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Autore: Cinnamon_Meilleure    16/08/2015    2 recensioni
Angels e devils hanno iniziato il loro secondo anno alla Golden School, e sono più pronti che mai alle nuove sfide che li attendono.
Raf, ancora innamorata di Sulfus, ha deciso di dimenticarlo per il bene di entrambi, nonostante ciò la distrugga.
Sulfus, invece, è ben deciso a non rinunciare a lei, a qualunque costo. Ma il prezzo che ha scelto di pagare è molto caro, il gioco che ha scelto di giocare potrebbe essergli fatale. Può l'amore andare oltre le regole e le convenzioni, oltre i peggiori ostacoli? Persino oltre... la morte?
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Ho scritto questa storia molto tempo fa, ai tempi in cui esisteva ancora il forum di angel's friends, forse i fan di vecchia data se ne ricorderanno. Mi chiamavo Dolce-Kira, e grazie a questa storia ho conosciuto una persona meravigliosa che è tuttora la mia migliore amica online. Lei insisteva sempre affinché la pubblicassi su EFP, e ora ho deciso di farlo.
La storia si collocatemporalmente dopo i 52 episodi della prima stagione.
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Quasi tutti, Raf, Sulfus | Coppie: Raf/Sulfus
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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16. Al di là del più atroce dolore
 
“Cosa si fa quando si è disperati? Cosa possiamo fare per chi ci sta a cuore? Quando si è disperati il cuore ci controlla, il cuore sovrasta la ragione, che perde totalmente voce in capitolo, come è giusto che sia. Ma perdere la ragione può essere molto, molto pericoloso...”
 
 
Raf si ritrovò a precipitare, insieme alla luce bianca. Precipitò giù, giù e ancora più giù.
La luce invase la grotta buia, immersa nella nebbia più scura sino ad un attimo prima.
Solo quando cadde si rese conto di trovarsi in una grotta.
Trasalì.
No. Quella non era una grotta. Quella era la stessa grotta del suo sogno. Quella dove Sulfus mor…
No! Si stava sbagliando, non poteva essere lo stesso luogo.
Raf strinse a sé la sfera bianca. Faceva freddo, proprio come nel sogno. Si strinse le braccia attorno al corpo per scaldarsi. Come nel sogno. Ed avanzò, nell’ombra, fino a giungere in una sala luminosa. Quando la nebbia si diradò, si rese conto di trovarsi di fronte una sirena. E le si gelò il sangue nelle vene.
-Sapevamo che saresti venuta!- Cantilenarono le creature, esibendo i loro migliori sorrisi sadici. La nebbia si diradava sempre di più, e permetteva a Raf di vedere meglio il luogo dove si trovava.
-Lui dov’è?-  Chiese, cercando di fare una voce dura. Cercava almeno di non mostrare la sua paura. Perché non provarne era impossibile, in quel luogo, e le sirene questo lo sapevano bene. E assaporavano la sua paura come l’odore più delizioso che potesse esserci.
-Lui chi? Il sempiterno speciale?- Sibilò la sirena, con voce tagliante, soffiando in faccia a Raf. Lei annuì. -Osserva tu stessa- sentenziò. E con un ampio gesto del braccio destro le mostrò la nebbia che si diradava per mostrarle dove si trovava Sulfus, legato.
Raf rimase immobile, a fissarlo da lontano.
-Oh, puoi anche avvicinarti- sibilò la creatura accanto a lei, ridendo sadica. – Tanto ormai non puoi fare niente!
Raf le scoccò un’occhiata acida. Poi, piano, si avvicinò a Sulfus, tenendo ben salda fra le mani la sfera bianca.
- Raf? Ti prego, dimmi che sei veramente tu... perché non sono sicuro di vederti bene...  
-Sì, Sulfus, sono io. Sono io. E sono qui, adesso.
Gli si sedette affianco. Leggermente incerta, gli strinse le braccia attorno al corpo per dargli un po’ di calore, ed osservò le sue guance che assumevano un colore dolcemente roseo, tanta era l’emozione di starle così vicino.
- Raf... hai trovato il biglietto? E la rosa bianca? Hai trovato il simbolo della purezza?
-Sì, Sulfus, sì. Ma non ho capito bene...
-Il mio cuore. Se non l’avessero giudicato puro, mi avrebbero ucciso. Per questo la rosa, per questo la purezza.
Silenzio. Lei gli accarezzò la guancia, e fece scorrere le dita sulla ferita che aveva. Doveva essere stata fatta con una lama molto affilata. Ebbe un tuffo al cuore. Chissà quanto gli aveva fatto male.
-Ma allora non...
- No. – la fermò lui. – Hanno detto il contrario. Hanno detto che è troppo puro. Per questo non... posso... vivere.
-Ma cosa volevi fare? Perché sei venuto da loro, Sulfus?- gli chiese dolcemente.
Osservò con una rabbia profonda verso le sirene i suoi occhi. Erano rossi e gonfi. Era stato picchiato. Loro lo avevano picchiato! Riusciva appena a scorgere le pupille, quando li apriva.
-Non te lo posso dire.
-Ancora? Ormai devi dirmelo.
-No, non posso. Mi odieresti.
-Non potrei mai odiarti. Smettila di dire queste stupidaggini!- Disse lei, spazientita.
-Non insistere. Non lo farò, Raf. Non ti dirò che cosa volevo fare.
In effetti, gli sembrava anche strano che lei non lo avesse già capito. Lei gli accarezzò i capelli.
-Dimmi come posso fare- Gli sussurrò, per non farsi sentire dalle creature.
Lui rise. Una risata triste e malconcia. -A fare cosa? A salvarmi?
- Sì.
-Rassegnati, Raf. Tu non puoi salvarmi. Ma lo vedi come sono ridotto? Non riesco nemmeno a distinguere bene i tratti del tuo volto. Perché credi che le sirene ti abbiano permesso di avvicinarti? Sanno che non puoi fare più niente. Tu non puoi fare niente per salvarmi. Io devo m-morire. E basta. Questo è il mio destino. – E pronunciò le ultime parole con voce rotta, e le lacrime che gli scorrevano per le guance.
-Non è possibile! –Esclamò lei, stringendolo più forte a sé. - Non riesco a crederti. Non posso crederti. Non voglio crederti!- Balbettò, la voce ridotta ad un sussurro, perché se fosse stata più forte avrebbe pianto. Però poi le lacrime iniziarono a scorrere incontrollate, perché se sei in presenza di una persona che ami, e questa persona piange, tu non riesci a non farlo. Piangi per forza. E fa male, male da morire, perché siete entrambi a soffrire.
-Io non... non voglio perderti. – Gli mormorò, in un orecchio.
Il povero ragazzo non poteva neppure sfiorare il volto della sua amata, perché aveva le mani dietro la schiena. Così non gli restava altro da fare che lasciarsi avvolgere da lei, mentre era cosciente e praticamente certo che non avrebbe sentito mai più il suo profumo.
Mentre i due non vedevano, dietro di loro giunsero tre sirene. Aprirono la sfera di vetro smerigliato, che serviva per catturare le anime. E sarebbe servita per l’anima di Sulfus.
Non appena venne aperta, non appena si udì lo schiocco, Sulfus tremò. Raf lo sentì... e la vide. Vide la sua luce, che si levava dal suo corpo come un’immensa aura dorata ed argentata. La angel rimase sconcertata.
- Sulfus... è la tua anima? È questa la tua anima? È questa luce?- Lui annuì. –E’... è bellissima, Sulfus! Dovresti vederla... c’è talmente tanta luce, dentro te!  
-Luce che mi ucciderà, a quanto sembra - biascicò lui, triste.
- Sulfus, fa’ qualcosa! – Lo incitò Raf.
-Cosa? Cosa dovrei fare?
-Qualcosa, qualunque cosa. Trattieni la tua anima. Non lasciare che te la portino via!- supplicò lei.
Lui scosse la testa. - Raf, non ce la faccio. Mi hanno tolto tutte le energie nel corso dei giorni. E quel poco di energia che mi rimaneva me l’hanno tolta picchiandomi fino quasi a farmi morire. Mi hanno tirato pugni e calci, sugli occhi e sul corpo, mi hanno schiacciato le mani, e mi hanno ferito. Ora non ce la faccio più, angelo. Non riesco più, neanche volendo, a trattenere me stesso.
Raf lo osservò: il suo volto era il ritratto del dolore.
-Ma non si può distruggere la sfera, una volta che ci sarà la tua anima dentro?- Chiese lei sempre più preoccupata.
-Non puoi, Raf. Nessuno può. Solo il potere mentale può rompere quel vetro.
Ora la ragazza iniziava ad avere veramente paura. Perché improvvisamente comprese la sua impotenza. Capì che non poteva fare niente per salvarlo.
- Sulfus...-
- No. – la bloccò. – Ascoltami, Raf. Il dolore fisico che sto provando in questo momento tu non lo puoi nemmeno immaginare. Con tutte queste ferite… e questa voglia di vomitare che mi assale... mi sento malissimo. – Chiuse gli occhi per un momento, poi li riaprì più che poté. -Ma non è questo che mi fa più male. È il fatto che io... io ci ho provato. Ci ho provato, Raf, finché ho avuto respiro. Anche se non ti dirò cosa volevo fare, sappi che era per poter stare insieme a te. Mi sono creduto più forte di quel che sono. E adesso... adesso… morirò. – Deglutì, e trasalì anche Raf. -Non piangere, ti prego. Dovunque sarò... se sarò da qualche parte... voglio ricordarti felice. Voglio ricordare i tuoi splendidi occhi felici che mi sorridono, voglio ricordare il profilo del tuo volto, voglio ricordare i tuoi capelli dorati che splendono sotto la luce e volano con il vento. Ti prego… sii felice... fallo per me.
Raf si sentiva malissimo. La voce del ragazzo era sempre più debole. Non  poteva essere. Non  stava succedendo veramente. Non a lui...
Non riusciva neppure ad immaginare una vita senza lui, ora che sapeva cosa avrebbe potuto avere. Ora che sapeva con che persona avrebbe potuto vivere. Un ragazzo che stava morendo per lei.
-Come faccio ad essere felice, Sulfus? Il mio cuore sta morendo, non posso essere felice! Mi stai chiedendo troppo. – ed era vero. Le stava veramente chiedendo troppo.
-Basta, Raf! Sto per…
- Sulfus!
-Smettila con questa stupidaggine dell’eroina che mi salverà. Io sto per morire. È questione di minuti, di momenti, forse meno...
Raf lo guardò, e in quel poco che scorgeva dei suoi occhi vide la più viva paura. La paura di chi sa che è condannato a morire, ma spera profondamente e fino alla fine che un miracolo lo salvi.
- Raf... io sto per morire- ripeté, più a sé stesso che a lei, per cercare di farla sembrare una cosa che faceva meno paura. Ma come fa a farti meno paura una cosa come la morte? -Però voglio che tu sappia due cose. Primo, non ho mai amato nessun’altra come te... e quando avrei potuto, del resto? Ma non avrei potuto desiderare di meglio, credimi.- sorrise, fra la luce che lo circondava. – Sono stato corrisposto dalla persona che amo. E sappi che lo ritengo un privilegio. Ti ringrazio di esistere, per avermi salvato. – Prese un profondo respiro. – Secondo... promettimi che sarai felice. – E qui ebbe un singhiozzo. –Anche senza di me. – Quell’ultima frase la disse in tono spento, sofferente.
-Sono una angel - singhiozzò Raf. – Non posso mentire. E non ti voglio mentire! Non potrei mai  essere felice senza di te. Anche se trovassi qualcun altro, sai benissimo che non lo amerei. Lo sai meglio di chiunque altro. Tu sei la mia metà perfetta, continuerei a pensare a te...
Chiuse gli occhi ed avvicinò il proprio volto al suo, pallido, insanguinato e terrorizzato, e gli sfiorò le labbra con le proprie, quasi impercettibilmente. Non abbastanza perché fosse sacrilegio, ma abbastanza per un addio.  Gli scostò i capelli scuri dal volto con un gesto gentile delle sue mani delicate.
- Amore mio...- Mormorò con dolore, per la prima volta.
- Dillo ancora.
- Amore mio – Singhiozzò.
Infine lui la fissò, dritto negli occhi, aprendoli più che poteva.
- Raf... – e lo disse per la prima volta. Due parole:-...Ti amo- Ed infine chiuse gli occhi e non parlò più. Non appena la sfera di vetro fu chiusa con uno scatto, le catene che gli tenevano le mani si dissolsero come polvere, e tutte le sue ferite guaridono all’istante.
E tra le braccia di Raf, rimase inerte quel che ne restava di Sulfus, il devil che lei aveva amato, che per lei era diventato la tentazione più grande... il ragazzo che era diventato il suo cuore.
Sulfus era morto.
Morì così, con quel sorriso di dolore tinto sulle labbra rosa e sottili, sospese in qualcosa di forzato. I capelli gli ricadevano dolcemente sul pallido volto. E i suoi occhi... quegli occhi dolcissimi, quegli occhi del colore del Sole d’inverno erano ormai chiusi, privi di vita, e non si sarebbero più illuminati incrociando quelli di Raf. 
Il dolore della ragazza fu immenso. Lui era morto fra le sue braccia, e lei non aveva potuto fare niente se non assistere impotente.
Il dolore è qualcosa di terribile. Un sentimento devastante, che ti distrugge l’anima, che apre dentro te un vuoto incolmabile. Ed esiste solamente un sentimento capace di sconfiggere il dolore, e quel sentimento è la rabbia. Una rabbia profonda, che non puoi scacciare via.
Il cuore di Raf si riempì di rabbia, ed i suoi occhi arrossirono di furore. Divennero colore del fuoco.
Quella rabbia la fece alzare, priva di coscienza, incapace di controllarsi.
Le sirene l’avrebbero pagata. Loro l’avevano ucciso!
E la sua rabbia era così forte da impedirle di scorgere l’impercettibile movimento del petto di Sulfus, che si alzava e si abbassava piano, in modo regolare.
Respirava, anche se pianissimo, come se fosse ancora vivo, in un profondo stato di coma…
Ma lei non lo sapeva ancora.

 
 
 
 
 
 
 
   
 
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