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Autore: Kim_HyunA    20/08/2015    1 recensioni
“Dovresti lasciarmi il tuo numero”. Voleva sembrare sciolto e disinvolto, ma era certo che la velocità con cui aveva parlato avesse rivelato il suo nervosismo e l’aver abbassato lo sguardo a terra l’aveva sicuramente tradito.
Kibum tornò verso di lui, un sorriso storto sul volto.
“Mi vuoi chiedere di uscire?” domandò.
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jonghyun, Key
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
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Jonghyun si trovava per l’ennesima volta con la schiena premuta contro uno scaffale, spinto con un tale impeto che per un attimo temette di sentirsi cadere qualcosa in testa.
 
Era diventata una routine — una piacevole routine, doveva ammettere — nascondersi in stanze vuote e abbandonarsi alle mani e alla bocca di Kibum. A volte aveva dovuto rinunciare a malincuore a quegli incontri, perché troppo impegnato o perché era in corso un’emergenza, ma fortunatamente questa volta tutto era andato liscio.
 
Era intento a farsi succhiare con particolare insistenza una spalla, il camice abbandonato da qualche parte ai loro piedi, quando Jonghyun decise che avrebbe dovuto trovare un modo per incontrarlo fuori dall’ospedale. Le visite della madre non sarebbero durate all’infinito e presto non sarebbe più dovuta venire per i controlli. Era qualche giorno che ci pensava ormai, ma doveva ancora trovare il coraggio. Si sentiva sempre strano quando era con Kibum. Non riusciva a ragionare bene. Si sentiva in ansia. E se l’altro non fosse stato d’accordo? Se non avesse voluto incontrarlo anche in altre occasioni perché per lui era solo un passatempo?
 
Ma doveva chiederglielo. Prima di lasciarlo andare quel giorno, glielo avrebbe chiesto.
 
Si stava mordendo con forza un labbro per rimanere in silenzio, ma dio, il modo in cui gli stava baciando il collo mentre i loro corpi erano uniti, gli faceva venire voglia di farsi sentire dal mondo intero.
 
Aveva notato di essere piuttosto passivo quando si trovava con Kibum. Era sempre l’altro che prendeva l’iniziativa, che gli sfilava il camice o che dettava le regole del gioco. Ma nessuno dei due sembrava avere niente in contrario sui ruoli che avevano assunto.
 
Gemette piano mentre la sua lingua si trovava tra le labbra dell’altro, intento a succhiarla come fosse una caramella.
 
Ad ogni incontro si trovava a desiderare di più. Più spazio, più tempo, più azione. Ma decisamente meno vestiti. Non osava nemmeno immaginare come si sarebbe potuto sentire se si fosse trovato nudo sotto il corpo dell’altro, se già così gli sembrava di morire.
 
Parecchi minuti e parecchi baci più tardi, Kibum stava per uscire per primo come da tradizione, quando Jonghyun trattenne il fiato e disse: “Dovresti lasciarmi il tuo numero”. Voleva sembrare sciolto e disinvolto, ma era certo che la velocità con cui aveva parlato avesse rivelato il suo nervosismo e l’aver abbassato lo sguardo a terra l’aveva sicuramente tradito.
 
Kibum tornò verso di lui, un sorriso storto sul volto.
 
“Mi vuoi chiedere di uscire?” domandò.
 
Jonghyun cercò di imitare il suo tono di voce sicuro e rilassato, anche se tra poco il cuore gli sarebbe schizzato fuori dal petto se non si fosse calmato.
 
“Qualcosa in contrario?”.
 
Kibum sembrò apprezzare quella sicurezza.
 
“Direi di no. Pensavo non me l’avresti mai chiesto” replicò, e tese la mano aspettando che l’altro gli passasse il cellulare.
 
Jonghyun lo recuperò dalla tasca del camice — che in più occasioni aveva infilato al contrario dopo uno dei loro incontri ravvicinati in uno sgabuzzino — e glielo porse.
 
Kibum registrò velocemente il proprio numero e soffiò un bacio nell’aria prima di uscire. Jonghyun controllò subito la rubrica in un attacco d’ansia e sentì un nodo allo stomaco quando lesse “Bum” tra i contatti.
 
 
 
 

Jonghyun aveva deciso di approfittare di un pomeriggio libero per proporre un’uscita a Kibum.
 
Trattenne il fiato dopo aver premuto il tasto verde. Non sapeva con esattezza di cosa si stesse preoccupando: dopotutto, l’altro gli aveva già detto di essere d’accordo.
 
Mentre aspettava con ansia che gli rispondesse, si chiese perché non gli avesse mandato un messaggio, semplice e indolore. Ma era troppo tardi ormai per tornare sui suoi passi, perché la voce dell’altro gli arrivò forte e chiara in un orecchio.
 
“Hey bellezza”.
 
Jonghyun quasi si strozzò con la saliva.
 
“Ciao” iniziò incerto, maledicendosi perché non aveva minimamente pianificato cosa dire. E se avesse fatto la figura dello stupido?
 
Prese coraggio.
 
“Cosa ne dici se ci vediamo oggi?”.
 
Chiaro e dritto al punto. Mentalmente, Jonghyun si diede il cinque da solo. Ma aveva comunque il cuore a mille.
 
Nella frazione di secondo che seguì, si chiese se non gli avesse dato troppo poco preavviso, forse aveva già altri impegni. Afferrò il telefono con entrambe le mani.
 
“Passami a prendermi alle 4”.
 
 
 


Dopo aver poggiato il cellulare sul letto, dovette rimanere seduto per qualche minuto.
 
Aveva un appuntamento con Kibum. Un vero appuntamento. Da lì a poche ore l’avrebbe visto. E questa volta non dentro a un qualche angusto ripostiglio — sebbene il ricordo dei momenti che avevano trascorso insieme lì dentro fosse incredibilmente piacevole — ma alla luce del debole sole di aprile.
 
Si fiondò sotto la doccia, dove prese il suo tempo per rilassarsi sotto l’acqua bollente, poi, con un asciugamano legato in vita e i capelli ancora carichi d’acqua, si piazzò davanti al grande specchio della sua camera. Un tempo era stato più muscoloso, le braccia più gonfie, ma non gli dispiaceva avere perso un po’ di quella massa, gli mancava il tempo per mantenere un fisico del genere.
 
Molti minuti e molti vestiti sparpagliati sul letto dopo, Jonghyun era quasi pronto. Osservò ancora una volta il suo riflesso. Stretti pantaloni neri e una giacca di pelle nera allacciata fino a metà che nascondeva una lunga maglietta bianca. I capelli biondi tenuti in piedi e gli occhialoni dalla montatura nera erano il tocco finale del look.
 
Decisamente troppo in anticipo, ma incapace di rimanere seduto ad aspettare, andò verso la porta per infilarsi gli scarponi neri, quando notò la sorella che, dal tavolo della cucina, aveva alzato lo sguardo da alcuni fogli che aveva davanti e lo stava studiando incuriosita.
 
“Hai un appuntamento?”.
 
“No” rispose rapido, ma vedendo le sopracciglia di Sodam alzarsi in un’espressione scettica, aggiunse un veloce “Forse”.
 
“Con chi?” chiese divertita.
 
Jonghyun farfugliò qualcosa di incomprensibile, concludendo con un “… non lo conosci” e scappò fuori, quasi dimenticando le chiavi della moto, certo di aver sentito una risatina divertita che accompagnava il chiudersi della porta.
 
Era così nervoso che era sicuro avrebbe vomitato di lì a poco.
 
Fu un gradito sollievo sfrecciare tra le strade con il vento che lo colpiva in pieno viso. Riusciva a respirare.
 
Come previsto, arrivò davanti all’università di Kibum con una mezz’ora di anticipo. Ora non doveva fare altro che aspettare che finissero le lezioni, in modo che lo potesse raggiungere. Si chiese se dovesse fargli sapere che si trovava già lì, forse sarebbe riuscito a liberarsi prima. Optò per un messaggio neutro. “Ti aspetto fuori”.
 
Nell’attesa, appese il proprio casco al manubrio, prese quello che avrebbe indossato Kibum e decise che avrebbe fatto più scena trovare una posizione ricercata ma che sembrasse disinvolta. Appoggiò un piede a terra e si mise dritto con la schiena, una mano sul manubrio. Quando l’avrebbe visto, si sarebbe passato una mano tra i capelli.
 
Un’abbondante mezz’ora più tardi, Jonghyun lo vide uscire e camminare verso di lui. Molto spontaneamente, si spettinò i capelli e scese elegantemente dalla moto, non prima di essere stato sicuro che Kibum l’avesse visto nella sua studiata posa.
 
Posati i piedi per terra, notò subito quanto il suo ampio maglione, parzialmente nascosto da una giacca, fosse scollato. Era quasi del tutto sicuro che senza quella giacca le sue spalle sarebbero state totalmente scoperte. Deglutì.
 
Aveva fatto qualche passo verso di lui quando realizzò che non aveva idea di come salutarlo. Con un bacio? Con un semplice “Ciao”? Per l’ennesima volta fu Kibum a salvarlo dall’impiccio, con uno schiocco sulle labbra.
 
Jonghyun rischiò di far cadere il casco che aveva in mano.
 
“E così questo è Jonghyun nel tempo libero” iniziò Kibum squadrandolo dalla testa ai piedi. “Sei diverso senza camice”.
 
Jonghyun volle interpretarlo come un complimento.
 
Quando gli si era avvicinato, le sue narici erano state invase da un delicato profumo di lavanda. Non poté fare a meno di immaginarselo davanti allo specchio di un bagno dell’edificio, intento a spruzzarsi il profumo e a sistemarsi i capelli. Sorrise al pensiero.
 
“Allora, andiamo?” chiese Kibum, ma Jonghyun sentì la sua sicurezza vacillare quando gli porse il casco.
 
“Non avrai intenzione di farmi salire su quella cosa” protestò lanciando un’occhiata diffidente alla moto, come se fosse stata un insetto velenoso.
 
“Perché no?”
 
“Perché è una moto” spiegò, come se questo bastasse a risolvere la questione.
 
“Sì, lo vedo” rispose ironico. Aveva scoperto il suo punto debole. Kibum, lo smaliziato e sicuro di sé Kibum, che non aveva problemi a pomiciare di nascosto in un ospedale, era messo in difficoltà da una moto. Gli si fece vicino e gli infilò il casco, allacciandoglielo sotto il mento. “Fidati di me, ok?” gli disse, guardandolo negli occhi e dandogli un rapido bacio sulle labbra.
 
Leggermente rassicurato, l’altro annuì.
 
Mentre Jonghyun saltava in sella e si infilava a sua volta il casco, vide l’altro tentennare incerto accanto a lui.
 
“Come si sale?”
 
Era semplicemente adorabile quella sua improvvisa insicurezza. Avrebbe voluto ridere, ma sapeva che la sua reazione non sarebbe stata apprezzata.
 
“Basta che metti una gamba di là e poi ti tieni forte a me” gli spiegò. “Molto forte”, ripeté con un sorrisetto soddisfatto.
 
Lo sentì prendere posto dietro di lui, le mani subito avvolte strettissime intorno al suo corpo, petto contro schiena. Un piacevole calore si diffuse in ogni sua parte.
 
Alla partenza, Kibum trattenne a stento un urlo di sorpresa.
 
Jonghyun doveva urlare per farsi sentire dall’altro, quasi sordo alle sue parole a causa del rumore del motore e della velocità. Gli stava gridando che doveva piegarsi insieme a lui nelle curve, altrimenti rischiavano di cadere, ma puntualmente Kibum o si curvava dalla parte opposta — sostenendo convinto che in questo modo avrebbe controbilanciato lo spostamento di peso — oppure rimanendo perfettamente immobile. All’ennesima curva in precario equilibrio, Jonghyun lasciò perdere, era una battaglia persa.
 
“Dove mi porti?” chiese ad un certo punto con una nota di panico nella voce dopo che avevano superato alcune macchine.
 
“Aspetta e vedrai” gli rispose Jonghyun, sentendosi perfettamente sicuro nel suo elemento.
 
“Cosa?” chiese e Jonghyun aveva perso il conto di quante volte aveva dovuto ripetergli qualcosa almeno due volte. Ma questa volta non rispose, si limitò a ridere pieno di entusiasmo, sfrecciando a tutta velocità lungo un rettilineo per il solo gusto di sentire l’altro tenerlo ancora più stretto.
 
 
 
 

Quando si fermarono poco dopo lungo il fiume Han, Jonghyun respirò a pieni polmoni la frizzante aria pomeridiana, mentre le mani di Kibum erano ancora intorno al suo corpo.
 
“Puoi lasciarmi andare ora” disse con un’evidente nota di divertimento nella voce. Fu il turno di Kibum di arrossire ora.
 
“Mai più, mai più…” continuava a ripetere una volta sceso e Jonghyun sapeva che avrebbe potuto mettersi a baciare l’asfalto per quanto fosse contento di avere di nuovo i piedi per terra.
 
Il pomeriggio trascorse tranquillamente, tra baci rubati sotto qualche albero o restando seduti ad ascoltare qualche ragazzo con la chitarra.
 
Jonghyun non poté fare a meno di notare quanto fosse diverso dal Kibum che aveva conosciuto in un primo momento. Non era più il ragazzo silenzioso con la sofferenza negli occhi, ora che tutto si era risolto per il meglio, in lui c’era solo spazio per la spensieratezza.
 
Quando era calato il buio e tutto intorno a loro si era acceso di mille colori — dai grattacieli alle insegne luminose, fino a semplici lampioni — e il cielo stellato si rifletteva sulla superficie piatta e calma del fiume, Jonghyun si sentiva del tutto sciolto. Il nervosismo che gli aveva serrato lo stomaco per le prime ore aveva ormai lasciato il posto ad una sensazione di benessere e calma. Non c’era luogo migliore in cui trovarsi in quel momento, ma soprattutto non c’era compagnia migliore.
 
Seduti sul prato lungo una riva e con una strana luce negli occhi, si girò verso Kibum, che ricambiò lo sguardo. Non ci fu bisogno di parole, perché Kibum era già a cavalcioni su di lui e le loro lingue già unite.
 
Complice il buio tutto intorno a loro, Jonghyun si sentiva più disinibito che mai. Gli mancava il fiato ma non poteva smettere, dio, no, non poteva. Il corpo dell’altro premuto contro il suo stava facendo meraviglie.
 
Ma non potevano andare fino in fondo, non in quel momento, non lì. E sembrava che entrambi avessero pensato la stessa cosa nello stesso istante, perché lo sguardo che si scambiarono appena separarono le bocche era pieno dello stesso desiderio ed impazienza, ma soprattutto della consapevolezza che non potevano spingersi oltre certi limiti.
 
Non parlarono mentre tornarono verso la moto, la tensione sessuale era quasi palpabile con mano.
 
“Ti riporto a casa?” chiese.
 
“Grazie” gli rispose semplicemente e, una volta che gli diede il suo indirizzo, salirono in sella. Le urla e le risate che li avevano accompagnati nel pomeriggio ora solo un ricordo. Correvano per le strade trafficate della città, abbagliati dai semafori e dai fari delle macchine.
 
 
 
--
A/N: devo dire che la scena della moto è la mia preferita perché è tratta da una storia vera, quindi mi sono divertita un sacco a scriverla.
 
kibum è sempre in preda agli ormoni, salta addosso a jonghyun ogni volta che lo vede. e direi che è cosa buona e giusta ahah
 
lunedì posterò l’ultima parte. come vedete non sono dei veri e propri capitoli, solo che a pubblicarla intera veniva troppo lunga, quindi ho cercato di suddividerla in più parti che avessero più o meno un senso logico.
 
a presto c:
  
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