Sfoglio le pagine dell'album. Come è strano sfogliare la plastica e non la carta, nessun buon odore, solo un vecchio soffio acidulo che ti riempie le narici. Ma quella custodia gialla, invecchiata con me, ha qualcosa da mostrarmi, qualcosa che ha custodito strappandolo alle mani del tempo. Immagini, a centinaia, mi stupisco di come un oggetto simile abbia una memoria così ferrea. Ed eccomi. Avrò avuto due anni, con uno sguardo divertito guardo il mondo, nella mia nudità rido. I capelli arruffati mi si arricciano sulla testa dopo il bagnetto. Vado avanti. Il viso cambia ad ogni pagina, ora felice ora scontento, ma si rannuvola sempre più. I denti vengono coperti da delle lunghe labbra, con paura li avvolgono e li fanno scomparire. Ed ecco un nuovo sorriso, sono a una festa, le luci gioiscono dietro me. C'è una donna, ma il viso è mosso, se ne sta andando. Sfoglio di nuovo. I denti non ricompaiono. Dopo una decina di pagine mi fermo, chiudo l'album. Che cosa stupida, non ho mai amato le fotografie, per fortuna non me ne sono mai fatto alcuna. Ora sono morto, non sono nessuno. Come da bambino mi avvicinai in silenzio alla vita, così l'ho abbandonata, in punta di piedi. In silenzio ho osservato, ho vissuto e me ne sono andato, così che nessuno si dispiacesse della mia presenza. Nessuno ora guarda la mia immagine asciugando con contegno le lacrime. Anche ora non faccio del male a nessuno. Solo io ho ricordo della mia esistenza, io e quest'album, che non esiste.