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Autore: Ojousama    01/02/2009    2 recensioni
E se ci fosse stato un altro nemico prima di Queen Beryl? E se tutte le Sailor non ne sapessero niente? E se le uniche due a conoscenza di questo vecchissimo nemico fossero due Sailor che non ricordano nulla del loro passato e di averlo sigillato? Nel trentesimo secolo, le prigioni dove sono custoditi i più malvagi, che non sono stati sconfitti, hanno dei problemi. Solamente ChibiUsa potrà trovare una soluzione, ma non sarà da sola.
Tratto da: “L'inizio della storia (2^ parte)”
«Parlami di loro!» insistette la bambina. La ragazzina di sedici anni sospirò, sconsolata.
«La tua curiosità non ha fine, maledizione!» sbottò, sbuffando. Le aveva raccontato milioni di volte quella favola! Non si stufava mai di sentirla? «Non te la ricordi ancora?»
«Certo che me la ricordo!» ribatté la bambina, con un broncio terribilmente buffo. «Ma mi piace sentirla raccontare. La mamma me la raccontava sempre!»
Dopo questa protesta, la ragazzina ebbe più il coraggio di ribattere. Doveva mancarle molto sua madre e la capiva. «E va bene...» concesse, roteando gli occhi. «Ti racconterò di nuovo la Leggenda dei Sette Cristalli, contenta?»
«Evviva!» esultò la piccola, saltellando sul posto e battendo le manine. Non sapeva per quale motivo, ma adorava sentire quella favola.

Postato capitolo 3
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Chibiusa, Helios/Pegasus, Usagi/Bunny , Inner Senshi, Outer Senshi
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Carissimi lettori che seguite questa storia (o che è la prima volta che la leggete) devo darvi la notizia di una modifica nel modo di narrare la storia. Quel genio della mia amica Valeria mi ha consigliato, su modello di un libro che sta leggendo, di raccontare la storia secondo il punto di vista di ogni personaggio. L'ho trovata un'idea bestiale, e l'ho messa in pratica. Partiamo con ChibiUsa! Per il prossimo capitolo, vedremo le cose secondo il punto di vista di Kousagi. Non sono molto brava ad analizzare psicologicamente i maschi, per cui può essere (mai mettere un limite alla Provvidenza, comunque) che non ci siano capitoli secondo il punto di vista di uomini. Torneremo anche alla visione generale, però. Insomma, ci sarà un bel po' di confusione. Forse ci capirete anche meno, ma l'idea mi attirava così tanto che il capitolo, dopo un periodo lungo una Quaresima, mi è venuto fuori (e anche bello lungo, per farmi perdonare del ritardo).

Sbuffai, mentre percorrevo sempre la stessa parte della stanza avanti e indietro, non riuscendo ancora a capire la ragione per la quale mi sentivo tanto agitata. Insomma, di cosa diavolo avrei dovuto avere paura? Era solo una festa... d'accordo, era il compleanno della mia sorellina, ma... okay, probabilmente erano state le parole di quelle due pazze delle mie amiche, due settimane prima. Perché mai le loro rassicurazioni non mi tranquillizzavano?
«Non bastava solo Kousagi, no!» sbuffai, di nuovo, mentre mi torturavo le mani. Avevo provato a chiedere loro durante quei giorni, a proposito della lista degli invitati, ma entrambe erano rimaste sul vago, oppure avevano semplicemente detto che era tutto a posto. Perfino Kimiko era riuscita a tenere la bocca chiusa, e ciò non era affatto un buon segno: o meglio, poteva esserlo, perché avrebbe detto la verità, oppure Hotaru l'aveva ammaestrata a nascondere i segreti e questo non era assolutamente un buon segno. Mi sarei volentieri messa a gridare, ma non lo feci. I vantaggi di aver ricevuto un'educazione degna di una principessa. «Che cosa faccio?» povera illusa: andai nel panico, nonostante tutte le mie buone intenzioni.
«Usagi!» mi sentii chiamare da fuori. Era la voce di mia madre. Alzai immediatamente gli occhi al cielo: era già così tardi? Eppure non avevo neanche scelto il vestito da indossare! Dove dovevo andare a nascondermi? Che malattia grave dovevo fingere di avere per passare la palla a qualcun altro? «Posso entrare?»
«Certo.» risposi, sedendosi sul letto, con un sospiro, che doveva servire a tranquillizzarmi ma ebbe l'effetto contrario. Che diavolo potevo indossare per passare inosservata? La testa di mia madre fece capolino dalla porta, e un sorriso comparve sulle sue labbra, appena mi vide. «Dammi un consiglio, ti scongiuro.» la pregai, ormai senza più sapere dove sbattere la testa, scartata l'opzione della quarantena.
«Con tutti i vestiti che hai, lo credo bene che non ti decida su cosa mettere.» disse lei, sempre sorridendomi, ma fraintendendo ciò che volevo dire. Dopotutto, come dice il detto? Avere tante cose è come averne poche. Si avvicinò al mio immenso armadio e scomparve al suo interno. La sua voce, a quel punto, arrivò un po' ovattata alle mie povere orecchie. «Sono venuta qui per parlarti della festa.»
Pensai che, probabilmente, aveva qualche problema a calibrare i tempi. Insomma, la festa sarebbe stata di lì a qualche ora e lei decideva di parlarmene proprio in quel momento, quando il mio cervello aveva il cartellino ben visibile con scritto “fuori servizio”? Dato che ce l'avevo ancora con entrambi i miei per avermi tenuti nascosti i preparativi, non avevo molta voglia di starla a sentire, però... forse mi avrebbe detto ciò che volevo sapere. «Per quale ragione? Non è tra qualche ora?» domandai, fingendo indifferenza.
«Io e tuo padre, veramente... ops.» la sua voce si interruppe e pensai che la goffaggine della Usagi del ventesimo secolo, a volte si rifletteva su di lei. Chissà che cosa aveva fatto cadere per terra. «Dicevo, che dovresti accompagnare tua sorella, da sola.» Cosa avevano sentito le mie orecchie? Questa era la prova: stavo impazzendo e il mio cervello era più danneggiato di quello che potessi anche solo lontanamente immaginare.
«Sei impazzita?» non sapevo neanche se essere contenta o meno della notizia. In circostanze differenti avrei di sicuro fatto i salti mortali, ma questa era una pugnalata alle spalle! «Non è che hai la febbre?» chiesi, per rassicurarmi del fatto che non fosse sotto effetto di farmaci o qualcosa del genere.
«Io no.» rispose lei, ricomparendo davanti ai miei occhi con un vestito. I capelli non erano scomposti neanche un po' e dovetti impegnarmi con tutte le forze per non dimostrare l'invidia che provavo. Sempre perfetta. Doveva essere una caratteristica delle regine; mi chiedevo se l'avrei acquisita anche io una volta che lo sarei diventata o sarei stata l'eccezione che conferma la regola. Non sapevo perché, ma propendevo più per la seconda. «Ma tuo padre sì. Non credo che sia una buona idea lasciarlo qui da solo.» mi diedi mentalmente dell'idiota: avevo dimenticato che papà aveva la febbre! Però sorgeva un altro problema non da poco:
«Lui è d'accordo?» domandai, dubbiosa. Perché, o papà non lo sapeva, oppure aveva cominciato a delirare e dovevamo preoccuparci, chiamare un medico, qualcosa...
«Lui dorme.» mi rispose la mamma, sorridendo. «Fortunatamente.» lei stava complottando contro papà per me? Il mondo aveva cominciato a girare al contrario?
«Lui non lo sa.» marcai particolarmente sul concetto, stupefatta oltre ogni dire. Doveva sembrarle inspiegabile il fatto che stessi cercando di farle cambiare idea, a giudicare dalla sua espressione. «È la prima festa a cui mi mandi da sola con quella marmocchia. Dovevi dirmelo prima, per prepararmi psicologicamente. Non posso farlo solo qualche ora prima! Devo armarmi per tenerla in gabbia!» Lo capiva o no che avevo bisogno di un sostegno morale se avessi incontrato Helios?
Lei mi guardò, incredula. «Ho sentito bene quello che hai detto?» domandò, con l'espressione che rispecchiava in pieno il suo stato d'animo. «Hai detto che... non vuoi? Ma... se finora, in tutte le feste non facevi altro che tenere il muso!» no, decisamente non capiva cosa stavo provando io. Come dovevo spiegarglielo? In che lingua? Perché nessuno veniva ad aiutarmi? Non potevo avere un'intossicazione alimentare?
«No, parlo sul serio. Dovrei occuparmi di Kousagi, e non sono sicura che la cosa mi vada a genio.» okay, forse uno dei motivi era anche quello. Tirare in ballo mia sorella poteva essere il mio biglietto vincente, forse avrei dovuto continuare su quella linea.
«Perché insisti tanto?» a quella domanda, esplosi, non seppi neanche perché, tutte quelle domande che avevo represso per una settimana tornarono come un vomito di parole. Questo non era mai un bene, soprattutto se di mezzo c'era... beh, lui.
«Come sarebbe a dire perché? Perché non mi avete detto niente della festa? Perché quelle due... che dovrebbero essere mie amiche stanno tramando insieme a te perché Helios partecipi alla festa? Vuoi saperne altri o ti bastano questi?» il risultato non era dei migliori, a giudicare dal tono con cui le avevo pronunciate, ma l'effetto era sicuramente quello desiderato; almeno così pensai (e sperai), parzialmente soddisfatta del mio sfogo. Capitava fin troppo spesso, negli ultimi tempi, forse avrei dovuto darmi una regolatina.
«Veramente,» vidi mia madre accigliarsi: brutto segno numero uno. «io ho soltanto proposto ai genitori di Kimiko di fare una festa assieme, dato che Kousagi me ne aveva parlato. Tutto qui.» terminò, mantenendo la solita espressione: brutto segno numero due. Avevo fatto la più grossa e colossale figuraccia davanti a mia madre, e adesso non sapevo cosa dire: brutto segno numero tre. «Aspetta un attimo, signorina:» credo che queste parole potessero definirsi il brutto segno numero quattro. «che c'entra Helios in questa storia?» okay, forse potevamo arrivare fino al cinque: mia madre non sapeva che Helios era (potenzialmente) nella lista degli invitati.
Mi morsi il labbro: fantastico! Soprattutto ora che gliel'avevo detto proprio io. Non le avevo mai detto dei sentimenti che provavo verso di lui, anche se ero certa che almeno lo immaginasse. «Ehm...» balbettai, non sapendo che pesci prendere.
«Comunque, tranquillizzati.» disse, calma. E mi stupii. «Non verrà.» a quanti brutti segni eravamo arrivati? Ho perso il conto. Questa poteva anche essere tranquillamente catalogata come seconda pugnalata alle spalle.
«Come fai ad esserne certa?» il mio tono era cambiato, anche se non ne avevo avuto alcuna intenzione. Possibile che i miei genitori l'avessero incontrato senza dirmi niente?
«È stato qui, circa un mese fa.» mi confessò, ma ci misi un po' per elaborare il tutto, in quel momento fui solo in grado di collegare un mese fa al mio compleanno. Ci misi qualche minuto a mettere insieme i pezzi e rimasi scioccata, tanto che non risposi neanche una parola. «Ci ha detto che aveva cose di cui occuparsi. Non penso proprio che abbia tempo per le feste di compleanno.» Cose di cui occuparsi? Cosa era tanto urgente da impedirgli di venirmi a dire “ciao”?
«Troppe cose per passare a farmi gli auguri?» domandai, intristita e delusa. Che razza di... Vidi mia madre aprire la bocca, cercando di intervenire, ma la interruppi, prima che potesse dirmi altro. Aveva già fatto abbastanza danni, a mio parere. «È meglio che cominci a prepararmi, scusami.» la spinsi letteralmente fuori dalla porta e mi chiusi dentro. Socchiusi gli occhi e mi appoggiai alla porta: come diamine avevano potuto farmi una cosa del genere?

«Kousagi, si può sapere che stai combinando?» domandai, circa un'ora dopo, ferma e impaziente fuori dalla stanza della mia sorellina-mostro. «Devono cucirtelo addosso il vestito?» perché ci doveva sempre mettere una vita a prepararsi? Era peggio di me.
«Smettila di dire scemenze!» sentii sbottare Kousagi da dentro, mentre la immaginavo a provarsi ogni capo dell'armadio e ad atteggiarsi a diva davanti allo specchio. Stavo per sfondare la porta e portarla fuori dalla stanza con la forza. «Sto solo cercando il vestito migliore! È la mia festa, dopotutto. La festeggiata dev'essere quella che va notata più degli altri.»
«Fidati,» bisbigliai, con ironia, sperando che non sentisse per non farle aprire una discussione o, peggio, farla gridare e correre dalla mamma. «È quasi impossibile non notarti.»
«Hai detto qualcosa?» domandò Kousagi, uscendo dalla stanza con un orribile vestitino celeste acceso che faceva a pugni, come nient'altro avevo visto nella mia vita, con il colore dei suoi capelli. Così certo che l'avrebbero notata! Sembrava un cartellone pubblicitario o qualcosa con scritto: “tirare pomodori qui” con una grossa X in modo da evidenziare bene il bersaglio.
«Il vestito a forma di albero di natale l'avevano finito?» chiesi, allora, squadrandola dalla testa ai piedi. Kousagi fece una smorfia offesa e mi squadrò a sua volta. Esisteva una sola parola per descriverla: irritante.
«E tu, allora? Cos'è la divisa estiva di una suora?» Sbuffai, però, dopo che lei si girò per uscire da palazzo, mi guardai il vestito, per assicurarmi che non avesse ragione. Era bianco, d'accordo, ma... appena capii cosa stavo facendo, mi bloccai. Insomma, mi facevo mettere in soggezione da una bambina di sette anni? Assurdo! «A proposito.» Kousagi si voltò di nuovo verso di me. Oggi era la giornata dei brutti segni? «Mamma ha detto che non mi vuoi tra i piedi.» Sorrisi, perché dubitavo seriamente che la mamma avesse usato quel linguaggio e che lo approvasse. Probabilmente, se fosse stata lì l'avrebbe ripresa. «Perciò sappi che le riferirò quanti drink berrai e quanti passi farai in quella sala.» perfida di natura. E c'è gente che dice che i bambini non sono cattivi!
«Lo faresti comunque.» le ricordai, però. Kousagi faceva di tutto per apparire migliore agli occhi dei nostri genitori. Pensavo che, probabilmente, era dovuto al fatto che a volte le riservavano meno attenzioni, troppo occupati a tormentare me con l'educazione per essere una perfetta regina. Le avrei ceduto volentieri il trono, se solo non fosse stata così dannatamente... infantile.
«Beh, muoviti.» le dissi, sbrigativa. Non avevo intenzione di aggiungere altro. «La festa non aspetta te, anche se sei la festeggiata.»
«Siamo addirittura in anticipo, contrariamente ad ogni previsione. Di solito tu ci metti sempre un secolo a prepararti!» mentre parlava cambiava tono, come se stesse per capire qualcosa che aveva sulla punta della lingua. «Perché tanta fretta? Chi c'è alla festa di tanto interessante?» perfida e anche furba come una volpe. Esisteva forse qualcosa di più diabolico?
«Le mie amiche!» mentii, suscitando un sorriso sornione di quell'incarnazione di malvagità, che conosceva bene le mie scarsi doti di attrice in ambito familiare. Insomma, davanti al mondo ero perfetta, con i miei e con lei ero un totale disastro. Ma che razza di logica era?
«Certo!» disse, come se ci avesse creduto davvero, e prima di continuare a parlare, aspettò qualche secondo, che passai a credere che ci fosse cascata veramente. Povera illusa. «Me lo presenti?»
«Che... che cosa?» provai diversi tipi di emozioni: per prima cosa mi sentivo come se mi avessero colta con le mani nel sacco, imbarazzata per via della domanda, e infastidita per via di chi mi aveva fatto proprio quella domanda; poi anche spiazzata. Pretendeva anche che glielo dicessi?
«Il ragazzo! Quello per cui la tua testa è tre quarti della giornata tra le nuvole invece che tra noi.» mi spiegò Kousagi, come se dovesse ricordarmi qualcosa. Si comportava come una maestrina.
«Non ho idea di che cosa tu stia parlando.» affermai e Kousagi mi sembrò sorpresa di quanto sembrassi convincente, almeno era quello che credevo: vai a capire che c'è nella testa di una bambina di sette anni con una mente come la sua.
«Vorrà dire che chiederò a Kimiko, quella ragazza sputa il rospo così facilmente che mi basterà accompagnarla a mangiare un dolce al tavolo dei dessert per sapere.» disse, con un tono casuale. Mi chiesi da quando i bambini di sette anni erano diventati così furbi da ordire un piano simile, o forse era solo mia sorella che era un genio del male, più precisamente del mio male. «Lo conoscerò alla festa, vero?»
Alzai gli occhi al cielo (quante volte l'avevo fatto durante la giornata? Non le contavo più): aveva deciso di bombardarmi di domande. La sua tattica preferita per farmi cedere. La mia pazienza, dopotutto, è sempre stata proverbiale. Infatti, improvvisamente, l'idea di raccontarle tutto non mi sembrò così cattiva. «Non lo so.» le dissi, preparandomi all'interrogatorio. «Mamma dice che non verrà.» Non mi sfuggì il ghigno trionfante di Kousagi.
«Se verrà, verrà per vedere te?» le si illuminarono gli occhi: le storie d'amore l'avevano da sempre affascinata. Quando faceva così mi faceva tenerezza, credo che fosse una delle poche volte, se non l'unica.
«Immagino di no.» risposi, di malumore. Mi dispiaceva un po' infrangere i suoi sogni e riportarla alla realtà. Ma, dopotutto, il mondo non è tutto rose e fiori.
«Perché no?» La sua strana felicità si sgonfiò, velocemente com'era arrivata. Era sbigottita, ma non aveva nessuna intenzione di rinunciare a farmi il terzo grado.
Mi sentii come intrappolata tra due fuochi, anche se non c'erano: non avevo neanche in tempo di pensare tra una domanda e l'altra! E poi cos'era tutta quell'improvvisa curiosità morbosa? Che gliene importava dei miei problemi? «Ha altro da fare.» le dissi, caustica.
«Che risposta è?» domandò, stupefatta, Kousagi. Probabilmente, in tutti i libri che aveva letto, o che le avevano letto, la principessa e il suo principe azzurro vivevano per sempre felici e contenti. Come spiegare ad una bambina che sogna l'eterno amore che, probabilmente, questo non arriverà mai e, se arriverà, con ogni probabilità le spezzerà il cuore? «Non dovrebbe lasciar perdere ogni altra cosa per te?» la domanda mi fece quasi sorridere per la sua ingenuità; e mi chiesi se Kousagi capisse di stare mettendo il dito nella piaga, anche se non la credevo malvagia fino a questo punto. I bambini sono pur sempre bambini.
«Kousagi,» dissi, allora, con una punta di nostalgia: era bello essere bambini, almeno lei aveva la fortuna di pensare che la vita fosse bellissima e felicissima! «le favole sono molto rare nel mondo reale.» ad un osservatore esterno sarebbe potuto sembrare che stessi parlando più con me stessa che con Kousagi. Lei rimase perplessa, e non fece più una sola domanda. Eppure non avevo mai creduto che mia sorella potesse perdere le sue speranze per questo. Le avevo davvero fatto capire che le favole non esistevano nel mondo reale?

«È questo che lei hai detto?» mi chiese, stupita, Hotaru, dopo che ero stata letteralmente costretta a raccontare per quale motivo avevo quella che secondo loro era una faccia da funerale. Mi avevano inchiodata ad un tavolino nel salone dove erano tutti gli invitati e non avevo potuto fare niente per evitare il secondo round dell'interrogatorio. «Hai praticamente ucciso i suoi sogni col principe azzurro!»
«Beh, almeno adesso lo sa.» sbuffai, con la testa appoggiata a una mano, mentre fissavo di qua e di là nella sala, in attesa di cosa, lo sapevo bene e lo sapevano anche loro due. «Sarebbe stato peggio scoprire da sola che la realtà fa schifo.» beh, era vero, no?
«Suvvia,» mi disse Kimiko, dandomi una pacca sulla spalla. «è un po' come la favola di Babbo Natale. I bambini ci credono perché è bella, e perché è fantastico pensare al vecchio grasso con la barba bianca e tanto buono che pensa ad esaudire i desideri di tutti i bambini. Le favole riescono bene solo perché ci sono i bambini che ci credono. Loro sono inconsapevoli e innocenti, è questo il bello di essere piccoli. Togli loro anche quello... cioè, fagli conoscere tutti gli altri aspetti poco piacevoli della vita, e addio all'infanzia!» da dove aveva tirato fuori tutta quella poesia?
«Che c'era nel tuo latte di mandorla?» domandò Hotaru, ancora stupefatta, ma adesso per due motivi. Kimiko non era mai stata una persona profonda, per quel che potevamo ricordare, doveva averlo notato anche lei. «Che hai fatto a Kimiko? Dove l'hai messa?»
Kimiko la fissò, incuriosita e confusa. «Di che stai parlando? Sei impazzita?» chiese, con preoccupazione.
«Figuriamoci.» disse, poi, scuotendo la testa. «È sempre lei con qualche sprazzo di normalità.» queste erano le mie amiche!
Mi sforzai di sorridere (troppo impegnata a preoccuparmi per qualcuno che non sapevo neanche se ci fosse o no), capendo che quel siparietto era solo per farmi ridere un po'. Ma che volevano? Il casino l'avevano combinato loro, io non avevo chiesto niente! «Credete che mi passerà?»
«No.» rispose Kimiko, prima di poterci pensare, evidentemente capendo subito a cosa mi riferivo. Si guadagnò un'occhiataccia sia da me che da Hotaru: insomma, possibile che non capisse che volevo sentirmi dire ben altro? Hotaru la guardò come se volesse incenerirla sul posto e le fece segno di cucirsi la bocca. Sorrisi amaramente, in fondo era per questo che le adoravo.
«Grazie della sincerità.» dissi, sbuffando, per niente soddisfatta, ma non volevo farla sentire in colpa.
«Kimiko,» disse Hotaru prendendola per un gomito e facendola alzare dalla sedia. «quello sembra voler ballare con te, perché non gli dai una chance?» quale? Io non avevo visto proprio nessuno...
«Oh, davvero?» si girò verso un ragazzo che più che fissare lei, fissava il vuoto, ma ormai la bomba era stata sganciata. Kimiko non si sarebbe mai fermata, dopo aver sentito nominare la parola “ragazzo”. «Beh, in tal caso, ci vediamo tra poco.» si allontanò: beh, non l'avremmo vista per un pezzo, in realtà.
«Buona fortuna.» dissi, mentre ancora era visibile.
«Per il ragazzo?» chiese Hotaru, fuori dalla portata dell'orecchio della nostra amica.
«Beh, ne avrà bisogno, no?» domandai, decidendo di non pensare troppo ad altro. «Quando comincia a parlare non la smette più.» e, per di più, stava per cominciare l'operazione “Appiccicati alla Colonna”, sapevamo di doverci preoccupare solo se non fosse andata in porto.
Poco dopo, cercai disperatamente un modo per distrarmi dalla delusione (ero consapevole di aver pregato tutto il tempo che non ci fosse, ma si sa com'è) di non averlo visto. Probabilmente, aveva ragione la mamma: non era potuto venire. Mi sentii le guance in fiamme, doveva essere la rabbia; insomma! Non gliel'avrei mai perdonata! Poteva anche venire a salutarmi il giorno del mio compleanno, se non perché teneva a me, almeno perché sono la principessa, mi sbaglio? Evidentemente, sì.
«Vado a prendere un drink,» dissi, memore delle minacce di Kousagi, ma a quanto pareva, era troppo impegnata a parlare con la sua migliore amica Miyako. Lei non era assolutamente come Kousagi, insomma... lei e Kimiko avevano un rapporto umano! Io e Kousagi eravamo due belve feroci, in confronto. Anzi, diciamo pure in confronto a qualsiasi famiglia “normale”. «ne vuoi uno anche tu?» chiesi alla mia amica.
Hotaru annuì, guardandomi con preoccupazione. Ma che avevano tutti, quella sera? Sembrava quasi che mi stessero sorvegliando! «Sei sicura di stare bene?» mi domandò, infatti. Avrei voluto risponderle che, dopo dieci anni, una serata in più senza vederlo non mi avrebbe uccisa, ma non volevo offenderla, in fondo era in pensiero per me.
«Non prenderò alcolici.» le dissi allora, con tono scherzoso. «lo prometto.» lei rise e annuì, e si voltò a cercare con lo sguardo qualcuno che potesse ballare con lei. Beh, beata lei che le andava bene chiunque! Avrei passato l'ennesima festa a fare da tappezzeria perché, come una stupida, aspettavo che fosse il mio principe azzurro a concedermi il primo ballo della festa. Un primo ballo che ormai ero certa che non sarebbe mai arrivato. Chissà perché le persone desiderano sempre ciò che, più del resto, non possono avere. È assurdo.
Presi un bicchiere con un succo di frutta e lo mostrai a Kousagi, dall'altra parte della sala. Lei mi fece la linguaccia, ma poi ghignò. Brutto segno (a quanti eravamo?). Come previsto, proprio mentre sventolavo molto elegantemente il mio drink, passò qualcuno e glielo versai quasi tutto addosso. Okay, potevo dire che la mia figuraccia fosse totale. Una principessa non dovrebbe concedersi certe gaffe. Come avrei giustificato il fatto che sventolassi un drink per aria? Naturalmente, non ce ne fu bisogno, perché si può sempre peggiorare, e solo peggiorare. Se prima mi ero preoccupata della giustificazione, quando avevo inquadrato il povero sfortunato che era passato sotto al mio drink, lo avevo visualizzato bene nel mio cervello ancora in stato catatonico, mi rimasero funzionanti solo i muscoli involontari.
«Mi dispiace.» riuscii a balbettare, in qualche modo. Non so neanche se lui lo capì, fatto sta che si girò a guardarmi, e per poco non collassò anche il mio cuore. Era uno scherzo? Un brutto sogno? Beh, in qualunque caso volevo che finisse: non era divertente. Lo vidi aggrottare le sopracciglia, come se cogliesse qualcosa di strano in me. Pensavo di avere il vestito macchiato di succo di frutta, ma non mi arrischiai a guardare, anche perché non riuscivo a muovere un muscolo.
«ChibiUsa?» domandò. Sembrava stupefatto. Accidenti: avevo un aspetto così orribile? Okay, forse in confronto a lui, che sembrava tipo una statua scolpita da chissà che genio greco dovevo sembrare piuttosto patetica, ma mi contenni. Tremai, però, al nome con cui mi chiamò: a nessuno avrei permesso di chiamarmi così, tranne che a lui, tuttavia mi diede fastidio lo stesso. Annuii, non potendo fare affidamento sulle mie parole, chissà che avrei potuto dire in un momento simile, quando il mio cervello aveva l'interruttore posizionato su “off”. Non abbandonò quell'espressione... adorabile, e io mi sentii mancare. «Non... non ci posso credere.» Nemmeno io, questo era il problema.
«Non...» cercai di dire. Presi un respiro profondo: di certo non potevo fare una figura del genere davanti a Helios, non me lo sarei mai perdonato! Dovevo diventare una regina, dovevo essere pronta per ogni evenienza. Sfoderai il mio sorriso più falso, probabilmente, e cercai di calmarmi. «Non mi aspettavo di trovarti qui. Che sorpresa!» che attrice magnifica! Mi sarei fatta i complimenti da sola se non avessi passato dieci minuti nel mutismo più assoluto.
«Io, invece, non mi aspettavo di trovarti già così...» aspettò un po', e io temevo che stesse scegliendo la parola che mi avrebbe offesa di meno. «...cresciuta.» Cavolo. Questa non me la sarei mai aspettata.
«Beh...» decisi che era ora di mandargli qualche segnale su come ero rimasta male del fatto che non era neanche passato a trovarmi, nonostante le sue visite (beh, ne aveva fatta una, era lecito supporre che ce ne fossero state altre). Sì! Finalmente riuscivo a comportarmi come una persona normale, anche se balbettavo ancora un po'. «è passato un bel po' di tempo da quando ci siamo visti. Ho compiuto diciassette anni il mese scorso.»
Sembrò ancora più sorpreso. Ma che credeva? Che fossi ancora una poppante come quel mostro di Kousagi? «Non credevo che fosse passato così tanto tempo.» confessò, e feci il grosso errore di guardarlo negli occhi. Dovetti ricorrere a tutto il mio autocontrollo per non crollare in terra. Le mie ginocchia avevano deciso di fare sciopero. Quello su cui conti di più ti abbandona sempre nel momento del bisogno: questa era la prova. L'ennesima, potrei dire. Prima che qualcuno dei due potesse aggiungere alcunché, una ragazzina si comportò come se io non ci fossi, cominciando una discussione con il mio quasi principe azzurro. Dovevo ricordarmi di farmi di chiedere a Kimiko per la prossima festa una lista di invitati più ristretta. Odiavo le interruzioni. Non mi mossi di un millimetro, mentre guardavo con fastidio la gentilezza con cui Helios parlava a quella bambina.
Distolsi lo sguardo, non l'avrei sopportato oltre e guardai verso il tavolo, dove c'era una di quelle due traditrici. Mi dovevo ricordare di fare loro un discorsetto, ma prima dovevo finire di parlare con Helios. Cosa poteva averlo tenuto impegnato così tanto da non accorgersi che sono passati dieci anni da quando non ci vediamo? Anzi, per lui avrebbero dovuto essere un paio in più, per quel che potevo ricordare.
Hotaru ci guardava con gli occhi sgranati: mi concentrai su di lei, così avrei potuto leggerle le labbra. Può sembrare strano, ma anche questo fa parte della mia educazione, come se tutti gli impostori si mettessero a organizzare il piano per rapirmi o distruggere la Terra davanti ai miei occhi bisbigliando! La consideravo una cavolata, però in certi momenti mi era utile. Tutto quello che riuscii a capire fu:
«Cavoli!» esclamò Hotaru fissandoci entrambi. «Fortuna che non aveva niente da dirgli!» sentitela!
«A quanto pare ha trovato qualcosa di convincente.» notò Kimiko, appena comparsa al suo fianco. Sembrava paralizzata ad osservare la scena, cercando di intercettare qualche segnale noto solo a lei. «Secondo te, di che parlano?» lo vedevano che non stavamo parlando?
«Per saperlo dovremmo avvicinarci, ma Usagi ha l'occhio lungo per queste cose.» le fece notare Hotaru, sospirando. «Anzi, solo per queste cose! Di solito non si accorge di niente!» mi sarei dovuta ricordare di ringraziarle del complimento.
«Finché non riguarda lui, no.» concordò Kimiko. «Il piano funziona alla grande, Hotaru! Quanto scommettiamo che si baciano?» ma che razza di persona credeva che fossi, quella disgraziata?
Ma ormai sembrava che Hotaru non l'ascoltasse più, persa tra chissà quali fantasticherie. Probabilmente sognava il finale da favola come Kousagi. Mi voltai di nuovo verso Helios, che ora stava di nuovo fissando me. Mi sentii le guance in fiamme, ed estremamente ridicola. «Dicevamo?» chiesi, tanto per cominciare una conversazione costruttiva per arrivare, poi, dove mi interessava, anche se dubitavo di poter dirigere una discussione se continuava a distrarmi con la sua immagine. Mi sorrise e io stavo quasi per vomitare (ma non per il disgusto, sia chiaro), ma ricambiai. «Mi vuoi dire perché mi guardi come se fossi un fenomeno da baraccone?» Cristo, l'avevo davvero detto ad alta voce?
Adesso sembrava in imbarazzo. Altro che principessa ereditaria, io ero un impiastro vivente! «Scusami, non era mia intenzione.» si affrettò a spiegarmi. «È solo che è molto strano. Quando ci sono dei problemi, noi due ci incontriamo sempre.»
Problemi? Che genere di problema c'era che non fossi io? «Non credo di sapere di cosa tu stia parlando.» ammisi, accantonando per un attimo ogni altro tipo di pensiero. Qualcosa non andava? Perché io non ne sapevo niente?
«Sono qui per una specie di missione.» mi spiegò, ora più tranquillo. «Niente di cui preoccuparsi.» lo odiavo quando faceva così! Perché diamine c'era in tutti quanti l'innato istinto di proteggermi da qualsiasi cosa che avrebbe potuto sconvolgere la mia già fragile psiche? Ecco. Probabilmente mi ero risposta da sola. Non mi diede il tempo di ribattere, anche se avrei tanto voluto, perché il tocco della sua mano mi fece paralizzare la lingua. Se era questo il suo intento, c'era riuscito benissimo. Mi prese la mano destra e se la portò alle labbra. Il gesto mi lasciò sconvolta: forse lui non aveva notato che era la stessa mano che aveva preso dieci anni fa. Sì, lo so, sono un po'... paranoica? Beh, non lo so, so solo che fu l'unica cosa che notai, prima che dicesse: «Ci rivedremo presto, piccola mia.»
Rimasi imbambolata. Fui solamente capace di guardarlo dileguarsi tra tutti gli invitati finché non scomparve dalla mia vista. Solo lui mi chiamava in quel modo. C'era solo una parola per descrivermi: imbecille.

Quando tornai dalle mie amiche, fu il terzo round dell'interrogatorio cominciato a casa con Kousagi. Detestavo le domande, e non solo perché mi ricordavano le interrogazioni di scuola; sembrava che tutti volessero conoscere particolari della mia vita di cui non volevo mettere a parte nessuno, perché dovevano scrivere un articolo su un giornale scandalistico. Mi sentivo in trappola. Mi venne di nuovo la tentazione di gridare, tanto che non capivo neanche le domande che mi ponevano Hotaru e Kimiko, che sembrava aver fatto un “mordi e fuggi” col ragazzo-con-lo-sguardo-perso-nel-vuoto.
«Beh?» mi chiese Hotaru, mentre mi massaggiavo le tempie. «Non dici niente, perché...» aspettò che fossi io a completare la frase, e lo feci, con un tono funereo di cui mi stupii perfino io stessa.
«Perché non c'è molto da dire.» risposi. «A parte il fatto che è qui perché deve cercare qualcosa di cui non mi ha parlato perché tutti mi devono tenere nascoste cose che potrebbero turbarmi.» lo dissi talmente in fretta che dubitai che tutte e due fossero riuscite a seguirmi fino alla fine della frase.
«Non è andata bene, eh?» disse Kimiko. Per tirare le conclusioni, era una vera forza. Però non potevo dire che fosse andata come nella peggiore delle mie aspettative: anche se non ci eravamo ritrovati come due innamorati pazzi che si rivedevano dopo tanto tempo, in fondo poteva anche non ricordarsi di me, no?
«Aspetta.» Hotaru interruppe la nostra discussione sui problemi di cuore, di cui erano per l'ottanta percento miei, guardandomi con aria strana. Sapeva qualcosa. La mia Hotaru! Quanto la adoravo su una scala da uno a dieci? «Era qui perché ci sono problemi, è così?» Almeno dodici, assolutamente.
«Sputa il rospo.» ordinai, in un tono che non ammetteva repliche. La mia fonte di informazioni illecite!
«Beh, non lo so se è una cosa da dire in giro, però...» cominciò, incerta. Non avevo intenzione di farle terminare il discorso a metà. Scosse la testa, e per un attimo ebbi il timore che ci avesse ripensato. «Insomma.» disse, poi. «Sailor Uranus e Sailor Neptuno, come tu ben sai, non sono a palazzo.» mi rammentò. Fino a questo punto c'ero, rimaneva da capire cosa ci fosse di strano. «Non sono a palazzo perché sono su Plutone.» annuii, aspettando che quel pozzo di scienza della mia amica snocciolasse le sue conoscenze, che sembravano essere più delle mie, piena di ansia. «Si vocifera che qualcuno sia evaso dalle prigioni.»
Okay, adesso ero davvero scioccata. «Non è possibile.» dichiarai, senza pensarci. Però, insomma! Plutone era la prigione più sicura del sistema solare! Nessuno era mai evaso da lì. Per di più lì c'erano i cattivi più cattivi che fossero mai stati catturati dalle guerriere Sailor e la sicurezza non era qualcosa su cui si poteva scherzare. Nessuno era mai evaso da quelle prigioni. Tuttavia, qualcosa nell'espressione di Hotaru mi disse che non stava scherzando. «Andiamo!» le dissi, sicura di quel che dicevo. «I miei non mi avrebbero tenuto all'oscuro di una cosa simile!» Ma, appena ci pensai seriamente, mi accorsi i miei genitori, negli ultimi tempi erano stati un po' troppo taciturni. Ad un certo punto, ebbi l'illuminazione: ecco perché mamma e papà erano rimasti a palazzo e non erano venuti a divertirsi qui. Altro che febbre!
«È per questo che Sailor Pluto non si trova a Crystal City?» domandai, dimenticandomi momentaneamente ciò che avevo appena scoperto. Ma Hotaru scosse la testa.
«Credo di no.» disse, avvicinandosi a me per parlare più piano. «Credo che sia alle Porte del Tempo. Ha l'ordine di non lasciar passare nessuno.» me ne chiesi il motivo: i prigionieri non passavano dalle Porte del Tempo.
«Come mai?» Kimiko tentò di introdursi nella discussione, ma lei di Sailor non ci aveva mai capito niente. Tutto ciò che sapeva era che esistevano, punto, e forse era meglio così.
«Non è possibile!» dissi nuovamente, con più convinzione di quanta ne avessi. «Lì ci sono i malvagi che le Sailor non sono riusciti a sconfiggere, ma sono sigillati.»
«I sigilli si spezzano!» protestò Kimiko, come se fosse la cosa più ovvia del mondo. Evidentemente, non aveva idea di quanto quei sigilli fossero forti e impossibili da spezzare. Beh, forse non proprio impossibili, a questo punto.
«Non è così semplice.» le rispose, infatti, Hotaru. «Tutte le guerriere Sailor dell'universo vengono convocate per questi sigilli. Non sono tanto facili da sciogliere.» quindi, com'era evaso, e soprattutto... chi era evaso?
«E allora com'è che c'è stata un'evasione?» chiese Kimiko. Una domanda legittima, effettivamente, dato che tutti i fatti riportavano che i sigilli non erano abbastanza potenti.
«E io che ne so!» protestò Hotaru. «Dev'essere qualcosa di estremamente pericoloso, ma pare che la sua aura sia ancora circoscritta all'area di Plutone, per questo Sailor Uranus e Sailor Neptuno sono andate laggiù.»
«I miei genitori non me l'hanno detto!» protestai, ricollegando tutto ciò che avevo pensato fino a quel momento. Come avevano potuto?
«Che cosa non ti avrebbero detto, UsaUsa?» domandò la vocina di Kousagi. Mi girai, irritata, odiavo quel soprannome, accidenti! Mi voltai per vederla accompagnata da Helios e da Miyako, la sorellina di Kimiko, sempre taciturna e malata.
Arrossii. «Smettila di chiamarmi UsaUsa, lo sai che non mi piace.» suonava così ridicolo che mi vergognai da impazzire quando Kousagi l'aveva pronunciato di fronte a Helios. Lei si limitò a sbuffare e alzare gli occhi al cielo. Detestavo quando faceva così, forse perché mi somigliava troppo.
«Non importa,» disse, poi, rivolgendosi a me e alle mie amiche. «Lui è Helios, il Custode dei Sogni, ragazze.» mi chiesi se mi prendeva per idiota, ma poi mi ricordai che lei non aveva mai saputo che io ed Helios ci conoscevamo già.
«Lo conosciamo già, Chibi.» le dissi, evitando di incontrarne lo sguardo, senza dimenticarmi di usare il soprannome che le avevo affibbiato. Kousagi mi guardò sorpresa, come se si aspettasse tutto tranne che io già conoscessi il suo accompagnatore. «Ma perché siete qui, tutti e tre?» adesso era quella la cosa che mi premeva sapere di più. Cosa c'entravano Kousagi e Miyako con Helios?
«Chiaramente, perché dobbiamo tornare a casa. Lui ha qualcosa da dire a mamma e papà.» spiegò Kousagi, indicando il Custode dei Sogni.
Aggrottai la fronte, confusa. «Che significa?» chiesi, questa volta guardando Helios direttamente negli occhi, ma non vi trovai niente che potesse darmi risposte.

Angolo delle anticipazioni:

Capitolo 4 – Ritorno al passato:
Ero confusa. Non capivo che stava succedendo. Avevo lasciato la mamma oltre quella porta, e non sapevo se avrei potuto rivederla. Scoppiai a piangere e mi strinsi a mia sorella, senza pensare troppo a quel che facevo. Non volevo andarmene, volevo restare con mamma e papà.
«Anche io.» mi rispose mia sorella, come se mi leggesse nel pensiero. Probabilmente era quello che pensava anche lei. Potevo vedere i suoi occhi luccicare per le lacrime.
«UsaUsa,» domandai, le mi fissò col sorriso più falso anche per i suoi standard di pessima attrice. «torneremo da mamma e papà, vero?» lei però non mi rispose. Dopodiché vedemmo una strana luce e io mi sentì trascinare verso di essa; poi mi sentì afferrare: mia sorella. Ma che stava succedendo?

Angolo autrice:

Ehilà! Sono sorprendentemente riuscita ad aggiornare con un ritardo mostruoso che neanche pensavo di fare. Scusatemi tanto! Non riuscivo a scrivere il capitolo perché tutte le volte c'era qualcosa che non andava, alla fine mi sono arrabbiata e ho mollato tutto finché quella santa ragazza della mia migliore amica non mi ha dato l'illuminazione, non smetterò mai di ringraziarla. Menomale che ho una Musa ispiratrice, altrimenti addio!

Adesso è l'ora di rispondere alle recensioni, prima che mi dimentichi e mi passi l'ispirazione anche per questo:

semplicementeme: grazie mille per continuare a seguire la storia. Sinceramente, non mi sono resa conto di aver dato questa impressione. Pedona la mia ignoranza in materia (non mi picchiare virtualmente), ma Kunzite sarebbe Lord Kaspar italiano? Comunque sia, il prologo è ambientato nel periodo del Silver Millennium, durante il regno di Queen Serenity, diciamo che nella storia passato, presente e futuro si fondono un po'. Che bello! Hai un fratello! Ti invidio da impazzire, ne ho sempre desiderato uno (fratello o sorella, l'importante è avere qualcuno con cui litigare per il territorio e scompisciarsi dalle risate.)! Adesso passiamo alla storia degli aggiornamenti. No, non ho un periodo preciso anche perché la mia vena scrittrice viene e va. La cosa mi preoccupa...
luisina: grazie anche a te per continuare a seguire i miei aggiornamenti sporadici! Non preoccuparti, di Kimiko scopriremo molto di più un po' più avanti. Per ora è un personaggio piuttosto marginale.
luciadom: figurati, guarda io che ritardo che ho fatto! Avete tutti dei fratelli? Me ne prestate uno?

Passiamo ai ringraziamenti per coloro che ce l'hanno nei preferiti:
fasana
giufalab
I love sasunaru
Laurelin
luciadom
Usagi_84

Appuntamento alla prossima,
Ojousama.

  
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