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Autore: Lux_daisy    17/08/2015    1 recensioni
"Ohi, Bakagami, alla tua età non sai ancora vestirti da solo?"
Il rosso si bloccò e si voltò verso il proprietario della voce –e della frecciatina: alto quanto lui, capelli scuri corti, pelle bronzea, penetranti occhi blu, le mani in tasca, la borsa sulla spalla e un ghigno da schiaffi.
Aomine Daiki.
Vicino di casa, migliore amico e fastidio giornaliero.
"Ahomine, quante volte ti ho detto di non entrare dalla finestra?" sbottò il rosso.
(coppie: Aokaga, Aokise, Kagakuro)
Genere: Commedia, Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Daiki Aomine, Ryouta Kise, Taiga Kagami, Tetsuya Kuroko
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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We are... remembering the past






Quando Aomine aprì gli occhi e mise a fuoco l’ambiente circostante, vide la luce calda e vibrante della tarda mattinata illuminare la sua stanza. Si stropicciò le palpebre e diede un’occhiata alla sveglia sul comodino che a numeri rossi e luminosi segnava le 10:05. Si stiracchiò per bene e si alzò con un grugnito per poi dirigersi a passo lento e assonnato verso il bagno.

Di nuovo in corridoio, udì distintamente le note di una canzone; non la riconobbe, ma dalla melodia gli sembrò una ballata romantica e proveniva dalla stanza di Kise.

Aprì la porta e vide il biondo seduto alla scrivania con lo sguardo fisso sul monitor del PC dal quale proveniva la musica.
Sentendo dei rumori, Kise si voltò e vedendo il moro gli sorrise. << Buongiorno, Aominecchi >>.

Questi fece schioccare la lingua e grugnì un “buongiorno” in risposta; gli si avvicinò e buttò uno sguardo al computer. << Che fai? >>.
Il biondo mise in pausa la canzone. << Stavo scegliendo un pezzo per esercitarmi nel canto >>.
<< Ma non dovresti essere a lavoro? >>.
<< Sto aspettando Sakuchi-san: dovrebbe essere qui a momenti >>.
<< E nel frattempo ti ascolti canzoni melense? >>.

Kise roteò gli occhi e fece un sorriso di superiorità. << Innanzitutto una canzone, per essere bella, non deve essere per forza hip-pop o rock come quelle che ascolti tu e questa è una bella canzone e non è melensa e secondo, me ne serve una per i miei esercizi di canto >>.

Daiki storse la bocca. << Ma è in inglese >> commentò e lo fece con una tale nota di disprezzo nella parola “inglese” che Ryota non poté impedirsi di ridacchiare.
<< Aominecchi, solo perché per te l’inglese è alla stregua di una lingua aliena indecifrabile, non significa che sia così per tutti >>.

Il moro fece un verso a metà tra un sospiro e un grugnito, ma non replicò. Dopotutto, Kise aveva ragione: lui e l’inglese non era mai andati d’accordo, anzi, se Aomine avesse potuto, avrebbe abolito quell’assurda lingua dalla faccia della Terra.

A scuola si era sempre salvato per il rotto della cuffia e spesso e volentieri grazie all’aiuto di Kagami che in inglese se l’era sempre cavata meglio di lui.
All’improvviso pensiero di Taiga, una fitta di dolore lo punse alla bocca dello stomaco. Scosse la testa e sbuffò: non doveva pensarci.

Per sua fortuna lo squillo del cellulare di Kise interruppe la sua linea di pensiero. Il biondo lo afferrò e scattò in piedi. << Sakuchi-san è arrivata >>, corse verso la porta e lanciò un’occhiata a Daiki, << Aominecchi, puoi spegnere tu il computer? >>.

Il moro annuì e Ryota si fiondò fuori dalla stanza mentre la sua voce risuonava per la casa fino a spegnersi, quando raggiunse la porta d’ingresso. << Tornerò per cena! Buona giornata, Aominecchi! >>.

Daiki emise un lungo sospiro e si sedette alla scrivania; stava per spegnere il PC quando la curiosità prese il sopravvento e lo spinse ad avviare la canzone che stava ascoltando Kise. Già dai primi secondi capì che non era proprio il suo genere di musica: le canzoni dai ritmi lenti e melodici non facevano proprio per lui e, anche se non capì una sola parola, si convinse che fosse un pezzo romantico che parlava di chissà quali sdolcinatezze da carie ai denti.

Osservando meglio le schede del browser aperte si accorse che Kise aveva anche cercato la traduzione: i suoi occhi scorsero le parole, mentre il cuore accelerò leggermente i battiti.


https://www.youtube.com/watch?v=xThF51HXDAw

 
 
Se ti sei perso
e hai bisogno di fuggire
o di rasserenare la mente,
chiama il mio nome
quando hai bisogno di un amico
io ci sarò, sarò lì
 
 
Senza che lui potesse controllarlo, il suo cervello decise di ricollegare quelle parole a Taiga e d’improvviso Aomine provò una strana e spiacevole sensazione alla gola.
 
 
Se i tuoi sogni sono inzuppati di sudore,
 non riesci a dormire, c'è troppo nella tua testa
chiama il mio nome ogni momento della giornata
io ci sarò, sarò lì
 
 
La sua mente gli stava forse giocando un brutto scherzo? Lui, Aomine Daiki, stava davvero diventando sentimentale? La semplice parola era solita provocargli un senso di ribrezzo lungo tutta la spina dorsale, ma ciò non toglieva che, ascoltando quella canzone, stava pensando al suo rapporto con Kagami e la cosa non poté non ferirlo.
 
 
Quando non riesci a continuare, quando la strada è troppo lunga
sappi che non sei solo, posso portarti a casa
se resisti questa sera ci sarò
 
 
Non riuscendo più a sopportare quelle emozioni che si accavallavano dentro di lui, facendo a gara per farlo sentire uno schifo totale, chiuse tutti i programmi e spense il computer, il tutto con gesti rapidi e rabbiosi, quasi che, così facendo, potesse sfogarsi almeno un po’.
Sbuffò e si passò una mano sulla faccia.

“Merda! Merda! Merda!”. Tutta quella situazione era così assurda… lui e Taiga erano sempre stati insieme.
Sempre. Escludendo l’anno trascorso a Kagoshima, non ricordava un momento della sua vita in cui non fosse stato insieme a lui, in cui non avessero riso, battibeccato, giocato, in cui non si fossero presi a insulti e qualche volta anche a pugni, in cui non avessero trovato aiuto l’uno nell’altro.

La loro amicizia era sempre stata più forte di qualsiasi altra cosa e adesso invece a malapena si guardavano negli occhi.
“È tutta colpa tua…” gli disse una vocina bastarda nella sua testa, “hai fatto una cazzata e ora non hai neanche le palle per chiedergli scusa”.
Si alzò di scatto dalla sedia e andò a fare colazione.
Più tardi sarebbe andato a correre fino a sfiancarsi talmente tanto da non riuscire neanche a pensare.
 
 
 
Quando Daiki tornò dalla sua corsa, stanco, spossato e sudato fradicio, pensò che magari avrebbe potuto correre ancora per qualche chilometro se ciò avesse significato evitarsi la vista di Kuroko che entrava in casa di Kagami, accolto proprio dal rosso.

Dato che non era stupido al 100%, capì il significato dietro ciò che stava vedendo: Taiga aveva invitato a pranzo Kuroko.
Lo stesso invito che la madre di Taiga aveva rivolto a lui e Kise il giorno prima era stato rigirato a Kuroko.
Aomine strinse i pugni talmente forte da conficcarsi le unghie nei palmi delle mani e sentì ogni muscolo del corpo irrigidirsi.
“Cazzo!”.
 
 
 
 
Quando Kagami tornò in soggiorno dalla cucina, comprese due cose: la prima, che sua madre sapeva bene come metterlo in imbarazzo, la seconda, che Kuroko era un gran bastardo nascosto dietro un viso da cosiddetto “bravo ragazzo”.

<< Guarda com’era carino il mio Taiga! Un tesoro, vero? >> esclamò la donna con voce entusiasta, indicando a Kuroko una foto.
<< Avrei dovuto nasconderti quel dannato album! >> grugnì il rosso, avvicinandosi al divano sul quale era seduti vicini Tetsuya e sua madre, con l’intento di strapparle dalle mani lo spesso volume.

Madre che, a quel commento, mise su un broncio degno di una bambina piccola e protesse l’album circondandolo con le braccia. << Perché te la prendi tanto? Sto solo mostrando al tuo amico quanto il mio tigrotto era adorabile da piccolo >>.

Taiga arrossì, imbarazzato: fino ai suoi otto anni, la madre lo aveva spesso chiamato “tigrotto”, anche di fronte agli altri bambini, facendoli scoppiare a ridere e provocando in lui il desiderio di sotterrarsi vivo. Aveva smesso solo quando lui aveva accettato un patto: se avesse tenuto pulita la sua stanza per un mese intero, lei non avrebbe più usato quel nomignolo.

<< Non ricominciare, ti prego… >> si lamentò Kagami, passandosi una mano sul volto, << e poi a lui non importa di vedere le mie foto da piccolo >>.
<< Veramente, Kagami-kun, mi sto divertendo >> replicò l’altro con un piccolo sorriso che fece la gioia della donna ma l’infelicità del figlio.
<< Bell’amico che sei >> sbottò il rosso incrociando le braccia sul petto.

La donna sorrise e sfogliò una pagina dell’album. << Eri così piccolo e tenero, come un cucciolo di tigre: veniva voglia di mangiarti di coccole >> insistette, lo sguardo pieno di amore e nostalgia mentre guardava una foto che ritraeva Taiga a quattro anni, seduto per terra, con gli occhioni spalancati mentre stringeva al petto il peluche di un orsetto.

<< Mamma! >> esclamò il rosso con un tono tra il disperato e il supplichevole.
<< Mi chiedo come hai fatto a diventare così grande e grosso… >> continuò la madre, ignorando completamente i lamenti e l’imbarazzo del figlio. Sfogliò un’altra pagina e alla vista delle immagini presenti Kagami sentì un guizzo al cuore.

<< Awww, avevo dimenticato questa foto! >> cinguettò la donna con entusiasmo, << tu e Daiki eravate semplicemente adorabili con queste felpine >>.
Taiga non poté impedirsi di gettare un’occhiata alla foto. Ritraeva lui e Aomine all’età di sei anni: indossavano delle felpe rappresentanti due animali, una tigre per Taiga e una pantera nera per Daiki con tanto di cappucci pelosi muniti di orecchie. ( https://s-media-cache-ak0.pinimg.com/736x/c8/8a/5d/c88a5decaf255ed407a257f65cd051de.jpg )

<< Se non ricordo male, ve le aveva regalate la madre di Daiki per il vostro primo giorno di scuola >> commentò la donna senza smettere di sorridere.

Nelle foto che seguirono, dovunque si vedesse Taiga c’era Daiki accanto. In una si tenevano per mano durante la prima gita scolastica di classe alle elementari – Kagami la ricordava ancora, l’insegnante aveva detto loro di tenersi per mano con il compagno per non perdersi e Aomine non gliel’aveva lasciata per tutto il tempo – in un’altra erano insieme al campo giochi con un pallone di basket sotto braccio e in un’altra ancora, scattata il loro primo giorno al liceo, indossavano le uniformi e avevano l’uno il braccio sulla spalla dell’altro.

( https://s-media-cache-ak0.pinimg.com/236x/5d/1f/b8/5d1fb8b8d6bb042a977749a4a3f573d5.jpg )
( http://media-cache-ec0.pinimg.com/236x/70/69/3f/70693f8eb2f63f62a921f7fa62949e1c.jpg )
( http://cdn.i.ntere.st/p/7296618/image )

<< Tu e Aomine-kun siete insieme in tutte le foto >> disse infatti Kuroko osservando le varie pagine dell’album.
<< L’hai notato, eh? >> rispose la donna, sempre con un sorriso, << lui e Daiki sono sempre stati inseparabili fin da quando si sono conosciuti. La sua famiglia si è trasferita nella casa accanto quando avevano tre anni e da quel momento non si sono mai lasciati >>.

Kagami si morse il labbro inferiore e distolse lo sguardo. Dovevano ricordargli di tutti gli anni passati con Aomine proprio ora che loro due avevano litigato e non si parlavano più?
Non gli sembrava affatto giusto.
Sentì una stretta al cuore e uno strano dolore alla bocca dello stomaco.

<< Kagami-kun, va tutto bene? >> gli domandò allora Kuroko, notando il viso contratto in un’espressione sofferente.
<< Eh? Ah, sì, sì, tutto okay >> rispose lui frettolosamente, abbozzando un sorriso forzato.
La madre sollevò gli occhi e richiuse l’album di foto con un sospiro. << Che non si dica che tua madre si diverte a metterti in imbarazzo >>, si alzò in piedi stringendo il volume tra le braccia, << direi che possiamo fermarci qua per oggi >>.

Si allontanò per andare a rimettere a posto l’album, non prima di aver posato per un attimo la mano sulla spalla del figlio.
Taiga la ringraziò mentalmente, ancora sorpreso di come sua madre riuscisse a capirlo così bene. Solo un’altra persona al mondo era in grado di farlo e in quel momento gli mancava da morire.
 
 
 
 
 
Non vuole piangere, Taiga. I maschi non piangono, gli ha detto una volta Daiki, è una cosa da femmine.
E lui non vuole comportarsi come una femmina, così tira su col naso e si guarda le mani: sono sporche di terra e sangue e gli fanno male.

Gli occhi gli pizzicano mentre le lacrime cercano di uscire fuori e lui cerca di trattenerle con tutto se stesso, ma sente dolore in tutti i punti dove quei bulli l’hanno appena picchiato. È riuscito a dare un pugno in faccia a uno di loro, ma quelli erano in cinque e lui era da solo e alla fine non ha potuto fare altro che aspettare che si stufassero di colpirlo e se ne andassero.

Non vuole piangere, Taiga. Perché ha dieci anni ormai e come gli ha detto sua madre con un sorriso, lui ormai è un ometto e deve essere coraggioso anche se non ha più il papà.
E lui vorrebbe essere coraggioso ma quei ragazzini della sua stessa scuola l’hanno preso in giro perché non ha potuto partecipare alla corsa campestre padre-figlio. Ma cosa ci poteva fare se il suo papà è morto quando lui aveva solo cinque anni?

Ha risposto, Taiga e non gli importava di litigare con quegli idioti, ma poi loro hanno cominciato a spintonarlo e quando lui ha reagito, colpendo il loro capo, quelli gli sono andati addosso e l’hanno preso a calci e pugni, lasciandolo poi a terra ferito e dolorante.

Si è rialzato, Taiga, anche se a fatica, ma non si è mosso da quel piccolo parco vicino la scuola. Vorrebbe tornare a casa, ma sa che appena sua madre vedrà com’è ridotto, si preoccuperà e lui non vuole far preoccupare la sua mamma, che è già tanto triste e tanto impegnata con il lavoro.

Distratto dal dolore e da questi pensieri, non si accorge di Aomine finché non sente una mano posarsi sulla spalla.
<< Ehi, Taiga! Che ci fai qua da solo? >> lo saluta, ma il suo tono allegro svanisce non appena Kagami si volta verso di lui.
<< Che ti è successo? Chi è stato? >> esclama fissandolo ad occhi spalancati, la voce arrabbiata.

Si sforza di sorridere, Taiga, perché non vuol far preoccupare il suo migliore amico e soprattutto non vuole che Daiki cerchi di vendicarlo, ma sente dolore alla faccia e alla fine il sorriso non è altro che una smorfia.
Daiki gli stringe le spalle e lo guarda fisso negli occhi. << Taiga, rispondi. Chi è stato? >>.

<< Non è successo niente, non preoccuparti. Sto bene >> gli risponde cercando di liberarsi dalla sua presa, ma il moro non glielo lascia fare.
<< Come puoi dire di stare bene?! Dimmi chi è stato o io e te non siamo più amici >>.

Sgrana gli occhi, Taiga e per un momento ha paura: Daiki è il suo migliore amico, è come un fratello, non vuole perderlo e alla fine la forza del suo sguardo lo convince a parlare.

Gli racconta tutto quanto e lo vede stringere i pugni: è chiaramente arrabbiato, ma non dice niente. Gli accarezza i capelli e lo riaccompagna a casa tenendolo per mano.
 
 
Quando, il giorno dopo, Kagami vede il volto di Aomine macchiato da una ferita sul mento e alcuni lividi violacei, non ha bisogno di chiederglielo per sapere cos’ha fatto.
<< Ecco perché non volevo dirti niente ieri! Non dovevi farlo >> lo rimprovera, stringendo le spalliere dello zainetto.
<< Ho solo dato una lezione a dei cretini. Ora non ti toccheranno più neanche con un dito >> risponde, sfoggiando un sorriso di superiorità.
<< Perché l’hai fatto? Non ce n’era bisogno >>.

<< Hanno fatto del male al mio migliore amico: non potevo far finta di nulla >>.
Stringe le labbra, Taiga e sente gli occhi pizzicargli. << Ma ti sei ferito >>.
<< Non fa poi così tanto male. Dovresti vedere quegli idioti piuttosto >>.

<< Sei tu l’idiota! E se ti succedeva qualcosa? E se io rimanevo di nuovo solo? >>. Sa che sembra uno stupido, Taiga, perché Daiki non sparirà all’improvviso come il suo papà, ma lui è sempre pronto a litigare con tutti e anche a fare a botte e ogni volta Taiga non riesce a non spaventarsi al pensiero che si faccia male davvero.

Sente Aomine sospirare mentre una piccola lacrima gli scivola sulla guancia e subito dopo la mano di lui gli scompiglia piano i capelli. << Non mi frega di qualche ferita. Tu sei il mio migliore amico: è compito mio proteggerti. E non metterti in testa strane idee: io non andrò da nessuna parte. Non penserai di liberarti di me tanto facilmente, vero? >>, sorride e gli dà un colpetto sul braccio, << quindi non piangere più. Capito, Bakagami? >>.

Sbarra gli occhi, Taiga, per poi ricambiare il colpo al braccio. << Ora non fare lo spaccone, Ahomine >>.
Scoppiano entrambi a ridere, consapevoli di quanto la loro amicizia sia diventata più forte.
 
 
 
 
Quando Kagami aprì gli occhi di scatto, gli ci volle qualche secondo per capire dove si trovasse e cosa fosse successo. Si passò una mano sulla faccia e sospirò.
Non credeva avrebbe rivissuto un ricordo della sua infanzia in un sogno e per di più quel ricordo.

Non aveva dimenticato il gesto di Aomine: a quei tempi era ancora un marmocchio spaventato all’idea di perdere il suo migliore amico per qualcosa come una rissa, ma il fatto che il moro l’avesse vendicato e che gli avesse promesso di restare sempre al suo fianco gli aveva fatto segretamente piacere.
A ben pensarci, era un’idea decisamente sdolcinata, eppure le cose stavano così.

Sospirò ancora una volta e lesse l’ora sulla sveglia. Le 04:18 del mattino.
Richiuse gli occhi e si sforzò di riprendere sonno, ma gli echi della sua memoria continuarono a risuonargli nella mente.

Tu sei il mio migliore amico: è compito mio proteggerti. E non metterti in testa strane idee: io non andrò da nessuna parte.

Che fine aveva fatto quella promessa di tanti anni fa?
 
 
 
 
 
Le mani occupate da due bibite, Kise raggiunse il soggiorno. << Aominecchi. La gamba >> gli disse fissando il moro stravaccato sul divano, la cui gamba, appunto, occupava tre quarti della seduta.

Aomine inarcò un sopracciglio. << Per forza? >> gli chiese in tono scocciato, come se muovere il proprio arto gli costasse una fatica abnorme e lui dovesse ponderare se poteva o meno evitarla.
L’altro roteò gli occhi e sbuffò. << Sbaglio o la tua pigrizia è decisamente peggiorata nelle ultime settimane? >>.

Daiki scrollò le spalle e sospirò per poi spostare la gamba con un grugnito, permettendo così a Kise di sedersi. Il biondo gli allungò la lattina e fece partire il film scelto per la serata, Rurouni Kenshin.
Serata che prevedeva, infatti, fondersi con il divano e guardare un film in tutta tranquillità.

Cosa di cui il biondo avrebbe avuto bisogno, considerando lo stress causatogli dal lavoro, ma come sempre, stare accanto ad Aomine lo rendeva inquieto ed emozionato e nonostante una parte di lui si fosse in un certo senso abituata alla presenza del moro, l’altra, quella innamorata, doveva continuare a fingere.

Così tutti i suoi sforzi si focalizzarono sul mantenere l’attenzione concentrata sulle avventure del giovane samurai e per sua fortuna, il film era tanto avvincente da semplificargli il lavoro.

<< Quest’attore è troppo bello, è irritante >> se ne uscì d’un tratto Daiki, senza staccare gli occhi dal televisore.
Kise sgranò gli occhi e voltò leggermente la testa nella sua direzione. << Come, scusa? >> gli chiese trattenendo a stento una risata.
<< Oh, insomma, guardalo! Sono sicuro che i samurai non fossero così attraenti. Hanno scelto l’attore solo per il suo bel faccino >> insistette il moro, lo sguardo sempre fisso sullo schermo.

Il biondo sospirò e abbozzò un sorriso. << Guarda che Takeru Satou non è solo bello, è anche un bravo attore, Aominecchi. Forse un giorno anch’io diventerò famoso come lui >>.
<< Beh, non so come reciti, ma di sicuro il tuo aspetto non ha niente da invidiargli >> rispose il moro con tono serio, senza poter neanche immaginare cosa le sue parole provocassero nel cuore e nella mente di Ryota.

Aomine era sempre stato consapevole della bellezza di Kise, nel modo in cui si può esserlo di un’opera d’arte, naturalmente, senza secondi pensieri. Del resto, fin dal suo arrivo nella nuova scuola a Kagoshima, aveva notato quanto il biondo fosse popolare tra le ragazze, tanto che molte di loro avevano dato vita ad un fan club: lo ammiravano e veneravano come se fosse stato un idol famoso e dato che Kise era sempre gentile e sorridente con tutti, loro non facevano altro che sbavargli dietro ancora di più.

Per questo le sue parole non avevano alcun significato nascosto: erano schiette e dirette come lui, ma se il razionale Ryota ne era consapevole, l’innamorato Ryota sentì il cuore schizzargli in gola e le budella attorcigliarsi in un doloroso e piacevole groviglio.

Le guance gli andarono a fuoco e si affrettò a voltare nuovamente la testa e puntarla sul televisore, lasciando che i ciuffi dorati gli nascondessero l’imbarazzo, ma per sua fortuna Daiki era troppo concentrato sul film per prestare attenzione al suo scombussolamento emotivo.










Hello to everybody!! Eccomi qua col nuovo capitolo! Spero di non avervi fatto aspettare troppo, ma sono stata per quasi 2 settimane fuori casa e senza pc, perciò ho potuto pubblicare solo oggi... ^^
come avrete di sicuro visto durante la lettura, ci sono dei link a un video e ad alcune immagini: quando li ho visti non ho potuto che lasciarmi ispirare ed ecco com'è nato questo capitolo che in effetti è un po' di passaggio, diciamo... insomma, non succede niente di speciale X) però ci tenevo tanto a mettere una scena del loro passato, perchè, ammettiamolo, da piccoli me li immagino troppotroppotroppo adorabili u.u e la scena sogno-ricordo di Kagami l'ho ritenuta importante per dimostrare l'intensità del loro rapporto.... <3
 la canzone iniziale poi direi che parla da sola u.u
spero che il capitolo vi sia piaciuto e ringrazio come sempre tutti voi che leggete, commentate e seguite la storia *___* <3 il vostro sostegno è fondamentale ;D
al prossimo capitolo, dove ci sarà decisamente più azione, prometto ^^
PS: se non avete visto il film Rurouni Kenshin, ve lo consiglio assolutamente! E' davvero avvincente e Takeru Sato è un gran figo della Madonna, cosa chiedere di più? XD

 
  
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