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Autore: chiaretta78    17/08/2015    3 recensioni
1985, Los Angeles. Proprio mentre i Guns cercano di farsi notare dall'ambiente discografico, Duff conosce Lene, una pittrice allergica alle relazioni stabili, e subito non gli sembra vero di aver trovato una donna così bella e disponibile che non vuole altro da lui se non divertirsi e sballarsi insieme. Ma le cose cambieranno presto tra loro, complicando ad entrambi la vita notevolmente.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Duff McKagan, Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Post tradimento Eccomi qui con un altro capitolo.
Mi scuso immensamente per il ritardo nel postare, ma ho avuto un bel po' di problemi familiari che mi hanno inevitabilmente tenuta lontana dal computer.
Spero di riuscire a migliorare un po' nella frequenza, anche se non posso promettervi niente!
Spero vi piaccia il capitolo!
Buona lettura.

16 marzo '87 LA

Lene uscì dall'aeroporto e una sferzata di vento la investì in pieno, facendole venire la pelle d'oca.
Faceva freddo  e pioveva a dirotto a Los Angeles e Lene non poté fare a meno di pensare che il tempo rispecchiava perfettamente il suo stato d'animo in quel momento.
Fece qualche passo in avanti, finendo sotto la pioggia, per chiamare un taxi che per sua fortuna arrivò subito.
Si sedette tirando dentro il trolley e si strinse con le braccia il busto, cercando di darsi un po' di calore, perché sentiva il freddo e l'umido entrarle nelle ossa e l'ultima cosa che le ci voleva in quel momento era ammalarsi.
"Dove la porto?"
La voce del tassista la scosse dal suo tremore.
Eh già, dove si faceva portare? Non vi aveva pensato, troppo presa dal suo dolore e dal desiderio di strapparsi il cuore dal petto per avere un po' di sollievo.
Di andare a casa non se ne parlava nemmeno... era troppo impregnata di lei e di lui, troppo piena di ricordi e di cose di Duff pronte a tormentarle anima e cuore.
Ma allora dove poteva andare? A chi poteva chiedere rifugio in un momento simile?
"Allora signorina?"
Lene alzò lo sguardo verso l'autista e lo fissò negli occhi in silenzio per qualche attimo ancora.
"Rose Avenue, per favore."
L'uomo annuì e mise in moto in silenzio, lasciando Lene ai suoi cupi pensieri.

New York

Le grida della folla inneggiavano alla band nella speranza di un bis, come si era solito fare ad ogni concerto degno di questo nome.
Slash appena uscito dal palco si asciugò le mani con il foulard blu che teneva sempre nella tasca posteriore dei suoi pantaloni. Gliel'aveva regalato sua nonna quando aveva iniziato a suonare la chitarra e per lui aveva un significato davvero speciale.
Lo infilò nuovamente nella tasca e mentre si portava alla bocca il suo amato Jack Daniels, notò con la coda dell'occhio Duff che gli passava accanto con passo strascicato ma deciso, diretto inequivocabilmente verso i camerini.
Cercò con lo sguardo gli altri e vide che anche Izzy stava seguendo Duff con lo sguardo, immerso in una nuvola di fumo biancastro.
Forse sentendosi osservato, il chitarrista spostò lo sguardo da Duff e incrociò quello di Slash, leggendovi dentro lo stesso interrogativo che rimbombava nella sua testa da qualche secondo: dove cazzo stava andando Duff?
Con la coda dell'occhio Izzy vide Steven che parlava con il suo spacciatore e improvvisamente sentì una gran voglia di farsi un viaggetto anche lui, dimentico all'istante del suo biondo amico e delle grida che venivano dal pubblico.
Rimase come incantato mentre Steven prendeva tra le mani una bustina di plastica con le mani tremanti e fu solo la voce aspra di Axl a risvegliarlo e riportarlo alla realtà.
"Che cazzo, potevate anche aspettare dieci minuti, no? Giusto il tempo di un altro paio di canzoni, che ci voleva?"
Axl infatti era arrivato dal camerino e aveva beccato Steve con una siringa già in mano, Slash con una bottiglia mezza vuota accanto, Izzy in una coltre di marijuana e Duff completamente sparito.
"Dove cazzo è finito Duff?"
Axl guardò Izzy, l'unico che gli sembrava ancora in grado di formulare una risposta sensata.
L'amico, però, non gli rispose nemmeno, molto più interessato all'ago nella vena di Steve che al bassista.
"Qualche stronzo si degna di rispondermi?!"
Axl adesso era davvero incazzato. Se c'era una cosa che non sopportava era essere ignorato!
Izzy si girò verso di lui con un certo scazzo.
"Se n'è andato, Axl, cosa ti aspettavi? E' già tanto che sia riuscito a suonare come si deve, considerato lo stato in cui era poche ore fa. Pretendere che facesse anche i bis mi sembra un po' troppo, non credi? Pure io ho voglia di tornarmene in albergo, se non ti spiace..."
Slash a quelle parole si mise in piedi e afferrò la bottiglia.
"Vengo anch'io amico, ho una gran sete e ho quasi finito questa."
Izzy gli fece un cenno affermativo col capo e si fermò un istante vicino a Steve.
"Ci pensi tu a portarlo nella sua stanza?"
Axl diede un tiro alla sua sigaretta e guardò il batterista con un mal celato disprezzo.
"Non ci penso nemmeno, io ho da fare, Erin mi sta aspettando. Ci penseranno i suoi amici spacciatori."
E senza degnare Steve neanche di uno sguardo, Axl se ne tornò verso il camerino, lasciando Izzy a combattere con quel poco di razionale che c'era ancora in lui e che stava cercando di farlo sentire in colpa in quel preciso istante.
Come potevano lasciarlo lì, sbattuto per terra, e andarsene?
Slash gli posò una mano sulla spalla, usandola anche come sostegno.
"Andiamo amico? Ho una gran voglia di spararmi un po' di roba buona in vena, ne ho presa da un tizio nuovo ed è davvero da sballo! Sei mio ospite se vuoi, te la faccio provare."
Quelle furono le paroline magiche. Roba buona e gratis? I dubbi e i sensi di colpa di Izzy si zittirono in un colpo solo. 
Si avvicinò ad un paio di tizi che ultimamente ronzavano spesso intorno a Steve.
"Portatelo voi in albergo... vivo per favore!"
Slash si lasciò scappare una risatina e senza aspettare una risposta, i due chitarristi si allontanarono insieme, lasciando Steve appoggiato con la schiena al muro, gli occhi chiusi e un sorriso beato stampato sul volto, come se stesse facendo il sogno più bello del mondo.

Los Angeles

Il taxi si fermò e l'autista si girò verso Lene per riscuotere i soldi.
La ragazza non aveva detto una parola per tutto il viaggio, emettendo solo singhiozzi e sospiri, e anche adesso l'unico suono che si sentiva nell'abitacolo era quello della pioggia che batteva sulla macchina con forza.
Lene uscì dal taxi col suo trolley e si ritrovò investita da una cascata d'acqua che la inzuppò definitivamente.
Si affrettò verso il cancello della villetta e suonò il citofono col cuore in gola. E se non ci fosse stato nessuno in casa? O peggio ancora, se ci fosse stata una festa o una serata romantica in atto?
Il cancello si aprì all'improvviso e Lene si avviò a passo spedito verso la casa, l'acqua che le bagnava il viso copiosamente.
Come fu dalla porta, non fece nemmeno in tempo a bussare che il volto preoccupato di Jason le apparve davanti.
"Lene, che succede? Vieni dentro, ti prenderai una polmonite così!"
Vedendo che lei non reagiva, Jason l'afferrò per un braccio e la tirò dentro con forza, in modo da metterla al riparo dalla pioggia.
Non l'aveva mai vista così, mai.
Il volto segnato dal dolore, gli occhi rossi per il pianto e lo sguardo disperato di chi si è visto portar via tutto quello che conta.
Le portò istintivamente una mano al viso per farle una carezza.
Era ghiacciata e tremava sotto il suo tocco, ma non per i motivi che avrebbe tanto desiderato lui.
"Piccola, sei sotto shock... che diavolo è successo?"
Lene nel sentire quel contatto caldo sulla sua pelle e quelle parole, non riuscì più a darsi un contegno e scoppiò in un pianto a dirotto colmo di tutti i sentimenti che la stavano scombussolando ormai da ore.
Jason la strinse a sé con forza, noncurante del fatto che così si sarebbe bagnato anche lui tutti i vestiti.
Cercò di scaldarla un po' col suo corpo, mentre con una mano le carezzava i capelli fradici nel tentativo di calmare quei singhiozzi che le sconquassavano il petto.
"Va tutto bene Lene... ci sono qua io ora... va tutto bene."
Una mano ghiacciata di Lene gli sfiorò inavvertitamente il collo e Jason capì che non poteva più aspettare.
Si staccò leggermente da lei e l'afferrò per una mano, trascinandola con sé al piano di sopra, cercando di ignorare i singhiozzi della ragazza che non riusciva a smettere di piangere.
"Ora ti fai una bella doccia bollente, o la polmonite non te la leva davvero nessuno."
Lene non disse nulla, troppo concentrata nel disperato tentativo di riuscire a calmarsi, invano.
Pensare che se c'era una che odiava piangere davanti agli altri era proprio lei! Ma era come se tutto quello che si era tenuta dentro in quei mesi stesse traboccando fuori dal suo cuore e quel fiume in piena di emozioni era evidentemente più forte del suo orgoglio.
Si lasciò condurre in una camera e di lì in un bagno e si sedette su una cesta del bucato, mentre Jason apriva l'acqua nella doccia.
Sentì gli occhi dell'uomo su di lei e alzò lo sguardo per incontrare il suo, ma fu una pessima idea, perché quello che vi lesse dentro la fece scoppiare nuovamente a piangere a dirotto come una bambina.
Jason si inginocchiò davanti a lei e le prese il viso tra le mani, scostando delle ciocche bagnate.
"Porca puttana Lene, ma che diavolo è successo? E' stato quell'idiota di Duff a ridurti così? Ti ha fatto del male?"
A quelle parole i singhiozzi di Lene si fecero se possibile ancora più forti.
Se le aveva fatto del male? Come nessun altro al mondo prima di allora! Le aveva strappato il cuore dal petto e l'aveva fatto a pezzi!
Jason prese quella reazione come un sì e sentì un'ondata di rabbia investirlo in pieno.
Fece per parlare, ma un dubbio orribile lo colse vedendo Lene incapace di riprendersi.
"Ti ha messo forse le mani addosso? Ti ha picchiata??"
Lene fece di no con la testa e Jason tirò un sospiro di sollievo.
Quel musicista da strapazzo almeno non si era abbassato a tanto, per fortuna.
Vedendo che Lene aveva diminuito leggermente il pianto, Jason decise di non insistere nell'avere una spiegazione in quel momento.
Le fece un'altra dolce carezza sul viso e le sorrise rassicurante.
"Dai, fatti una doccia e poi parliamo, ok? Intanto ti preparo qualcosa per tirarti un po' su... e dei vestiti asciutti, ovvio."
L'uomo si rimise in piedi e l'aiutò a fare lo stesso. Poi uscì dal bagno e chiuse la porta dietro di sé, il volto pensieroso.
Se non l'aveva picchiata, doveva averla ferita nell'animo, quindi o l'aveva lasciata o l'aveva tradita.
Un lieve sorriso gli comparve sul volto. Tutto sommato questa cosa poteva trasformarsi in qualcosa di positivo... almeno per lui.
Scrollò via quei pensieri decisamente egoistici e si diresse verso un armadio dove sapeva di avere degli indumenti femminili lasciati lì da varie muse ed amanti.
C'erano varie cosette decisamente sexy e nello spostarle per scegliere, Jason si concesse di immaginarsi Lene con addosso ognuno di essi.
Sollevò con un dito un baby doll di pizzo nero con una profonda scollatura e sentì un'improvvisa ondata di caldo.
"Se fosse un altro momento..."
Jason sospirò lasciando cadere la lingerie e afferrò l'unica cosa vagamente decente che poteva darle, ossia una sua lunga camicia a scacchi, in stile grunge, che non sapeva nemmeno bene come fosse finita lì.
Poi uscì dalla camera e scese al piano di sotto, pronto a preparare qualcosa di forte per tirare su la sua amica.
Lene lasciò che il calore dell'acqua le penetrasse nelle ossa e le portasse un po' di calma e un attimo di pace.
Non riusciva a togliersi dalla testa l'immagine di Duff sotto a quelle ragazze e la sua faccia colpevole una volta che aveva compreso chi lei fosse.
Lene si lasciò scappare una specie di risatina sarcastica.
Il suo ragazzo... ex ragazzo... ci aveva messo ben più di un minuto per riconoscere quella che doveva essere l'amore della sua vita. Quant'era ironico tutto quello??
Un vago senso di rabbia iniziò ad alimentarsi dentro di lei, ma subito il dolore per quell'amore perduto e il senso di umiliazione che aveva letto riflesso negli occhi di quelle due donne sommersero tutto il resto.
Lene spense l'acqua di colpo e uscì velocemente dalla doccia. Stare lì sotto l'aveva sì calmata, ma le schiariva fin troppo i pensieri, costringendola a ricordare e pensare esattamente a ciò che voleva disperatamente dimenticare.
Si infilò la camicia di flanella, si asciugò velocemente i capelli, raccogliendoli sulla nuca con una matita trovata sul comodino, e scese lentamente di sotto.
La musica dei Led Zeppelin la guidò fino in un salotto dove Jason stava accendendo dell'incenso.
Il ragazzo si sentì osservato e si girò verso di lei, sorridendole calorosamente.
Dio quant'era bella con quell'aria dimessa e quel velo di tristezza negli occhi! Avrebbe dato qualunque cosa per poterla immortalare in quel preciso istante e imprigionare per sempre tutte quelle emozioni su una tela!
Le andò incontro e le sfiorò il viso stravolto.
"Ehi... ti senti un pochino meglio?"
Lene annuì leggermente, intimidita da quella situazione.
"Grazie per avermi accolta senza batter ciglio, io..."
Jason non la fece finire.
"Scherzi? Hai fatto benissimo a venire qui da me. A cosa servono gli amici? E poi ho tutto quello che può servire a distrarti dai brutti pensieri."
Il ragazzo le fece l'occhiolino, complice, e si spostò verso un mobiletto per prendere due bicchieri belli colmi di un liquido ambrato.
"Iniziamo con un classico. Un bel whisky liscio per riscaldarti ancora un po' e rilassarti."
Lene prese il bicchiere  e buttò giù una lunga sorsata, lasciando che il liquido le scivolasse velocemente giù per la gola.
Si fermò per riprendere fiato, mentre Jason la studiava silenzioso.
"Meglio?"
Per tutta risposta Lene si attaccò nuovamente al bicchiere e bevve fino all'ultima goccia.
"Ok, piano B..."
Il ragazzo aprì un cassetto e tirò fuori due spinelli pronti all'uso. Ne accese uno e lo passò a Lene, che fece subito un tiro profondo.
L'effetto di tutto quel whisky a stomaco vuoto iniziò a farsi sentire e quello più l'effetto dell'erba di altissima qualità che stava fumando, iniziarono a farle sentire la testa più leggera, in tutti i sensi.
Si lasciò cadere seduta su una poltrona e portò le ginocchia al petto, come a proteggersi da tutta quella storia e coccolarsi un po'.
Jason si sedette sul bordo del tavolino di fronte a lei e sorseggiò il suo drink, lo sguardo penetrante puntato sui suoi occhi tristi.
"Adesso posso chiederti cos'è successo?"
Lene diede un altro tiro e poi si lasciò andare ad un sorriso amaro.
"Certo che puoi chiedermelo... e non credo sarai sorpreso dalla risposta... nessuno lo sarà... probabilmente tutti sapevano come stavano realmente le cose tranne la sottoscritta, troppo stupida per rendersi conto dell'ovvio!"
Delle lacrime silenziose ricominciarono a rigarle il viso e Jason posò allora il suo bicchiere per terra, portandosi di nuovo in ginocchio davanti a lei.
Le tolse la sigaretta di mano, appoggiandola su un posacenere lì vicino, e la strinse in un abbraccio che fece sciogliere Lene di nuovo in un pianto liberatorio.
Jason prese a carezzarle la schiena lentamente e avvicinò la bocca all'orecchio di Lene.
"E' tutto ok Lene... sfogati per bene... sono mesi che ti porti sulle spalle paure e tensioni varie, lascia che scivolino via."
Lene si sentì crollare dentro a quelle parole. Era vero, erano molti mesi ormai che quella storia le dava quasi solo preoccupazioni, che soffriva e cercava di tener duro per entrambi, che si dannava l'anima per riuscire a mantenere intatto quel piccolo frammento che ormai li teneva uniti... e per cosa??
"Sono stata una scema... una vera scema! Io qui a farmi mille seghe mentali e lui lì a scoparsi tutte le ragazze possibili e immaginabili!"
Lene sentì la mano di Jason fermarsi per qualche istante  e si staccò leggermente da quell'abbraccio per guardarlo negli occhi, qualche lacrima che ancora le scivolava malandrina lungo il viso.
"L'ho beccato con due ragazze, Jason, capisci? Con due ragazze! Non una di cui si è innamorato follemente e per cui poteva valere la pena mandare tutto a puttane, ma due maledettissime sconosciute di cui a quest'ora non si ricorderà né il volto né il nome!! Valevamo così poco noi due per lui? Così poco??"
Lene a quel pensiero scoppiò a piangere a dirotto e si lanciò tra le braccia di Jason per cercare conforto.
L'uomo la strinse forte a sé, senza dire nulla. Capiva benissimo cosa intendesse dire Lene e non osava immaginare come fosse cocente la delusione della ragazza nell'aver scoperto che l'uomo cui aveva dato tutta se stessa, aveva dato così poco valore al loro rapporto da buttarlo nel cesso per una stupida scopata.
Si staccò da lei giusto quel tanto da poterla guardare negli occhi mentre le parlava.
"Quell'imbecille non ha davvero capito un cazzo della vita se si è lasciato scappare dalle mani una donna speciale come te, Lene, niente di niente! Tu sei così... viva, così piena di emozioni, di passione e di amore... Hai un fuoco che arde dentro di te, che ti porta a vivere sempre intensamente qualunque cosa ti accada, senza mezze misure e senza compromessi. Sei come un oceano in tempesta, travolgente e incontenibile, che poco dopo, al calare dei venti, si quieta placido e sereno. E poi sei così bella, Lene... così irresistibilmente sensuale..."
Come trascinato dalle sue parole, Jason non riuscì a controllarsi e portò le labbra su quelle di Lene in un bacio morbido, ma tremendamente erotico.
Si fermò all'istante, sorpreso lui stesso dal suo gesto avventato e la guardò dritta negli occhi per capire la sua reazione, pronto a scusarsi immediatamente, ma Lene non gli diede nemmeno il tempo di parlare e si attaccò di nuovo alle sue labbra, baciandolo con trasporto.
Non sapeva nemmeno lei cosa le stesse passando per la testa, ma non voleva pensarci, non in quel momento in cui l'unica cosa che desiderava era spegnere la testa e trovare un po' di pace.
I loro baci si fecero sempre più sensuali, le lingue a inseguirsi in una danza frenetica, il respiro sempre più affannato.
Jason sentì chiaramente gli effetti di quei baci sul suo corpo e fece uno sforzo immane per staccarsi da lei prima di perdere completamente il controllo, il fiato ancora corto.
"Tu sei sconvolta... noi non dovremmo... non è giusto... non sei in te..."
Lene gli sfiorò leggermente le labbra con le dita, come se temesse di perdere il contatto con lui.
"Ne ho bisogno Jason... ho bisogno di perdermi completamente, almeno per un po'... aiutami, ti prego..."
Quelle parole cancellarono in un colpo solo tutte le remore del ragazzo.
Jason si avventò nuovamente su di lei e su quella bocca che aveva sognato di baciare dal primo giorno che l'aveva incontrata.
Lentamente iniziò a sbottonarle la camicia e a baciare ogni lembo di pelle che la stoffa di flanella rivelava al passaggio delle sue dita.
Lene chiuse gli occhi assaporando il piacere che quei baci le provocavano, piacere amplificato dalle sostanze che le circolavano ormai in corpo da un po'.
Sentì il fruscio della sua camicia che scivolava a terra e poi due braccia forti che la sollevavano e la trasportavano via da quel salottino, posandola dopo poco su un morbido e ampio letto.
La luce divenne soffusa, il profumo di incenso si diffuse per tutta la stanza insieme alle note di una musica che non conosceva e l'ultima cosa che percepì prima di abbandonarsi ad un piacere intenso, fu la voce di Jason che le sussurrava piano all'orecchio.
"Tranquilla piccola, ci penso io a te ora."



  
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