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Autore: Mayth    15/08/2015    4 recensioni
In cui Erik lavora come commesso in un negozio di elettronica e Charles è il suo peggiore (o forse migliore) cliente.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Charles Xavier/Professor X, Erik Lehnsherr/Magneto, Un po' tutti
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
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Atto quinto.
 
Qualche settimana dopo, una folla di gente si accalca sulle scale mobili per raggiungere il terzo piano. Logan, Sean, Angel ed Erik sono fuori dal Magnus e guardano la fila smaltirsi piano piano.
«Perché così tante persone?» chiede Sean infastidito. «Non hanno ancora finito di allestire per bene il negozio»
«C’è un aperitivo» taglia corto Erik. «Il cibo attrae sempre».
La concorrenza si rivela essere l’Hellfire, come presupposto da Sean, e il loro assortimento sembra essere decisamente migliore e innovativo. Erik si è imposto di non salire al piano superiore a guardare coi propri occhi, ma nel momento in cui si trova a qualche passo dall’entrata del nuovo negozio si rende conto che la sua forza di volontà non vale nulla di fronte alla possibilità di un taglio di stipendio. Cercando di nascondersi fra la folla di persone affamate, dà un’occhiata in giro. L’Hellfire è freddo ma elegante. La disposizione degli scaffali è studiata con accuratezza e lo spazio della stanza sembra molto più grande di quanto in realtà non sia. Erik si ritrova a pensare che presto perderà il lavoro se il suo capo non si muove a cambiare quel grigio topo che colora le pareti del Magnus.
Sospirando, si gira per uscire, ma una donna dai capelli biondi e vestita di bianco gli si para di fronte. Emma Frost, dice il cartellino appuntato sul suo petto, vice direttore. Erik tenta di scansarla e quasi ci riesce se non fosse per la mano di un uomo che gli afferra la spalla e lo immobilizza.
«Magnus» soffia sorridendo. Sebastian Shaw, legge Erik e, wow, ha appena incontrato il direttore e ora la sua faccia sarà ricordata come quella dell’intruso.
«È qui per spiarci» dice Frost seria. Erik rimane impassibile nella sua maglia grigia (che dovrebbe ricordare il metallo, sospetta, ma fa pensare alle giornate di pioggia), lo sguardo freddo e la bocca serrata.
«Oh no, piccola mia, non è così che accogliamo i nostri clienti» biascica Shaw, allungandosi verso la donna e mostrandogli un sorriso a trentadue denti. «Erik Lehnsherr, spero tu abbia apprezzato il nostro arredamento» l’uomo si gratta la guancia, pensieroso. «Mi piace l’iniziativa che hai preso. Quando il tuo negozietto da quattro soldi chiuderà, puoi passare da me, sarei felice di offrirti un lavoro qui» e, davvero, Erik non aveva già detto di avere una pazienza precaria? È normale che le sue nocche sbianchino quando le mani gli si chiudono in due pugni serrati e che lo sguardo si faccia pericoloso.
Ora, esiste una percentuale molto bassa nella quale Erik li ignorerà e con molta diplomazia se ne andrà, dimenticando l’accaduto. Ed esiste una percentuale molto più consistente che attesta il modo in cui Erik inizierà una discussione quasi infantile, lì, su territorio nemico, con un uomo la cui faccia è, secondo lui, fatta apposta per essere presa a pugni.
La decisione è semplice, ma è la mano che gli si posa sul braccio ad essere complicata.
«Calmati, Erik» dice una voce al suo fianco. Charles.
Quindi, i fatti sono un po’ questi: a) l’arrivo di Charles non migliora le cose, b) è ancora più arrabbiato perché cosa ci fa Charles a questa inaugurazione e c) all’arrivo di un possibile cliente sia Frost che Shaw hanno deciso di non continuare lo spettacolo e se ne sono andati riluttanti.
Halle-fottutissima-lujah.
«Charles?»
«Erik»
«Che cosa ci fai qui», Charles arriccia le labbra, ma non è fastidio, sta solo tentando di non ridere. Quel maledetto.
«Hai paura che il tuo miglior cliente ti abbandoni?» ci scherza su ed Erik vorrebbe potergli dare un pugno, davvero.
«Sei il mio peggior cliente, a dirla tutta»
«Se lo dici tu, amico mio». Si allontanano dalla folla, dirigendosi verso le scale mobili in silenzio. Charles ha i capelli scompigliati, un rivolo di sudore che gli percorre il collo – ehi, ad Erik è solo caduto l’occhio, nient’altro – e un paio di occhiali da sole penzolanti dal taschino della camicia. Sembra in forma, il traditore.
«Ti ho consigliato il miglior televisore sul mercato, sai» tenta di farlo sentire in colpa.
«Ne sono consapevole. I film in 3D si vedono che sono una meraviglia»
«Allora perché-» Charles ferma le sue parole con un gesto volativo della mano. Erik ricorda una sola persona nella sua vita che sia riuscita a zittirlo, e quella persone era sua madre. Quindi un po’ si sorprende di se stesso quando serra le labbra, lasciando parlare il presunto traditore.
«Ero venuto a cercarti» incomincia. Incuriosito, Erik gira busto nella sua direzione, trovandosi così il volto di Charles a pochi centimetri dal suo viso. Non aveva mai notato tutte quelle lentiggini, prima. Charles si porta le braccia al petto e lo guarda come se Erik avesse appena investito una vecchietta. «Non c’eri»
«No»
«Non è l’orario in cui sei in pausa»
«Sai le mie pause?» domanda allarmato, ma Charles allontana di nuovo la domanda con un’arricciatura infastidita del naso.
«Erik, non puoi lasciare il lavoro per andare a litigare con la concorrenza. Cosa insegni a Sean, ad Angel?»
«Cosa?»
«Sei la loro figura paterna»
«Ripeto: cosa?», Charles alza gli occhi al cielo e compie un salto per arrivare prima alla fine della scala. «Non sono bambini, sai?» gli dice Erik. Lo sapeva che Charles aveva qualche predisposizione paterna, ma non pensava che si estendesse così tanto. La cosa lo fa sorridere.
«Comunque, ero venuto per invitarti alla mia festa».
 
_
 
La “festa” di Charles si scopre essere una sorta di cena con buffet per inaugurare il suo nuovo appartamento, e visto che la maggior parte della roba elettrica l’ha comprata da Erik, gli era sembrato giusto invitarlo. E perché non accettare? Sua madre potrebbe iniziare ad essere fiera di lui se incomincia ad andare alle feste, a farsi degli amici, a non passare i weekend guardando Back to the future (che è un capolavoro, sia chiaro).
Quindi è sabato, poco dopo le otto di sera, fa così caldo che qualche metro prima ad Erik era sembrato di vedere un ragazzino crollare dal suo skateboard e lasciarsi cuocere al sole come un hamburger – perché è meglio morire d’hamburger, che restare in casa a mettere a posto la propria stanza. Lo può capire, poverino, aveva vissuto le stesse cose prima di trovare la propria scarsa indipendenza.
Ad ogni modo, il palazzo di Charles è grazioso, prorompente ed ha delle balconate da far girare la testa. Il suo nome spicca sopra tutti gli altri sul citofono. Erik pressa il bottonicino e attende.
«Sì?» arriva la voce metallica di Charles.
«Sono Erik»
«Oh, Sali!»
Sono sette piani di ascensore e un corridoio che lo indirizza all’ultima porta in fondo a sinistra. Erik percorre la distanza che lo separa dalla porta aperta a grandi passi; pochi attimi e si ritrova la faccia tonda e luminosa di Charles davanti agli occhi.
«Erik! Hai deciso di venire!»
«Così pare»
L’appartamento è ben arredato ed elegante. La sala è un enorme spazio illuminato dall’immensa vetrata che porta al balcone, ed è separata dalla cucina grazie ad uno scalino. È confortante, in qualche modo, e piacevole.
«Stiamo ancora mettendo a posto» gli fa osservare Charles, un po’ imbarazzato per gli scatoloni aperti di fronte ad una libreria. «Raven è sempre stata lenta in questo genere di cose». Un cuscino s’innalza all’improvviso dal divano e va a colpire sul petto Charles, che arrossisce e mormora qualcosa come “Non davanti agli ospiti, Raven”.
«Dove sono tutti gli altri» chiede Erik salutando la ragazza che lo raggiunge velocemente.
«Quali altri?» sbuffa quest’ultima, «Io sono l’unica amica di Charles, Hank a parte; ma Hank è sempre rinchiuso nel suo laboratorio»
«Oh, grazie tante» sibila Charles. Erik nota come le sue guance siano diventate purpuree durante lo scambio di battute.
Riscaldano una pizza per cena, ci sono tramezzini e persino una torta per concludere. Erik non ama molto andare ai party, ma sospetta che siano molto diversi da quello che stanno facendo ora.
«Potevamo andare in un bar» si lamenta Raven, mentre legge la trama di un film su Netflix, «ma Charles aveva paura di ubriacarsi e fare brutta impressione» al che Erik non può che sbuffare e nascondere un sorriso. Charles lo colpisce con un pugno sul braccio e lancia un’ennesima occhiataccia alla sorella.
«Così è molto più carino, no?» commenta, azzannando una fetta di torta.
Raven decide per una commedia romantica, infine. È stupidamente divertente, ma Erik non lo ammetterà mai. Charles invece non nasconde affatto quanto gli piaccia e ride come se ogni battuta fosse essenzialmente la cosa più simpatica che lui abbia mai sentito. È strano, eppure ad Erik non dà fastidio.
Passa un’ora e Raven, piena com’è, si addormenta placidamente sulla sua poltrona, lasciando Erik e Charles seduti sul divano a debita distanza. Questo finché Charles non utilizza la scusa di doversi avvicinare al suo angolo per poter scattare meglio una foto compromettente di Raven, e dopodiché non torna al suo posto, felice di se stesso. Erik rotea gli occhi verso l’alto e si appresta a mangiare la sua seconda fetta di torta.
«Grazia» mormora piano Charles a fine serata, vicino allo stipite della porta. «I tuoi commenti del film erano la cosa migliore» ammette. Erik lo saluta con un cenno della testa e va a casa.
Appena torna nell’appartamento prende una tela, amalgama i colori e dipinge. 
  
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