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Autore: bacioalcatrame    17/08/2015    1 recensioni
Tutti hanno avuto la sensazione di essere protetti da qualcuno, almeno una volta nella vita: li chiamano angeli custodi. A Isabella piace pensare che il ragazzo biondo che le compare in sogno lo sia. Ma improvvisamente i suoi sogni diventano incubi e comincia a chiedersi se il suo angelo non l'abbia abbandonata.
Genere: Drammatico, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Il ragazzo le stringe le dita intorno alla gola, con una forza quasi sovrumana. Isabella non riesce ad opporsi: ancora non concepisce il fatto che lui le stia facendo qualcosa di male, ma soprattutto non ne avrebbe la forza. Si sente inerme nelle sue mani, il suo angelo è il suo aguzzino.

“Mi dispiace.” Non sembra scusarsi sinceramente. Il suo volto tradisce un po' di rimorso, ma è l'indifferenza a prevalere sul suo viso angelico.
La sta uccidendo per scelta, consapevolmente.
Ha tradito la sua fiducia.

 

“Gabriel...” sussurra Isabella.

“Gabriel...”

 

Le dita stringono con più vigore, la vita le sfugge di mano mentre esala l'ultimo respiro.
Poi, lei si sveglia.

Isabella sente una mano scuoterla piano, apre gli occhi, incapace di distinguere il sogno dalla realtà. Riesce lentamente a mettere a fuoco i contorni della stanza, i poster appesi al muro, i vestiti in disordine sul pavimento. Improvvisamente sente un peso sul petto, come se qualcuno si fosse seduto sopra ti lei. Non ha più fiato, l'ossigeno non arriva ai polmoni e li sente seccarsi, ha quasi paura che si sgretolino. Un attacco d'asma. Annaspa, cerca di catturare l'aria con la bocca. Qualcuno le avvicina l'inalatore alla labbra e lei ci si scaraventa sopra a aspira con forza.

 

“Tesoro, tutto bene? Vuoi che resti, nel caso ti venisse un altro attacco..” Sua madre è seduta al suo fianco, la guarda preoccupata come ogni notte da qualche tempo. Allunga la mano verso la nuca della ragazza, le accarezza dolcemente i capelli. La donna è sciupata, stanca di non poter far nulla per alleviare il dolore della figlia.

 

“Mamma sto bene, è stato colpa di un incubo.” Uno dei tanti che ultimamente si susseguono nella mente di Isabella. Si è sempre sentita diversa dagli altri, incompresa. Chiusa al mondo, chiusa nel suo mondo. Eppure prima di allora non aveva mai sentito addosso quella sensazione di abbandono che ora non le lasciava il cuore.

 

Fin da bambina le capita di sognare la stessa figura: un ragazzo di una bellezza abbagliante, capelli di un biondo lucente, lunghi al punto da coprire leggermente i suoi occhi. Un tempo avevano il colore dell'argento, in tutta la sua vita non le era mai capitato di incontrare qualcuno che li avesse di un colore così inusuale. Ciò che viveva durante i suoi sogni cambiava ogni notte, eppure ognuno possedeva una nota comune agli altri: il ragazzo la proteggeva. Solo una volta le aveva confessato il suo nome: Gabriel. Non è mai stata religiosa, convinta che aggrapparsi ad un Dio ogni qualvolta la vita si complica sia da perdenti, ma le piaceva pensare che quella figura che ogni notte colorava il suo sonno fosse un angelo custode.

 

Poi d'un tratto è cambiato tutto.
I sogni sono diventati incubi.
L' angelo è diventato demone.


Sempre più spesso le capita di avere il sonno disturbato. Spesso urla, soprattutto quando l'incubo include la sua morte per mano di colui che considerava il suo protettore. Non la guarda più dolcemente, ma con occhi spenti il cui argento ha assunto le tonalità del grigio, sembrava avere nubi negli occhi.
Non aveva parlato a nessuno dei suoi sogni, tanto meno dei suoi incubi ed i genitori continuavano a ripeterle di frequentare uno psicologo, convinti che i suoi problemi fossero dovuto alla sua vita sociale o a qualche suo disturbo mentale. Isabella si era rifiutata. Lei non era pazza, era stata abbandonata da Gabriel.

Si infila nella doccia, lascia che l'acqua fredda le scenda sulla pelle, si concentra sui brividi da essa causati sperando di cancellare la sensazione di sconforto. Si lava piano, il profumo del sapone le riempe le narici. È troppo forte, di nuovo le manca l'aria e si butta fuori in cerca dell'inalatore. l'inalatore. Respira ossigeno ma per un attimo le sempre di respirare un po' di vita, quella che ha paura di poter perdere da un momento all'altro.

Non sente più lo sguardo di Gabriel su di se, ora è sola.

Prende dall'armadio le prime cose che le capitano tra le mani, qualsiasi cosa metta sarà comunque giudicata e non si trucca, non piacerebbe comunque a nessuno. Si tira il cappuccio sulla testa, cercando di nascondersi persino da se stessa. Esce senza salutare, il suo passo è storto mentre osserva distratta il cielo: anche oggi il sole non sembra aver intenzione di farsi vedere. Per un attimo sorride, ricordando che da bambina pensava che il cielo diventasse nuvoloso quando Gabriel era triste. In autobus si siede in disparte, durante la mattina, ad ogni lezione si fissa su un angolo della lavagna ed il mondo intorno a lei si spegne. Non si accorge neanche delle palline di carta che qualcuno le sta lanciando, ma in qualsiasi caso non si girerebbe per difendersi, non ne avrebbe le forze o l'interesse. Suona la campanella dell'intervallo e Isabella torna alla realtà, per quanto le sia possibile. Corre verso il suo armadietto, prima che in classe qualcuno la possa fermare, lo apre per prendere il pranzo.

 

“Buon appetito, ti voglio bene.” La madre l'ha scritto su un post-it verde attaccato al coperchio. Il verde era il suo colore preferito. È troppo occupata a sentirsi in colpa per il dolore che sta passando la madre a causa sua, che non si accorge della ragazza dietro di lei. Le tira i capelli all'indietro, per poi farle sbattere la testa sul metallo freddo, gliela tiene lì per qualche minuto, così che il resto dei ragazzi nel corridoio se ne possa accorgere.

 

“Ops scusa Isabrutta, volevo solo aiutarti a chiudere l'armadietto.” Miriam le lascia la testa mentre ride. Probabilmente è la persona più cattiva ed allo stesso tempo più forte che Isabella conosca. E l'ha presa di mira, ogni giorno si diverte ad umiliarla in qualche modo. È vittima di bullismo a scuola, forse anche di cybergbullismo, ma non ha il coraggio di aprire un qualsiasi social networ per accertarsene. Non ha mai capito perchè se la prendessero proprio con lei, che non aveva ma spiccicato parola con nessuno.

Quando torna a casa, Isabella si osserva allo specchio: i capelli sono sfatti, ha un livido sul lato sinistro della fronte e neanche si illude di sentire la mano di Gabriel che le porta via il dolore. Si rintana in camera sua, sperando che il giorno dopo il sole non sorga, che si addormenti per non risvegliarsi.

L'indomani invece arriva, quando si sveglia la ragazza sa che sarà peggio di ieri. Fa le stesse cose: sil lava, si veste. Ma le sembra di non vivere. Non sa che è l'ultima volta per ogni cosa.

Mentre cammina verso scuola, qualcuno inaspettatamente le rivolge parola.
“Hei, scusa... sapresti dirmi il nome di questa via?” è un ragazzo biondo, alto. Poco più grande di lei. Appena i loro sguardi s'incontrano, Isabella sente i suoi muscoli bloccarsi, per un attimo il suo cuore si ferma. È Gabriel, ne è certa. Sente il bisogno del suo inalatore, eppure il suo respiro è regolare, come se la sua presenza le regalasse l'ossigeno di cui ha bisogno.

 

“Sai è che devo arrivare nel centro città il più in fretta possibile, il gps mi consiglia di passare di lì.” Indica un vicolo dall'altra parte della strada, Isabella è troppo sconcertata per potere rispondere.Il ragazzo la guarda perplesso.

"Tutto bene?" Le chiede, dispiaciuto.

“Scusa, mi sembra di conoscerti.” Gli dice quasi in un sussurro. Qualcosa in queste parole sempra non piacere al ragazzo che si affretta a tagliare corto:

“Impossibile, non sono di qui.”

Isabella improvvisamente entra in trance, rapita dal suono della sua voce. Quasi non si accorge di muovere i piedi in direzione del vicolo.

“Se vedi la strada, mi saprai dire se porta in città.” Le dice più volte. Se fosse consapevole di quello che sta facendo, probabilmente non si sarebbe mai fatta portare in un vicolo buio da uno sconosciuto, per quanto carino potesse essere, è la scusa peggiore del mondo per allontanare una ragazza da un luogo pubblico. Ma c'è qualcosa che l'attrae in quella persona, un'attrazione che non può controllare, la sua mente continua ad associare quel ragazzo al suo angelo. Quando lui si volta però, i suoi occhi non sono più gentili, la guardano senza vederla, con freddezza. Sono grigi, esattamente come il cielo nuvoloso degli ultimi giorni.
L'attrazione che la giovane provava nei suoi confronti sparisce, trasformandosi in terrore e consapevolezza. La paura le corrode le vene, sta per succedere. É proprio lui, davanti a lei c'è Gabriel, ma non ha intenzione di proteggerla. Improvvisamente capisce che quegli incubi non erano frutto della sua fantasia, della sua mente distorta, semplicemente la preparavano a quello che di lì a poco sarebbe avvenuto.

Il ragazzo le stringe le dita intorno alla gola, con una forza quasi sovrumana. Isabella non riesce ad opporsi: ancora non concepisce il fatto che lui le stia facendo qualcosa di male, ma soprattutto non ne avrebbe la forza. Si sente inerme nelle sue mani.

“Mi dispiace.” ma non sembra scusarsi sinceramente. Il suo sguardo tradisce un po' di rimorso, ma l'indifferenza copre il suo viso angelico.

La sta uccidendo per scelta, consapevolmente.
Ha tradito la sua fiducia.

“Gabriel...” sussurra Isabella.

“Gabriel...”

 

Le dita stringono con più vigore, la vita le sfugge di mano mentre esala l'ultimo respiro.

Poi, lei non si sveglia.

 

 

   
 
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