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Autore: homuraxmadoka    17/08/2015    3 recensioni
Mentre Rizzoli & Isles stanno lavorando ad un caso, una vicenda del passato della detective torna a turbare la sua vita. Tra azione, battute e conflitti interiori sui loro reciproci sentimenti, Jane e Maura dovranno fare i conti con un nuovo personaggio, che si rivelerà essere un vero e proprio mostro. E la posta in gioco stavolta è altissima. Riusciranno le nostre eroine ad uscirne incolumi ancora una volta?
Genere: Azione, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Angela passeggiava nervosamente a braccia conserte su e giù per il corridoio, al di fuori della sala d’attesa. I medici avevano portato Jane in sala operatoria già da qualche ora, ma nessuno di loro era ancora uscito a darle notizie circa le condizioni di salute della figlia. Tommy e Frankie erano invece seduti nella sala, con gli occhi rossi e lucidi di pianto, preoccupati per le sorti della loro sorellona. A dispetto di tutte le incomprensioni e di tutti i dissidi tra loro, i fratelli Rizzoli erano sempre stati molto legati e l’idea di perdere Jane, loro punto di riferimento costante nella vita, insieme alla madre, li mandava totalmente nel panico. Un improvviso scalpitio di passi, provenienti dal fondo del corridoio, attirò l’attenzione dei tre che, fiduciosi, speravano che qualcuno finalmente potesse aggiornarli, ma si disillusero quando capirono che in realtà erano solo Korsak e Frost, che appena ultimati gli adempimenti burocratici per l’archiviazione del caso di Brooks, si erano precipitati dai loro amici. Il sergente abbracciò forte Angela, a cui era legato da fraterna amicizia, e dandole coraggio le sussurrò: - Jane è forte e caparbia... Ce la farà: ne sono sicuro! - La donna lo strinse di più a se come per chiedergli maggiore vicinanza. Frost invece andò a sedersi accanto ai ragazzi consolandoli con una pacca sulla spalla, quindi chiese: - La dottoressa Isles? - - E’ dentro con lei… Ha voluto assolutamente assistere all’operazione… - rispose Frankie, sotto lo sguardo di Angela che, addolorata contemplava ciò che restava della sua famiglia. - Maura farà di tutto per farla stare bene, sta tranquilla mamma! La riabbracceremo! - la incoraggiò Tommy. L’attesa però si rivelò più lunga e logorante del previsto ed il fatto che nessuno fosse si fosse fatto vivo per il bollettino sulle condizioni di salute della paziente, era decisamente un fattore negativo. - Perché non vai a casa e cerchi di riposare un po’? - gli consigliò Korsak. - Finché non mi diranno come sta mia figlia, non andrò da nessuna parte! - disse con decisione la donna, mentre dal fondo del corridoio si sentirono ancora una volta dei passi. Tutti i presenti si voltarono contemporaneamente e guardarono apprensivi in quella direzione: la dottoressa Isles esausta e provata, si tolse la cuffia e la mascherina obbligatorie nella sala operatoria e si avvicinò agli altri che gli si assieparono attorno in attesa di notizie. Maura respirò profondamente, alzò lo sguardo fino ad allora chino verso il pavimento, e finalmente parlò: - La pallottola al petto è stata asportata con successo, resta una grave insufficienza respiratoria causata dal proiettile che ha sfiorato il polmone sinistro. Le sue condizioni sono molto gravi ma stazionarie al momento… - Angela chiuse gli occhi, lasciò che una lacrima scendesse sul suo viso e tirò un sospiro di sollievo; non è che la figlia stesse bene, ma almeno era ancora viva e già quella doveva considerarsi un’ottima notizia. Con un po’ di tempo, di ottimismo e tanta tanta fede, avrebbero potuto sperare che la detective sarebbe migliorata. Anche il resto del gruppo fu visibilmente sollevato nell’apprendere la notizia, Tommy difatti, si lasciò cadere stanco sulla sedia, come se fino ad allora avesse sostenuto sulle spalle il peso del mondo; Frankie e Frost si abbracciarono confortati. Era la prima volta che Maura si trovava faccia a faccia con Angela dopo il putiferio successo, ma non riusciva a sostenere il suo sguardo perché si sentiva responsabile dell’accaduto. La donna, che col tempo aveva imparato a capire cosa passasse per la sua testa, proprio come se fosse davvero sua figlia, le si avvicinò e condividendo lo stesso immenso dolore, sebbene con ruoli diversi, la abbracciò. - Maura perché non vai a casa? Resto io con lei… Ti tengo aggiornata… - le disse maternamente Angela. - No. Il mio posto è qui, accanto a lei! Voglio esserci quando si sveglia! - obbiettò la dottoressa, giusto un attimo prima che i medici portassero Jane in stanza. Le donne si affacciarono sull’uscio della camera ed un medico gli si avvicinò: - Non può vedere nessuno al momento. - disse, tentando di chiudere la porta. - Vi prego, solo qualche minuto… - insisté Maura. - Va bene, ma solo una di voi! - concluse il dottore. Angela e Maura si guardarono per negli occhi: - Va! Tua figlia ha bisogno di te! - le disse Maura rinunciando al diritto di vederla. Angela, intuendo la portata del sacrificio dell’altra, le sorrise grata ed entrò. Alla dottoressa non restò che posizionarsi aldilà del vetro della camera e finalmente, dopo il rapido e tumultuoso susseguirsi degli eventi e la concitazione dovuta ai loro risvolti; dopo aver fatto tutto quanto era possibile per garantire la sopravvivenza della sua amata, si lasciò andare ad un lungo pianto liberatorio. - Devi sopravvivere! Tu devi farcela! - disse singhiozzando, ed il pensiero le corse al momento in cui la mora, con la consapevolezza di chi sapeva di aver fatto un atto sconsiderato, le confessò di essere uscita senza giubbino antiproiettile solo perché in preda al panico per paura di perderla. - Ora sono io che ho paura di perderti! - sussurrò flebilmente. Una mano le sfiorò la spalla ridestandola dai suoi pensieri; Maura sorrise forzatamente ad Angela cercando di infonderle coraggio, quindi entrambe restarono in silenzio a guardare la donna che combatteva tra la vita e la morte. - E’ colpa mia Angela, se le avessi dato retta, forse a quest’ora non sarebbe in quelle condizioni. - ruppe il silenzio la dottoressa, divorata dal rimorso. - Togliti questi brutti pensieri dalla testa, bambina mia, non è colpa di nessuno! Sai quanto Jane sia protettiva nei riguardi della famiglia. A maggior ragione lo è stata con te che sei la persona che ama… - - Ti ricordi di quello che ci siamo dette al Dirty robber? Ti volevo ringraziare perché è stato in quel momento che ho capito davvero che la mia vita la immagino soltanto accanto a Jane e spero che guarisca presto perché abbiamo aspettato troppo… Ora dobbiamo essere felici! - - E’ la cosa giusta da fare! - rispose la donna, cingendole le spalle in modo che Maura potesse poggiarci il capo teneramente, come se stesse abbandonandosi alle coccole di una vera madre. - Perché non vai? Tommy e Frankie hanno bisogno di te a casa… Korsak e Frost ti potrebbero dare un passaggio. Resto io con lei… - le suggerì poi la dottoressa, consapevole che la donna che aveva di fronte era il cuore ed il collante dell’intera famiglia che ancora di più doveva restare unita, in quel momento di grande difficoltà. Nonostante Angela fosse preoccupata per le sorti della figlia decise di darle ascolto; di lasciare alla dottoressa il tempo e lo spazio di cui aveva bisogno per star vicino a Jane, nella speranza che questo servisse a dipanare ogni sorta di dubbio ancora esistente in merito ai loro sentimenti ed a rinsaldarne il legame. In fondo Maura era pur sempre un dottore, non poteva affidare la figlia a mani più sicure. Erano ormai trascorsi alcuni giorni dalla brutta avventura nella quale Maura era incappata, e dal giorno della tragedia non aveva mai, neppure per un secondo, abbandonato il capezzale della sua Jane. La detective non si era mai più risvegliata da quel maledetto giorno, e lei si rendeva perfettamente conto che la vita della sua amata era ancora appesa ad un filo. Nonostante ciò, quando i medici azzardavano l’eventualità che avrebbe potuto non farcela, comportandosi da consorte isterica e disperata, perdeva ogni forma di autocontrollo diventando aggressiva ed irritabile e pretendeva che le venissero somministrate le migliori cure mediche di cui disponevano; avrebbe pagato personalmente fino all’ultimo penny, ma Jane doveva vivere. Maura si occupava inoltre, anche di rendere quel luogo triste ed angusto meno brutto possibile e sistemava personalmente ogni mazzo di fiori che arrivava, con gli auguri di pronta guarigione. Conoscendo la personale avversione della mora per gli ospedali, voleva renderle il risveglio quanto meno traumatico possibile. Il tempo trascorso in ospedale le sembrava infinito, anche se, in base ai bollettini medici, alternava momenti di profondo sconforto a momenti di ottimismo acuto. In realtà la sola cosa che davvero le dava la forza di andare avanti, era il fatto che stava prendendosi per la prima volta veramente cura nella maniera più totale e disinteressata della persona che amava, augurandosi in cuor suo, che presto avrebbe potuto riportarla a casa con se. Durante la sua permanenza lì, poté assistere ai pellegrinaggi pressoché infiniti della famiglia Rizzoli, dignitosa e composta nel proprio dolore, ma anche dei colleghi di lavoro: da Frost e Korsak ai tecnici di laboratorio; tutti ad omaggiare con un fiore, dei cioccolatini o un peluche, una brillante professionista, ma ancora di più un’amica con un cuore enorme ed un’umanità come poche. Una di quelle mattine la solita desolante routine fu però interrotta da qualcosa di davvero inaspettato per la dottoressa: dopo aver preso l’ennesimo caffè per tenersi sveglia, in barba a tutti i suoi preconcetti salutisti sulla bevanda, ed aver telefonato ad Angela, si sedette accanto a Jane ed iniziò a leggere qualche pagina di un libro per ingannare il tempo. Fu proprio in quel momento che sentì bussare timidamente sulla porta già aperta della camera, sollevò quindi gli occhi dalla sua lettura, e rimase profondamente sorpresa nel vedere che sulla soglia c’era sua madre. - Ciao, posso entrare? - le chiese la donna sorridendole, incerta se la sua presenza fosse gradita o meno. - Hope! cosa ci fai qui? - le chiese Maura. - Ho saputo della terribile sventura, ma grazie a Dio stai bene! - disse la donna andandole incontro per abbracciarla, ed il suo stupore aumentò nel constatare così tanta espansività da parte di una persona solitamente distaccata e glaciale. Era cresciuta da bambina adottata, sballottata anche dai genitori putativi; aveva conosciuto in circostanze infelici i suoi reali genitori: Paddy ed Hope, con cui i rapporti erano sempre stati tesi, ma solo ultimamente, soprattutto per merito di Jane, a dire il vero, aveva iniziato ad avere un approccio di tipo filiale con la donna, e vederla lì, in quel momento, che le stesse dimostrando affetto e solidarietà, adempiendo al suo dovere di madre, la mise in imbarazzo, soprattutto perché non sapeva come rapportarsi all’altra, e stavolta non poteva neppure contare sul supporto della detective. - Si, io sto bene… - disse Maura, decidendo, certa di non sbagliare, di comportarsi come si sarebbe comportata la sua Jane in quei casi, quindi ricambiò l’abbraccio. - E Jane? Come sta? - chiese ancora la madre, il cui sguardo si rivolse al letto dove giaceva la mora. - Nonostante le sue condizioni mediche stazionarie, la gravissima insufficienza respiratoria persiste ed i medici temono che possa portare a delle complicanze, quindi alla morte… - le spiegò la dottoressa. - E’ una donna temprata… Ce la farà sicuramente, vedrai! Sono contenta che sia capitata al momento giusto per proteggerti. Hai davvero un’amica preziosa! - La parola amica provocò un fastidio emotivo in Maura; era palese che ormai il loro rapporto si fosse evoluto, e forse era il caso di informarne la madre, anche solo per ricambiare la gentilezza e l’interesse che aveva mostrato nei suoi riguardi andandola a trovare, quindi si schiarì la voce e parlò: - Hope tu sei mia madre… Stiamo tentando di costruire un rapporto, quindi reputo sia giusto che tu sappia…. Jane per me non è un’amica…. Io la amo… - Hope la guardò sorridente: - So che è la donna giusta per te, non potrei desiderare nuora migliore! - si limitò semplicemente a dirle. - Tu sapevi? - - Eri l’unica a non accorgerti di come ti guardava adorante! - scherzò la madre, ma le sue parole suonarono per Maura quasi come un benestare, che legittimava maggiormente la sua relazione con la mora. - Ora vado… - disse Hope guardando l’orologio, dunque continuò: - Tienimi informata! Abbi cura di te e di lei… E per qualsiasi cosa, contate pure entrambe su di me! - In uno slancio di gratitudine Maura prese per la prima volta l’iniziativa di abbracciarla; la donna ne parve davvero felice. Era stato molto bello il gesto che la madre aveva fatto; dopo tanti contrasti sentiva che anche il suo rapporto con lei stava iniziando ad appianarsi per poter essere recuperato. E se era così aperta nei suoi riguardi, ancora una volta era merito di Jane, che l’aveva spronata ad affrontare e risolvere tutti i conti in sospeso, e a darsi, sebbene a trent’anni di distanza, una possibilità. Una volta sola, la dottoressa si avvicinò nuovamente al capezzale di Jane, le carezzò amorevolmente i capelli, spostandone i ricci dal volto e si chinò per darle un bacio sulla guancia: - Sei una donna incredibile: riesci a fare andare tutto bene perfino quando non ne sei consapevole! - le sussurrò e restò a guardarla incantata mentre riposava: aveva dei lineamenti talmente perfetti che neppure il dolore o il tubo del respiratore potevano deformare. Quella sera, dopo aver bevuto una tazza di latte caldo e aver spiluccato due gallette di riso, Maura si sentiva particolarmente stanca e demoralizzata; erano ormai cinque giorni che non vedeva i suoi occhi, che non la sentiva sorridere, che non le parlava confrontandosi, battibeccando o consolandosi e tutto questo la stava trascinando sull’orlo della pazzia. La osservava inerme ed indifesa, condizione inverosimile da credere per una persona energica e dinamica come la detective, e provava tanta tenerezza per lei: se avesse potuto avrebbe donato la sua stessa vita perché si ridestasse dal sonno di morte in cui era piombata. Ed il suo disperato bisogno di comunicare con l’altra, si trasformò ben presto in un lungo soliloquio: - Dovrei essere arrabbiata a morte con te per avermi riempito la casa di cimici e microfoni ambientali… Eppure non posso non esserti riconoscente per ciò che il tuo eccessivo senso di protezione nei miei riguardi ti ha spinto a fare. Senza di esse non avremmo mai incastrato Brooks… Probabilmente sarebbe morto ugualmente, ma la sua povera moglie, la povera Alice, non avrebbe mai avuto giustizia e non avrebbe mai potuto riposare in pace… Certo è una magra consolazione per noi vivi, mentre i morti non ne hanno neppure bisogno… Ma tu ti sei battuta ancora una volta con coraggio per far trionfare il bene e proteggere me. Chissà quanto devo valere ai tuoi occhi se hai deciso di lasciarti ammazzare al mio posto, e pensandoci, non è neppure la prima volta che rischi per me. Ora mi è tutto così chiaro; solo adesso riesco a vedere tutte le volte in cui mi hai amata senza mai pronunciare la parola ti amo e rimpiango di non averti dimostrato quanto anche io ti amassi… - parlava Maura, i cui ricordi riaffioravano uno ad uno nella sua mente sottoforma di rapidi flashback: la volta in cui Frankie fu ferito e lei che lo soccorse mentre un criminale gli puntava un fucile contro, ma Jane si pose dinnanzi a loro per proteggerli; Hoyt che voleva stordirla col teaser per poi tagliarle la gola, messo k.o dalla furia incontrollata della detective; la volta in cui era ferita alla gamba e Jane, nonostante avessero litigato, le prestò il primo soccorso e non la abbandonò neppure per un secondo portandola in salvo; la volta in cui uno squilibrato voleva trasformarla in una statua di gesso; quella in cui era finita in carcere e Jane, dopo aver affrontato le detenute che l’avevano picchiata, riuscì a tirarla fuori dai guai. - Adesso però stai lottando per difendere la cosa più preziosa che hai: la tua vita! Stai lottando per restare qui con me! Ti prego, so che puoi sentirmi: tu sei la persona più forte e tenace che abbia mai conosciuto… Combatti, torna tra noi. La tua famiglia ha bisogno di te, i tuoi amici hanno bisogno di te e io… Io sono annientata dal terrore che tu possa abbandonarmi da un momento all’altro! - continuò Maura prendendole la mano tra le sue. - So che forse è tardi per rimediare, ma questa disgrazia mi ha aperto gli occhi: noi non siamo amiche! Il nostro continuo battibeccare, il nostro punzecchiarci a vicenda, il nostro stare così bene insieme, la complicità dei nostri sguardi e delle nostre azioni, l’intimità che condividiamo dormendo insieme, i problemi quotidiani che affrontiamo, sono parte del nostro stare insieme. E’ così, Jane: noi siamo una coppia, lo siamo sempre state, ma scioccamente, per orgoglio o forse molto più probabilmente per paura di perdere l’altra, abbiamo sempre nascosto il nostro amore dietro la nostra amicizia… Ma sai cosa? Io sono stanca di nascondere questo sentimento così profondo che nutro per te. Io lo voglio gridare al mondo intero che tu, detective Jane Rizzoli, mi rendi una persona felice, mi completi. Ricordi al mio cuore di battere ancora, di arrabbiarsi, ingelosirsi, amare, di vivere… E cosa sarebbe allora, la mia vita se tu te ne andassi per sempre? Preferirei centinaia di volte saperti viva tra le braccia di qualcun altro, piuttosto che venire a piangere ogni giorno sulla tua lapide portandoti un fiore. Io voglio che tu viva, Jane! Voglio che tu torni, perché amo il tuo senso di giustizia, amo il tuo stare dalla parte dei più deboli, amo il tuo batterti per far si che il mondo sia un posto un pochino migliore e se ti guardo negli occhi riesco perfino a crederci! Se ti guardo negli occhi sono sicura che l’impossibile può diventare possibile… E ti amo Jane, ti amo come non ho mai amato nessun altro! Torna per me, non mi deludere! - le dichiarò infine tutto il suo amore, mentre le lacrime le solcavano il volto. Spinta dal bisogno di avere un contatto intimo con la donna che amava, Maura chinò il capo sul bordo del cuscino vicinissima al suo volto, di cui poteva sentire deboli respiri, e vinta dalla stanchezza si addormentò. Il sole filtrava dalla finestra socchiusa della camera ed un primo timido raggio andò a posarsi sul volto della detective che, con ancora gli occhi chiusi, respirò profondamente percependo la fragranza inebriante del profumo dell’amica. Allungò istantaneamente il braccio, la cercò e la trovò, quindi lasciò che la sua mano si insinuasse delicatamente tra i capelli di Maura; aprì poi lentamente gli occhi e sorridendo prese ad accarezzarla, fissando il suo sguardo ancora tremulo ed ombrato sull’espressione da bimba imbronciata che aveva mentre dormiva. La dottoressa avvertì qualcosa di caldo e piacevole intorno a lei che la coccolava con premura; il broncio allora sparì, lasciando posto ad lieve, cauto sorriso. Non avendo ancora realizzato se ciò fosse realtà o soltanto un sogno, frutto della sua mente stanca e consumata, Maura ebbe quasi paura ad aprire gli occhi, ma decise di farsi coraggio: aprì lentamente le palpebre e la prima cosa che vide fu il volto di Jane vicinissimo al suo, mentre appurò che le carezze su cui aveva tanto fantasticato erano invece reali. - Ehi, buongiorno bellissima creatura! Hai riposato un pochino? - le sussurrò la mora lasciando scivolare la mano dai capelli al viso. - Jane! Oh Dio, sei tornata! Lo sapevo che non mi avresti delusa, non lo hai mai fatto! - sussultò felice Maura, saltandole al collo per abbracciarla, poi però si diede un contegno e con un’espressione seria dipinta sul volto la rimproverò: - Dov’è il respiratore? - - L’ho tolto, mi dava fastidio… - - Non avresti dovuto farlo, hai avuto una profonda crisi respiratoria! Questo vuol dire che nel tuo organismo si è verificata una significativa alterazione degli scambi gassosi, i cui parametri normali devono essere ristabiliti mediante la somministrazione artificiale di ossigeno che… - ma si bloccò istantaneamente nel notare lo sguardo accigliato di Jane. - Scusami… Sono incorreggibile! Non ti sei neppure svegliata che già ti sto sommergendo di chiacchiere e nozioni scientifiche inopportune! - Jane la guardò con indulgenza: - Cosa è successo? Ho dei ricordi confusi… Casa tua, quello psicopatico di Brooks con la pistola, tu che eri in pericolo di vita… E poi? Perché faccio fatica a ricordare? - le chiese portandosi una mano alla tempia. - Ehi, stai tranquilla! E’ tutto ok! Brooks è morto, e tu sei diventata l’eroina del commissariato perché hai chiuso due casi nel giro di pochissimo tempo! Semmai ci fossero stati ancora dubbi che tu fossi la reale vincitrice di quel concorso, credo proprio che tu sia riuscita a fugarli tutti! - le disse Maura adulandola, quindi continuò: - Come ti senti? - - Un po’ frastornata, ma adesso riesco a respirare bene… Da quanto tempo sono qui? - - Sono stati cinque giorni lunghi e difficili per tutti quanti! Credevamo di averti persa per sempre… - le confessò la dottoressa, con un sottofondo di malcelata paura che ancora aleggiava nella sua voce. - Mi spiace… Ti vedo provata… Non avrei voluto farvi preoccupare… - replicò desolata la mora. - Ora che posso specchiarmi nuovamente nei tuoi occhi sto bene… Mio Dio quanto mi sono mancati! - le sorrise amorevolmente Maura, accertandosi di persona che davvero non avesse più bisogno del respiratore. - Non riesci proprio a fidarti eh? - la redarguì l’altra. - Ti sbagli, non è una questione di fiducia, è che io sono un medico e tu sei una testona, mi sto solo sincerando che davvero non ne avessi più bisogno! - disse carezzandole il volto. - Maura dovevo dirti una cosa importante… - esordì Jane poggiandole la mano su quella che la stava carezzando per poi stringendola nella sua. Si assicurò che Maura la stesse ascoltando attentamente, quindi riprese: - Quando sono venuta a casa tua oltre che proteggerti avrei voluto dirti anche una cosa importante… Non so se poi sono riuscita a farlo, però nel dubbio, voglio ripetertela adesso che siamo più tranquille… - - Non ti affaticare Jane, pensa solo a guarire adesso… Avrai tempo per dirmi quello che devi! - - Avrò tempo, hai ragione, ma perché aspettare dell’altro tempo per dirti ciò che da tempo avrei dovuto avere il coraggio di dirti? - concluse la detective. - Wow… Tu sei sicura di stare bene vero? La domanda che ti sei posta è un sillogismo! Si tratta di qualcosa di abbastanza inusuale per una persona sanguigna e poco razionale come te!- si stupì Maura. - Un sillo che? - obiettò l’altra. - Un sillogismo! Vedi, è un termine filosofico con cui Aristotele designò la forma fondamentale di argomentazione logica, costituita da tre proposizioni dichiarative connesse in modo tale che dalle prime due, assunte come premesse, si possa dedurre una conclusione … - tentò di spiegare la dottoressa, la cui cultura spaziava in moltissimi campi del sapere, ma la sua ansia di indottrinare gli altri era, se possibile, ancora più grande della sua stessa cultura. - Maura, come ti spegni? Fermati un attimino! Stai sviando i miei discorsi! Avevo davvero una cosa importante da dirti! - replicò Jane. - Va bene, va bene! Hai ragione, non è il momento! - si giustificò l’altra alzandole mani. - E poi scusa, fammi capire, cosa vuoi dire con la definizione “ sanguigna e poco razionale ”? Vuoi forse sottolineare il tuo super quoziente intellettivo a scapito della mia intelligenza? - la punzecchiò Jane. - Voglio solo dire che se fossi stata un minimo più razionale, non avresti fatto da scudo umano per me! Senza giubbotto antiproiettile per giunta! - la rimproverò amorevolmente Maura per la sua eroica sconsideratezza. - Ti faccio soltanto presente che la mia irrazionalità ti ha salvato la vita! Anziché parlare di quoziente intellettivo e di sillo cosi, potresti soltanto essere grata di essere ancora viva, per esempio! - replicò prontamente l’altra. - Jane, stai sviando i tuoi discorsi! Cosa volevi dirmi? - rilanciò Maura. Jane vedendosi restituire pan per focaccia dall’altra, finse di imbronciarsi, ma entrambe avevano ormai raggiunto la consapevolezza che era tutto prerogativa del loro modo di punzecchiarsi, di corteggiarsi, di manifestarsi il loro reciproco interesse, di esaltare vicendevolmente le loro peculiarità che le rendevano contemporaneamente uguali e complementari. - Potrebbero darti l’Oscar per questa tua interpretazione! - la prese in giro bonariamente la dottoressa, quindi l’altra si voltò per fissarla negli occhi e prendendole la mano le parlò con tutta la dolcezza di cui era capace: - Dottoressa Isles, io sono innamorata di te fin dalla primissima volta che ti ho vista alla caffetteria! I tuoi occhi e i tuoi modi hanno mandato in black - out il mio cervello; il cuore ha smesso per un istante di battere, riavviandosi un attimo dopo con un battito nuovo, diverso, un battito che mi sussurrava incessantemente il tuo nome e… Beh io sono una donna d’azione, e sembro una perfetta imbecille ogni volta che mi cimento in discorsi del genere… Sai che mi riesce difficile dire cose che magari per il resto del mondo sono banali e scontate, ma quello che sto cercando di dirti… - si interruppe per rafforzare il contatto visivo coi suoi occhi. - … Quello che sto cercando di dirti è che io ti amo Maura, e se ho taciuto finora è stato solo per paura di perderti, e non so come tu possa prendere questa notizia, spero non troppo duramente, ma era giunto il momento che tu sapessi che… - Con un gesto repentino Maura le si avvicinò azzerando quasi del tutto la distanza che le separava, prese il suo volto tra le mani, quindi le sussurrò: - Ora sei tu che devi stare zitta! - ed immediatamente posò le sue labbra su quelle della mora per darle un dolcissimo bacio traboccante di tutto l’ amore che provavano l’una per l’altra e che fino a quel momento era stato represso. Jane ricambiò l’effusione con trasporto, oltretutto amava l’intraprendenza e la disinibizione di Maura in certe situazioni e in quel frangente poi, era davvero più che gradita. Quel bacio era tutto ciò che aveva sempre desiderato fino a quel momento, e la dottoressa confermò pienamente le sue congetture che fosse un’abile baciatrice; qualcosa però rovinava la magia del momento impedendole di lasciarsi andare completamente. In preda all’ansia dunque interruppe il contatto con l’altra e chiese: - Questo è solo un’estemporanea? O è l’inizio di un per sempre? - Maura le sorrise e disseminando le sue labbra di baci a stampo e con ancora le labbra attaccate alle sue replicò: - Sai una cosa Jane? Io ti amo follemente e… Credo proprio che sia l’inizio di un favoloso per sempre! - La detective si sentì improvvisamente più sollevata, le parole della sua amata l’avevano confortata, quindi la ringraziò regalandole un bellissimo sorriso; l’altra manifestò nuovamente l’intenzione di volersi prendere cura delle sue labbra, ma di nuovo fu interrotta: - Maura ti devo fare una confessione… - - So già tutto delle microspie Jane… - disse la dottoressa, sperando di farla tacere per poterla baciare ancora. - Ah si… Ma non mi riferisco a questo!, Devo farti una confessione molto più importante che probabilmente ti porterà a considerarmi sotto un’ottica diversa… - tergiversava la detective e l’altra la guardò perplessa. Finalmente Jane continuò: - Non restarci troppo male… Però… Io so benissimo cosa sono i sillogismi! E’ solo che mi piace farti credere che io sia più ignorante di ciò che sono realmente… E questo solo perché amo sentirti parlare con quella tua voce morbida e sensuale! E… so che mi pentirò di averti confessato questo! - disse scherzando Jane, accennando a volerla finalmente baciare. - E allora? Che problema c’è? Io non ti amo forse nonostante tu non riesca mai a sistemare le birre in frigorifero? - la rimbeccò invece l’altra. - Sarà che forse prima di sistemare le birre come vuoi che le sistemi dovrei prendere una laurea in ingegneria edile? - - Non mi sembra tanto difficile: hai lo scompartimento, le metti dentro sistemandole per altezza, colore, larghezza della bottiglia e… - - Maura stiamo parlando di un frigorifero, non di un guardaroba! Ti rendi conto che farebbero prima gli egiziani a costruire una piramide che io a sistemare le birre in frigo secondo i tuoi assurdi criteri?!?! - - Sai una cosa? Mi sono mancati questi battibecchi con te! Ti amo Jane! - le sussurrò con un sorriso colmo d’amore la dottoressa e la strinse forte a se. - Anche io Maura, e tanto! - disse Jane premendo nuovamente le labbra contro quelle dell’altra per regalarle un dolcissimo bacio. - Ti posso fare una proposta? - la interruppe Maura. - Non ti sembra un po’ presto per il matrimonio? - scherzò Jane, che ritornando sul discorso del matrimonio, già affrontato da loro in precedenza, quella volta dell’autopsia alla sposa cadavere, elencò: - Torta con nocciole e mandorle, crema ganache e copertura di glassa al caffè… Abito di seta con la vita stile impero e uno strascico di sei metri… Cerimonia sulla scogliera di Santorini, esattamente sopra il vulcano. Penso che prima di fare questo passo dovrò risparmiare un pochino! - Maura sorrise divertita ma felice che la sua donna ricordasse anche dettagli all’apparenza insignificanti della sua persona: - Te lo ricordi ancora? - le chiese dunque stupita. - Io mi ricordo sempre di tutto ciò che riguarda la donna che amo! - le diede conferma Jane. - No seriamente: ti va di stabilirti da me? - - Perché, non lo avevo già fatto? Ho praticamente i tre quarti del mio guardaroba da te! - - Sciocca! Intendo dire se ti va di… - - Si Maura, mi va di iniziare una vera vita di coppia con te, se è questo, quello che stai tentando di propormi! Mi va di svegliarmi la mattina e guardarti dormire accanto a me. Mi va sentirti dire che non hai mai nulla da mettere e quando apri l’armadio ti travolge una valanga di vestiti. Mi va di vederti ordinare le scarpe su internet in preda alle tue crisi di shopping compulsivo e lamentarti subito dopo perché tutto sommato non ti piacciono. Mi va di tornare a casa e di portarti la pizza e di sentire le tue lagne che non la mangi perché sei a dieta ma alla fine mangi anche la mia parte. Mi va di portare fuori la spazzatura la sera! E mi va di coprirti con il plaid quando non mi lasci vedere la partita perché c’è uno dei tuoi documentari in tv e invece ti trovo addormentata! E nonostante tutti i tuoi difetti, i tuoi casini, voglio essere io il tuo amore e voglio che tu sia il mio! - le disse Jane, e Maura pianse dall’emozione nell’udire le parole che avrebbe voluto sentirsi dire dal suo vero amore da tutta la vita. - Ti amo Jane! - le disse e le loro labbra in astinenza, tornarono nuovamente a congiungersi per placare l’insaziabile voglia di baci che da tempo accompagnava i loro sentimenti latenti, ma che adesso li stava vedendo sbocciare come bellissimi fiori a primavera.
  
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