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Autore: Padme Mercury    20/08/2015    0 recensioni
Avrò l'anima di una principessa, ma il mio è un cuore pirata.
In un mondo in cui le anime sono contenute da gioielli, il capitano Rubina la Bella deve trovare la sua strada.
Si troverà davanti a scelte difficili, in mezzo alla sua famiglia di sangue e gli uomini che l'hanno cresciuta.
L'anima vincerà il cuore?
Genere: Avventura, Azione, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU | Avvertimenti: Incompiuta
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Lunga vita al capitano



Rubina guardò il corpo senza vita del capitano Kavor. Una singola lacrima trasparente scivolò lungo la sua guancia liscia, andando ad infrangersi sul naso a patata dell’uomo. Lo sguardo cadde inevitabilmente sull’orecchino d’oro il cui zaffiro ora era rotto e annerito. La ragazza strinse i pugni. Avrebbe voluto vendicarsi, provocare all’uomo che lo aveva ucciso lo stesso dolore che sentiva lei.
I pirati la guardarono mentre gli toglieva il cappello. Non gli sarebbe servito, non più. Fece un leggero cenno con la testa e due di loro sollevarono la tavola su cui era deposto. La adagiarono delicatamente, aiutati da delle funi robuste, sulla superficie appena increspata del mare. Tutto l’equipaggio lo guardò allontanarsi piano, cullato dalle onde, chi con il berretto e chi solo con la mano sul cuore. Amavano tutti il capitano, nessuno escluso. Era sempre stato giusto e leale nei loro confronti, guardarlo andare via era come osservare un membro della propria famiglia allontanarsi per sempre.
La mora sospirò, lasciando i ragazzi sul ponte dopo aver lasciato il copricapo ad uno di loro. Entrò nella cabina che fino ad allora aveva diviso con lui. La luce dorata del sole filtrava dalle piccole finestre con vetri pregiati, dando un’aria calda e dolce all’intero locale. Una scrivania torreggiava al centro, decorata da ghirigori color dell’oro sui fianchi e sui bordi della superficie orizzontale. I loro letti erano nascosti, ad incasso. Venivano tirati fuori solo al momento del bisogno.
Sorrise appena. Si ricordava di una volta in cui era bambina e aveva fatto un brutto sogno. Si era alzata e aveva percorso tutta la cabina di corsa, andando a rifugiarsi nel grosso letto e tra le sue braccia. Era ancora stampata nella sua mente la sensazione della sua barba ruvida sulla pelle liscia di bimba, il suo pungente odore di sigari e mare che la rassicurava sempre e le preannunciava il suo arrivo. Si grattò distrattamente la radice del naso. Ora non lo avrebbe più sentito.
Si guardò attorno, posando poi lo sguardo su una vetrinetta in un angolo. Si avvicinò piano e la aprì. Sfiorò delicatamente, con la punta delle dita, le bottiglie pregiate principalmente di rum che erano esposte lì. Bottiglie da tutte le parti del mondo, di colori e forme fantasiose e bellissime. La maggior parte erano rubate, le altre regalate. Da piccola si incantava sempre ad osservare e studiare le diverse fatture di quei contenitori di vetro, tanto che in pochi anni aveva imparato a memoria da dove venisse ognuna di esse. Bahia, Porto Torre, Ferrà, Metaria… Ancora se li ricordava tutti.
Infilò le dita sottili sotto il bordo di legno degli scaffali e tirò, rivelando uno scomparto segreto. Un grande sorriso luminoso si dipinse sulle sue belle labbra mentre i suoi occhi si posavano su scaffali e scaffali pieni di libri. Antichi, nuovi, per bambini, piccoli, grandi. Ce n’erano di tutti i tipi, era il suo vero tesoro. Sfiorò i dorsi, seguendo tutte le venature e le righe che presentavano. Tutti quei libri li aveva rubati lei. Suo padre li aveva nascosti in quel doppio fondo nella speranza che lei non li ricordasse più dopo un po’. Ma lei non se li era mai dimenticati, anzi. Ogni volta che era da sola apriva quel mobile e prendeva uno dei libri, leggendo avidamente quelle pagine stampate e piene di parole.
Grazie a loro sapeva parlare benissimo fin dalla tenera età; in più, si ricordava di non fare alcuna fatica a capire come funzionasse il rapporto tra le parole e i loro segreti, come riusciva ad imparare senza troppi sforzi le parole anche più difficili.
Fece per prendere un libro in mano per mettersi a sfogliarlo e perdersi nuovamente in quel mondo parallelo e meraviglioso, ma il bussare alla porta la fece sobbalzare. Chiuse in tutta fretta la teca e portò le mani dietro la schiena, il petto in fuori.

-Avanti- disse semplicemente. Un membro dell’equipaggio entrò. La camicia larga e rotta sul petto ondeggiava a causa del vento, assieme ai lunghi capelli color cenere. Terence la guardò, schiarendosi la gola.

-Rubina, vorremmo vederti. Dobbiamo dirti una cosa importante- disse con la sua voce roca, graffiante. La ventitreenne annuì appena, seguendolo poi fuori dalla cabina.
Si guardò intorno aggrottando le folte sopracciglia nere quando si vide circondata dagli altri pirati. Drizzò la schiena, osservandoli uno per ciascuno. Non riusciva a interpretare i loro sguardi, a capire cosa volessero dire o fare.
Percy si avvicinò a lei. In mano aveva il vecchio cappello di Kavor, appena spolverato e messo a posto. L’uomo le sorrise incoraggiante, guardandola negli occhi.

-Abbiamo votato per il nuovo capitano. Vogliamo sia tu, Rubina… Kavor ti ha istruita bene-

-Cosa…? No- rispose, guardandolo senza capire bene. Lei, capitano? Non era pronta, era troppo giovane.
Il pirata sembrò capire quello che la giovane stava pensando e le mise una mano sulla spalla per confortarla. Le calcò il cappello in testa e le diede una pacca affettuosa sulla guancia.

-Sarai un ottimo capitano, bambina. Devi fidarti di me-

Rubina lo guardò, rilassando le spalle. Non poteva vincere contro Percy, riusciva sempre a toccarle il lato emotivo e non riusciva più a dirgli di no. Si limitò ad annuire debolmente e sistemarsi il cappello sulla testa. I ragazzi sorrisero ed esultarono.

-Lunga vita al capitano!- urlarono assieme prima di sollevarla e farla saltare un paio di volte in mezzo alle sue risate.

-Qual’è la rotta, capitano?- urlò Alwyn con un gran sorriso sul volto mentre correva verso il timone.

-Porto Daad. C’è il pub migliore di tutto il mondo occidentale, dobbiamo festeggiare- rispose lei, un piccolo sorriso che mostrava anche i denti bianchi a completare il tutto. Il pirata le rivolse un cenno con la mano per farle capire di aver recepito la destinazione. Fece rotare l’oggetto e la nave virò seguendo le nuove indicazioni.

**


Scesero dalla nave dopo essersi appurati di averla legata bene al molo. Rubina si permise un salto acrobatico dalla punta della prua fino sulla banchina - salto che finì con una rovinosa caduta a terra e un fragore di risate di tutto l’equipaggio. La giovane donna si alzò, massaggiandosi la parte colpita mentre riservava una linguaccia e un gesto molto poco educato ai suoi compagni di viaggio.

-Voi me la pagherete, lo sapete questo vero?- li minacciò, cercando anche di avere uno sguardo torvo mentre lo diceva. Ma non riuscì a mascherare il sorriso. Quegli uomini l’avevano cresciuta e lei non riusciva mai a tenere il broncio con loro.

Era sentimentale? Può essere. Forse anche troppo affezionata a tutti loro e, in fondo, era ancora una bambina. La loro bambina, che voleva provare a guidare la nave e si presentava con la giacca di Kavor, troppo grande per lei, annunciando che era lei il loro vero capitano. Scena a cui puntualmente tutti ridevano di gusto, suo padre compreso.
Già, suo padre.
Sospirò, passandosi una mano tra i capelli dopo essersi tolta il cappello. Ma cosa stava facendo? Suo padre era morto e lei andava a festeggiare con i ragazzi per la sua nuova nomina. Non avrebbe dovuto. Avrebbe dovuto rimanere in mare a rendergli omaggio. I sensi di colpa l’avevano attanagliata di colpo, stringendole il cuore in una morsa d’acciaio forte e pungente.
Scosse la testa. No, questo sarebbe stato ciò che anche lui avrebbe fatto. Un brindisi nella sua memoria e una giornata per dimenticare. Per non pensare.
Dall’indomani avrebbe ripreso le ricerche. Non avrebbe dovuto essere felice. Poco prima di morire, Kavor aveva detto chi era stato ad ucciderlo. Non conosceva il nome, ma ciò che aveva comunicato le bastava e avanzava. Un soldato, immacolato. L’unica macchia era la sua. Era per averlo ucciso. Si era formata appena sopra il polso, sull’avambraccio interno. Non doveva essere difficile trovarlo, no?

Si mordicchiò le labbra, decidendo di lasciar perdere tutti quei pensieri e quelle congetture almeno per quella giornata. Seguì gli altri dentro al pub. Tatar’s pub recitava l’insegna di legno che dondolava dolcemente con un leggero scricchiolio. Aprirono la porta, posizionandosi poi tutti ai lati in modo da far passare in mezzo il loro capitano. Rubina entrò, con un leggero sorriso di sfida sul volto, e si diresse al bancone.

-Doppio rum per me. Triplo per i miei uomini- ordinò al barista, indicando poi il suo equipaggio.
L’uomo annuì, tenendo stretto tra i denti un voluminoso sigaro. Poggiò il boccale scheggiato che stava pulendo e prese otto bicchierini da rum. Versò la quantità ordinata e li lasciò sulla superficie, lasciando che fossero loro a prenderseli.
-Anzi, sai che ti dico? Offro un giro a tutti!- urlò l’ultima frase, provocando brindisi e urla entusiaste all’interno del locale. Vide alcune gocce di birra cadere da numerosi bicchieri a causa dell’impeto e ridacchiò mentre si portava il bicchierino alle labbra. Mandò giù il liquido ambrato in un unico sorso, facendo una smorfia al momento in cui l’alcool le bruciò la gola.

Poggiò l’oggetto di vetro sul bancone con delicatezza, alzandosi dal suo sgabello. Si fece strada in mezzo alle persone in direzione del bagno, sparendovi per qualche minuto. Quando uscì, sbatté il naso contro il petto possente di un uomo. Non fece in tempo ad obiettare o a insultarlo che quello le aveva già passato un braccio attorno alla vita. Si premeva troppo contro di lei. Rubina odiava stare così attaccata a qualcuno, soprattutto se quel qualcuno era uno sconosciuto.

-Ehi, tu devi essere Rubina la Bella. La tua fama ti precede…- le soffiò a pochi millimetri dalla bocca.
-Non ti andrebbe di divertirti un po’ con me…? Sono un grande amatore, sai?- mormorò, spostandosi poi a baciarle in modo umido il collo. Rubina fece una smorfia e gli assestò un calcio ben efficace nelle gonadi. Lo vide piegarsi, tenendo le mani in mezzo alle gambe mentre soffocava una marea di insulti.

-Primo, è Capitano Rubina la Bella- marcò la voce sulla carica. Si chinò, prendendogli il viso con una mano e stringendo forte sulle guance.
-Secondo, nessuno si permette di parlarmi e toccarmi in quel modo. Addio, grande amatore- concluse, lasciandogli andare il viso di colpo. Lo vide prendere un colpo al mento e trattenne una risata. Si alzò e lo oltrepassò, pronta per uscire.

Si bloccò all’istante quando sentì la punta di una spada contro la sua schiena e il conseguente sussultare dei presenti. Coloro che erano in mezzo si spostarono, spaventati all’idea di finire feriti nello scontro. Gli uomini del Cigno Dorato diedero segno di voler intervenire, ma un cenno con la mano e il capo di Rubina li fece calmare e rimanere ai loro posti. Scosse la testa, facendo schioccare più volte la lingua contro i denti.

-Non è leale attaccare alle spalle-

-Pirata- disse semplicemente. Lo immaginò stringersi nelle spalle mentre pronunciava quell’unica parola.
Mise mano velocemente all’elsa argentata della sua sciabola. Si girò con uno scatto felino, facendo successivamente sibilare la lama contro quella della spada dell’uomo. Riuscì a disarmarlo senza difficoltà, appropriandosi della sua arma non prima di avergli fatto uno sgambetto. Poggiò il piede sul suo sterno, mentre le lame erano incrociate e conficcate sul pavimento ai lati del suo collo.

-Esistono pirati leali. E per tua fortuna, io sono uno di essi-

Lasciò l’arma bianca dell’avversario a terra, rifoderando la propria. Si sistemò il cappello, ignorando gli applausi e complimenti dei presenti. Per lei era normale battersi e vincere, aveva avuto il migliore degli istruttori. Ormai non ci faceva nemmeno più caso.

-Lunga vita al capitano!- l’urlo festoso dei suoi compagni fu subito imitato dai frequentatori del pub. La ragazza non poté fare a meno di sorridere.

-Già, lunga vita al capitano…- disse a bassa voce un uomo nell’ombra. Quello di fianco a lui rise leggermente, bevendo un sorso della birra che aveva ordinato.

-Dice che è lei?- chiese pulendosi la bocca con un tovagliolo. Si appoggiò al tavolo con le braccia.
Il primo annuì, indicando un guizzo rosso e d’oro sul petto del capitano Rubina.

-Non può essere altri che lei. Siamo circondati da zaffiri, e lei ha il rubino. Coincide con l’identikit. Lei è la nostra ragazza. La principessa Myra-
   
 
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