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Autore: Mark_Criss    18/08/2015    1 recensioni
Alex Stone è nato in una povera famiglia babbana, i suoi genitori sono due alcolisti e lui sta per frequentare il sesto anno nella scuola di magia e stregoneria di Hogwarts. Tra misteri e magia, la personalità di questo strano ragazzo resta ancora coperta da un manto di fumo nero. Tante domande senza una risposta, tanti cassetti da rimettere in ordine e un amore da cui scappare. "Non dare mai la colpa al destino, perché il destino è il pretesto dei falliti."
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Minerva McGranitt
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
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Caldo. Troppo caldo. Non avrei resistito ancora per molto in quel forno a microonde che ero costretto a chiamare casa. Essere povero e vivere in un sobborgo di Londra non è mai stato il massimo, ma la mia fortuna nella vita è essere nato mago. Già, mago. Da due genitori come i miei, non so proprio da dove sono uscito, ho sempre pensato ad uno scambio in culla, ma gli occhi azzurri ereditati da mia madre e il naso di mio padre hanno sempre confermato il contrario. Fortunatamente i miei genitori hanno avuto la decenza di non fare altri errori mettendo al mondo altri figli. Uno bastava, avanzava ed era anche di troppo. Non si son mai potuti permettere niente, ne la scuola babbana, ne la scuola magica. Ho sempre dovuto provvedere a me da solo, sin da piccolo; i bimbi normali trovano la colazione pronta, il letto rifatto quando tornano da scuola e perché no, anche un piatto di minestra caldo servito in tavola. Io no. Mai. Io mi son sempre preparato la colazione da solo, mi son sempre preparto i pranzi da solo e per qualche anno non ho neppure avuto un letto, il divano del soggiorno andava più che bene per chiudere gli occhi e dimenticare lo scempio che mi circondava. Finché all’età di undici anni, un simpatico gufo lascio una letta. Una lettera di ammissione per la scuola di magia e stregoneria di Hogwarts. Credevo di essere diventato pazzo, i miei genitori non si sforzarono di capire nemmeno di cosa si trattasse, l’importante era: non pagare. Così la mia vita cambiò, totalmente, passai dallo scomodissimo divano del mio salotto, ad un letto a baldacchino con cuscino in piuma d’oca e dal preparami latte e cereali al trovare pronte le migliori pietanze a tutte le ore del giorno e della notte. Ero stato smistato tra i Corvonero, una delle quattro case della scuola. Solitamente la caratteristica di un Corvo è la sua innata intelligenza e perspicacia, nel mio caso, credo che il capello parlante abbia nettamente sbagliato. Per entrare nel nostro dormitorio , ogni giorno, la statua posta all’ingresso pone un quesito che solo un vero corvo può risolvere, bene, puntualmente io sono sempre quello che ha il potere di rimanere fuori. Quindi aspetto che qualcuno mi venga a salvare o nella peggiore delle ipotesi mi addormento sulla scalinata della torre. Riflettevo su tutto questo mentre fissando il vuoto facevo roteare la bacchetta sulla tazzina di caffe che mi ero appena preparato. Il cucchiaino girava in modo regolare, immagino che lo zucchero si fosse saturato al liquido già da un po’, ma non importava, perché quelle poche occasioni in cui i miei non erano in casa, mi piaceva sentirmi libero di usare i miei poteri. Da quando avevo compiuto diciassette anni, avevo il permesso di utilizzare la magia, ma non davanti ad essere umani, genitori compresi. Una delle tante sfortune dell’essere nato in una famiglia babbana. Lentamente rimisi la bacchetta nel jeans e iniziai a sorseggiare lentamente il caffe. Il tempo sembrava essersi bloccato, mancavano due giorni alla partenza e io avevo finito tutto, compiti delle vacanze compresi. La noia mi martellava la testa come un picchio, ma guardando l’orologio, arrivai alla conclusione che sarei stato solo a casa per un altro po’ di tempo. Quindi mi alzai in piedi, afferrai la bacchetta dalla tasca e decisi di esercitarmi un po’ sugli incantesimi non verbali, che sarebbero stati argomento principale delle lezioni di difesa contro le arti oscure. Avevo imparato a generare un “Incanto Patronus” abbastanza forte da prendere le sembianze di un animale, esattamente come avevo letto nel libro di incantesimi. Il mio aveva la forma di una tigre bianca, grande, terrificante, ma allo stesso tempo docile e cordiale. Mi aveva fatto compagnia più di una volta durante quella torrida estate. Chiusi gli occhi e mi concentrai sul ricordo più bello di tutti: quel bacio sul lago nero. Non mi andava di pensarci troppo, quindi mi limitai a ricordarlo e senza aprire bocca puntai la bacchetta nel vuoto. Dopo pochi istanti la punta iniziò ad emettere una luce biancastra, che diventò sempre più grande, fino ad illuminare la stanza a giorno. Aprii gli occhi e la vidi. Era lì, seduta per terra. La mia tigre. Iniziò a girarmi intorno e a guardarmi con quegli occhi che mi ricordavano tanto i miei e si accucciò sul vecchio tappeto sbiadito. All’improvviso un rumore, la porta si spalancò. Era mia madre, ubriaca come al solito, di ritorno da uno dei suoi bar preferiti.  “Alex…” gridò. Avevo la bacchetta stretta in pugno, ma decisi che forse sarebbe stato troppo pericoloso gesticolare con una bacchetta nel bel mezzo di una discussione. Mi affrettai, cercai di far sparire la tigre, prima che lei potesse vederla, ma nulla, era lì, maestosamente seduta a fissare la porta d’ingresso. “mamma, sono qui..ma ehm..” non sapevo cosa fare per non farla avvicinare al soggiorno. “..sono nudo..” gridai. Silenzio, che venne presto interrotto da una rumorosa risata. “Perché sei nudo?” chiese con quella sua fastidiosa voce graffiata. Avrei tanto voluto dirle che fuori c’erano almeno quaranta grandi all’ombra e che quindi mettermi il maglione di lana non sarebbe stato il massimo, ma mi limitai a dirle che avevo fatto la doccia. Puntai la bacchetta contro la tigre e prima di farla sparire le dissi “tranquilla piccola presto saremo a casa..”. Chiusi gli occhi e nella testa risuonarono le parole “Finite Incantatem” e l’ultima cosa che vidi furono i suoi occhi. Era strano il legame che avevo creato con quell’animale apparentemente inesistente. Era come se pur non parlando, lei avesse sempre avuto il dono di capirmi. Non avevo mai avuto un vero animale, perché non potevo permettermelo, ma adesso avevo lei e mi bastava. Non ero più solo. 





Salve a tutti. Spero che come inizio possa andare. Anche se momentaneamente la storia può sembrare piatta, man mano che Alex prenderà vita nel racconto diventerà sempre più complessa e avvincente! Accetto critiche positive,ma sopratutto critiche negative. Al prossimo capitolo. 
  
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