah.
Mediocre. Decisamente sopravvalutata, credimi, solo perché ha quel bel visino angelico. Io, comunque, non parlavo certo della sua discutibile vocazione per il pattinaggio. L'unica cosa veramente innegabile di Aljona Dostoevskaja è la sua vocazione per fare la puttana-
-Ma che ti ha fatto? È sempre così gentile e simpatica...-
-Quella? Ma fammi il favore! Non per niente è di origine cosacca. Dio ci salvi dai Cosacchi, e dai Cosacchi ucraini, soprattutto!-
-Beh, in ogni caso è una strafiga, io non starei a fare tante questioni sulle sue origini-
-Contento tu!-
-Привет, Иосиф, привет, Феликс... Non per interrompere il vostro discorso su strafighe e Cosacchi ucraini, ma sai, Iosif, fossi in te io porterei rispetto ai Cosacchi, soprattutto a quelli ucraini... Pare che siano particolarmente violenti e suscettibili. Basti pensare a quell'anima candida di Taras Bul'ba e ai suoi compagni della Seč di Zaporože... Certo, loro erano del Cinquecento, ma credete davvero che siano cambiati? Uomini così rozzi, crudeli e spietati difficilmente si evolvono. E a mio parere è molto meglio così, perché c'è proprio bisogno, nel nostro secolo, di persone che non abbiano problemi a staccare la testa dal collo a chi li fa innervosire. Detto questo, buona giornata ad entrambi, e congratulazioni per vostra sorella. Zinaida è sempre splendida, a differenza vostra-
Iosif avrebbe voluto trovare qualcosa da replicare, ma Aljona
-Dio, aveva sempre detestato quella ragazzina!- era già sparita.
-Te l'avevo detto che i Cosacchi ucraini sono degli incivili-

-Però hanno il loro fascino- replicò Feliks, ammirato, e Iosif scosse vigorosamente la testa, perdendo anche l'ultima speranza di far ragionare quel decerebrato di suo fratello.
Un genio della matematica, ma gli bastava intravedere Aljona Dostoevskaja perché i suoi neuroni si inibissero completamente.


-Che volevano gli Jusupov?- si informò subito Lev, aggrottando le sopracciglia, quando Aljona lo raggiunse.
-Oh, solo qualche delucidazione sui Cosacchi ucraini-
-Stavano parlando di Cosacchi ucraini? Quei due dementi? E con che diritto?-
-Iosif sosteneva che fossimo poco raccomandabili-
-E tu?-
-Io gliel'ho confermato-
-Meravigliosa!-
Lev la strinse a sé e le baciò i capelli, più orgoglioso che mai.
-They call us problem child, we spend our lives on trial, we walk an endless mile, we are the youth gone wild! We stand and we won't fall, we're one and one for all, the writing's on the wall, we are the youth gone wild!*-
Iosif, che li stava osservando da lontano, non capì una parola dell'ultima frase di Aljona, anche perché, come tutti i russi senza alcun interesse per lo studio, aveva poche e instabili basi di inglese, ma rabbrividì ugualmente.
Tutto sommato, come tutti i ragazzi russi senza una sola goccia di sangue cosacco nelle vene e un disprezzo così evidente per i discendenti diretti di quella stirpe gloriosa quanto spietata, non avrebbe voluto davvero sapere cosa significasse
"youth gone wild".

-Kolja!-
Al grido di Aljona Lev si voltò in tutte le direzioni in cerca del suo migliore amico, finché lei non lo afferrò per il collo e lo girò a forza verso il punto in cui si era fermata la macchina di Aglaja Jusupova.
-Lì, stordito!-
-Oh, che Pugačëv sia lodato!- sospirò Lev, grato al suo mentore spirituale caucasico per aver fatto arrivare Nikolen'ka in orario, ma anche soltanto per averlo fatto arrivare.
-Dio, ha un'aria così da imbecille...- commentò Aljona, commossa.
-Khristos, ma gli sembra il caso di presentarsi al suo matrimonio con quell'espressione sperduta? Non gli ho insegnato niente, in tutti questi anni? È emozionato, comprensibile, ma così sembra uno scoiattolo volante paralizzato a mezz'aria...-
-Un petauro dello zucchero-
-Ecco, appunto.
Esattamente un petauro dello zucchero-
-Cos'è un petauro dello zucchero?-
Lev e Aljona si voltarono di scatto, e quando si trovarono faccia a faccia con lo stesso Nikolaj Igorevič Gončarov che avevano appena paragonato ad un roditore non troppo intelligente, ma di fatto era il migliore amico di entrambi, sgranarono gli occhi come se avessero visto un rospo viola a tre teste.
-Kolja? Cosa diavolo ci fai qui?-
-P-Perché?-
-Dove hai lasciato Zinaida?-
-Con sua sorella...-
-E ti sembra il caso?-
-È una persona affidabile... E mi considera un cretino, quindi dovrebbe starvi molto simpatica-
-Stai bene?-
-Hai fatto colazione?-
-Sicuro?-
-Ma sì, certo... State tranquilli!-
-Sei tu che devi stare tranquillo, Kolja. E devi stare bene e devi mangiare. Noi siamo tranquilli.
Noi siamo Cosacchi-
Se qualche genitore avesse avuto bisogno di spaventare un figlio che non voleva dormire, gli sarebbe bastato chiamare Aljona e chiederle di ripetere quella frase.
Il bambino in questione avrebbe preso sonno all'istante.
Oppure sarebbe morto di paura sul colpo.
-Sotto certi punti di vista è commovente che due Cosacchi siano tanto protettivi nei miei confronti...-
-E sotto altri?-
-Sotto altri è a dir poco preoccupante-
-Immagino di sì. Comunque, tu... No, aspetta, comunque un accidente. Dopo dovrai aprire i regali degli altri,
quindi adesso apri i nostri-
La cosa curiosa era che nella voce di Aljona non c'era niente che suggerisse che lui avesse possibilità di scelta.
Altra simpatica caratteristica dei Cosacchi.
Nikolaj pensò che se, quando fosse arrivato il momento, avesse avuto con suo figlio anche solo una minima parte dell'autorità che Aljona, pattinatrice siberiana diciannovenne alta quasi venti centimetri in meno di lui, esercitava su di lui, militare ucraino ventisettenne, avrebbe potuto ritenersi un uomo realizzato.
Al momento, però, dato che la suddetta lo guardava come se fosse stato un cucciolo di kiwi, adorabile uccellino neozelandese a rischio di estinzione, probabilmente non poteva considerarsi neanche un uomo.
C'era una cosa in particolare, infatti, che Kolja ammirava di Lev: viveva con Aljona da tre anni e non aveva ancora cominciato a frequentare un corso di autostima.
Questo sì che significava essere un vero uomo cosacco.
Quello che Kolja ignorava, invece, era che lui avrebbe avuto bisogno di un corso di autostima anche se non avesse mai conosciuto Aljona.
D'altra parte, Aljona non distruggeva l'autostima di nessuno.
La tramortiva e basta.
-Non potete avermi fatto un regalo... Non voi, insomma, non è da voi, non è da Cosacchi-
-Stai tranquillo, non è un microonde. Io non ti regalerei mai una diavoleria simile- lo rassicurò Lev, mettendogli in mano un pacchettino sottile sottile avvolto da una carta traslucida decorata con gufi colorati.
-Beh, se non è un microonde pieghevole...-

-Khristos, lo vuoi aprire?-
Aljona si stava spazientendo, e Kolja era letteralmente terrorizzato all'idea di contrariarla o peggio ancora -non osava nemmeno pensarci- farla arrabbiare.
Avrebbe potuto bruciarlo vivo.
-Subito-
-Bravo-
La prima cosa in cui Nikolaj si imbatté scartando il pacchetto fu un collage stampato su carta lucida, ma non riuscì a riconoscere il ridente ragazzo biondo dai capelli lunghi e la ragazza bruna vestita di bianco accanto a lui e rivolse ad Aljona uno sguardo interrogativo.
-Sono molto belli, ma...-
-Guarda a destra, riesci? No, non alla tua destra, per l'amor del cielo,
il lato destro del collage!-
-Oh... Beh... Questi...-
-Sì, ti prego, vai avanti...-
-Siamo io e Zinaida-
-Grazie a Dio!
Ti sei riconosciuto!-
-Ma gli altri due...-
-Esattamente, Niko, quando sei diventato analfabeta? Stanotte? C'è scritto, proprio lì, in basso a sinistra. E in alto a destra c'è la mia dedica, ma pensavo saresti riuscito a leggerla da solo... Idea un po' azzardata, in effetti-
-Ma smettila... Oh, ecco,
John Francis Bongiovi Jr e Dorothea Rose Hurley, Las Vegas, Graceland Wedding Chapel, 29th April 1989. Fantastico. Questo è il tizio di cui hai tutta la discografia, videografia e un nastro registrato di starnuti?-
-Esattamente. A parte gli starnuti, che purtroppo mi mancano. E per me, quella di Jon e Dorothea, è davvero la storia d'amore dei sogni. Quindi, beh,
prendilo come un complimento-
Dorogoy Kolja, ya posporyu vy budete krasivyy kak oni. Mnogo lyubvi, tvoya Aljonka.
Caro Kolja, scommetto che voi sarete belli come loro. Con affetto, la tua Aljonka.

-Oh... Ma per me è la vostra, quella di te e Lev, la storia d'amore dei sogni... E poi questo tizio assomiglia spaventosamente a Lev!-
-Quello non è un tizio, Kolja.
Lui è Dio- sibilò Aljona, e Nikolaj si impose di non rabbrividire.
-E Lev?-
-Lev è il mio Lev.
È molto più di Dio-
-Oh, su questo sono d'accordo-
-Anch'io- aggiunse Lev, serafico.
-Ora leggi anche il mio biglietto, però-

Il biglietto di Lev non includeva rockstar americane, con grande sollievo di Kolja, la cui cultura sulle rockstar americane, che si poteva tranquillamente estendere alla sua cultura sulle rockstar in generale, era pari a quella che aveva sulle processionarie.
La foto incollata sull'estremità superiore del cartoncino color lavanda fece trasalire il ragazzo, perché era la prima in assoluto che immortalava lui e Lev insieme.
Risaliva al 2002, l'anno in cui si erano conosciuti, ed erano seduti al tavolo della cucina dei Puškin davanti a due enormi fette di torta ai cereali e biscotti accompagnate da altrettante tazze di thè.
Da quando Fëdor aveva scoperto che Nikolaj adorava in quella torta, infatti, faceva in modo di prepararla almeno una volta alla settimana, e quel giorno ne aveva fatta una apposta per lui, da portare a casa, abbondantemente spolverata di zucchero a velo e già bella incartata in un foglio di alluminio.
Appena l'aveva vista, Kolja lo ricordava bene, anche se erano passati quindici anni, l'allora tredicenne ucraino aveva sgranato gli occhioni azzurri a tal punto che lo stesso Fedja aveva guardato la torta con meraviglia, come se si fosse improvvisamente messa a camminare per il tavolo intonando l'inno nazionale russo.
C'era perfino quel bigliettino con il suo nome, Для Коля, Per Kolja, e nessuno, tranne ovviamente sua madre, gli aveva mai dedicato una torta.
Gli erano venuti gli occhi lucidi, Fedja gli aveva accarezzato i capelli e se da quel momento in poi la nostalgia di suo padre era stata un po' meno crudele era stato grazie a lui.
Lev aveva finito i compiti di grammatica russa in un tempo che a Nikolaj non era sembrato superiore ai tredici secondi, e poiché Kolja aveva un rapporto terribile con la grammatica russa, se proprio vogliamo azzardarci a dire che lui e la grammatica russa avessero un rapporto -non che con la grammatica ucraina ne avesse uno migliore-, aveva fatto anche i suoi, anche se il suo amico era due classi più avanti.
Sotto quella foto c'era una citazione, con relativa traduzione in ucraino che poteva essere stata solo opera di Aljona, dato che l'ucraino di Lev faceva francamente schifo.


As we stood there older than men
And younger than the boys
That's right
We were as still as the wind
That blows on a hot August night

And you were lonesome as a jukebox
But deadly just the same
I could be as gentle as a newborn
Then spit into the eye of a hurricane


I guess you'd say we had a pact
These words we knew so well

That's right
Still they remained unspoken
And we'd take them to the fiery gates of hell


Once I was afraid of love
But when it's your brother those things change

'Cause love is just another word for trust
So hear me when I say


Never say die
Never say no
You got to look 'em in the eye and don't let go
When it's your own blood you'll bleed
And your own tears you'll cry
When you're brought up to believe
That it's the strong who survive
Never say die
(Never Say Die, Jon Bon Jovi)


Poi c'era la prima foto che avevano fatto dopo la scarcerazione di Lev, sempre a casa Puškin, davanti alla torta carote e yogurt che Fëdor aveva preparato per l'occasione, e Lev aveva scritto su un tovagliolo la loro frase preferita di Bobby Jean di Bruce Springsteen, riadattata per loro.
We are the wildest, the wildest thing we'd ever seen.

E la citazione sottostante non poteva essere nessun'altra.


Now you hung with me when all the others turned away, turned up their noise
We liked the same music, we liked the same bands, we liked the same clothes
We told each other that we were the wildest, the wildest things we'd ever seen


Now we went walking in the rain talking about the pain from the world we hid
Now there ain't nobody nowhere nohow gonna ever understand me the way you did
(Bobby Jean, Bruce Springsteen)


[...]


Well, we busted out of class
Had to get away from those fools
We learned more from a 3-minute record, baby
Than we ever learned in school


Well, now young faces grow sad and old
And hearts of fire grow cold
We swore blood brothers against the wind
Now I'm ready to grow young again
And hear your sister's voice calling us home
Across the open yards


'Cause we made a promise we swore we'd always remember
No retreat, baby, no surrender
Blood brothers in the stormy night
With a vow to defend
No retreat, baby, no surrender
(No Surrender, Bruce Springsteen)


L'ultima foto era esattamente l'ultima che avevano fatto, il giorno prima, seduti al loro tavolino preferito de I Cosacchi dell'Ob', quello sotto il ritratto di Pugačëv.
L'aveva scattata Aljona, ed era per quello che davanti a loro c'erano tre tazze di cioccolata e tre crêpes alla nutella.
Nella prima avevano undici e tredici anni, in quella ventisei e ventisette, e nonostante tutto i loro sorrisi non erano cambiati.
Lev aveva sempre i capelli un po' troppo lunghi, Nikolaj aveva sempre problemi con la grammatica russa, ma le cose importanti erano sempre le solite due.
Che stessero bene e che mangiassero.


Woke up to the sound of pouring rain
The wind would whisper and I'd think of you
And all the tears you cried, that called my name
And when you needed me I came through


We've had our share of hard times
But that's the price we paid
And through it all we kept the promise that we made
I swear you'll never be lonely
(I Remember You, Skid Row)


[...]


Remember when we were young
Just two kids on the run
With our fists full of dreams


Took it awhile, playin' it cool
Stayed up late, cuttin' school
While lightin' cigarettes, like James Dean


Together we stand
Well, its just you and me
So baby, hold on and you'll see
Forever we stand
And we'll make it through
'Cause I know that I can't live without you

(Forever, Skid Row)


-Tu... Tu sei un bastardo e un infame-
Se non fosse stato in lacrime, forse Nikolaj sarebbe riuscito ad essere più convincente.
-E tu...
Tu sei sua moglie!-
Con queste parole ovviamente si rivolse ad Aljona, che probabilmente sapeva già di essere la moglie di Lev
-ragazza sveglia, la Dostoevskaja-, e scosse la testa, con la voce sempre più incrinata.
-Ma perché... Khristos... Siete così stupidi...
E dolci... E meravigliosi? Non è giusto...-
-Neanche il fatto che tu sia stupido è giusto, ma vedi, noi l'abbiamo accettato lo stesso- gli spiegò Aljona, in tono quasi materno.
-Grazie, in ogni caso. Non per avermi dato dello stupido...
Per avermi fatto sentire meraviglioso, prima di darmi dello stupido-
-Oh, ma tu
sei meraviglioso. Stupido, ma meraviglioso. E non sai quanto-
Aljona prese la mano di Nikolaj e poi quella di Lev, le mise una sopra l'altra e infine vi appoggiò la sua.

-Blood on blood, one on one*... We are the youth gone wild!*-


We stare at the sun

And we made a promise
A promise this world

Would never blind us
And these were our words
Our words were our songs
Our songs are our prayers
These prayers keep me strong

And I still believe

(In These Arms, Bon Jovi)


-A... Aljona, giusto? Potrei parlarle un momento?-
Padre Aleksej aveva usato un tono cauto, lo stesso che si sarebbe potuto usare per convincere un pericoloso criminale a non fare del male a nessuno.
Aljona, dal canto suo, gli rivolse un bel sorriso che avrebbe voluto essere incoraggiante, ma era piuttosto difficile essere tranquilli, quando la nipote di un Cosacco ucraino moglie di un Cosacco siberiano sorrideva.

-Ma certo!-
-Ecco...
Lei che rapporto ha con l'Onnipotente?-
Il sorriso di Aljonka, se possibile, aumentò, e la pressione di padre Aleksej diminuì, ma non certo perché subiva il fascino della giovane pattinatrice.
-Oh, ascolto le sue canzoni da quando sono nata!-
Il povero pope impallidì.
-Le sue...
Canzoni?-
-Certo! Tutte! Ma perché guarda in alto? Non è ancora morto, per fortuna... Anzi, proprio oggi compie cinquantacinque anni!-
-Di chi... Di
chi sta parlando, esattamente?-
-Di Jon Bon Jovi, ovviamente. Quanti altri Onnipotenti ci sono? Oh, beh, mio marito, certo. E Keith Richards, perché quanti uomini conosce che si sono fumati di tutto e suonano ancora così divinamente? Basta, mi pare, no?
Ne conosce altri?-
-Gesù Cristo...- sussurrò il pope, troppo smarrito per riuscire a conferire un'inflessione determinata alla sua voce.
-Oh, lui... Un bel tipo, mi è sempre stato simpatico! Originale per la sua epoca-
-Già...
Molto originale. Lei quindi non è credente?-
-Perché no? Credo nel rock, nei Bon Jovi, nei Cosacchi, nel thè... Nei Rolling Stones, insomma, chi non crede negli Stones? In quel maledetto genio di Keith Richards? Nei Beatles, logicamente... D'altra parte stiamo parlando di gente che ha fatto la storia della musica!-
-Io, veramente...
Stavo parlando di religione-
-Ah. Sicuro che io sia la persona giusta? Perché vede, i miei genitori hanno sempre risparmiato sulle babysitter, e invece di mettersi in casa una sconosciuta che poi magari avrebbe cominciato a fumare e guardare la televisione anziché badare a me mi hanno mandata da Anatol' Bezuchov, il padre della mia migliore amica Khadija, che fumava
sicuramente almeno venti sigarette al giorno e passava la giornata a suonare la chitarra a volume improponibile o a sentire cd nello stereo a volume altrettanto improponibile, cose che del resto fa tuttora. Avrei potuto crescere completamente intossicata e completamente sorda, e invece mi sono fatta una cultura musicale. Quando a sette anni a scuola mi hanno chiesto cosa volessi fare da grande e ho risposto Keith Richards c'è stata qualche perplessità, e anche quando ho chiesto ai miei se potessimo telefonare a Jon Bon Jovi per sapere come stesse e se fosse arrivato a casa, dato che in Wanted Dead Or Alive diceva "I drive all night just to get back home" e "I still drive, dead or alive"... Deve capirmi, avevo una tale paura che avesse fatto un incidente! Ma in fondo sono cresciuta bene, no? Certo, non sono diventata Keith Richards, ma come pattinatrice non sono male. Mi dispiace se non so molto di religione, ma è sicuro che il rock non sia una religione?-
-Ne sono abbastanza sicuro, Aljona-
-Oh... Beh, peccato. Comunque se vuole un giorno o l'altro le presto qualche cd-
-La ringrazio. Può... Andare, adesso-
-Aspetti! Jon dice, in
Bed Of Roses: "While we're talking about all of the things that I long to believe, about love, the truth, what you mean to me, and the truth is: baby, you're all that I need". E Bed Of Roses è dedicata a sua moglie, Dorothea... Quindi Jon crede in Dorothea. L'amore è una religione, vero?-
-Sì...
Sì, questo sì- concesse il pope, ora più intenerito che terrorizzato.
Aljona sorrise, raggiante, e per la prima volta da quando era in sua compagnia sorrise anche Aleksej.
-E poi se guarda sul libretto di
Cross Road -non so se lei abbia Cross Road, ma se lo dovrebbe proprio procurare- Jon ha scritto: "Thanx for believin'. J. B". Quindi i Bon Jovi sono una religione, vede?-
Il sorriso del pope svanì.
Non si poteva chiedere troppo.


I was a little boy of 9 years old
The whole world in my hands
Trying to toss that ball across the yard
A game of catch with my old man


He would always say I'm sorry
Every time he had to leave
And I was much to young to understand
When he would say to me


When you're young you always think
The sun is going to shine
There will come a day
When you have to say hello to goodbye
Sit down, son, take my hand
Look me in the eye
Take these words
Promise me
You'll live before you die

(Live Before You Die, Bon Jovi)


-Credo che ci sia un altro regalo per te, ragazzino. E ci sono anche i tuoi tre fratelli, ma loro non te li abbiamo mai spacciati per regali, sapevi benissimo che sarebbero stati delle palle al piede. A parte Sonja, che è un angelo-
Quella voce così simile alla sua, ma in un certo modo più dolce, come carezzevole, aveva sempre avuto il potere di fargli illuminare gli occhi, e ci riuscì anche quel giorno.
-Papà!-
Come Nikolaj si girò, era già fra le braccia di Igor' Gončarov.
Lidija era andata ad aspettarlo in aeroporto con Sof'ja, Sokrat e Ksenofont, e adesso erano lì...
Insieme a Lev, Aljona e Fëdor, che si era fermato a chiacchierare con Sergej e Anatol' davanti a un nutrito gruppo di amplificatori Marshall, tutta la sua famiglia.
Sonja, che indossava un delizioso abitino di pizzo azzurro chiaro con ballerine di vernice dello stesso colore e aveva i capelli biondi sciolti lungo la schiena, gli sorrise da dietro il padre, anche se, essendo Igor' alto un metro e novanta, ci mise un po' a farsi vedere dal fratello.
Lei l'aveva aiutato a scegliere i vestiti per il matrimonio, e avrebbe potuto essere solo lei, la stessa nobile creatura che aveva accompagnato Lev per negozi tre anni prima, e non aveva sbranato vivo nemmeno Nikolaj quando si era arrischiato ad obiettare che forse la camicia adocchiata da Sonja era
"troppo bianca".
Igor' tese al figlio una piccola tela rettangolare, già incorniciata, e a Kolja bastarono pochi secondi per riconoscere la finestra al piano terra di un condominio azzurro, che spostando la tenda color crema dava sul marciapiede di vulytsya Akademika Vil'yamsa, all'incrocio con vulytsya Moskovs'ka, dove Nikolaj e i suoi amici del Ginnasio di Kiev, Boris e David, giocavano a calcio finché non finivano addosso a qualche cliente del Ristorante Schast'ye o studente della КНУБА, la Kyyivskyy natsional'nyy universitet budivnytsva i arkhitektury, l'Università Nazionale di Costruzione e Architettura di Kiev, che si trovava lì a due passi.
Ricordava tutto, il corridoio dalle pareti costellate di disegni di suo padre, la cucina che Igor' aveva ridipinto di bianco insieme a Roman, il suo migliore amico, che alla KNUBA ci si era laureato, perché doveva essere
"vsi yaskravo dlya Lidiyi i Koli", tutto luminoso per Lidija e Kolja.
Avrebbe anche potuto avere nostalgia, ma a Kiev non aveva Lev, Aljona e Zinaida.
A Kiev non era mai stato così felice.


Trovare Lev era stato il primo problema.
I testimoni dovevano accompagnare in chiesa gli sposi, ma si dava il caso che il testimone dello sposo si fosse infrattato dietro la chiesa con Aljona, e Nikolaj e Fëdor avevano dovuto separarli a forza.
Durante la prima parte del matrimonio ortodosso, la cerimonia del fidanzamento, padre Aleksej aveva benedetto Nikolaj e Zinaida tre volte e aveva consegnato loro il cero acceso con cui avrebbero dovuto andare all'altare, e qui l'uso del condizionale non è casuale.
Gli anelli avrebbero dovuto essere sull'altare, e sarebbe stato il pope a darglieli, dopo aver disegnato tre croci sulle loro teste.
Non era difficile: Lev doveva dare gli anelli a padre Aleksej e quest'ultimo a Kolja e Zinaida.
Ma Lev era sparito, e gli anelli erano nella tasca dei suoi jeans.
Ora Lev era tornato, ma non c'era stato tempo di consegnare le fedi a padre Aleksej, pertanto... Erano ancora nella sua tasca.
Già.
Quindi avrebbe dovuto tirarli fuori.
Lo fece.
E si ritrovò in mano il reggiseno color lavanda di Aljona, che ignorava di avere in tasca -
davvero!
-Ecco dov'era!- gridò Aljona, dal primo banco di sinistra della chiesa.
-Ah... Ecco...
Bene... Davvero, non so come... Perché gliel'ho tolto io, sicuro, ma un paio di sere fa, e non vedo come potrei averlo infilato in tasca, di solito mi limito a toglierglielo e a lanciarlo dove capita... E poi Al lo ritrova sempre, anche perché questo è il suo preferito... Sì, ecco, forse questi sarebbero argomenti da trattare in un'altra sede e in un altro momento. Scusate per, come dire... L'interruzione-
Sotto gli occhi sbarrati di padre Aleksej, dei due ormai quasi -forse- sposi e di tutti gli invitati Lev corse da Aljona e le restituì il reggiseno.
-Ma come hai fatto oggi? H
ai il vestito blu... Non ti serviva?-
-Oh, no, non preoccuparti, ho messo quello blu, che è proprio della stessa tonalità del vestito-
-Quello blu?-

-Lo conosci, è uguale a questo lavanda, ma è blu.
Stasera te lo faccio vedere-
-Fantastico...-
Lev le sfiorò una guancia, le sistemò meglio la lunga treccia bionda sulla spalla sinistra e la baciò esattamente come stava facendo quando Kolja e Fedja erano intervenuti a separarli.
Sokrat coprì gli occhi a Ksenofont, che con i suoi sedici anni era il più piccolo dei presenti, anche se in realtà Ksen era molto interessato alla scena, e padre Aleksej fu sul punto di scoppiare a piangere, ma non certo per la commozione.

Anche Lev e Aljona erano stati benedetti tre volte, tre anni prima, ma evidentemente non aveva fatto effetto.
Fu Nikolaj, inaspettatamente, a riportare la quiete al suo matrimonio.
Raggiunse il suo migliore amico, lo afferrò per la giacca di pelle e lo portò via da Aljona, trascinandolo lungo la navata.
-L'ho sempre saputo che sei uno stronzo, ma ascoltami bene:
ne segodnya-
Non oggi.
-Scusa...-
-Scusa un cazzo-

Kolja lasciò andare Lev solo quando furono di nuovo di fronte al pope e rivolse a quest'ultimo un sorriso raggiante.

-Possiamo continuare-

-Нет...- mormorò però padre Aleksej, che già da qualche secondo aveva perso di vista i due ragazzi, distratto da un'altra
-un'altra!- presenza anomala nella sua chiesa.
-Scusi?- sibilò Kolja, definitivamente sull'orlo di un crollo nervoso.
-Quello...
Quell'animale. Chi l'ha fatto entrare?-
-Si riferisce a Lev? Io, purtroppo, e non sa quanto mi dispiace-
-No... Quel...
Volatile-
-Volatile?-

Nikolaj seguì lo sguardo del pope, e se avesse avuto il tempo di diventare isterico quella sarebbe stata l'occasione perfetta.
Iosif Jusupov non se n'era accorto, perché stava sussurrando qualcosa a Feliks ed entrambi guardavano Aljona, il primo disgustato e contrariato, il secondo ammirato e vagamente ebete.
Ma Nikolaj, padre Aleksej, Lev e Zinaida seguirono con estrema attenzione tutta la scena.
Un corvo decisamente in carne e dal folto piumaggio di un nero lucente, con una splendida aria fiera, tronfia e sprezzante del mondo, del pericolo e soprattutto del matrimonio di Nikolaj e Zinaida, era chissà come entrato in chiesa, era appena balzato agilmente sul banco su cui erano seduti i fratelli Jusupov e stava puntando dritto verso Iosif.
Un attimo dopo gli assestò una beccata in un fianco.
L'attimo dopo ancora Aljona applaudì, deliziata.
-Oh, che stellina!-
A quel punto Lev, Nikolaj e Zinaida scoppiarono a ridere, perché in fondo non c'era veramente altro da fare.
Concluso l'ennesimo intermezzo inopportuno, padre Aleksej finì di celebrare il matrimonio.
Che ci crediate o no, il corvo volò fino al banco di Aljona e, avendo riconosciuto nella pattinatrice cosacca un'anima affine alla sua, rimase pacificamente accovacciato accanto a lei durante tutta la cerimonia.
Fu uno degli ultimi "invitati" a uscire dalla chiesa.


Subito dopo la cerimonia, Fëdor era sparito.
Lev e Aljona avevano ripreso a baciarsi, quindi fosse stato per loro avrebbe anche potuto essere divorato dai corvi, ma Nikolaj si era accorto della sua assenza e non era tranquillo.
Diciamocelo, Kolja non era
mai tranquillo.
Ma lo si può davvero biasimare?
Dopo circa venti minuti, in ogni caso, Fedja era ricomparso, assolutamente raggiante, ma con uno strano pacchetto sottobraccio.
Passando accanto a Lev e Aljona aveva tirato la treccia ad Al
-gliel'aveva fatta lui quella mattina, ne aveva tutto il diritto!- e scompigliato abbondantemente i capelli di Lev -ne aveva così tanti, era divertente-, e infine si era fermato accanto a Nikolaj, che, mentre tutti gli altri erano seduti ai tavoli de I Cosacchi dell'Ob' e sbocconcellavano biscotti, crêpes e fette di torta al cioccolato -il concetto di "pranzo" non sarebbe mai entrato nelle teste già piuttosto bacate degli abitanti di Nostal'hiya, almeno finché avessero continuato a fare i ricevimenti di nozze in una crêperia- e Zinaida era stata rapita dalle sue sorelle, era rimasto in piedi a parlare con suo padre.
-Per un tale Nikolen'ka Gončarov- esordì Fëdor, strizzando l'occhio a Igor'.
-Fedja! Stai bene!
Sei qui!-
-Beh, Niko, è Tolik quello che non ha la patente, io il motorino l'ho sempre saputo guidare. Tu, piuttosto, non hai mai pensato di fare qualcosa per l'ansia?-
Igor' soffocò una risata, mentre Kolja lo disatomizzò con lo sguardo.
-Non posso fare niente per l'asia,
voi siete la mia ansia! Tu, quel bastardo infame di tuo figlio e quella piccola vipera subdola e malefica che ha sposato. Chiaro? Comunque, di cosa avevi bisogno?-
-Beh, qui ci sarebbero una torta biscotti e cereali, una yogurt e carote e due vassoi di biscotti, alle noci e al cioccolato fondente. I primi sono tondi, gli altri sono a forma di N e di Z. Sono per te e Zinaida, quindi teneteli lontani dagli altri avvoltoi e mangiateli domani a colazione. Buon compleanno... Cioè, cosa caspita si dice a chi si sposa, congratulazioni, buona fortuna. Ti voglio bene, eh. Fin dal primo momento in cui sei entrato in casa mia con quell'aria da zarevič di periferia, che dicevi di volerti arruolare e non puoi neanche immaginare quanto ti brillavano gli occhi, ma parlavi in un sussurro e avevi una paura folle di disturbare e dire qualcosa di sbagliato. Che io sappia, non l'hai mai fatto. E poi, Niko, davvero...
Io lo sapevo, che eri forte abbastanza-


Quando scese dal solito palco improvvisato de I Cosacchi dell'Ob', sul quale però, grazie al cielo, la sua Ludwig entrava perfettamente, Ippolit Georgievič Bulgakov stava morendo di fame.
Adorava i biscotti indiscriminatamente, quindi passando di fianco a un cestino di simpatici ferri di cavallo ricoperti di noci non si sforzò neanche di capire cosa fossero, ma ne afferrò direttamente una manciata.
-Come li trovi?- gli gridò qualcuno dall'altra parte del tavolo, per farsi sentire nonostante la confusione, e Ippolit, che era sempre sovrappensiero e al momento, avendo appena finito di suonare, particolarmente stanco, sussultò.
-Dici a me?- chiese, smarrito, guardandosi intorno.
-Sono qui. Prima ero lì... Ma ora sono qui, sì, ecco, magari evitiamo i convenevoli. Ti piacciono? Sono i miei biscotti-
La persona che aveva parlato evidentemente aveva fatto il giro per raggiungerlo, ed era una ragazza bruna non molto alta, uno scricciolo in confronto a lui, con una cascata di capelli mossi castano scuro che le arrivavano alla vita, vivaci occhi scuri dalle lunghe ciglia accentuate dal mascara, un vestito a tubino bianco con una scollatura tonda e stivali neri con il tacco.
Non esattamente il genere di ragazza a cui un povero batterista dal carattere meno hard del rock che suonava avrebbe voluto rubare i biscotti.
-I tuoi? Oddio, scusami, mi dispiace, non sapevo...-
-Di cosa accidenti ti devi dispiacere? Sono contenta che ti piacciano! Li ho portati apposta!-
-In... In che senso?-
-Oddio. Allora. Io sono bosniaca. O meglio, innanzitutto sono Lucija. Lucija Cvetić. Sono nata a Sarajevo, ma la mia nonna paterna è croata e mia madre è di origine serba-
-Piacere, Ippolit Georgievič Bulgakov. Sono siberiano, nato a Novosibirsk, la mia nonna paterna è siberiana e mia madre è siberiana-
-Tutti siberiani?-
-Proprio tutti-
-Oh. Vabbé,
capita-
-Immagino di sì. In ogni caso, dicevo, io sono amica di Aglaja, la sorella di Zinaida, e di Zinaida, e appunto sono bosniaca, quindi ho preparato gli
orasniča per il matrimonio di Zinaida. Per questo dicevo che sono i miei biscotti. Volevo solo sapere come li trovavi-
-Oh, certo... Beh, caspita, sono fantastici. Non ho assolutamente capito come si chiamano, ma sono favolosi-
-Orasniča. E grazie, davvero, è fantastico che ti piacciano. Ci tenevo-
-Che mi piacessero?-
Lucija lo guardò in modo strano, come pensierosa, poi sorrise e scosse la testa.
-Ci tenevo che piacessero in generale. E, a proposito, tu sei bravo a suonare-
-Io? Oh, grazie, ma rispetto a Taylor Hawkins*...-
-Taylor Hawkins è inarrivabile. Ma per certi versi tu gli somigli abbastanza. Hai un tuo stile, ma sei bravo quasi quanto lui-
-Tu...-
-Lavoro con Aglaja all'Eversong, il negozio di dischi che c'è ad Oktjabr'skij*, e, fra le altre cose, ho consumato
Wasting Light*-
-La batteria in
Back & Forth*...-
-Divina-
-Aspetta, hai detto che lavori all'Eversong?! Oddio,
questo è divino! Io ho la tessera dell'Eversong!-
-Sei socio?-
-Con più di mille punti!-
-Allora sbrigati, prendi tutti gli orasniča che sono rimasti e andiamo a sederci da qualche parte-
-Tutti?- sorrise Ippolit, lusingato, ma un po' preoccupato all'idea di rapire una decina di biscotti bosniaci.
-Certo! Detto fra noi, preferisco che li mangi un batterista socio dell'Eversong con più di mille punti che quel ragazzino imbronciato che parla sempre male di tutti... Iosif, il fratello minore di Aglaja e Zinaida.
Dio, ogni volta che lo vedo vorrei decapitarlo con un vinile-


If I gave a damn

Of what you thought

I'd give you the bottle and ask

Now the streets are dead

And I'm ashamed

Think I'll go call upon my past

I'm all out of hope

I'm all out of you

There's nothing left

There's nothing new

And your judgement day

Is long past due

Now what am I supposed to do?

(Blindsided, Black Star Riders)


Il ragazzino imbronciato che parlava sempre male di tutti, intanto, si era avvicinato di soppiatto ad Aljona in un momento in cui non era circondata dai suoi Cosacchi e le aveva rivolto un lungo sguardo di compatimento.
-Dunque, a quanti marmocchi siamo, adesso?-

Aljona si accorse della sua occhiata sprezzante e si mise subito, non a torto, sulla difensiva.
-Siamo?!-
-Siete, tu e il tuo Cosacco-
-Tre-
-In tre anni-

-Problemi?-
-Oh, no, io no... Solo che, sai com'è... Il tempo passa... L'anno prossimo ci sono le Olimpiadi Invernali, e tu, ovviamente, nelle tue condizioni... Ma capisco, sai, nella vita si fanno delle scelte... O pensi alla carriera, agli allenamenti e alle gare, o scopi con tuo marito. E tu chiaramente hai fatto la tua scelta, la più consona alla tua personalità e al tuo stile di vita. Niente di male. Ognuno ha le sue priorità. Quand'è stata l'ultima gara che hai vinto? Vienna, aprile 2014... 29 aprile, giusto? Tre anni fa... Già, mi ricordo. Belle coreografie. Al tuo posto proverei nostalgia, ma immagino che tu sia contenta così. Con il tuo Cosacco, che sicuramente ti tiene molto impegnata, vista la vostra straordinaria prolificità, i vostri splendidi bambini, che tra poco saranno tre, e non fate in tempo a vederne uno in faccia che già ne aspettate un altro... Sì, decisamente non hai tempo per pensare al pattinaggio. Ormai appartiene al passato. Peccato. Eri bravina, sai? Niente di eccezionale, ma bravina... Facevi la tua bella figura. Cos'altro posso dirti? Buona fortuna con i marmocchi, presenti e futuri. Suppongo che si moltiplicheranno ulteriormente. Salutami tuo marito e... Divertitevi-
Quando Iosif finalmente tacque, Aljona era ammutolita.
Cerea in volto, con la gola secca e il cuore che le martellava.
Iosif sorrise e fece per alzarsi, ma la ragazzina si girò di scatto e gli tirò uno schiaffo in pieno viso.
-Ascoltami bene, bastardo...-
sibilò, afferrandolo per il colletto della camicia.
-Potrei anche perdere tempo a risponderti punto per punto, ma come tu stesso hai detto sono molto impegnata... Ci terrei solo a farti presente che la gravidanza mi impedisce di pattinare a livello agonistico, ma non di usare un pattino per decapitare uno stronzo a livello amatoriale. Ti ringrazio per il tuo evidente interesse per la mia vita sessuale, ma mi vedo costretta a sottolineare che purtroppo per te non ti riguarda, e per concludere, se hai qualcos'altro da dire ti pregherei di farlo adesso, prima che ti lasci il collo, perché come continui a ripetere sono incinta e mi seccherebbe molto doverti inseguire, dato che strangolare una persona richiede già uno sforzo fisico che nelle mie condizioni sarebbe meglio evitare... Ma sono disposta a correre il rischio-
-Non ho nient'altro da dire...-
mormorò Iosif, a cui cominciava a mancare l'aria.
Proprio in quel momento aveva scorto con la coda dell'occhio Nikolaj Gončarov, ormai suo cognato, che guardava dalla loro parte con un certo interesse, mentre parlava con Lev Puškin.
Lev Puškin che, se avesse notato o anche solo sospettato che lui aveva mancato di rispetto alla sua piccola, isterica e violenta moglie cosacca, l'avrebbe massacrato senza pietà, nello stesso stile di "massacrare senza pietà" che era molto in voga nelle rivolte cosacche del sedicesimo e diciassettesimo secolo.
-Mi dispiace, scusa- provò a rimediare, ma Aljona gli tirò un altro schiaffo, ancora più forte del primo, e poi lo lasciò andare.
Erano in un angolo piuttosto appartato del locale, c'era molta confusione e le poche persone che li avevano visti non erano rimaste minimamente turbate dalla scena.
Erano a Nostal'hiya e Aljona era la moglie di Lev Puškin.
Finché non fosse intervenuto quest'ultimo, la situazione sarebbe stata ancora sotto controllo.


"I hope society is happy because I need to take a rest"

(Richie Sambora)


[...]


And as that boy put his head on her shoulder
She pulled him tight to get a bit closer
And as the world just disappeared
You whispered in my ear


Think I might have pushed my luck a time or two
Everything about us is what gets me through
I never thought I'd hear the church bells ringing

(Saturday Night Gave Me Sunday Morning, Bon Jovi)


Congedato Iosif, se così si poteva dire, Aljona si allontanò, ancora agitata, perché le parole del ragazzo l'avevano ferita più di quanto avesse permesso di capire a lui, e si imbatté in Feliks, che come al solito la guardò come se fosse stata la Miss Russia in carica.
Sostanzialmente era innocuo, ma sapeva essere irritante come pochi.
-Ehi, Al...- la chiamò, con una confidenza che se l'avesse sentito Lev gli sarebbe valsa un volo sul satellite più vicino, dove, ad essere sinceri, in quel momento l'avrebbe spedito molto volentieri anche lei.
-Non avresti un reggiseno anche per me?-

-Tutti quelli che vuoi, chiedi pure a Lev. È lui che si occupa dei miei reggiseni-
Il sorriso idiota di Feliks si pietrificò e Al passò oltre.
Raggiunse Lev e Kolja e si appoggiò distrattamente alla spalla del marito, senza dire una parola, sperando solo che nessuno dei due notasse il suo sguardo mesto.
-Tutto bene?- le sussurrò Lev, passandole un braccio intorno alla vita, e lei mugugnò un -Да- piuttosto atono.
-Ti va una cioccolata?-
-Magari...-
-Vado a prendertela-
-Oh, grazie...-
-Figurati-
Aljonka sorrise, irrimediabilmente intenerita, e Nikolaj la guardò attentamente negli occhi.
Forse non poteva immaginare che lei stesse pensando proprio a quel 29 aprile 2014 a Vienna, l'ultima gara che aveva vinto, portando This Ain't A Lovesong per il programma corto e Bed Of Roses per il programma lungo, le sue due canzoni preferite, ma anche le più strazianti...
Forse non lo sapeva, ma se lo ricordava perfettamente anche lui, che appena era finita la sua esibizione Aljona era scoppiata in lacrime, perché quella sarebbe stata la sua ultima gara per molto tempo e quel mondo le sarebbe mancato da morire, anche se l'anno dopo avrebbe avuto il suo piccolo Nikolaj, il suo primo figlio, e aveva sempre Lev, che la adorava quasi più di quanto fosse possibile e le ripeteva che sarebbe andato tutto bene, che quella non era certo la fine, che lei sarebbe tornata a pattinare, a vincere, a splendere, e sarebbe stata sempre una pattinatrice, anche quando fosse stata in ospedale con Nikolaj o a casa a riposarsi...
Sarebbe tornata lì, nessuno le avrebbe mai portato via quella vita, perché era l'unica, la più bella e la più sua che conoscesse.
E poi era stata annunciata la sua vittoria, aveva pianto ancora, aveva abbracciato Maya, Miljena Trzesniewsky-Marić, la campionessa austriaca, che aveva vinto per la categoria del pattinaggio a coppie e con cui Al aveva fatto amicizia prima della gara, si erano congratulate a vicenda e Maya aveva capito come si sentiva, l'aveva consolata e incoraggiata e si erano ripromesse di vedersi per una cioccolata e un giro di shopping sia per loro che per Nikolaj, perché non potevano ancora sapere il sesso, ma anche Maya era convinta che sarebbe stato un maschio e si sarebbe chiamato Nikolaj.
Alla fine lei e Lev avevano salutato tutti ed erano andati via, erano tornati al loro albergo, prima degli altri perché Al aveva bisogno di stare un po' da sola con lui, lui che le aveva sussurrato "I wanna lay you down in a bed of roses" e Aljonka aveva pianto ancora di più, ma l'aveva anche stretto forte e riempito di baci fino a rimanere senza fiato.
La sua ultima gara, già.
Forse Kolja non poteva indovinare ogni suo singolo pensiero, nessuno poteva, forse nemmeno Lev, ma sapeva che Iosif l'aveva ferita.
Le passò un braccio intorno alle spalle, la strinse a sé e rifletté ad alta voce:
-Sai, Aljonka, probabilmente io ero, uhm... Relativamente isterico riguardo ad oggi-
Solo probabilmente e relativamente, certo.
-Però vedi, adesso, alla fine, nonostante tutto quello che avete combinato tu, Levočka e quel corvo spuntato dal nulla, che tra l'altro, tempismo a parte, ha tutta la mia stima... Ecco, io la metterei così, mi pare che anche una delle tue canzoni preferite dicesse qualcosa del genere: potrei aver detto di sì, ma ho riso così tanto che credo di essere morto-
E in quel momento, finalmente, mentre Lev li raggiungeva con una bella cioccolata fumante di quelle che a Novosibirsk sapeva fare solo Stanislav Baškov, rise anche Aljona.


Joey comes from a sacred part of town

Where sometimes you talk so tough

Your feet don't touch the ground


Sometimes this town ain't pretty

But you know it ain't so bad

Just like a girl who looks so happy

Whe inside she's so, so sad

In here we got this code of honor

Nobody's going down

You don't walk in vain

Trough the kid's parade

'Cause this is my hometown

(Wild In The Streets, Bon Jovi)



Note


I kept my faith, I still believe: Just Older, Bon Jovi.
I might have said yeah, but I laughed so hard I think I died: Bed Of Roses, Bon Jovi.



*Periodo These Days: 1995, quando è uscito These Days, il sesto album dei Bon Jovi, e Jon portava i capelli lunghi fino alle spalle.
*Ty ponyala? Hai capito?
*Shoot 'em up: Citazione di 18 And Life degli Skid Row.
*Citazione di
Out In The Street di Bruce Springsteen. Nel testo originale, non modificato da Nikolaj, la parte finale sarebbe: "'Cause there's a party, honey".
*Citazione di
Diamond Ring dei Bon Jovi.
*Citazione di
Bobby Jean di Bruce Springsteen.
*Citazione di
Youth Gone Wild degli Skid Row.

*Citazione di Blood On Blood dei Bon Jovi.
*Citazione di
Youth Gone Wild degli Skid Row.
*Taylor Hawkins: Batterista dei Foo Fighters.
*Oktjabr'skij: Zona di Novosibirsk realmente esistente.
*Wasting Light: Settimo album dei Foo Fighters, uscito nel 2011.
*Back & Forth: Settima traccia di Wasting Light.


Доброе утро! :)
Non me ne capacito ancora neanche io, ma Nikolaj e Zinaida sono riusciti a sposarsi, nonostante i complotti di Cosacchi, reggiseni e corvi!
Il personaggio di Miljena Trzesniewsky-Marić appartiene ad Iris_Blu, che ringrazio per il supporto, ed è stato citato con il suo permesso ;)
Di Lucija riparleremo, dato che difficilmente d'ora in poi Ippolit riuscirà a vivere senza orasniča, e ha fin troppi punti sulla tessera dell'Eversong...
Quanto a Iosif Jusupov, è un parassita infestante che ha essenzialmente due nemici: i corvi e i Cosacchi.
Se ne avete uno in giardino, sapete cosa fare. Per ogni evenienza chiamate Aljona ;)
Spero davvero che vi sia piaciuto e thanx for believin' a tutti voi! :)
Vi lascio il link dell'album del matrimonio, dove potete trovare il biglietto fatto da Aljona per Kolja, il vestito di Zinaida e Lev ;)

Album Matrimonio
A presto!
Marty


  
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