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Autore: ReaRyuugu    17/08/2015    1 recensioni
23 prompt. Cose dette, sussurrate, lasciate sfuggire, o mai dette del tutto. 23 situazioni differenti, applicate a coppie, amici, amanti, o singoli personaggi. 23 modi di costringermi a tornare a scrivere un po’ ogni giorno.
Coppie affrontate: ImaHana {1#, 2#, 8#, 9#, 18#}, TakaMido {3#, 17#, 20#}, AoKaga {4#}, HaiKise {5#, 12#}, AoKise {6#}, MuraAka {7#, 21#}, AoKagaKuro {11#}, SilverGold {13#}, KagaKuro & AoKuro {14#}, KiyoHyuu {#15}, HimuNiji {16#}, MitoKoga {19#}, KiyoHyuuRiko {22#}, AoMomo {23#}
Character-centric: Mibuchi Reo {#10).
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Crack Pairing | Personaggi: Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Genere: Introspettivo, drammatico

Tipo di coppia: Shonen-ai

Personaggi: Akashi Seijuro, Murasakibara Atsushi

Rating: Giallo?

Parole: 500+

Note: Questa è l’unica storia della challenge che non è esattamente da intendersi come inclusa nella linea temporale canon della trama di KnB – la definirei piuttosto ambientata in un’AU distopica fine a se stessa (molto fine a se stessa), quindi tenete questo in mente~

Inoltre il titolo è un po’ preso in senso figurato, ma, come disse il saggio, e vbb.

Scritta il: 13/07/2015

 

21# • Things you said when we were on top of the world

 

 

Era così piccolo, tra le sue braccia. Così piccolo e indifeso.

Una visione del genere era dedicata solo a lui, nelle ore più tarde della notte, quando persino quegli occhi che tutto vedevano avevano bisogno di riposo. Erano gli unici momenti in cui Akashi Seijuro sembrava quasi una persona normale, e non un maniaco del controllo, un monarca assoluto al capo della potenza più forte e più crudele.

Era un semplice umano stretto contro il suo corpo, e Atsushi, carezzandogli distrattamente i capelli corti con le lunghe dita affusolate, ricordava con nostalgia i tempi in cui era sempre in quel modo. Un ragazzo come tanti, con uno sguardo che andava ben oltre a ciò che gli altri potevano vedere, ma comunque coi piedi a terra e con la consapevolezza che le persone intorno a lui erano - appunto - persone.

Quanti anni erano passati? Quanto tempo aveva passato al suo fianco, vedendolo sprofondare sempre di più in quella ricerca ossessiva di perfezione e controllo totale?

Quante cose erano cambiate, da un incidente tanto ridicolmente banale, da una frase pronunciata in un attimo di frustrazione e stanchezza?

Forse sarebbe successo comunque; forse le pressioni che gli arrivavano da tutte le parti l’avrebbero fatto cambiare in ogni caso. Ma Atsushi non poteva fare a meno di sentirsi responsabile di tutto questo, mentre come sperando di poter prima o poi rimediare a quel danno si era associato a lui alla ricerca di quell’Aka-chin che sembrava essere rimasto sotterrato dietro una maschera di impenetrabile, freddissimo stoicismo.

Non era morto, sapeva che c’era ancora. Lo vedeva celato dietro alcuni suoi sguardi, si muoveva di nascosto assieme ad alcuni suoi gesti, chiamava aiuto, impercettibilmente, nel profondo delle sue parole.

 

Perché tu non mi tradirai, vero?

 

Quelle frecce gialle e rosse lo scrutavano senza pietà alcuna ogni volta che glielo ripeteva, ma sapeva che a parlare non era altro che colui che con fatica estrema riusciva ad arrivare a galla di una coscienza che, ogni volta, lo rispediva sempre più in fondo nei meandri di un inconscio oscuro e torbido.

Non era morto, ma ormai non poteva neppure tornare a vivere. “Non tradirmi, non tradirmi, non tradirmi” - non era che il suo disperato appello, un grido straziato che lo implorava, se non di poter essere riportato alla luce, almeno di non lasciar prevalere l’altro.

Era un obbligo troppo grande per lui, troppo insostenibile. Perché lui non era mai cambiato, non era che un bambino nel corpo di un gigante, un essere umano troppo poco pronto ad affrontare faccia a faccia certi aspetti della vita, e che nonostante questo sentiva il forte gravare della colpa che lo affliggeva con crudeltà. Era l’unico, senza possibilità di tirarsi indietro, che poteva cambiare le cose.

Non riuscì neppure a guardare il viso addormentato di colui che teneva tra le braccia, mentre le lacrime gli annebbiavano la vista già affaticata dal buio della notte. Era l’ultima volta che poteva vedere l’Aka-chin che amava, l’ultima volta in assoluto che avrebbe potuto porre le proprie labbra sulla sua fronte in quel tenero, quasi infantile, gesto d’affetto.

Lo tenne ancora a sé mentre la mano libera si stringeva tremante sul manico della lama che aveva nascosto sotto il cuscino, conscio che quel fendente avrebbe finalmente portato a termine quella lunga, insopportabile agonia.

   
 
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