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Autore: forgotten_tear    31/01/2009    1 recensioni
Sheila e Alexis sono due giovani adolescenti dalle vite devastate in una grande metropoli, alla ricerca di un senso
Genere: Romantico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Conobbi Sheila nel febbraio 1995. Mamma era al lavoro,e come al solito mio padre era tornato a casa ubriaco e aveva iniziato a demolire la cucina bestemmiando:prima che si accorgesse di me,presi al volo la prima giacca che mi capitò,e volai fuori. Restai un po al parco a guardare il vapore che mi usciva dalla bocca, e guardare i bambini che tornavano a casa per mano ai genitori ridendo e saltellando felici. Avrei finito per morire congelato,e perciò mi alzai e andai a fare un giro. Camminai in lungo e in largo per chilometri. La sera si faceva sempre più buia, più gelida, sapevo che mamma era già tornata, ma io continuavo a camminare per la città, per le strade piene di macchine,per i quartieri di villette, per i bassifondi…senza pensare a niente. Ad un certo punto mi risvegliai come, e pensai di andare un po nei corridoi della metropolitana a scaldarmi:anzi, credevo avrei passato la notte la. Mi incamminai verso una fermata, e fu li che la vidi. Era una ragazza coi capelli biondi lunghi, tutti spettinati,vestita fin troppo leggera per la giornata che era: stava seduta sui gradini davanti a una villetta, il viso pallido rigato di lacrime e impiastricciato di mascara, e stringeva forte qualcosa che poi vidi, era un cuore di plastica rosa abbastanza grande.Mi fissò per tutto il tempo che le passai davanti: io proseguii,ma appena svoltato l’angolo, mi fermai a feci per tornare indietro:mi resi conto che volevo la compagnia di qualcuno, e che volevo essere utile a qualcuno in quella gelida notte. Così mi avvicinai piano. “Hi”le mormorai. Lei alzò gli occhi e abbozzò un sorriso.”hi”rispose con un singhiozzo.”do you need help??”le dissi dolcemente porgendogli la mano.Lei la fissò, fissò me e poi disse”Yes, I need help, blue eyed angel”.Io sorrisi”My name is Alexis””Mine is Sheila” Would you like to take a cup of something warm with me Sheila??”chiesi. Lei si alzò e ci incamminammo, in silenzio senza una parola.Senza una parola entrammo in un pub e sorseggiammo piano un the bollente in due, dato che non avevo i soldi per pagarne due. Ogni tanto ci sorridevamo, con la consapevolezze di essere due anime disperse nel gelo della metropoli. Quando uscimmo, lei mi disse”I must go,now””Me too”dissi.”Nice to meet you, Alexis.”Io sorrisi, e lei si dileguò nella sera. Guardai l’orologio:erano le nove e mezza,il gelo iniziò nuovamente a impossessarsi di me. Per fortuna li vicino passava la metropolitana,così mi incamminai. Arrivai a casa pregando che mio padre non ci fosse,ma purtroppo non fu cosi:la porta era aperta, e sentii le solite urla. Mio padre che insultava mia madre, lei che insultava lui, colpi,qualcosa si ruppe, i gradini dell’ingresso erano bagnati di non so che e accanto c’erano quattro bottiglie rotte. Lo so che sarei dovuto entrare ad aiutare mia madre, ma sapevo ormai che se io subentravo non avrei fatto altro che prendermi una fracassa di botte,ed ero ancora molto provato dall’esperienze del riformatorio,anche se era passato un anno..cosi tornai indietro:quante notti avevo passato fuori. Pensai di andare a chiamare il mio amico Johnny,ma poi non so come mi ritrovai di nuovo davanti alla casa di Sheila. Lei stava ancora sui gradini. Quando mi vide mi sorrise felice.”sei stata qui fino adesso??da quando ci siamo salutati??”Lei annuì piano.”a fare che??””ad aspettarti”.Mi tese la mano”vieni, ti ospito io questa notte”.Io mi lasciai condurre. Da fuori la casa non sembrava male,ma dentro sembrava un rifugio di guerra..scatoloni da tutte le parti,vestiti ovunque,cartoni del latte aperti nel corridoio,un gatto rosso che sonnecchiava sopra un portaombrelli. Da una stanza si vedeva la luce della televisione.”sono io mà”disse Sheila”ho comprato le sigarette”e gliele portò, conducendomi nella sala. Vi era Una donna sulla quarantina in lingerie stravaccata su una poltrona di raso tutta aperta,da cui fuoriusciva la gommapiuma,l’aria era cosi densa di fumo che non si vedevano gli oggetti,per terra vi saranno stati decine di mozziconi di sigaretta. Lui è Alexis mamma, stasera dorme con noi”.La donna mi squadrò e sorrise maliziosa.”mica male cara mia, stasera ne hai trovato uno proprio ok. Di un po, sono veri quegli occhi o hai le lenti a contatto??””Mamma dai..non lo imbarazzare.”e mi trascinò via,portandomi in una specie di cucina. Qui il caos era ancora più grande:il tavolo e i ripiani pieni di cibo,latte versato ovunque, uova spiaccicate sul tavolo, caffè sparso sul fornello. Come se nulla fosse, Sheila mi fece sedere attorno al tavolo,e disse”Mamma non è cattiva. Mi vuole molto bene, solo che per guadagnarci da vivere fa la prostituta..insomma…e spesso porta a casa gli uomini..molti sono violenti purtroppo…Allora, credo tu abbia bisogno di mangiare qualcosa..”. aprì il frigo.Era praticamente vuoto, e mi mise davanti del burro d’arachidi e dei biscotti salati.”Ecco,ceneremo con questi”. Probabilmente era tutto andato a male,perché dopo che ne assaggiai uno, di quei biscotti,mi venne la nausea, mentre lei ne mangiò altri tre.Mi fissava masticando. “quanti anni hai??”mi chiese poi.”quattordici. e tu?””ne ho appena compiuti dodici..l’altro ieri. Mamma per festeggiare mi ha portato da McDonald”.Io iniziavo a sentire molto sonno.Tutto quel freddo e quel camminare mi avevano spossato. Perfortuna Sheila si alzò e disse”vieni andiamo”Mi condusse per le scale,e arrivammo su un pianerottolo pieno di assi di legno scheggiate.Entrammo in una specie di sgabuzzino con un materasso per terra, e poster di attori e cantanti alle pareti.Lei chiuse a chiave la porta.Vi era solo un vecchio armadio a muro,le persiane erano rotte e pendevano da una parte, e l’unica luce era quella di una lampadina senza paralume nell’ancor più minuscolo e rovinato bagno che era incassato in una parete.”In questa casa ho solo un privilegio:un bagno tutto per me””Bel prIvilegio”pensai:casa mia in confronto era una reggia principesca. Mamma faceva di tutto per tenerla in ordine. Io stavo li in piedi senza sapere che fare. Sheila si spogliò praticamente nuda con disinvoltura, e si infilò nel materasso.”Allora vieni??”Mi ero accorto che non avevo ancora tolto la giacca:cosi levai quella,le scarpe e mi sdraiai accanto a lei.si addormentò girata verso al muro.Tutto il sonno che avevo prima di colpo non c’era più, e passai la notte a fissare sul soffitto le luci delle macchine che passavano. Verso le cinque bussarono forte alla porta”Sheila, alza il culo,è ora della scuola e prima devi pulire la cucina, tocca a te”.Sheila mugolò e si mise in piedi.”Dormito bene?”Io non dissi nulla, ma lei parve non sentire.Andò in bagno a vestirsi,e poi scendemmo.La cucina era nel solito spaventoso disordine.Io tremavo di freddo, la cucina non era riscaldata. Fuori vi era una grande nebbia, i cristalli di ghiaccio si formavano sui vetri.”prima della scuola devo sempre svegliarmi due ore prima per pulire la casa.Mamma dice che fa, ma poi non fa”. Sul tavolo c’erano due biglietti da venti dollari.”Mi paga, sai cosa credi..guadagna bene..peccato che spenda tutto in sigarette e pastiglie.Ora tu non mi devi aiutare.Vai pure a casa”.Avevo ancora tre ore prima della scuola,cosi decisi di stare ancora un po li ad aiutarla.Cercai di pulire il fornello, ma vi era sporcizia incrostata di mesi. Guardavo Sheila affaccendata, e mi sentii pervadere da un senso di grande affetto nei suoi confronti. Era solo una ragazzina. Tante mie amiche avevano situazioni del genere in casa, se non peggio,ma lei pareva sopportare tutto con grande dolcezza e cercando di convincersi che la madre le voleva bene..Muovendomi per pulire mi scaldai un po, e bevemmo del caffè acquoso. Poi lei si mise la giacca,e uscimmo nel gelido e grigio mattino. Restammo in silenzio, poi lei disse”ci rivedremo,vero?”Io le sorrisi.”Sto al quartiere St.Lansbury, sono un po lontano da te…”vidi il suo viso rabbuiarsi”ma non significa nulla. Grazie Sheila. Mi hai salvato dal congelamento”.Lei mi abbracciò e poi un po impacciata prese la sua strada. Mi sedetti su una panchina della metropolitana, cercando diavvilupparmi nella giacca più possibile, finchè non venne l’ora di andare a scuola. All’una,quando uscii,decisi di passare al lavoro da mia madre. Comprai delle pizzette calde li vicino e andai al lavoro da lei. Appena mi vide fece un gran sorriso:la vidi molto stanca.Mi venne ad abbracciare e ci stringemmo forte”ciao amore mio”mi disse”da chi hai dormito ieri sera?””ho conosciuto una ragazza”Lei mi sorrise con aria maliziosa, poi urlò”vado in pausa Bill””oh no”apparve il suo capo”hai ancora da pulire il terzo piano””mio figlio è piu importante del terzo piano”disse lei, e mi prese per mano.Scendemmo e andammo nel giardino,dove mangiammo due pizzette a testa,e le raccontai di Sheila.Finchè udimmo di nuovo Bill”Carol, alza il culo”.Lei sospirò e mi strinse a se”vai a casa tesoro. Sei un pezzo di ghiaccio”.Cosi mi diresse verso casa.Vidi che c’era mio padre. Mi venne male, ma dovevo assolutamente andare a farmi una doccia calda. Entrai piano piano:era stravaccato sul divano che tracannava birra, ma non era ubriaco."”ah sei tu”mi disse,e continuò a fissare il televisore con occhi spenti. Mi chiusi in bagno e mi feci una doccia lunga e caldissima,mi avvolsi in una tuta pesante e mi misi sotto al letto:non riuscii però a dormire. Mio padre passò nel corridoio,e quando mi vide a letto disse”senti un po,non hai da fare i compiti?”Lo odiavo quando fingeva di interessarsi a me solo per il gusto di rompermi le scatole. Io non risposi.Lui battè un pugno sul muro”sto parlando con te stronzetto”e venne, mi scaraventò fuori dalle coperte, mi tirò uno schiaffo e mi fece sedere alla scrivania.”fai i compiti”.Io avevo intenzione di farli piu tardi,ma mi venne in mente che poi avrei potuto uscire con gli altri, cosi mi misi a studiare:in meno di un oretta avevo fatto tutto,cosi presi la mia giacca piu pesante e feci per uscire. Mio padre stava bevendo coca cola appoggiato al tavolo della cucina.”ho fatto tutto”biascicai.Lui si girò”senti…perché non te ne stai a casa e ci facciamo una partita a carte?O quello che vuoi tu…Scusa per lo schiaffo..ti ho fatto male?”Mi venne da ridere…si scusava per uno schiaffo, e per le ossa rotte dalle bastonate no.”no grazie”dissi io. Lui girò lo sguardo e borbottò”fai come cazzo vuoi”. Tornai a casa alle otto:io, Johnny e Sean giocando a basket avevamo tirato la palla nella fontana ghiacciata,ma che si era rotta appena ci avevo messo piede sopra, cosi ci ero caduto dentro e mi ero infradiciato di acqua gelida,ed ero rimasto cosi bagnato tutto il pomeriggio. Non volevo tornare a casa. Ma non mi sentivo più il corpo, cosi me ne andai. Mia madre si stava preparando per uscire”dove vai mamma?”chiesi io per nulla contento.”affari,gioia.O non avremo di che pagare l’affitto questo mese”.Mi strinse fortissimo e mi coprì di baci.”che scena del cazzo”disse Laura,mia sorella, passando.”fottiti”le disse freddamente mia madre.Poi mi sussurrò”papà non è ubriaco stasera.Stai tranquillo piccolo mio”e uscì.Laura riprese”come farò senza mamma stasera?come farò?”imitandomi con sarcasmo.Io mi gettai addosso a lei e iniziammo a prenderci a botte,finchè arrivò nostro padre a dividerci”ma che cazzo,voi due!!””ha iniziato lei!!”urlai io”stai zitto!!”e sembrò tirarmi una sberla, mapoi non lo fece.”adesso venite a tavola,e ci comportiamo come una famiglia”Ci prese per i capelli e ci fece sedere a tavola. Come se nulla fosse successo, iniziò a parlare”allora Alexis, cosa hai fatto oggi di bello?””abbiamo giocato a basket””Molto bene. E tu Lauretta??”e continuò cosi tutta la cena. Io mangiai una bistecca con un po di ketchup ma di più non riuscii a mandare giù. ”faccio io i piatti”borbottò Laura.Io mi alzai e feci per andare a letto.Erano le nove, mi cambiai e cercai di addormentarmi. Mi sembrava di essermi appena appisolato,quando mi sentii lo stomaco che si iniziava a torcere come se avessi una corda attorcigliata addosso,la nausea mi saliva fortissimo, e feci appena in tempo ad alzarmi dal letto che rigettai:la bistecca l avevo gia digerita,ma vomitavo acqua e succhi gastrici. Guardai l’orologio:erano le undici, dal salotto sentivo la televisione. Restai a terra sconquassato dai conati per altri dieci minuti:probabilmente avevo preso troppo freddo. Mio padre mi sentì.Corse come un uragano in camera e accese la luce.Puzzava di alcool,era di nuovo ubriaco.”che cazzo fai idiota??”.Mi sollevò per un orecchia e mi tirò un pugno che mi mandò a sbattere dall altra parte della stanza.”adesso chi pulisce qui, eh?”Me ne presi un bel po’perché avevo sporcato il pavimento,finchè riuscii a sfuggirgli e sgattaiolai di nuovo fuori nella notte. Mi fermai ansimante al parco e mi gettai a terra piegato in due. Ero pure senza giacca, questa volta,e la notte era se possibile ancora più gelida di quella precedente. Mi venne da piangere e gridare dalla rabbia.In quel momento sognai di morire congelato.. Passai la notte rannicchiato in un angolo,senza dormire, dopo aver barattato un mio anello con tre cartoni con un barbone.Arrivai all alba che non mi sentivo più ne gambe,ne braccia,ne nulla.Le dita erano violacee,le mani gonfie.Cercai di alzarmi ma ricaddi,e poi mi trascinai verso la scuola.Mi fermai in un bagno pubblico a sciacquarmi la faccia:la camicia era sporca però,cosi passai dal mio amico Dallas a farmene prestare una. Mi dimenticai di chiedergli qualche dollaro per qualcosa di caldo da bere,ma quando me lo offrirono i miei compagni di classe appena mi videro, rifiutai.Uno di loro però all’uscita mi prestò la giacca,tanto lui andava a casa in limousine. Feci per andare a prendere il tram,quando vidi Sheila.Era appoggiata a un muro li vicino e scrutava la folla di studenti. Mi avviciniai.Lei sorrise felice,e questa volta fu lei a chiedermi”Do you need help?”Sorrisi.”come hai fatto a trovarmi??””ho chiesto”e mi strizzò l’occhio.Entrammo in un bar dove presi una cioccolata calda e una brioches deliziosa,pagò lei.”andiamo a casa mia,non c’è nessuno a queste ore”.Non morivo dalla voglia di tornare in quel buco, però volevo stare con lei, e d’altronde non sapevo cosa fare. Finimmo naturalmente per fare sesso tutto il pomeriggio,ma verso le sei inziai a dare segni di stanchezza.”meglio se vado a casa”dissi.Lei si rabbuiò”puoi dormire qui”.Dissi una bugia,ossia che mia madre si sarebbe preoccupata.”qui all’angolo c’è una cabina,chiamala..ti prego,resta con me”.Non seppi dire di no.Telefonai davvero a mia madre,e tornai in casa.Sheila disse”che ne dici se andiamo a fare un po di spesa?non ho niente per cena”.Cosi uscimmo di nuovo nel gelo e finimmo in un piccolo supermercato li accanto,dove comprammo due pizze surgelate e lei volle prendere una gran quantità di donuts, che a me facevano nausea solo a vederle.Quando tornammo,era rincasata sua madre.”oh Sheila,avevo deciso di ordinare dal cinese stasera.Avanti, devi pulire il salotto e poi ti lascerò mangiare.Tu ovviamente tesoro se vuoi mangia prima”mi disse mettendomi un braccio attorno alle spalle.”No grazie”mi scostai.Sheila mi proibì di aiutarla, però mi offrii per uscire a comprare delle sigarette.Ci mise piu di un ora poveretta, lavorando come una negra,e alla fine era veramente distrutta, però il salotto era più presentabile.”ok,ora puoi cuocere la pizza”disse sua madre.”Stasera verrà un cliente,chiuditi in camera mi hai capito?”.probabilmente non aveva il pallino della cucina, perché le pizze quando le tirò fuori erano ancora mezze surgelate e bruciate però in mezzo.Il salotto era avvolto nella solita nube di fumo,e sembrava di nuovo sporco.”mà,mi firmi quest autorizzazione?è per fare una gita”disse Sheila portando alla madre un quaderno, che lei firmò con aria svogliata.Mentre salivamo per andare in camera, Sheila inciampò in uno dei mille oggetti a terra,che era fragile, e lo ruppe. Subito apparve sua madre con in mano una cinghia, e iniziò a frustarle le gambe”stai più attenta sgualdrina!tutto ciò che c’è in questa casa è prezioso!””si mamma certo mamma”diceva lei cercando di trattenere le lacrime.Io ero immobile addosso a una parete.Quando ebbe finito,le lanciò cinquanta dollari”per la tua cazzo di gita””mà,ne servono ottanta””te li farai prestare”e tornò in salotto.Appena entrammo in camera,lei chiuse la porta.”ti picchia spesso?”le chiesi”oh no,il fatto è che sono cosi sbadata…sbatto dappertutto”.Ne ero poco convinto. Come al solito finimmo a letto,ma verso le dieci, udimmo colpi,e sua madre che urlava.Sheila si coprì la testa col cuscino”odio quando la picchiano”e si mise a singhiozzare.Io la tenni stretta a me,ma all’improvviso sentimmo forzare la porta,e una voce che diceva”avanti piccola puttana,sappiamo che sei li dentro…mamma tua per il momento non è disponibile,avanti,vieni a giocare”Lei si rizzò in piedi tremante,si vestì velocissima e spalancò la finestra”vieni,andiamo via…ti prego..quando quelli non sanno cosa fare vengono da me…”Io ero abituato a questo tipo di cose. Cercai di mettermi i vestiti alla bell e meglio,e scappammo dalla finestra nella notte gelida.Arrivammo dritti in un cortile pieno di sterpaglie sul retro della casa.”attento, ci sono le vipere”mi disse lei.Saltammo dalla rete,e arrivammo in strada.”vieni, andiamo in metropolitana”Lei si strinse al mio braccio”non mi porti a casa tua?”Non volli rischiare.Se c’era mio padre ubriaco era la fine.Camminammo a lungo nella nebbia, e finalmente scendemmo nella stazione. Sapevo come muovermi,le metropolitane erano il mio regno. Prima che i treni smettessero di circolare ci volevano altre due ore,cosi restammo su una panchina di marmo,abbracciati.”perché non li denunci?”chiesi io”Ti sembra facile??sai che farebbero?mamma andrebbe in prigione e io chissà dove..no,voglio restare a casa mia”.Io restai zitto:anche io tendevo a non denunciare mio padre,ma era una cosa in famiglia…lei invece,veniva molestata da persone al di fuori.”ho paura”mi disse stringendosi a me”non ti preoccupare..ci sono io.Resterò sveglio tutta la notte”.E cosi, mentre lei dormiva, io passai la mia terza notte insonne.Per fortuna,non venne nessuno a rompere le scatole.Era una piccola stazione di periferia,e restai tutta la notte a guardare il vento che filtrava che faceva ondeggiare vecchi fogli di giornale.Prima dell’alba,ci vennero a cacciare fuori:non volevano straccioni all’apertura delle linee.Al solito,mancavano ore prima della scuola.Io ero piuttosto stremato, stavo dormendo e mangiando troppo poco, nonché stavo prendendo troppo freddo.Per riscaldarci camminammo tre ore di fila,senza mai fermarci,e finalmente venne l’ora della scuola.”grazie Alexis..io… credo di star innamorandomi di te”e detto questo si girò e scappò via.Pensai alle sue parole tutta la mattina:di ragazze potevo averne finchè volevo,ma ..Sheila sembrava la persona giusta. Un mio compagno,prima di uscire,mi disse"Senti,perché non vieni un po a casa mia??facciamo quattro chiacchiere,beviamo qualcosa di caldo..hai due occhiaie da paura”.Gliene fui grato. Volevo stare un po tranquillo,dovevo assolutamente riposare.Aron aveva quattro fratelli piccoli,e una serena atmosfera chiassosa pervadeva sempre la casa.Sua madre mi adorava.Appena mi vide,si mise a massaggiarmi le braccia”sei un pezzo di ghiaccio povero piccolo..Ci preparò una merenda ricchissima. “Vuoi fare una doccia calda?”mi chiese sua madre.Io accettai:mi diede vestiti puliti e caldi di Aron, i miei erano già stati presi e messi in lavatrice.Ci mettemmo sul divano a guardare un film,ma io crollai dopo poco.Mi sentii sollevare e mettere su un letto, e coprire bene.Scivolai finalmente nel sonno,e quando mi svegliai di soprassalto,era buio,la casa avvolta nel silenzio.Guardai l’orologio:erano le undici,avevo dormito sei ore. Tutti erano ormai e letto. Io mi accorsi di essere sul letto di Aron, che stava dormendo sul divano,che gentile..Avrei dormito ancora per ore,ma volevo tornare da mia madre.Lasciai un biglietto di ringraziamento, ripresi i miei vestiti anche se erano ancora bagnati,e mi dileguai nella notte. Mi sembrava di impazzire dal freddo quando infilai le chiavi nella toppa.Le luci erano accese. Mamma era in cucina a guardare distrattamente la televisione.Mi strinse fra le braccia”mi mancavi cosi tanto tesoro..”Restammo abbracciati.”Non ti preoccupare,in casa non c’è nessuno.”Mi sentii sollevare.Ci sdraiammo sul divano abbracciati,e fra le sue carezze mi addormentai di nuovo. ------- Purtroppo non ebbi subito la possibilità di continuare con Sheila. I primi di marzo, esasperato dalla situazione in casa,una sera,dopo che mio padre aveva picchiato me e mia madre con la chiave inglese,delirando di dolore e disperazione ero scappato, avevo raccattato Johnny dal parco e avevamo lasciato la città. Vivemmo per le strade d’America per un mese:viaggiavamo nascosti in carri merci o in certe zone anche sui tetti di lamiera dei treni,dormivamo all’aperto o se trovavamo qualche anima disposta a farci passare la notte al caldo.Mangiavamo solo quando riuscivamo a rubare qualcosa,per lo piu pane e schifezze di dolciumi.Un unica volta facemmo un pasto completo in un ristorante,e per pagare lavammo piatti tutta la notte. Dovevamo stare attenti a non finire nelle mani sbagliate,perché due ragazzini in giro erano un bersaglio per molti criminali. Decidemmo di tornare a casa quando ci trovammo in mezzo a una sparatoria,nel Queens di New York.Quando vidi i poliziotti che arrestavano gente mi venne una crisi di panico gravissima, terrorizzato che prendessero anche me e mi portassero di nuovo in riformatorio. Johnny non sapeva come calmarmi;in più eravamo distrutti,affamatissimi,stanchi di camminare sempre:mia madre mi mancava terribilmente.Passammo tre giorni a saltare di treno in treno,finchè finalmente tornammo a san Francisco.Quando mi ritrovai davanti alla porta di casa,però,mi venne in mente che non avrei saputo come avrebbe reagito mia madre:stavo via da casa per giorni molto spesso,ma un mese intero non l’avevo mai fatto.Entrai.Mia madre appena mi vide si mise una mano sulla bocca,e lanciò un urlo:accorse mio padre”Razza di…”urlò,ma poi,con mia enorme sorpresa,mi abbracciò fortissimo quasi piangendo”ti sembra il caso di farci stare cosi in ansia,eh,eh???”Mia madre piangeva disperata e non mi mollava piu.”perché amore mio,perché sei andato via??”Io non sapevo cosa dire al momento. Mi feci una doccia decente dopo tanto,mia madre mi preparò da mangiare e mangiai come non facevo da piu di un anno. Nei giorni successivi ritrovai tutti i miei amici: da Johnny non si erano nemmeno accorti che era mancato,e io al momento avrei preferito che fosse stato cosi anche per me.Mi resi conto che Sheila l’avevo praticamente dimenticata. Ero di nuovo preso con Sylvia e ogni sera passavo in rassegna circa mezza San Francisco femminile. Fu verso i primi di giugno:quando l’avevo conosciuta,c era da morire di freddo;quando la rividi, si stava esplodendo di caldo. Ero in casa,un pomeriggio,che stavo perfezionando la mia nuova pettinatura:mi ero rasato ai lati e avevo lasciato solo la cresta di riccioli sparatissimi,e stavo meditando se tingerli di blu o di rosso,quando bussarono alla porta.Aspettavo Payton e Jeremy,così andai ad aprire sovrappensiero.Li davanti c’era Sheila.Era sempre uguale:stessi vestiti con cui l’avevo conosciuta in febbraio(!!),stesso visetto pallido e tirato.Si torse le mani”ciao…”Io mi sentii avvampare.Come avevo potuto dimenticarla??”perdonami”le dissi guardando per terra”ho avuto qualche problema””so tutto..ti ho cercato tanto in questi mesi,e alla fine ho capito dove abitavi.Ho conosciuto dei tuoi amici lo sai??”.Non sembrava affatto arrabbiata”che hai fatto ai tuoi bei boccoli??”mi chiese.Io sorrisi toccandomeli”beh,i boccoli ci sono ancora..avanti vieni..vuoi finalmente vedere casa mia??” Non ci lasciammo più. Le nostre due bande si unirono,e diventammo i re dei nostri due quartieri. Eravamo una coppia molto aperta,potevamo folleggiare con chi volevamo,ma lei era sempre la piu speciale per me e viceversa. Non l’avrei più dimenticata,ora.
  
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