Genere: Sentimentale, romantico
Tipo di coppia: Shonen-ai
Personaggi: Koganei
Shinji, Mitobe Rinnosuke
Rating: Verde
Parole: 1000+
Note: … ma ship
comuni io proprio no eh…
A parte tutto, credo
che il potenziale romantico di questi due sia un po’ sottovalutato, quindi ho
pensato di provare ad esplorare anche loro. Ne ho
approfittato anche per infilare uno dei miei headanon
su Mitobe che coltivo da più tempo -?- e che tengo
più a cuore.
Scritta il: 9/07/2015
19# • Things you
said when we were the happiest
we ever were
Quando gli dicevano che
ormai, a forza di stare insieme, era come se fossero la stessa persona, Shinji ci rideva su, rimarcando quanto le loro differenze
fossero così infinite e radicali che non sarebbe mai stato possibile,
per lui e Rinnosuke, coincidere al punto da essere
“la stessa cosa”. Madre Natura aveva dato loro doni
totalmente diversi, da una parte mantenendo intatti e solidi gli svariati
centimetri d’altezza che li dividevano fin dalla loro prima adolescenza,
dall’altra regalandogli in sovrabbondanza tutto ciò che il più alto non aveva
mai potuto avere.
Ah, non che questa cosa
avesse mai influito sulla loro relazione! Aveva imparato presto che, a
differenza dei suoi sensi un po’ animaleschi, quelli di Mitobe
- anzi, uno in particolare - fossero decisamente meno
attivi; aveva capito quasi subito che le sue orecchie non erano mai state molto
buone, e che in un modo o nell’altro questo si era ripercosso in alcuni ambiti
della sua vita ma, nonostante la sorpresa iniziale, non aveva mai permesso a
questo dettaglio di influire in qualche modo sul loro legame. Certo, lì per lì
si era sorpreso - ma solo perché non se ne era mai minimamente accorto!
E proprio per questo
motivo, smettere di pensare eccessivamente a quel dettaglio nelle loro
interazioni di tutti i giorni era diventato più semplice che respirare. Non che
questo significasse ignorarne l’esistenza: anche tutti quei piccoli
accorgimenti fatti di parole articolate con la certezza che lui potesse vederlo
e di intuizioni provvidenziali avute per comunicare
agli altri le sue intenzioni senza forzarlo ad un linguaggio parlato (che,
sapeva bene, per lui era ancora fonte di un certo imbarazzo visto la poca
dimestichezza che aveva con esso) divennero presto una componente naturale e
spontanea del loro relazionarsi, così tanto che sarebbe stato strano farne a
meno.
E più stavano insieme, più
le loro differenze venivano a galla. Non c’erano solo quelle ovvie, quelle che
tutti quanti potevano vedere anche ad una singola
occhiata: i loro caratteri risiedevano in due poli opposti, e Shinji si era spesso domandato se questo, ipoteticamente,
non avrebbe dovuto concretizzarsi in un possibile limite al loro relazionarsi.
Sarebbe pure stato naturale, no? Lui era sempre stato una persona iperattiva,
incapace di star ferma e di fare la stessa cosa per più di qualche minuto; Mitobe, al contrario, viveva la vita con un ritmo placido e
tranquillo, prendendo ogni cosa con l’intensità che lui decideva di dedicargli.
“Tu che hai sempre bisogno
di stimoli, non ti stancherai di stare con uno del genere?”, “Un ragazzo
tranquillo come lui finirà per non sopportare più una molla come te!”: non era
buffo che le stesse persone che prima gli dicevano queste cose, erano le stesse
che erano finiti per dire che stavano diventando la stessa cosa? Perché,
nonostante tutto ciò che li distingueva, erano
arrivati al punto in cui non potevano fare a meno l’uno delle differenze
dell’altro.
Gliel’aveva fatto capire Rinnosuke, dicendogli che senza di lui forse non avrebbe
avuto il coraggio di entrare in una squadra di basket persino alle superiori, e
che la sua vitalità gli aveva permesso di essere un po’ meno riservato e un po’
più sicuro di sé. L’aveva capito lui stesso, guardando come era
cambiato e maturato, comprendendo che forse, ben più che solo “un pochino”, il
rafforzarsi di tutta quella determinazione nel perseguire i propri obiettivi
era nato proprio dall’avere vicino una persona così speciale.
Sorrise, intrecciando le
dita tra le sue, più grandi, ma tremati ed emozionate
esattamente come le proprie. Erano passati così tanti anni, avevano condiviso
così tanti momenti — erano arrivati fino a quel punto, ma ancora non se
la sentiva di dire che fossero la “stessa cosa”. Non era il modo corretto per
definirli, perché ognuno di loro aveva la proprie
individualità, le proprie caratteristiche imprescindibili, le proprie doti e le
proprie lacune. Non sarebbero mai potuti coincidere
completamente nella stessa figura… ma non erano neanche degli sconosciuti che
non avevano niente da spartire.
Non era mai stato un gran
pensatore, ma alla fine pure lui era giunto alla sua conclusione. Cosa potevano essere, se non due parti distinte della stessa
figura, due segmenti complementari di una singola, nuova, ancora più bella
immagine? Avrebbero potuto vivere come singoli individui, ma era solo stando
insieme che avrebbero potuto essere davvero felici e completi. Sapeva che anche
lui lo pensava, lo leggeva nel suo sorriso emozionato, lo vedeva chiaramente nei
suoi occhi, in quel momento voltati verso l’uomo che solennemente leggeva i
giuramenti per non perderne neanche una singola parola.
Era ciò a
cui sarebbero arrivati inevitabilmente, prima o poi, come se fosse una
tappa certa della loro relazione; ma nonostante questo non riusciva a smettere
di fremere per la felicità. Si stava aprendo davanti a loro una nuova vita, che
sarebbe stata allo stesso tempo uguale e ancora più bella di quella che avevano
vissuto fino a quel momento… ma fu difficile lasciare la sicurezza delle sue
mani quando l’uomo in uniforme tacque per lasciargli la parola, le dita e le
labbra che tremavano pericolosamente mentre un “Sì, lo voglio” lasciava la sua
gola guidato dai gesti che negli anni aveva imparato propriamente ad usare.
Andava bene? L’aveva
guardato negli occhi mentre lo diceva, aveva usato i segni giusti? Un mare di
stupidi interrogativi gli riempì la testa, mentre Rinnosuke, sorridendo tranquillo, tornava a stringere le
mani attorno sue. Perché lo stava facendo, pensò, fissando le loro dita
intrecciate? Adesso era il suo turno di rispondere, non era il caso di stare a
consolare il suo compagno scemo… !
- Sì… lo voglio. -
Koganei
alzò di scatto la testa, come non credendo a ciò che le sue orecchie avevano
appena sentito. Persino lui aveva
sentito rarissimamente la voce di Mitobe, sapeva che
non amava parlare, eppure…
… eppure si era sforzato di
mettere insieme quelle parole per coronare al meglio il loro momento speciale,
per lasciare che le sue mani fossero ancora l’appiglio di cui aveva
disperatamente bisogno in quell’istante. Sentì qualcosa pizzicargli gli occhi,
mentre il suo entusiasmo si sovrappose persino alle parole dell’ufficiale
accanto a loro.
- Scemo, non ce n’era
bisogno… ! - esclamò, gettandosi contro il suo petto e lasciandosi stringere
dalle sue braccia. Forse chi li guardava non poteva capire cosa ci fosse di
così speciale in tutto questo, in uno scambio di parole così improvviso e
insolito da sembrare incomprensibile. Ma che
importava? Era qualcosa che apparteneva a loro e a loro
solamente, e mai nella vita potevano dire di essere stati più felici di così.