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Autore: Gabber96    19/08/2015    0 recensioni
Un giovane guerriero e conquistatore si ritrova a combattere per difendere un regno incantato
Genere: Azione, Drammatico, Poesia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Bondage
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Era un caldo e secco pomeriggio d’estate. Mi trovavo in un’arena grandissima paragonabile a 7 Colossei di Roma.
Fu un evento eccezionale quello di cui vi sto parlando. Infatti solo i gladiatori e i combattenti migliori vi avevano il diritto di parteciparvi e ogni combattimento doveva essere organizzato ben tre settimane prima del suo svolgimento. Coloro che prendevano parte alla battaglia erano centinai ma solo una decina al massimo ne uscivano vivi.
Una volta terminato lo scontro i sopravvissuti erano avvolti da un boato del pubblico simile a un terremoto e i loro nomi venivano ripetuti fino al giorno successivo. A questo punto, questi “eroi” venivano condotti all’interno di una grande sala dove gli schiavi (5 per ciascun gladiatore) medicavano le loro ferite.
Un gladiatore che usciva vivo dall’Arena degli Dei diventava una celebrità, un “signore del popolo”, un individuo a cui andava portato il massimo rispetto e ogni qual volta lo si incontrava per strada bisognava inchinarsi davanti a lui e dire queste parole: “Salve o grande e potente guerriero. Che tu posso portare fra noi la pace e il volere degli Dei”.
Ma la storia che ho intenzione di raccontarvi narra di un ragazzo, rimasto orfano all’età di 5anni per volere di quell’uomo, la cui famiglia governa e regna incontrastata su tutti noi, che egli servì con onore e con tutta la sua forza. Questo ragazzo, per le sue eccezionali doti, diventò all’età di 12anni generale di tutti gli eserciti. Egli introdusse nuove tecniche di combattimento efficaci per ogni tipo di esercito e contro ogni esercito, nuovi armamenti, nuovi sistemi di addestramento, nuove strategie. Ma non solo. Egli fu anche un uomo che rivoluzionò il sistema politico, l’economia, il modo di lavorare e permisero all’imperatore e al suo erede, Rodolfo il Magnifico, di estendere il loro dominio su tutte le terre, tutte le acque (dolci e salate) di questo mondo. Tutti eccetto una foresta: la foresta nera. Un luogo abitato da creature fantastiche e incredibili. Molti umani che vi sono entrati non hanno fatto più ritorno.
Rodolfo, terrorizzato e preoccupato per la sicurezza della sua smisurata e barbara reputazione, ordinò al proprio generale, ormai venticinquenne, di radere al suolo l’intera foresta e di non fare prigionieri. Il tutto doveva svolgersi nell’arco di tre giorni.
Il “Devastatore”, così soprannominato dai suoi soldati, fece di testa sua poiché non aveva gradito pienamente il piano d’attacco del nuovo imperatore. Anzi, in realtà, non era mai corso buon sangue fra i due. Il 18 maggio, se non vado errato, il “Devastatore” fece una ricognizione da solo della foresta in modo da elaborare e trovare la migliore strategia per soddisfare l’indispensabile bisogno di conquista dell’imperatore. Ogni passo che faceva la foresta diveniva sempre più fitta e il cielo più cupo.
Marcus, questo era il suo vero nome, rimase letteralmente ipnotizzato e affascinato dagli innumerevoli dettagli che la foresta aveva da mostrare: le gocce che, cadendo dalle foglie dei giganteschi carpini che insieme creavano un arcobaleno oscuro, generavano nuova vita appena toccavano il terreno. I milioni di colori prodotti da ciascun fiore e il loro irresistibili profumi. Gli uccellini che svolazzavano a mezz’aria e cinguettavano da un ramo all’altro melodie dolci e piene di emozioni. Marcus pensò a tutto che a una foresta nera. È vero il cielo diventava sempre più nero, ma di per se l’interno della foresta era l’opposto.
E invece, a un tratto, tutti i dubbi del valoroso generale furono risolti. Egli vide delle strane creature che stavano cogliendo dei frutti dagli alberi. Una delle due aveva il corpo di un cavallo ma il busto, le spalle, le braccia e la testa di un uomo. L’altra era un toro, ma il corpo aveva la fisionomia di un umano. Marcus si avvicinò lentamente il più possibile ai due esseri senza farsi vedere, ma ecco da dietro spuntare un altro uomo-cavallo che lo colpì e lo fece svenire.
Il “Devastatore” si ritrovò in una caverna circondato da decina di quei esseri. Egli chiese: “Dove mi trovo”. Uno degli uomini-cavalli gli disse: “Chi sei?”.
Marcus rispose: “Io sono Marcus Vanmarke, generale supremo di tutti gli eserciti dell’impero Magnus, capo del Gran Consiglio dei senatori, capo delle industrie dei metalli, degli armamenti e di costruzione. Servo fedele dell’unico vero imperatore Alessio “il conquistatore” Magnus.
L’uomo-cavallo disse: “finalmente sei venuto. Vedi la nostra regina, la dea dell’acqua e della luce, era molto amica del tuo vecchio imperatore. Lui è stato l’unico a entrare e uscire da questa foresta. L’unico e il solo.”
Marcus disse: “Com’è possibile. A me è stato detto che molte altre persone vi erano venute qui, ma nessuna aveva più fatto ritorno.”
La creatura rispose: “Lo so. Noi abbiamo sempre tenuto d’occhio voi esseri umani. Il fatto è che, nonostante siate creature eccezionali, avete sempre il timore di perdere tutto ciò che avete faticosamente guadagnato. Prima hai detto che molte persone sono entrate in questa foresta. È solo una leggenda inventata dal primo servo del tuo vecchio imperatore per tenervi lontani i curiosi. Ma nonostante questo molti della tua specie vi sono passati solo che non hanno visto tutto ciò che tu hai visto e che stai vedendo. Infatti solo i puri di cuore, come te, hanno la capacità di vedere e di comprendere il vero volto di questa foresta.”
Il giovane guerriero rispose con una certa sorpresa: “Io puro di cuore? Ma se ho portato morte e distruzione in tutto il mondo.”
Un’altra creatura gli disse: “Questo è vero. Ma il tuo cuore, in realtà, è un buono e pieno di meraviglie. Ed è questo il motivo per cui la nostra regina ti ha incaricato di un importante compito.” Marcus insospettito chiese: “Di che compito si tratta?”. Gli dissero: “Tu giovane guerriero sei stato scelto dalla nostra regina per contrastare e sconfiggere lo strapotere macchiato di malefatte di Rodolfo. Devi sapere che lei non è affatto contenta del comportamento del nuovo imperatore nei confronti dei popoli conquistati.” Infatti a differenza del padre, Rodolfo era un vero e proprio dittatore. Se qualcuno avesse osato andar contro il suo volere, costui veniva preso e decapitato.
Anche Marcus non vedeva di buon occhio il nuovo sovrano. Ma data l’importanza, il valore e l’intelligenza, Marcus era stato nominato “intoccabile” dall’imperatore Alessio. Passarono delle ore e finalmente il giovane venne condotto all’uscita della foresta da 4 centauri (gli uomini-cavallo). Egli lì salutò e si avviò verso il campo di addestramento 9. Circa 4Km dopo l’uscita della foresta, Marcus venne catturato dalle guardie del corpo di Rodolfo. Disse: “Che cosa volete. Sono Marcus.”
Il capo rispose: “Per ordine di Rodolfo il Magnifico ci dichiaro in arresto per esservi opposto a un suo ordine”. Marcus venne condotto all’Arena degli Dei dove venne rinchiuso in una gabbia. Fu lasciato lì per 8 giorni e 8 notti senza cibo né acqua. A torso nudo, scalzo e incatenato.
Il nono giorno l’imperatore andò a parlargli. Gli disse: “Marcus vecchio mio. Accidenti. Sei messo piuttosto male.” Marcus rise e gli disse: “Sai ne ho passate di peggio quando ero al fronte a combattere per tuo padre che quale male ha mai fatto ad avere un figlio come te, io proprio non lo so.” Dal viso di Rodolfo scomparve quel classico sorriso che aveva sempre stampato in faccia. Gli replicò: “Sai. Alessio che tu tanto stimi ha ucciso i tuoi genitori e tu ti sei sottomesso a lui. Quale lurido porco animale è così stupido da prendere una scelta come hai fatto tu di diventare il suo sguattero. Di diventare il mio servo.
Comunque non sono qui per questo. Che cosa hai combinato in quella dannata foresta”.
Marcus non rispose. I suoi occhi erano pieni di rabbia e di desiderio di vendetta. Allora Rodolfo chiamò le sue guardie e gli urlò: “Forza. Prendete questo lurido verme e portatelo alla sala delle torture: 10 frustate sulla schiena e 10 sul petto. Poi conducetelo nel ring.” Guardò Marcus e gli disse: “Ho una piccola sorpresa per te e una volta che avrò finito con te raderò al suolo quella maledetta foresta”.
Marcus venne condotto nella sala delle torture. La frusta usata aveva 9 code. I pallini, posti al termine di ogni coda, erano dotati di tantissime punte. Piccole ma in grado di penetrare profondamente nella carne e di lacerarne i tessuti. Il flagellatore frustò duramente Marcus che non gridò, non pianse. Una volta terminata la tortura, venne portato all’ascensore principale dell’arena, utilizzato per portare i guerrieri nel ring, dove incontrò nuovamente Rodolfo. Mentre salivano, il boato del pubblico aumentava, ma appena giunsero nel ring calò un silenzio di tomba.
L’imperatore iniziò: “Oggi siete qui riuniti miei sudditi per assistere alla distruzione di Marcus Vanmarke, noto a tutti come il “Devastatore” ma che in realtà ha dimostrato di meritarsi ben altro soprannome. Quello di TRADITORE per aver dichiarato la sua alleanza con la regina della foresta nera Alexandria. E ora che per te inizi la folla.” Il popolo iniziò a gridare contro Marcus che continuò a non dire nulla. Nel ring vennero condotte tre tigri tutte bianche. Il guerriero era solo senza un’arma, senza la sua armatura, senza nulla. Poteva contare solo su se stesso. Le tigri, assetate di sangue, si avventarono su di lui: una delle due lo morse alla gamba e lo teneva bloccato mentre le altre due tentavano di staccargli le braccia. Marcus si sentì strapparsi di dosso tutto: la sua forza, il suo coraggio, oltre alle sue carni. In un momento migliaia d’immagini gli passarono per la mente e pensò: “Allora è finita. Dopo tutto quello che ho fatto.” Poi nel preciso istante che la tigre alfa lo stava per addentare al collo, Marcus di rabbia le diede una fortissima testata e gridò dentro di se: “No. Non può finire così. Io ho ancora una missione da compiere. L’ultima che mi è stata affidata.” E subito avvolse la gamba libera intorno al collo della tigre che gli stava lacerando l’altro. Ora ne rimanevano due.
Egli capì che era inutile affrontarle contemporaneamente. Si avventò su quella più vicina e, buttandola a terra, le strinse il collo fra le braccia spezzandogli il collo con un colpo secco. Ne mancava solo una che nel frattempo si era allontanata come intimorita dalla forza del guerriero.
Il pubblico era ammutolito dalla eroica prova del giovane.
Marcus si girò verso l’ultimo tigre. I due si fissarono occhi. Gli disse: “Fatti sotto”. La tigre ruggì di rabbia per la perdita delle compagne e gli corse incontro. Si scontrarono duramente: la tigre colpiva con le sue enormi zampe il petto ormai squarciato di Marcus mentre quest’ultimo colpiva la belva con dei pugni micidiali sul volto e nel ventre. A un certo punto il giovane riuscì ad aggirarla e a salirle sulla schiena. Senza timore presa con la mano destra prese la parte superiore della mascella mentre con la sinistra prese la parte inferiore. Con uno sforzo immane riuscì ad spezzargli la mascella. L’animale, ormai senza vita, cadde a terra. Marcus, sfinito, guardò la tribuna imperiale e gridò: “Rodolfo tu cadrai per mano mia”.
L’imperatore ordinò alle sue guardie di ucciderlo. Dieci guardie scelte del sovrano entrarono nel ring armate di spada corta e di lance. Le prime due lanciarono le lance contro Marcus che abilmente schivò, ma purtroppo la terza lo colpì in pieno braccio e il povero guerriero cadde di nuovo a terra. Provando un dolore lancinante, Marcus estrasse la lancia dal braccio e si buttò contro i dieci. Ne uccise due e ne ferì quattro gravemente. Egli vide che una delle immense porte del ring era rimasta porta (ve ne erano complessivamente quattro). Lui era circa a 150metri dalla sua unica possibilità di salvezza. Allora, molto abilmente, cercò di disarmare, riuscendoci, le guardie rimaste per poi lanciarsi a tutta velocità verso la porta. Marcus corse con tutte le sue forze che pian piano andavano sempre più a rigenerarsi e per un nulla riuscì ad uscire da quell’inferno.
Vicino all’Arena degli Dei vi era un recinto con i cavalli dei vari capi militari tra cui il suo. Uno stallone nero di nome Uragano. Marcus fece il solito fischio al proprio cavallo che immediatamente saltò la ringhiera del recinto e lo raggiunse. Il guerriero montò sul suo torso e corse via più veloce del vento verso la foresta nera.
 Rodolfo era furioso. Una volta raggiunte le guardie disse: “Radunate quel dannato esercito di smidollati e andiamo a bruciare quella maledetta foresta.”
Dopo poche ore, Marcus raggiunse la foresta. Vi si inoltro per circa 5Km poi disse ad Uragano con un filo di voce: “Feee-fermati amico mio”. Il giovane cadde a terra stremato, consumato dalla fatica, pieno di ferite su tutto il corpo. La parte più danneggiata era il petto. Le ferite erano talmente profonde che si poteva notare il cuore battere e indebolirsi sempre più. Marcus guardò verso il cielo e disse: “Alexandria perdonami. Non ho portato a termine questa missione. Ne ho realizzate tante e anche di molto difficili. Ma questa era di gran lunga la più importante. Ho pensato a salvare me stesso invece che questo magnifico regno”. Il giovane ormai stava per morire ma ecco arrivare la creatura da lui chiamata: Alexandria. Gli si avvicinò e disse: “Giovane guerriero. Tu hai servito sempre con tutto il tuo cuore, con la tua mente ingegnosa e con tutta la tua anima ogni causa nella quale hai preso parte e ti sei impegnato. E io…”. La regina si ammutolì a causa di una fortissima esplosione. Marcus disse: “E’ Rodolfo. Mi ha seguito”. Allora la regina si levò a mezz’aria e disse: “Figli miei minotauri e centauri, piante e fiumi sopprimete l’esercito imperiale e Rodolfo.” E subito gli alberi presero vita e, con i loro rami, fecero fionde che lanciavano enormi massi caricati dai fiumi stessi. I minotauri con due asce ciascuno sfondarono l’esercito come se fosse fatto di burro. I centauri abbatterono l’artiglieria pesante con tecniche incredibili. Ma nessuna creatura trovò Rodolfo. Il folle imperatore giunse, seguendo la scia di sangue lasciata da Marcus, ai piedi del trono di Alexandria. Vide Marcus ormai in fin di vita. Disse gridando: “Muori traditore.” Ma, in sua difesa, intervenne proprio la regina. La sua spada era perfetta in ogni dettagli: lama forgiata in acciaio con maniglia d’oro e rubini. Al centro vi era un grosso smeraldo. Il duello un continuo seguirsi di dialoghi, prevalentemente insulti reciproci, e colpi di spada che emanavano un’energia senza precedenti.
A un certo punto Rodolfo colpì sulle gambe la regina che cadde a terra ormai stremata. L’imperatore si preparò a colpire la bellissima dea, ma prima che la lama le trafiggesse il cuore Marcus, il quale, gli fece da scudo. Con un ultimissimo sforzo Marcus prese la spada e trafisse il cuore di Rodolfo e gli disse: “Brucia all’inferno. Per tutto il male che hai fatto a questo mondo e alle creature di questo mondo.” L’imperatore indietreggiò e il suo corpo prese fuoco e in pochissimo tempo svanì nel nulla.
Marcus cadde nelle braccia della regina e con ultimo lunghissimo respiro disse: “Il mio compito è terminato. Abbiate cura di tutto questo mondo e di ogni creatura che vi abita affinché regni per sempre la pace.”
Alexandria pose la sua mano candida e pura come la neve sul cuore lacerato del guerriero, lo guardò con i suoi occhi paragonabili a due perle color zaffiro nate dall’unione della sabbia più pura e bianca e dal calore generato dal sole mentre tramonta e da una sfera d’acqua del più maestoso degli oceani, gli disse: “Riposa in pace nobile guerriero.” Marcus udite queste parole sorrise e spirò.
La dea pianse molto per la perdita di quel ragazzo. Le sue lacrime tanto piccole quanto delicate come l’acqua di una sorgente, cadendo sul corpo di Marcus, lo ripulivano di ogni male. Infine Alexandria avvolse con i suoi maestosi capelli il cui movimento riproduceva le meraviglie dell’universo il corpo di Marcus e lo alzò verso il cielo.
Sollevò le braccia e subito sì levò un vento incredibile. Il corpo di Marcus si disperse nell’aria e ogni sua particella venne portata sempre più in alto. Sempre di più fin sulle stelle. A quel punto Alexandria disse: “Addio. FIGLIO DEL VENTO”.
   
 
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