Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: ChiaraBaroons    16/08/2015    3 recensioni
Maya, fotografa emergente, non ne vuole più sapere del mondo a cui, suo padre, ha sempre cercato di incatenarla: il nuoto. Le piacerebbe viaggiare, vedere il mondo, e invece, per uno scherzo del destino, dopo la laurea si ritrova costretta a convivere con quell'ambiente che poco sopporta, solo per ottenere un lavoro degno di essere chiamato tale.
Ed è qui che spunta fuori Travis, nuova stella del nuoto italiano, bello da far male, ma con un ego talmente grande capace di far concorrenza a quello di Sua Maestà, la Regina Elisabetta II; ed è proprio lui il soggetto che Maya dovrà immortalare per ottenere quel fantomatico lavoro, ma non tutto risulterà semplice quanto sembra. Non sarebbe divertente, almeno per noi lettori.
Due caratteri predominati messi a confronto, due prime donne che, purtroppo oppure per fortuna, non riusciranno a restare nella stessa stanza a causa del loro orgoglio, troppo grande per rendere le cose semplici sin dall'inizio.
Sono solamente esseri umani e, complicarsi la vita nel peggior modo possibile, sembra proprio la loro linea guida.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

*****

Per quale motivo, poi, avevo deciso di accettare quell’incarico? Non che mi fosse stata data altra scelta, giustamente, ma se avessi potuto avrei preferito concentrarmi su altro e su un soggetto completamente differente perché, più si avvicinava il giorno della partenza e più io cominciavo ad andare nel panico più totale. Ed era anche un compito semplice, alla fine, ma non capivo per quale motivo mi sentissi così incapace e fuori luogo, per non parlare di quella sottile paura che mi invadeva ogni volta che cominciavo a come sarei potuta sopravvivere a quella settimana con Luca.

Speravo solamente che, almeno nei pochi membri dello staff che mi avrebbero affiancato, ci fosse qualcuno di compagnia.

Non avevo avuto molto tempo per fare altro, prima di andare in Puglia, se non prepararmi e passare ad aggiornare mio padre alla piscina. Ed era stato un supplizio entrare lì dentro ed attendere che Claudio finisse di riprendere un gruppetto di ragazzi per chissà quale cosa. Un supplizio soprattutto per colpa degli occhi di Travis che sentivo addosso, puntati alla schiena. Non avevo intenzione di voltarmi né tantomeno di rivolgergli la parola, non ce l’avrei fatta a mantenere la calma e, in quel momento, avevo bisogno dei miei nervi saldi per non impazzire davanti a mio padre.

Era difficile nascondere una cosa simile a lui, ma se gli avessi raccontato anche solo un minimo particolare avrebbe cominciato ad insospettirsi, a fare sempre più domande ed io non avrei retto e, probabilmente, gli avrei raccontato tutto – beh proprio tutto no, ovviamente – e lui sarebbe andato su tutte le furie. Così avevo preferito tacere e mentire più a me stesa che a lui, facendo finta che non fosse davvero accaduto nulla di particolare. Ma l’insistenza dello sguardo di quel maledetto pallone gonfiato che sentivo tra le scapole era davvero insopportabile.

Poi mi si affiancò Luca che cominciò a straparlare come al solito di come avrei amato il suo paese, il mare e tutto ciò che poteva esserci in Puglia, e di come lui sarebbe stato la guida turistica perfetta, nei miei confronti. E non me ne poteva importare di meno, in tutta sincerità, perché probabilmente mi sarei limitata ai servizi fotografici per la rivista poi mi sarei chiusa nella mia stanza d’albergo, nulla di più.

Per fortuna, Roberto richiamò Luca all’ordine, mandandolo a fare altre vasche lontano da me e, finalmente, vidi mio padre avvicinarsi a me, con il suo solito sorriso sul volto.

Così gli raccontai ogni cosa e lui, tanto per cambiare, ne fu schifosamente entusiasta, perché è un’occasione irripetibile, disse lui. Ed io, invece, ne avrei fatto volentieri a meno. Ma nessuno sembrava capirlo, tantomeno lui che sprizzava gioia ed orgoglio da tutti i pori e, probabilmente, se avessi deciso di abbandonare l’incarico avrei rappresentato l’ennesima delusione, per lui. Quindi tanto valeva tenere la testa bassa e continuare per una strada che non volevo assolutamente percorrere. Continuò anche lui a straparlare su come mi sarebbe piaciuta sicuramente, quell’esperienza, e di come sarei potuta crescere ancora di pi per quanto riguardava il lavoro, ma non stavo nemmeno ad ascoltarlo, io. Erano sempre le stesse parole che mi rifilava ogni volta che lo informavo di un nuovo incarico, e cominciava davvero ad essere monotono, lui. Nemmeno se ne accorgeva, poi.

Cercai di andarmene il più in fretta possibile, interrompendolo a metà delle sue parole di incoraggiamento, praticamente scappando da quel luogo, da quell’odore di cloro che aveva cominciato a farmi venire la nausea e da quel paio di occhi che continuava a scorticarmi la schiena.

 

Era tutto stramaledettamente pronto. Tutto tranne la sottoscritta, che non faceva altro che girovagare per casa in cerca di qualcosa di cui, in realtà, non aveva bisogno. Un motivo ben preciso c’era, se avevo deciso di preparare la valigia giorni prima della partenza, e quella ne era la prova. E fu quasi assurdo rendersi conto di come, Torre dell’Orso, mi arrivò alle calcagna senza che me ne rendessi minimamente conto perché, sì, ero arrivata con quei pochi membri dello staff che mi ero stati affiancati e di Luca nemmeno l’ombra. Almeno mio padre aveva avuto l’accortezza di avvisarmi la sera prima di come, di punto in bianco, dopo l’allenamento il nuotatore fosse partito per il suo paese natale, senza rendere partecipe nessuno di quella notizia. Avevamo già cominciato con il piede sbagliato, ma cercai in ogni caso di non pensarci oltre.

Certo, quel paesino sembrava una meravigliosa briciola di mondo, ma non migliorava affatto la mia situazione e nemmeno quello che avrei dovuto passare per un’intera settimana. Il mare che si stagliava davanti alla costa era a dir poco invitante, con quel colore intenso e limpido; sembrava irreale trovarsi lì, se non fossero stati per i borsoni delle attrezzature e per l’ansia che non accennava a diminuire. Avrei preferito di gran lunga passare alcuni giorni sulle spiagge che erano state scelte per il servizio a poltrire, tra acqua e sole, invece che dover lavorare in un posto simile.

E, ovvio, mi trovavo in un angolo di paradiso e, tra l’altro, era per lavoro, ma la compagnia lasciava davvero a desiderare. Soprattutto se mettevo in conto che proprio Luca rientrava nella categoria dei più simpatici del momento. Ed era davvero strano rendersi conto di come mi ero ridotta a creare nella mia mente dei compartimenti stagni dove gettare la gente secondo i miei gusti, ma in quei giorni fu proprio così.

I membri della troupe che mi avevano accompagnata erano degli asociali, in realtà, diffidenti da far spavento e, con ogni probabilità, anche muti dato che nemmeno all’arrivo all’aeroporto si erano disturbati a dire una sola parola come saluto. Solamente una ragazza, Mara, aveva avuto il coraggio di farsi avanti per il resto del gruppo e di salutarmi, chiedendomi addirittura come stessi. Un miracolo, praticamente. Non che mi lamentassi, capiamoci: la solitudine, nel novanta per cento dei casi, faceva sempre al caso mio e quell’esperienza non era da meno; tuttavia vedere che, almeno ad una persona, ispiravo fiducia non era affatto male.

Solamente dopo esserci sistemati nell’albergo ed aver ritrovato Luca – ammiccante come sempre – ci rendemmo conto che, se avessimo voluto rispettare le scadenze ed i giorni disponibili per il servizio fotografico, avremmo dovuto cominciare quel pomeriggio stesso con le fotografie al mare. Non prima di esserci concessi un bagno.

Non era proprio il clima ideale, per essere a metà Marzo più o meno, ma quella distesa d’acqua così limpida, pura ed invitante era una tentazione troppo grande a cui poter resistere. Così Luca, Mara ed io ci ritrovammo immersi nell’acqua fino al collo prima di cominciare davvero a lavorare. Avevo in dotazione anche l’attrezzatura subacquea, ma non mi sembrava la giornata perfetta per utilizzarla.

Il resto della piccola troupe – tre personcine abbastanza anonime – restarono seduti in spiaggia ad osservare la scena, con un’espressione a dir poco annoiata in volto. Erano due ragazzi ed un’altra ragazza, e nemmeno ricordavo i loro nomi, ma di certo loro non avevano fatto alcunché per aiutarmi in quell’impresa.

Ci ritrovammo ad ascoltare Luca parlare del suo paese, Mara ed io, incantate dall’immagine che potevamo scrutare dall’acqua e dalle parole del nuotatore, anche. Era un bel paesino, davvero, forse troppo piccolo, ma comunque suggestivo. Eppure, per qualche motivo, sentivo che mancava qualcosa all’appello, qualcosa che probabilmente avrebbe cambiato le carte in tavola e migliorato nettamente la situazione, ma era troppo tardi per restare a pensare a cose del genere, dovevamo lavorare e riuscire ad ottenere scatti sensazionali per il servizio fotografico di Luca.

E fu dannatamente facile, lavorare con lui, perché stranamente sapeva ascoltare i miei consigli ed i miei accorgimenti. Cosa che, con la maggior parte dei soggetti con cui avevo avuto a che fare, non era mai successa.

Per quel giorno avevo optato per delle semplici immagini di lui seduto sulla spiaggia oppure in cammino per il bagnasciuga, con lo sguardo rivolto a me oppure al mare. Si era seduto sul moscone di un bagnino, ad un certo punto, Luca, e non avevo resistito nemmeno in quell’occasione, così avevo scattato e ne era uscita un’immagine semplice e naturale, come quelle che preferivo per servizi del genere. Se con l’articolo su di lui dovevamo scoprire le sue origini, allora anche le fotografie che lo avrebbero accompagnato sarebbero dovute restare sulla stessa lunghezza d’onda. Ed era stato quasi piacevole lavorare con lui, grazie anche all’aiuto di Mara che continuava a sdrammatizzare la situazione e a fare da tramite, il più delle volte.

Così, a serata inoltrata, riuscimmo a recuperare tutti i nostri averi sparsi per quello squarcio di spiaggia e a tornare in albergo, seguiti da Luca che decise di accompagnarci. Aveva deciso di restare a dormire dai suoi genitori, lui, ed al suo posto avrei fatto lo stesso.

Ci disse anche che, almeno una sera di quelle, eravamo tutti invitati a casa sua e che sua madre aveva insistito per volerci conoscere, dicendo di volerci preparare una cena con i fiocchi per farci conoscere la cucina pugliese. E non potemmo far altro che accettare, nonostante più della metà della troupe non si dimostrò particolarmente d’accordo – qualcuno a caso, eh – dicendo che saremmo stati presenti molto volentieri.

Fu Mara a convincere me, con quel sorriso imbarazzato che sembrava contraddistinguerla. E non potei fare a meno di chiedermi se, oltre alla possibilità di gustarsi una buona cena, ci fosse dell’altro sotto. Anche perché quelle occhiate che continuava a lanciare a Luca non mi convincevano per niente. Perché sembrava un tipo a posto, lei, fin troppo semplice per una superstar come Luca, ed avevo il netto presentimento che avrebbe potuto farsi male, lei, cercando di andare dietro ad un tipo come lui. Non che avesse mai fatto nulla di male, ma Luca sembrava il perfetto esempio del solito Don Giovanni che fa cadere ai suoi piedi chiunque con la semplice forza di un sorriso accattivante. La bellezza ed il sorriso li aveva e li sapeva usare alla perfezione e, probabilmente, se non avesse cominciato a straparlare quella volta a Doha sarebbe accaduta la stessa cosa anche a me. Ma non mi ero lasciata ingannare, avevo già un nuotatore che mi creava una miriade di problemi e mi bastava.

Così non potei fare a meno di chiedermi cosa stesse facendo Travis in quel momento, alla piscina oppure al suo appartamento, mentre cominciavo a prepararmi per una doccia veloce prima di scendere nella sala ristorante per la cena. Avrei potuto chiamarlo oppure anche solo mandargli un messaggio, ma il solo ricordo di come ci eravamo lasciati l’ultima volta mi faceva imbestialire, soprattutto con me stessa.

Perché, seriamente, cosa credevo? Che uno come lui accantonasse la sua indole per una come me con cui non aveva nemmeno un vero e proprio rapporto, al di fuori dell’ambito sessuale? Ero stata una stupida, ecco tutto; lasciandomi incantare dalle sue parole e dalle sue debolezze avevo lasciato che mi scavasse dentro ancora di più di quanto non avesse già fatto, ed era stato un errore di valutazione madornale.

Certo, gli avevo mentito riguardo a Luca e lui era scattavo, ma almeno gli avevo reso pan per focaccia perché il solo pensiero di sentirmi in inferiorità mi faceva innervosire. Perché avrebbe potuto mettermi i piedi in testa con fin troppa facilità e, successivamente, non ne sarei più uscita. Così avevo deciso di esagerare cercando di difendermi in qualche modo, anche se non avevo fatto altro che peggiorare la situazione. Ed ero stata ancora più stupida, nonché codarda, comportandomi in quel modo, ma non avevo trovato altre possibilità tra cui scegliere.

Non lo capivo davvero, quel ragazzo. Continuava ad essere un vero mistero e continuava a confondermi sempre di più ogni giorno che passava, rendendomi praticamente impossibile ogni mossa. Ed io non sapevo più cosa dire o cosa fare, se non giocando al suo stesso gioco e piazzando sul viso la mia migliore espressione infastidita. Così quelle poche volte in cui ero stata costretta ad andare alla piscina da mio padre, mi ero ritrovata a guardarlo male più o meno allo stesso modo in cui lui fissava me, con occhiatacce insistenti ed espressioni incazzate.

Non sarei stata io la prima a cedere, non sarei scesa a tanto.

E continuai a pensarci anche dopo cena, quando Mara mi convinse ad accompagnarla per un giro in paese giusto per non restare rinchiusa nella camera dell’albergo, nonostante non riuscii a cavare un ragno dal buco nemmeno in quell’occasione. Almeno riuscii a distrarmi un po’, grazie a quella ragazza che aveva oltrepassato lo stato di timidezza da un po’ e che non smetteva un attimo di parlare: era simpatica, nonostante parlasse un po’ troppo, ma almeno era un piacere ascoltarla ed era anche capace di farmi parlare come se la conoscessi da tempo.

Avrà avuto si e no la mia età, lei, e forse fu proprio per quel motivo che riuscimmo subito ad instaurare una specie di rapporto d’amicizia. Anche perché in quel contesto, con la compagnia che avevamo, le altre possibilità scarseggiavano parecchio.

Non credo che riusciremo ad integrarci anche con gli altri, sai?”, mi disse lei, ad un certo punto. “Sembrano quasi al patibolo, durante il lavoro, e davvero non li capisco perché se fosse sempre così questo lavoro, almeno io, pagherei”.

Se fosse sempre così sarebbe una vacanza e non un lavoro, mi spiace dirtelo”, le risposi, ridendo. “E comunque ogni cosa porta i suoi lati negativi: guarda la compagnia che ci è toccata. Anche se fosse una vacanza, sarebbe una noia in ogni caso”.

La intravidi trattenere un sorriso e non potei non cogliere l’occasione per scoprire qualcosa in più su di lei e sui sospetti che nutrivo sul suo interesse su Luca, perché la curiosità era davvero troppa.

Beh, ma non tutta la compagnia questa volta è da scartare, no? C’è anche gente simpatica, come te”, saltò su lei, prima che potessi proferire parola.

Come me e come Luca, immagino”, ipotizzai, guardandola con la coda dell’occhio e vedendola arrossire.

Beh… penso di si, insomma, non lo so”, cercò di dire, fissandosi i piedi. Tutto pur di non incontrare il mio sguardo.

Era addirittura più piccola di me, lei – ed era tutto dire -, ed i suoi capelli lunghi, neri come la pece, non facevano altro che renderla ancora più bassa. Era piccola ed indifesa, ecco, e non avevo idea di come avrebbe potuto lei sperare in qualcosa con Luca. “Sembra simpatico… credo”.

Per quanto lo conosco, quando vuole sa essere simpatico, ma forse è un po’ troppo esibizionista almeno per i miei gusti”, le confessai, cercando di metterla all’erta. “Non so quanto possa essere affidabile, sai? L’ho conosciuto a Doha e in un altro paio di occasioni e mi è sempre sembrato molto più Don Giovanni rispetto alla media”.

Mara si fermò all’istante, guardandomi attentamente, prima di ricominciare a camminare tranquillamente per le strade del paese. Non credevo di averla scioccata fino ad un punto tale, ma forse avevo calcolato male la sua sensibilità.

Pensa che avrei voluto conoscerlo meglio”, mormorò poi, guardando davanti a sé. “Ti avrei voluto chiedere di domandargli cosa ne pensa di me, ma se davvero è un tipo simile preferisco non averci a che fare”.

Non fraintendermi, ma credo che più o meno tutto il genere maschile sia così, forse lui lo esterna con più semplicità e senza curarsi di ciò che pensa la gente, e per certi versi fa bene. Non voglio che siano proprio le mie parole a frenarti, alla fine ho avuto poche occasioni per conoscerlo davvero, ma ti avviso che dovrai misurarti con una come Simona se vuoi conoscere Luca”, aggiunsi, poi, sentendo un’ondata di rabbia invadermi. “Sembra voler mettere i piedi in più scarpe possibili, lei”.

Chissà perché, ma me lo aspettavo”, commentò, ridacchiando. Anche se era palese che, infondo, non ci trovasse proprio nulla di divertente. “Ma perché dici questo? Non credevo la conoscessi così bene”.

Ho avuto a che farci per un servizio che abbiamo fatto per gennaio ed ho imparato a conoscerla abbastanza e, anche nelle rare occasioni in cui l’ho incontrata anche fuori dal lavoro, l’ho sempre vista molto… disponibile praticamente verso tutti. E Luca è uno di questi, poi non so cosa ci sia esattamente tra di loro, ma se è come in altre occasioni credo che preferisca mantenere rapporti puramente fisici”.

Era strano parlare così apertamente con qualcuno che conoscevo a malapena, soprattutto di un argomento simile che, dal nulla, mi faceva provare migliaia di sensazioni contrastanti e per lo più negative. Ma sentivo di potermi fidare di quella ragazza, ispirava fiducia anche solo guardarla e vederla così indifesa e presa da Luca mi faceva avere quasi compassione di lei. Soprattutto se, dopo qualche parola scambiata, aveva confessato di voler sapere di più su di lui.

Era un comportamento un po’ adolescenziale, ma sembrava talmente giovane ed ingenua che tutto sembrava comprensibile.

Non so se volerci sbattere la testa oppure no”, mormorò poi, lei.

“Non ti saprei dare un buon consiglio, io, soprattutto per quello che sto passando”, le risposi, a mo’ di consolazione. “Ti conviene chiedere a qualcun’altra, mi dispiace”, conclusi, ridacchiando.

“Mi sembra un tipo simpatico, davvero”, continuò Mara, come se nemmeno avesse ascoltato le mie parole. E per certi versi gliene fui grata perché, alla fine, avrebbe potuto cominciare a fare domande su domande ed era l’ultima cosa che avrei voluto. “Quando siamo stati in acqua, durante il primo servizio e anche prima, quando ci ha accompagnati in albergo, sembrava una persona semplice”.

“Preferisco non dire altro, ma se vuoi posso provare ad indagare su cosa pensa Luca di te”, mi arresi, infine.

Mi sarei cacciata in un altro guaio, come minimo, ma sentivo quasi il bisogno di aiutala davvero. Forse anche per il fatto che, oltre mio babbo, non avessi mai avuto chissà quante persone attorno e lei mi piaceva, mi andava a genio e tra tutte le persone che erano con me a Torre dell’Orso sembrava l’unica in grado di costruire un briciolo di rapporto d’amicizia con altre persone.

Mi chiesi, per un momento, cosa avrebbe pensato Luca quando gli sarei andata a chiedere cosa pensasse di quella ragazza che, alla fine, aveva appena conosciuto. Senza contare quanto ci avesse provato, più o meno, con me a Doha. Avevo il netto presentimento che avrebbe potuto farsi idee completamente sbagliate, lui, e non me ne s

arei affatto sorpresa; speravo solamente in un minimo di buon senso da parte sua.

Tornammo in albergo dopo poco, salutandoci nella hall dell’albergo e dandoci appuntamento la mattina seguente per la colazione. Così riuscii finalmente a rientrare in camera per potermi rilassare, per potermi finalmente estraniare dal mondo con l’ennesima doccia, troppo lunga rispetto alla media. Avevo bisogno di calmare i nervi, in un certo senso, nonostante la passeggiata con Mara fosse stata parecchio piacevole. Ma mi sentivo inquieta e non capivo il perché.

Era strano, forse, ritrovarsi così lontana da casa con persone che non conoscevo affatto, nonostante fosse per lavoro, e quella sensazione non mi piaceva affatto. Non perché non fossi abituata a starmene da sola, ma perché avevo la sensazione che non avessi lasciato tutto come doveva essere, a casa mia. Come se qualcosa non fosse al suo posto, e sapevo perfettamente la risposta, davvero, ma ero troppo stupida ed orgogliosa per ammetterlo addirittura con me stessa.

Travis aveva semplicemente complicato ogni aspetto della mia vita, come se non bastasse il fatto che fosse complicata e stupida già di per sé. E lo odiavo per questo, davvero, perché mi aveva messa alla prova più volte ed io avevo sempre fallito miseramente, facendo la figura dell’idiota come mio solito. Non sapevo cosa fare, cosa pensare e come agire per semplificarmi la situazione, come se più semplice non potesse affatto diventare.

Nemmeno me ne resi conto quando, ad un certo punto, mi ritrovai con il telefono tra le mani e la chat di Travis davanti al viso. Ed ovviamente non riuscii a pensare lucidamente prima di inviargli davvero un messaggio.

 

Ehi..

 

Stupida e banale, ecco cos’ero. E quella ne era la prova perché quella era una pessima uscita, soprattutto dopo la discussione con cui ci eravamo lasciati. Se speravo di migliorare qualcosa in quel modo, probabilmente, mi sbagliavo di grosso.

Cominciai a vagare per la stanza, dopo aver inviato il messaggio, borbottando tra me e maledicendomi per l’ennesimo attimo di debolezza che mi aveva colpita. E la mia mente cominciò a viaggiare e a creare i possibili scenari che mi si sarebbero potuti parare davanti che, per lo più, passavano dall’estremo mutismo da parte di lui alla serie di insulti che, infondo, mi sarei meritata tranquillamente.

Poi il telefono vibrò improvvisamente sul tavolino su cui l’avevo lasciato, facendomi sobbalzare per la sorpresa. Ed io ci misi alcuni istanti ad incamminarvi verso l’aggeggio, diffidente ed indecisa se leggere oppure no, ma poi mi dissi che, se proprio dovevo rendermi ridicola con quella scenetta – dato che ero stata proprio io a cominciare -, dovevo almeno andare fino in fondo.

 

Ah ma allora sono ancora degno della tua parola.

 

“Sei il solito stronzo!”, esclamai, irritata. Ma sentivo di avere perfettamente ragione, perché la mia mossa era stata una sorta di resa, come se con solamente tre lettere avessi deciso di innalzare bandiera bianca; e lui non lo aveva capito, aveva deciso di comportarsi da idiota come faceva sempre, dandomi la conferma di come fosse infantile per la maggior parte del tempo, come se la prima donna che albergava in lui si facesse vedere nei momenti meno opportuni.

 

Sei degno della mia parola quando non reciti la tua solita stupida parte della superstar.

 

Non ero riuscita  a trattenermi e lui nemmeno meritava che lo facessi, perché aveva bisogno di qualcuno che gli rendesse pan per focaccia, giusto per evitare di alimentare ancora di più quell’ego spropositato che si ritrovava. Ed era assurdo che quel compito toccasse a me, perché non lo volevo e tra l’altro mi spossava, rendendomi più scorbutica di quanto già non fossi.

 

Cosa ti ho detto riguardo a quel soprannome che ti ostini ad affibbiarmi?

 

Sinceramente?

Non ricordo, mi sembra di aver parlato con il tuo alterego, a questo punto.

 

Ennesima prova di debolezza?

Probabilmente sì, ma non ero riuscita a fermarmi nemmeno in quell’occasione e quello era il risultato: la solita serie di parole infilate a caso nel modo più giusto possibile per far vedere al mondo quanto potessi essere stupida, a volte.

E continuavo a non comprendere quel suo comportamento, la rabbia che mi aveva riservato l’ultima volta in cui avevamo parlato, soprattutto dopo una giornata tanto intensa come quella precedente, dove lui sembrava aver abbassato ogni barriera di cui potesse disporre.

 

Deve essere rimasto a Doha. Ma sappi che anche tu sei cambiata, vorrei farti notare.

 

Mi ero seduta sul divanetto davanti al tavolino, cercando di comprendere al meglio quel suo ultimo messaggio. Nonostante fosse tutto tranne che comprensibile.

Certo, ero cambiata molto da quando avevo cominciato quel calvario con il lavoro che mi aveva parlato a lui, eppure nei suoi confronti ero sempre rimasta coerente con le mie idee e glielo avevo sempre fatto presente, non mi ero mai nascosta. Non come aveva fatto lui, almeno.

La verità è che mi aveva ferita e probabilmente nemmeno se ne era reso conto, l’idiota. E mi odiavo per avergli permesso una cosa simile, perché sapevo che ne sarei uscita distrutta e non sarei stata più me stesso, e non me lo potevo permettere. In particolare con un’incognita come Travis.

 

Possiamo chiamarlo corso della vita, forse, e non possiamo impedirlo. Mi spiace.

 

Per una volta smettila di affidarti a discorsi da filosofa, Maya. Hanno smesso di incantarmi da un pezzo.

 

Non ho mai usato discorsi da filosofa, Travis. Ed incantarti non è mai stata la mia missione. Pensavo che ormai avessi capito che non sono quel genere di persona

che cerca di prendere in giro il proprio interlocutore per indorargli la piccola.

 

Non è mai stata la tua missione, certo… peccato che tu ci sia riuscita. Più di una volta.

 

Strabuzzai gli occhi leggendo quel suo ultimo messaggio, forse per la troppa sincerità o forse perché non mi sarei mai aspettata una risposta simile, con un impatto del genere. Non pensavo davvero di essere mai riuscita ad incantarlo, come aveva detto lui, con quali mezzi poi? L’unica cosa che mi riusciva semplice era rendermi particolarmente odiosa e testarda, in alcuni casi.

 

E non ti ho mai reputata quel genere di persona, altrimenti ti avrei lasciata perdere già da un pezzo.

 

Continui a confondermi ogni giorno di più, dannazione! Poi dovrei essere io quella sibillina…

 

Più che confusa mi sembri decisa a negare l’evidenza, anche adesso.

 

Probabilmente nemmeno si rendeva conto di cosa gli usciva dalla bocca quando cercava di mettermi in difficoltà, a volte. Come in quell’occasione, mandandomi in confusione e facendo nascere decine di domande nella mia mente, perché non riuscivo a capire cosa intendesse con quel messaggio. Non riuscivo a capire lui, per la maggior parte del tempo.

Non ero una che si ostinava a negare l’evidenza, io, e non capivo nemmeno quale fosse quell’evidenza da poter negare; non riuscivo a capire dove volesse arrivare o cosa volesse dire.

 

Questa conversazione sta degenerando.

 

Decisi di rispondergli in modo da poter sviare il discorso, perché avrebbe portato ad altre domande e ad altre risposte del tutto incomprensibili che non avrebbero fatto altro che confondermi sempre di più. Tanto valeva evitare l’argomento come facevo la maggior parte delle volte.

 

Starà anche degenerando, ma la preferisco così. Perché se ricomincio a pensare a dove ti trovi ora e la compagnia che ti è toccata torno ad innervosirmi.

 

Non è colpa mia, pensavo l’avessi capito. Lo faccio per lavoro e non perché l’ho deciso io. Se avessi potuto avrei evitato questa serie di problemi.

 

Avevo voluto evitare un argomento scomodo per ritrovarmene uno addirittura peggiore ed avevo deciso per optare per la sincerità, nonostante potesse sembrare parecchio controproducente e stupido da parte mia. Ma mi ero stancata di quella situazione e del comportamento da idiota di Travis nei miei confronti, e speravo che in quel modo i nostri diverbi si potessero appianare.

Ma se si parlava di lui tutto era sempre una stupida e stramaledetta incognita.

 

Strano… ti ricordo parecchio entusiasta dell’iniziativa. O sbaglio?

 

Ecco, quello era un altro dei suoi tanti modi di mettermi alla prova, come se quell’imbarazzante conversazione non fosse abbastanza. Sì, perché mi ero scavata la fossa da sola, credendo che lui potesse seguire le mie idee e sviare il discorso insieme a me, ma mi ero sbagliata di grosso. E quella ne era la prova.

Ma parte di quello che gli avevo detto per telefono, l’ultima volta era vero: era una grande opportunità, quella, e non me la sarei fatta scappare, nonostante fossi sempre impegnata a lamentarmi per migliaia di aspetti che, a mio parere, non andavano bene. Era pur sempre lavoro, e la compagnia me la dovevo far andare bene.

 

Lo sono anche adesso, perché è una bella opportunità, ma non ho mai nascosto il fatto che le persone che mi sono state affiancate non mi piacciono. A parte una certa Mara, sembra simpatica.

 

Allora devo essere stato io a fraintendere, evidentemente. Perché ho in mente parole completamente diverse.

 

Quanto era subdolo, a volte. Perché quello era il suo modo per estorcermi delle scuse che, ovviamente, non sarebbero arrivate. Ero troppo orgogliosa per abbassarmi a tanto e sapevo che quella guerra sarebbe andata avanti fino alla fine dei tempi, tra noi. Perché lui, per certi versi, era come me e, proprio come me, non sarebbe stato il primo a chiedere scusa, come non sarei stata io, e quella sarebbe diventata l’ennesima questione lasciata in un angolo a prendere polvere, irrisolta.

 

Sono state parole diverse, lo so, ma l’ho fatto per proteggermi. Forse. Mi sono sentita attaccata, in un certo senso, e quello è stato il mio modo di rispondere, nonostante abbia peggiorato la situazione. Ma non mi pento, perché alcune di quelle cose le penso davvero e, probabilmente, ci troveremo in disaccordo anche qui, ma va bene così. Tu hai la tua vita ed io ho la mia, e né tu né io abbiamo il diritto di mettere becco nelle faccende dell’altro: ecco perché ti ho risposto in quel modo, perché ti sei andato ad impicciare dei miei affari e mi hai trattata come se la colpevole fossi io, quando ti sei comportato praticamente allo stesso modo.

Cose del genere non dovrebbero succedere, soprattutto tra due persone che non hanno alcun legame.

 

Se ribadirgli per l’ennesima volta che tra noi non c’era nulla fosse servito, lo avrei fatto. Glielo avrei ripetuto allo sfinimento se fosse servito per cambiare le cose, anche se cominciavo a dubitare di fin troppe cose. Come quella che, in fin dei conti, servisse più a me che a lui, mettere in chiaro le cose. Ma no, non poteva essere, non doveva. Perché lui ed io eravamo un terribile errore, e avrei dovuto capirlo quella volta dopo il servizio fotografico al mare, quando Travis si era presentato al mio appartamento. Avrei dovuto capirlo prima che iniziassi a complicare tutto quanto con le mie stesse mani, scavandomi da sola una fosse talmente profonda da non poter più uscire.

 

Sai cosa non riesci ancora a capire, Maya? Che continui a fare tutto quanto di testa tua, da sola, continui a crearti castelli in aria di cose che nemmeno sono successe ed io agisco di conseguenza, perché ti ostini a difenderti e a voler aver ragione. E mi fai incazzare perché, appunto, non capisci.

 

Si credeva tanto sicuro di sé, lui, tanto spavaldo da poter mettere su teorie che non avevano né capo né coda. Non era assolutamente vero, nemmeno una parola di quel maledetto messaggio che aveva cominciato ad innervosirmi come non mai, facendomi quasi tremare le mani per la rabbia. Perché non era lui quello dalla parte del giusto, non era lui ad aver ragione. Altrimenti avrebbe significato solamente una cosa, e non poteva essere! Non poteva davvero.

E poi lui arrivava sempre con le sue stupide dimostrazioni di testosterone e virilità, come se volesse segnare il territorio o che altro, ma si rendeva solamente ridicolo ogni volta. E per lo più finivamo per discutere e prenderci a parolacce.

 

Non è affatto vero che mi faccio castelli da sola, dannazione. Ogni maledettissima volta tu mi dai tutti i presupposti per pensare male. E cosa dovrei fare, altrimenti? Dimmelo, perché magari riesco a capisci qualcosa perché, ora come ora, sono più confusa di prima.

 

Ed era vero, maledizione!

Cominciavo a capirci sempre meno, sia di lui che di me stessa perché mi trovavo sempre più stordita dalla miriade di pensieri che mi affollavano la testa, urlando tutti insieme a gran voce. Era solo un gran caos che non avrebbe mai portato a nulla, e Travis non aiutava affatto. Né lui né la sua smania di farmi da psicologo.

 

Potresti provare ad essere te stessa, per una volta. ho avuto poche occasioni per vedere la vera Maya, ma mi è piaciuta e la preferisco mille volte alla ragazza che si fa migliaia di problemi e che parte in quarta quando le cose non vanno come vuole lei!

Lo so che non ci sono legami tra noi… me lo hai ripetuto centinaia di volte, ma lo dico per te perché ti si potrebbero semplificare tante cose.

 

L’ultima cosa che avrei dovuto fare, proprio in quel momento, era cominciare a crollare in mille pezzi, con il tremore alle mani che aveva cominciato a farsi sempre più accentuato, rendendomi difficile anche solo mantenere una presa salda sul telefono. Ero ancora seduta sul divanetto, con le finestre spalancate, ma era come se mi mancasse l’aria per qualche stupido motivo. E non sapevo che fare, se non continuare a respirare pesantemente ed agitarmi ancora di più.

Non avevo mai mostrato la vera me, almeno non di proposito perché, il più delle volte, non mi piaceva e mi faceva paura. Eppure Travis ne aveva parlato come se fosse una cosa positiva, come se dentro di me ci fossero una sorta di Dr. Jekyll e Mr. Hyde sempre pronti a lottare tra loro. Avevo cercato di mostrarmi sempre e solo Mr. Hyde con lui, ma non era bastato: in qualche modo lui era stato in grado di vedere il mio Jekyll e di conoscerlo. E sembrava piacergli, addirittura, e non capivo come potesse essere vero.

 

La fai troppo facile, tu… per me non è semplice, invece. Ogni volta che ho tentato di essere me stessa e di dare fiducia ad una qualsiasi persona sono stata presa per il culo e sono stata ferita. E quello che mi da più fastidio è esserne consapevole e sapere che questo mio comportamento non porterà a nulla e che resterò sola, ma non so che altro fare. Ho troppa paura, per certi versi.

 

Cadere era un contro, crollare dal nulla era un altro. E quello era proprio il mio caso, perché le lacrime che avevano cominciato a scendere erano del tutto inaspettate ed indesiderate, perché sapevo che non sarei più riuscita ad alzarmi dopo aver toccato il fondo e mi sentivo terribilmente vicina a quel punto, al punto di non ritorno, e non sapevo proprio che cosa fare.

Espormi in quel modo verso Travis era stato un enorme salto nel vuoto, eppure non avevo avuto la forza di fermarmi e di tirarmi indietro: ero partita come un fiume in piena ed ero diventata inarrestabile. E non c’era nulla di bello in questo.

Ero sempre riuscita a cavarmela, a restare in piedi nonostante tutto intorno a me sembrasse intenzionato a farmi crollare, e non ero caduta nel vuoto. Ero sopravvissuta, ma in quel momento mi sentivo sicura del fatto che, probabilmente, non avrei più avuto le forze necessarie per rialzarmi.

 

Sei tu che vuoi restare sola, ma ti assicuro che sei piena di persone che a te ci tengono. Me compreso, se vogliamo essere brutalmente sinceri…

E non devi per forza buttare giù ogni scudo con cui cerchi di proteggerti, ma cercare di prestare un briciolo di fiducia in più nel genere umano perché non tutti sono dei mostri. Non so cosa tu abbia passato per diventare così, ma vorrei tanto che provassi a cambiare… sono convinto che tu possa farcela.

 

Strabuzzai gli occhi leggendo quel suo ultimo messaggio. Perché evidentemente non ero stata l’unica ad esporsi tanto, in quel momento, e per un momento non riuscii quasi a crederci. Non era da lui fare commenti simili, nonostante fosse più propenso di me a parlare e ad esternare i sentimenti, ma fino a quel punto non ci era mai arrivato. Nessuno di noi, e sembrava tanto un momento della verità, quello.

Cercai di raccogliere quei pochi pensieri che sembravano essere rimasti nella mia mente perché, improvvisamente, si era svuotata, e cominciai a pensare a cosa avrei potuto rispondergli. Nonostante gli occhi ancora appannati dalle lacrime sembravano volermi complicare il compito. Non avevo idea di cosa fare e continuavo ad agitarti senza un vero e proprio motivo, quando avrei dovuto solamente calmarmi.

Mi incamminai verso il letto, stendendomi su di esso e cominciando a fissare il soffitto, in cerca di ispirazione. Forse.

In verità, ogni possibilità che mi passava per la testa sembrava enormemente sbagliata, come se non ci fosse altra cosa da fare che starsene zitta a rileggere fino alla nausea l’ultimo messaggio di Travis. Anche se, più riguardavo quelle parole, più il panico continuava a salire.

Poi mi dissi che avrei dovuto darmi una svegliata, continuando a ripetermelo non so quante volte, così optai per la sincerità e cominciai a scrivere finalmente quella maledetta risposta che sembrava non voler più arrivare.

 

Ancora non l’hai capito che sono crollati più scudi di quanti avrei voluto? E non perché l’ho deciso io, ma perché ci sono stati momenti che mi hanno fatto credere in qualcosa di diverso ed io, da perfetta stupida, ci sono cascata in pieno.

Poi arrivi tu con questi messaggi e non fai altro che peggiorare la situazione, mandandomi ancora di più in confusione. Non mi aiuti, sai? Nonostante tu stia cercando di farlo. Non mi sono mai trovata in una situazione simile e mi ritrovo a non sapere cosa fare, come muovermi, e tutto per colpa tua e per colpa di quel niente che c’è tra noi.

Ed è vero che non ho fiducia nel genere umano, perché ne ho avuta fin troppa e non è mai finita bene: quella a rimetterci qualcosa sono sempre stata io e credo sia più che comprensibile che io, ora come ora, mi comporti così.

Non so cosa fare, Travis, davvero…

 

Io non faccio nulla, Maya, sono solo me stesso e se seguissi il mio esempio non ci troveremmo a discutere ogni volta che ce ne capita l’occasione.

Non sono conversazioni da fare tramite messaggi, queste, in ogni caso, e se potessi verrei lì in questo momento, credimi. Perché credo sia arrivato il momento di chiarire ogni singolo punto, finalmente… e anche perché qua mi sembra di impazzire.

 

Se fossi qui non faremmo altro che complicare le cose ulteriormente, conoscendoci. I nostri tentativi di conversazioni civili sono sempre finiti in modi… non tanto civili, ecco.

 

Sembra che tu stia parlando di due criminali, così.

E comunque dipende sempre dai punti di vista, perché io la vedo in modo completamente diverso!

 

Faceva tanto l’idiota, lui, ma sapevamo entrambi che avevo ragione dicendo che non avremmo fatto altro che complicarci la vita, nonostante lui sembrasse voler negare l’evidenza. E, inoltre, aveva scritto che, se avesse potuto, sarebbe venuto da me e non sapevo come interpretarlo o come reagire, perché mi spaventava davvero troppo tutto quanto, in quel momento, da quei messaggi assurdi di Travis a quella camera d’albergo improvvisamente troppo vuota, ed in quel momento mi sentii io quella ostinata a voler negare l’evidenza. Ma come altro poteva essere?

Doveva essere in quel modo e basta, nient’altro. Niente che mi complicasse ulteriormente la vita, nessun sentimento equivoco che mandasse a fanculo tutto quello che avevo costruito e me stessa.

 

Cominci a vaneggiare, Travis. Forse è ora che te ne vada a letto… cosa che dovrei fare anche io, visto che domani mi attende un’altra giornata di servizi.

Buonanotte.

 

Sempre pronta a rovinare tutto. Vai pure a letto, tu che ne hai bisogno, io sono fresco come una rosa.

 

Continuai a non capire cosa gli passasse per la testa, di cosa stesse parlando e, nonostante fossi davvero confusa e scossa da quella conversazione, decisi di mandare tutto al diavolo e di cominciare a prepararmi per la notte. Avevo bisogno di dormire, altrimenti il giorno seguente sarei stata a dir poco intrattabile, e preferivo mostrarmi quantomeno normale verso quei pochi sfortunati che mi erano stati assegnati come staff.

Il fatto che, una volta a letto, impiegai non so quanto tempo a dormire, continuando a rigirarmi nel letto ed immaginarmi non so quanti scenari con Travis, asciugandomi lacrime che avrebbero dovuto smettere di scorrere già parecchio tempo prima, era assolutamente irrilevante, sì.

 

I giorni continuarono a scorrere tranquillamente, a differenza di quello che avevo pensato all’inizio di quel viaggio.

Luca si era stranamente dimostrato più disponibile – e in senso equivoco – e simpatico nei confronti di tutti, riuscendo ad avere successo solamente con me oppure con Mara, che in fin dei conti pendeva dalle sue labbra. Povera ragazza, perché anche se pareva migliorato, il nuotatore della situazione, avevo il netto presentimento che la sua indole da predatore e Don Giovanni sarebbe saltata fuori nel momento più inatteso. Ma più passavano i giorni e più andavamo avanti con quegli infiniti servizi fotografici – in spiagge che continuavano a meravigliarmi sempre più di giorno in giorno, tanto per cambiare – e più mi rendevo conto che quel ragazzo sembrava davvero cambiato, dal giorno alla notte: forse era l’aria del suo paese e della sua terra a fargli bene e a cambiarlo in meglio, non ne ero sicura, ma più lo osservavo e più notavo come fosse, in fondo – molto, ma davvero molto in fondo –, un ragazzo semplice.

Non credi che per oggi possa bastare, Maya?”, mi chiede Mara, ad un certo punto.

Erano passate ore da quando eravamo giunti in quella piccola baia nascosta dagli scogli ed avevo perso completamente la cognizione del tempo: il sole aveva cominciato da un pezzo a tramontare e l’aria si era fatta più fresca, ma era una giornata talmente bella con colori talmente affascinanti e suggestivi che mi sembrava un vero peccato sprecare quell’opportunità.

Non c’è problema, Mara”, gridò Luca, dal bagnasciuga a qualche metro di distanza dov’era seduto. “Queste giornate vanno vissute fino all’ultimo”, aggiunse, con un sorriso a dir poco genuino.

Che ne era stato del pallone gonfiato che credevo di aver conosciuto?

Luca ha ragione”, ammisi, continuando a fotografarlo, mentre lo sorprendevo intento a fissare Mara. “Mi perderei scatti troppo belli: prometto di non tardare ancora molto”.

Continuammo per un’altra mezzora abbondante, prima che alcune lievi lamentele cominciarono ad arrivarmi da quei tre membri della troupe che sembravano tutto tranne che utili; così decisi di lasciar perdere e di cominciare a raccogliere tutte le nostre attrezzature per dirigerci finalmente in albergo.

Noi cominciamo a portare su l’attrezzatura già pronta”, mi avvisò Mara, avviandosi con il resto del gruppo verso gli scogli che avrebbero dovuto percorrere per tornare in strada.

Va bene, ma state attenti”, mi raccomandai, temendo come non mai per quelle migliaia di euro in pericolo. “E che qualcuno resti di guardia, mentre tornate a prendere il resto”.

Nemmeno mi resi conto di essere rimasta sola con Luca e solamente quando si sedette di peso sulla spiaggia poco distante da me – facendomi prendere un infarto – mi accorsi di avere compagnia. Anche se, a dirla tutta, sembrava tutt’altro che di compagnia, con quel suo sguardo perso a fissare il mare ed il vento che gli sferzava il viso. Era come incantato dalla distesa d’acqua che aveva davanti e sembrava non voler nemmeno accennare a cedere.

Ti vedo pensieroso, Luca”, gli dissi, attirando la sua attenzione, continuando a sistemare la mia attrezzatura dentro i borsoni. “Stai bene?”.

Mi è solamente mancato questo posto e cerco di assorbirne il più possibile prima di ripartire”, confessò con un sospiro. “Venivo sempre qui, da bambino, con la mia famiglia”. Non lo credevo quel genere di persone così legate ai luoghi dell’infanzia, come se gli fossero cuciti addosso con filo doppio, ma mi sbagliavo. Ed era strano vederlo sotto quella luce, lo faceva apparire diverso, un semplice ragazzo della sua età e non un nuotatore di fama internazionale.

Mi dispiace per te, ma non so quanto potrebbe essere contento mio padre se tu restassi qua, soprattutto con una preparazione come quella che state seguendo ora”, ribattei, cercando di fare conversazione, perché un silenzio tra noi mi appariva troppo pesante da affrontare. “Comunque, a quella ragazza piaci”, buttai lì, come se nulla fosse, ottenendo – ma guarda! – finalmente la sua competa attenzione. Perché se si parla di donne tutti saltano sull’attenti.

Continuava a fissarmi a lungo, nonostante non lo stessi degnando di una minima attenzione, ma lui sembrava non voler demordere. Poi, finalmente, parlò. “Ma di chi diavolo stai parlando?”.

Oh, non fare il finto tonto, bell’imbusto”, lo canzonai, sorridendo. “Parlo dell’unica ragazza che sembra disposta a darti un minimo di vere attenzioni, e non parlo di me, tengo a precisarlo. Mara continua a non volerti togliere gli occhi di dosso”, aggiungo, infine, non sapendo se esserne divertita o meno, perché ho imparato a conoscere quella ragazza e credo sia davvero in gamba. E mi dispiacerebbe tanto se, per colpa di uno come Luca, andasse a prendersi una brutta batosta.

Mi voltai verso di lui, incontrando il suo sguardo un po’ incuriosito, ma al tempo stesso un po’ seccato. Forse. La realtà era che lui rappresentava un vero tabu, la maggior parte delle volte.

Non sai cosa stai dicendo, Maya”, commentò, tornando a guardare il mare.

Eccome se lo so, invece, mio caro”, ribattei, convinta più che mai della mia teoria. Ed avevo la netta sensazione di non sbagliare di molto nemmeno nei suoi confronti. “Ne ho tutte le certezze. E, sinceramente, credo che anche a te possa interessare. E non provare a negarlo perché, più di una volta, ti ho beccato perso ad osservarla”, conclusi, puntandogli un dito contro.

Non è una brutta ragazza, non ho problemi ad ammetterlo, ma tu davvero esageri”, concluse, con una risata nervosa che sapeva tanto di stronzata.

Non mi inganni, tu”, ribadii, scorgendo Mara di ritorno sugli scogli dal primo viaggio per l’attrezzatura. “Ma, in ogni caso, vedi di non comportarti da idiota: lei è una brava ragazza e, quando dico che le piaci, dico sul serio”, lo avvisai, infine, parlando a voce bassa. Ero seria e lui lo aveva finalmente capito, nonostante sembrasse comunque confuso, ma almeno sapevo di essermi fatta intendere a dovere.

Restano i tuoi due borsoni, Maya, poi siamo a posto”, mi avvisò lei, sorridendo e completamente ignara della conversazione che avevo appena avuto con Luca che, da perfetto attore, ricominciò a fissare il mare mentre sistemava le poche cose che si era portato appresso.

Le sorrido in risposta e le passo la borsa più piccola che ho già preparato, ma prima che possa incamminarsi verso gli scogli ancora una volta viene fermata da Luca che richiama l’attenzione di entrambe. “vi avevo detto che sareste dovuti venire a cena dalla mia famiglia, vero? Beh, dato che tra meno di due giorni dovremmo partire, avevo pensato a questa sera”, propose, leggermente imbarazzato ed evitando volutamente gli occhi allegri di Mara. “Ho già avvisato mia madre, quindi non potete rifiutare altrimenti rischio il rogo”, continuò, scherzando.

Mi volto istintivamente verso Mara che, cercando di trattenere un sorriso, mi lancia un’occhiata entusiasta, senza però dire una parola. Lascia a me la decisione e so che, se dovessi dare un no come risposta, non si azzarderebbe ad accettare l’invito, così per puro spirito di sacrificio accetto sorridente, curiosa di conoscere anche la famiglia di Luca. “Noi ci siamo, ma non so quanto possano essere di compagnia gli altri tre, sinceramente”, avviso Luca, prima che possa trovarsi tre statue di cera in casa propria.

Non gli si dice nulla ed il gioco è fatto, tanto con ogni probabilità direbbero comunque no”, salto su Mara, sorprendendomi per la sua audacia. La vedevo sorridere verso di me, per spostare poi lo sguardo alle mie spalle, e sapevo che stava osservando Luca. E speravo davvero che l’idiota si comportasse civilmente e che, almeno, contraccambiasse lo sguardo.

Dire che abbiamo un accordo, allora”, esclamò, poi, il nuotatore alle mie spalle.

E quando mi voltai potei notare come, finalmente, si rimpossessò de suo coraggio e della sua spavalderia, guardando attentamente la mia collega con quel sorrisetto furbo che lo aveva sempre contraddistinto.

Avrei dovuto cambiare il nome in Stranamore, o quantomeno lavorare in una sorta di compagnia per appuntamenti al buio perché – diciamo la verità – avevo un talento innato.

 

Luca ci venne a prendere dall’albergo verso le otto di sera, dopo averci dato la possibilità di sistemarci e di lasciare tutta quanta l’attrezzatura, poi cominciammo ad incamminarci verso casa sua e lui, da bravo padrone di casa, ci avvisò di non fare molto caso ai comportamenti della sua famiglia che, per certi versi, aveva definito strani e fin troppo espansivi. Non sapevo davvero cosa aspettarmi perché, dalle sua parole, sembravano persone completamente diverse da lui che, oltre alle battutine che lanciava, non si era mai spinto fin troppo oltre.

Mara, invece, era elettrizzata e sembrava un’adolescente alla sua prima cotta. Mi aveva confessato – durante l’attesa nella hall – di non avere idea di come comportarsi, ma che non si sarebbe persa quell’occasione per nulla al mondo. Ed io, da perfetta stupida, ero stata quasi tentata di rivelargli della mia chiacchierata con il nuotatore, ma non sapevo come avrebbe potuto prenderla. Così avevo optato per il silenzio.

Sembrava davvero presa e, quel suo comportamento, mi faceva sorgere centinaia di domande che mi sembravano davvero assurde. Come poteva essersi lasciata incantare da Luca in così poco tempo? Insomma, sì, era un bel ragazzo, ma nel caso di quella ragazza tutto sembrava andare oltre al semplice aspetto fisico.

Spero che abbiate fame, perché c’è cibo per un esercito intero”, ci avvisò lui, davanti a quella che sembrava essere casa sua.

Ed aveva ragione, dannazione! La quantità di cibo che sua madre e sua zia avevano preparato era davvero incredibile e, più di una volta, mi chiesi se ogni singolo giorno per loro fosse così.

Venimmo accolte come se facessimo parte della famiglia, con abbracci che definirei quasi soffocanti e sorrisi capaci di scaldare il cuore, cosa che non avevo mai visto in vita mia. E Luca non aveva davvero niente a che fare con queste persone, non sembrava nemmeno parente. Anche lui, come me, sembrava essere più freddo e distaccato, nonostante mostrasse sempre quella sua aura da ragazzo fin troppo disponibile. Sua madre lo aveva abbracciato più volte, nel corso della serata, e lui si era sempre dimostrato parecchio distante, nonostante si notasse perfettamente come fosse legato alla sua famiglia. Era una famiglia simpatica, quella, di quelle famiglie che non stanno mai zitte e fanno un gran baccano, ma almeno erano divertenti ed avevano la meravigliosa capacità di farti sentire davvero a casa.

Erano le undici di sera ed ancora saltava fuori dal nulla cibo a volontà. Mara continuava a lanciarmi sguardi disperati ogni volta che un qualche parente di Luca le riempiva il piatto. Io, invece, continuavo a mangiare lentamente così da avere sempre nel piatto qualche cosa, anche se cominciavo ad accusare i primi segni di stanchezza ed i primi segnali di uno stomaco che sembrava voler esplodere.

Credo sia arrivato il momento di smettere di mangiare, mamma”, esclamò Luca, vedendo arrivare l’ennesimo piatto sulla tavola. “Se Claudio viene a sapere che ho sgarrato così tanto nella dieta mi farà fare vasche fino all’anno nuovo”.

Per una sera puoi anche smettere di pensare al nuoto. Non vedi come sei dimagrito?”, ribatté, lei, poggiando sul tavolo un vassoio di dolci dall’aspetto meraviglioso. “Tuo padre è troppo severo con i suoi ragazzi, Maya, diglielo da parte mia”. Quella donna era uno spasso.

Dopo più di un’ora sia io che Mara cominciammo davvero a sentire la stanchezza arrivare, grazie soprattutto alla serie di sbadigli che sembravamo scambiarci. Io, però, ero troppo presa ad osservare la scena che mi si parava davanti agli occhi: la mia collega e Luca che, dal nulla, avevano cominciato a parlare come se fossero amici di vecchia data. Mi ero rifiutata di sedermi accanto a Mara, così ero stata pressoché rapita dalla zia del nuotatore che mi aveva voluta al suo fianco e Luca era stato quasi costretto a sistemarsi accanto a quella ragazza che era diventata tutta sorrisi ed occhiate allegre. Sembrava esserci una strana alchimia tra i due, particolare che era stato notato da tutti i presenti tranne che dai diretti interessati, ma erano talmente presi dai loro discorsi che al resto dei presenti prestarono attenzione ben poco.

Così, dopo aver chiesto alla zia di Luca di lasciare soli i due ragazzi, mi alzai dalla sedia salutando e ringraziando tutti quanti, avvisando che sarei tornata in albergo. Da sola, rifiutando ogni proposta sia da Mara che da Luca di accompagnarmi. Non volevo guastar loro la serata ed inoltre avevo bisogno di restare un po’ da sola, dopo aver passato una serata così caotica e con così tanta gente. Non che non mi fossi divertita, per carità, ma cominciavo a sentire la mancanza di un po’ di silenzio.

La mia collega mi lanciò un’occhiata che sembrava voler dire tutto, anche se speravo avesse abbastanza intelligenza da non farsi incantare davvero e da non combinare disastri. Il ché, detto da me, era assolutamente assurdo. Comunque li lasciai ai loro discorsi, incamminandomi verso l’albergo e godendomi il vento leggero che continuava a soffiare.

Dovevo resistere solamente un altro giorno, non di più, poi sarei tornata ancora una volta alla mia vita. Particolare che, nelle ultime ore, sembrava mancarmi sempre di più, nonostante la famiglia di Luca si fosse fatta in quattro per accogliere Mara e me alla perfezione. Ma volevo rivedere mio padre e, altra cosa importante, continuavo ad avere quella questione in sospeso con Travis, ed era arrivato il momento di chiarirsi una volta per tutte.

 

Credo che non riuscirò mai a ringraziarti abbastanza”, continuò Mara, durante l’attesa per l’imbarco dell’aereo che ci avrebbe riportati a casa.

Era dal giorno precedente che andava avanti con quella storia, e quasi cominciavo ad averne abbastanza. Certo, mi faceva piacere sapere di essere in parte responsabile per aver smosso la situazione, ma cominciava ad essere davvero fin troppo euforica. E non la smetteva un attimo di parlare.

La mattina dopo la cena a casa della famiglia di Luca, Mara mi aveva presa da parte e mi aveva raccontato come si fosse trovata bene a parlare per ore con il nuotatore. Era rientrata alle tre del mattino in albergo, ma – cosa ben più scioccante – non era successo assolutamente nulla tra i due. Niente di niente.

Il ché poteva voler dire due cose: o non c’era la minima attrazione - ma ne dubitavo davvero molto – oppure erano talmente affiatati e in sintonia da non voler rovinare tutto quanto dopo la prima chiacchierata. Ed erano da ammirare, per certi versi, soprattutto perché se avessi seguito il loro esempio, a suo tempo, probabilmente non mi sarei trovata nella situazione in cui ero caduta con entrambi i piedi.

Continuavo ad osservare attentamente Luca, per cercare di capire quanto meglio possibile il suo comportamento, i suoi atteggiamenti nei confronti di quella ragazza che sembrava non riuscire a smettere di sorridere sotto i baffi, ma pareva un vero e proprio mistero. Troppo serio ed impassibile, forse per mascherare una qualsiasi emozione ai miei occhi dopo la chiacchierata che avevamo avuto in spiaggia. Eppure, nonostante sembrasse lo stesso ragazzo di sempre, era seduto accanto a lei, cosa che non era mai successa prima se non a casa della sua famiglia. E lì, alla fine, erano stati costretti.

In ogni caso, non sarei andata chiedere informazioni a nessuno: avrei atteso fino a quando non sarebbe arrivato il momento in cui, uno di loro due, sarebbe venuto da me. Ed ero sicura che prima o poi sarebbe successo, come ero sicura che questa storia tra loro sarebbe andata avanti.

Finalmente partimmo per tornarcene a casa e, neanche a dirlo, non appena l’aereo si levò da terra cominciai a sentire una strana sensazione alla bocca dello stomaco, come se parte di me volesse restarsene in Puglia. E, purtroppo, sapeva che era vero perché, in parte, non mi sentivo affatto pronta per ritornare a Roma. Proprio per niente. Ed il motivo era solamente uno, alto, stupido e con le spalle larghe.

Vedere come mi ero ridotta per colpa sua non faceva che innervosirmi, soprattutto per tutte le promesse che avevo fatto a me stessa. Promesse che si erano andare a far fottere senza che me ne accorgessi.

Dovevo pensare bene a come comportarmi, come agire e cosa non fare per evitare di rendermi ulteriormente ridicola, dato che mi ero messa in mostra decisamente troppo rispetto a quanto avrei sperato. Infatti, ecco perché cominciai a maledirmi non appena mi resi conto che, dopo aver lasciato le valigie al mio appartamento, presi le chiavi della macchina per raggiungere Travis a casa sua.

Avevo lasciato tutto il gruppo all’aeroporto non appena avevo recuperato anche l’ultimo borsone della mia attrezzatura e, a parte Mara, non mi ero nemmeno disturbata a salutare qualcuno: sentivo la netta sensazione che, se non avessi agito in quel momento, non l’avrei più fatto e mi sarei tirata indietro come una perfetta codarda, nonostante fossi perfettamente consapevole di quanto fosse sbagliato quel mio modo di agire e di pensare.

Sbagliato perché sapevo che non avrebbe portato a niente, ma sentivo come il bisogno di provarci in ogni caso, di tentare un’ultima cosa e di capire cosa passasse per la testa di quel maledetto ragazzo.

Così mi trovai davanti alla porta dell’appartamento di Travis, senza saper bene che cosa fare, improvvisamente colta da un’ondata di terrore e di disagio perché, alla fine, non ci eravamo lasciati nel migliore dei modi, durante quella sera passata a scambiarci messaggi, ancora peggio l’ultima volta che avevamo davvero scambiato due parole. Non avevo idea di cosa potermi trovare davanti oppure chi trovarmi davanti, ed una parte di me continuava a sperare che non saltasse fuori Riccioli d’Oro dal nulla, perché non ero davvero dell’umore adatto.

Ed infine mi feci coraggio e bussai, forse un po’ più forte di quanto avrei voluto, ed attesi qualche istante prima di sentire la chiave girare e la porta aprirsi.

Restai un momento a fissare Travis, a ricordare ogni suo particolare forse, e a studiare l’espressione stupita che gli era comparsa sul volto non appena aveva capito di chi fosse davvero arrivato alla sua porta a quell’ora. E senza nemmeno avvisare. Ma come avrei potuto avvisare, d’altronde? Con quale coraggio?

Doveva essere tornato da poco dall’ultimo allenamento, lui, con indosso ancora i suoi pantaloni sportivi, la felpa con il logo della piscina di mio padre ed il solito odore di cloro che arrivava persino a me.

Vuoi entrare?”, mi chiese, dopo qualche istante, senza distogliere lo sguardo dal mio.

Mi limitai ad annuire, io, invece. Come se fossi diventata improvvisamente timida e muta, così mi decisi ad entrare abbassando lo sguardo a terra, non riuscendo più a sostenere quei suoi occhi. E continuai a sentirli addosso, sulla pelle, anche dopo aver sentito la porta richiudersi e mi faceva sentire dannatamente a disagio, per certi versi. Ero in territorio nemico e mi ci ero buttata di mia spontanea volontà pensando, addirittura, di essere nel giusto quando, in realtà, avevo sbagliato su tutta la linea.

Finalmente decisi di riprendere coraggio e di alzare gli occhi per incontrare quelli di Travis che, poggiato alla porta d’ingresso, attendeva una mia mossa. Perché, almeno quella volta, sapevo che lui non avrebbe mosso un dito, non si sarebbe fatto avanti ed infondo aveva pienamente ragione. Quella più confusa ero io, come sempre, e lui aveva bisogno di una sorta di dimostrazione, ma io non sapevo proprio cosa fare e come portarmi.

Certo, avevo sentito la sua mancanza dall’ultima telefonata che avevamo avuto, quando lo avevo informato della settimana che avrei trascorso in Puglia; tuttavia sapevo anche che, quella miriade di sensazioni, era sbagliata e non avrei dovuto provarla perché uno come Travis non era fatto per me ed io non ero fatta per lui. Noi due eravamo sbagliati, e lo sapevamo entrambi, ma lui sembrava voler sorvolare il problema.

Eppure, con quello sguardo incollato al mio, tutto pareva andare all’aria, anche il mio più forte tentativo di mantenermi a distanza di sicurezza da uno come lui. Anche la questione Simona passava in secondo piano, nonostante fosse comunque un problema a dir poco fastidioso.

Al diavolo!

Agli effetti collaterali di quella malsana situazione avrei pensato in un secondo momento, fu l’unica cosa che riuscii a pensare quando finalmente mi decisi ad avvicinarmi a lui, poggiando la fronte al suo petto e stringendo la sua felpa tra le mani. E fu quasi come tornare a respirare, sentire le braccia di Travis intorno a me, e bruciava, faceva male, perché sapevo che non doveva andare in quel modo, ma in quel momento non riuscivo davvero a pensare a nulla di razionale, così avevo lasciato correre, per l’ennesima volta. Come avrei potuto fare altrimenti?

 

Travis’ POV

 

Me ne stavo steso sul letto ad osservare Maya che, del tutto inaspettatamente, era piombata a casa mia senza nemmeno avvisare, come un fulmine a ciel sereno. Ed era stato proprio così, come sentirsi fulminati senza aspettarselo, trovarsela davanti alla mia porta.

Avevo preferito non chiedergli il motivo di quella visita, me ne ero stato zitto per vedere quale sarebbe stata la sua prima mossa e, in tutta sincerità, avevo sperato con tutto me stesso in un finale simile. Dall’ultimo assurdo epilogo che avevamo avuto per telefono non c’era stato altro che silenzio, tra noi, e quei pochi messaggi che ci eravamo scambiati avevano fatto più danni che altro, probabilmente, creandole ancora più domande nella mente. Come poteva davvero farsi tanti problemi, lei? A volte non riuscivo davvero a capirla, soprattutto perché se solo avesse lasciato un attimo correre sarebbe stato tutto molto più semplice, tutto molto più sincero. Ma no, lei doveva continuare a complicare la situazione, creandosi con le sue stesse mani migliaia di problemi ed io non sapevo più da che parte farmi.

Pensavo di averle dimostrato abbastanza, di averle fatto capire che non era una delle solite conquiste, una delle tante. Lo pensavo anche io, all’inizio, ma con il passare del tempo quel suo carattere del cazzo e quelle sue fisime mentali avevano continuato a scavarmi dentro ed tutto era quasi diventato importante. Lei era diventata importante, e dannazione avrei preferito che non fosse mai successo, per certi versi. Perché era complicata e quando ci si metteva sapeva davvero rompere le palle, ma ero quasi arrivato ad un punto di non ritorno e vederla arrivare da me aveva solamente peggiorato le cose.

Le avevo raccontato praticamente tutto di me, le avevo rivelato cose che nemmeno mia madre sapeva eppure sembrava non essere abbastanza. Oppure era lei la testarda che negava tutto quanto, anche la più grande evidenza. Non la capivo, davvero!

E non riuscii a tenere a freno una mano, che automaticamente corse ai suoi capelli, mentre anche lei continuava a fissarmi, stesa nel mio letto. La avvicinai a me ancora di più, trovandomela ad un soffio e non potei fare a meno che ricominciare a baciarla, perché se davvero si aspettava che dopo tutto quello che mi aveva fatto passare mi sarei accontentato, si sbagliava di grosso. La strinsi a me, quasi per paura che potesse scappare a gambe levate da un momento all’altro e, da una come lei, mi sarei aspettata di tutto. Ecco perché non mi sorpresi affatto quando, dopo qualche istante, cercò di spingermi via da lei ed io, da perfetto idiota, decisi di non forzare troppo la mano e mi allontanai a mia volta, cominciando a studiare quei suoi occhi in tormento, quel mare mosso forse come non mai.

Non sarei dovuta venire”, bisbigliò, forse più a sé stessa che a me, ma riuscii a sentirla distintamente comunque.

Sembrava non avere più il coraggio di guardarmi in faccia, lei, la solita che sembrava annientata da chissà quali problemi e dialoghi interiori. Avrei tanto voluto sapere cosa le stesse passando per quella maledetta testa che non smetteva un attimo di pensare. Poi, finalmente, risollevò lo sguardo e la vidi più confusa che mai. Il ché era davvero assurdo.

Non sarei dovuta venire, Travis”, ripeté, questa volta più convinta.

Allora perché lo hai fatto? Potevi restartene a casa, non credi?”, ribattei, stizzito dai suoi continui cambi d’umore. Perché non ne potevo davvero più; era stata lei a piombare a casa mia, a farsi avanti e poi, con una semplicità incredibile, continuava a fare retromarcia nel momento in cui bisognava avere quel briciolo di coraggio in più per non farsi sopraffare dalle paure. E lei era davvero una gran vigliacca, la maggior parte delle volte, e non capivo davvero per quale motivo.

Non lo so”, rispose, in un sussurro, torturando il lenzuolo con cui si era coperta fino al collo. E se fosse stata un’occasione qualsiasi mi avrebbe fatto addirittura tenerezza, ma in quel momento ne avevo fin sopra i capelli della sua stramaledetta indecisione, avevo bisogno anche io di una qualsiasi dimostrazione, ma lei sembrava convinta con tutta sé stessa a non darmi alcuna soddisfazione e a nascondersi come sempre.

Non puoi non saperlo, Maya”, continuai. “Dannazione, è così difficile per te lasciarti andare? Perché pensavo avessi più spina dorsale, pensavo fossi più forte di così, ma evidentemente mi sbagliavo”.

I suoi occhi saettarono nei miei nel momento stesso in cui comprese appieno le mie parole, ed avevano fatto centro: avevo finalmente ottenuto una reazione degna di essere chiamata tale. Era arrabbiata, si sarebbe visto a chilometri di distanza, ma mi sarebbe andata bene qualsiasi emozione, in quel momento, piuttosto che vederla rannicchiata in un angolo del letto senza avere il coraggio di alzare lo sguardo.

Tu non sai assolutamente nulla di me, razza di idiota!”, esclamò, inviperita. “Non hai idea di quanto io possa essere forte o meno, non lo sai, quindi non osare venire da me a farmi la paternale per cose di cui non sei a conoscenza”, continuò, allontanandosi ancora di più da me. Poi la vidi sedersi sul bordo del letto, dandomi le spalle, e recuperare i suoi vestiti sparsi per il pavimento. Si rivestì in un batter d’occhio, ostinandosi a non guardarmi e a chiudersi sempre più a riccio, negandomi ogni minima possibilità di avvicinarmi a lei. Si incamminò verso il salotto, uscendo dalla mia stanza, ma non potevo lasciarla andare via così, io, non potevo lasciarmi scappare l’occasione di chiarirmi davvero con lei. Così cercai di rivestirmi anche io, per quanto possibile, e la raggiunsi, trovandola poco distante dalla porta d’ingresso, intenta a riprendersi la sua borsa.

Hai perfettamente ragione, di te non so nulla. Ma ti sei mai chiesta per quale motivo, eh?”, le chiesi, senza nemmeno preoccuparmi di come potesse risultare esasperata ed arrabbiata la mia voce. “Ti sei mai chiesta perché io vada avanti a supposizioni, quando si tratta di te? Perché non mi dai nemmeno la possibilità di conoscerti davvero, ti tiri indietro quando le cose cominciano a farsi un po’ troppo complicate per te e scappi a gambe levate”.

Io non sto scappando!”, sbraitò, lei, colta sul vivo. E mi fulminò con lo sguardo, con quegli occhi in tempesta che sembravano volermi dire tutto e niente.

Davvero?”, le chiesi, schernendola. “E adesso cosa stai facendo, esattamente? Perché se questo non è scappare, non ho davvero idea di cosa sia”.

Nessuno disse niente per quella che mi parve un’eternità, nessuno osava muovere un muscolo e nessuno osava distogliere lo sguardo dall’altro, e se avessimo potuto ci saremmo lanciati addosso qualsiasi oggetto a portata di mano.

Avevo sbagliato io ad affezionarmi troppo a quella ragazza, perché sembrava troppo presa da sé stessa e troppo intenta a preservarsi per rendersi conto di cosa avrebbe potuto ottenere. Sarebbe bastato abbassare leggermente quella sua dannatissima corazza, nient’altro, ma per lei sembrava troppo complicato persino quello.

Io starò anche scappando, ma lo sto facendo perché ti aspetti troppo da me, lo hai sempre fatto”, cominciò, in un sibilo, velenosa come non mai. “Ti sei fatto troppe illusioni su quello che abbiamo passato e su cosa abbiamo fatto, come se oltre al sesso potesse esserci altro, ma io ho sempre messo in chiaro le mie intenzioni, sempre! Sei stato tu a voler quel qualcosa in più, ma io mi sono sempre dimostrata contraria; ed ecco il risultato della tua testardaggine! Stiamo litigando, come sempre, e come pensi possa funzionare una storia, tra noi? Sei davvero convinto che possa andare avanti? Non sai quanto ti spagli, sei un illuso!”.

E furono quei suoi occhi a ferirmi più di tutto, più delle sue parole, perché sembravano davvero convinti di quello che stavano dicendo. ma come potevo essermi sbagliato così tanto, su di lei? La credevo capace di tutto, tranne di potermi deridere fino a quel punto, come se non bastasse l’evidenza a farmi sprofondare metri e metri sottoterra. Eppure continuavo ad essere convinto che qualcosa non andava ancora per il verso giusto, qualcosa ancora non mi convinceva.

Era solamente l’ennesimo suo tentativo ti proteggersi e di mettersi al sicuro, ma io ne avevo davvero abbastanza, non sopportavo più quella situazione e nemmeno lei, cocciuta come pochi. Così mi avvicinai alla porta d’ingresso, aprendola e spostandomi per farle spazio.

Allora vattene!”, le dissi, fulminandola con lo sguardo. “Non stavi forse scappando? Come sempre, poi”.

Vaffanculo, Travis!”, esclamò, prima di uscire decisa da casa mia e di scomparire alla mia vista. Tanto meglio, pensai. Mi avrebbe creato solamente troppi problemi, lei, con quei suoi atteggiamenti da stronza. Così sbattei la porta, maledicendo quella ragazza e me stesso per essermi lasciato incantare da un paio di occhi fuori dal comune e da un bel sorriso, seppur raro.

Mi maledissi perché mi ero lasciato incastrare molto più di quanto avrei voluto e perché, in quel momento, non sapevo davvero da che parte farmi per uscirne.

 

*****

Buongiorno e buon Ferragosto (anche se in ritardo) a tutte, runners!
Ebbene sì, sono ancora viva - non vi libererete di me tanto facilemente - e finalmente sono tornata con un nuovo capitolo! Non so bene perchè, ma non è stato semplice scrivere questo capitolo, poi per colpa di una serie di impegni e di novità ho trovato ben poco tempo per mettermi a scrivere, scusatemi!
Comunque, meglio tardi che mai..
Allora, che ne pensate?
Qui non vediamo i nostri protagonisti nello stesso luogo per la maggior parte del tempo, ma è un particolare che non mi dispiace, anche perchè ci sono stati momenti in cui la distanza è servita e altri in cui ha creato più casini di quanti non ce ne fossero già.
E di Travis che mi dite? Quel povero ragazzo ha una bella gatta da pelare e, se potessi, mi offrirei volontaria per fargli passare la sbandata.
Spero di potervi tenere aggiornate più spesso e di non farmi vedere una volta ogni mai!

Comunque, se non avete visto nel capitolo scorso, questo è il gruppo su Facebook che ho creato per tenermi in contatto con voi e per tenervi aggiornate con novità, spoiler e altro.
Born to Run
Quindi, unitevi al disagio che qualche altra mente deviata è sempre ben accetta :)

Detto questo, ringrazio come sempre chi si fa sentire con una recensione, chi aggiunge alle preferite/seguite la mia storia e a chi legge in silenzio. GRAZIE!

Alla prossima, runners, e buone vacanze per chi ancora ne ha,
Chiara
  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: ChiaraBaroons