Qualche giorno dopo… nel tardo pomeriggio.
“Ehm… è permesso?”. Il grazioso visino di Noriko fece capolino nella palestra. Ad un saluto di Tange accompagnato da un sorriso, la fanciulla entrò, portando con sé una sporta di paglia che appoggiò con garbo sul tavolo, traendone fuori un paio di completi sportivi di differenti taglie, oltre che una vestaglia da ring in
satin azzurro. Bella ragazza, pensò Danpei. E pure dolce e gentile… magari quel benedetto figliolo si fosse deciso una buona volta ad invitarla ad uscire, per fare pure lui la vita come tutti i giovani della sua età! Eppure Joe sembrava fare orecchie da mercante, al riguardo. Sempreché… sempreché non ci fosse di mezzo una
certa signorina… dei quartieri alti, però… Il chiacchiericcio allegro di Noriko lo distolse dalle sue fantasticherie.
“Ecco qui, Tange-san, le due tute che ha ordinato al nostro emporio: ce le hanno consegnate oggi. E questa…” disse, dispiegando bene, per tutta la sua lunghezza, la bella vestaglia azzurra “questa invece è un mio regalo personale per Joe… ho ricamato il suo nome sulla schiena: spero che gli piaccia…”
“È bellissima, Nori grazie. Se non gli piacesse, sarebbe uno stupido. Grazie ancora, cara.” disse Tange, un po’ commosso, accarezzando il
satin, chiamandola con il nomignolo affettuoso in uso nel quartiere.
“Non c’è di che. Ne sto ricamando un’altra, pure per Nishi, anch’essa azzurra. Non è stato facile trovarne una della sua taglia, per questo non è ancora pronta ed ho ritardato a ricamarla. L’ho spiegato oggi a Nishi, giù al negozio, per evitare che si offenda…”
Tange sorrise: era tipico di Noriko essere gentile e garbata con tutti e non trascurare mai nessuno nelle sue piccole attenzioni. Nonostante si sforzasse di trattare Joe e Nishi allo stesso modo, però, non vi erano dubbi sulla sua predilezione per il primo. Anche se, a voler chiamare le cose con il loro nome, non era solo predilezione quella che la ragazza provava per Joe… L’oggetto dei pensieri di Noriko fece infine il suo ingresso, accompagnato da Saki & Co.: dopo le ore di allenamento di routine, il ragazzo aveva finalmente accontentato i suoi piccoli amici, portandoli a giocare al
pachinko******** in una sala giochi non troppo lontana dal quartiere. I bambini riempirono la palestra di risate e di scoppi di voci, mostrando a Danpei ed a Noriko i giocattoli vinti da Joe.
“Io ho la macchinina più bella!”
“Zitto, Kinoko! Io ho qui la volante della polizia! Ha pure la sirena!!!” urlò Chūkichi, eccitatissimo, facendo correre la sua rumorosa macchinina sul pavimento del ring.
“Ma cosa dite? Vogliamo parlare del mio guantone da baseball? Neppure Yoshio Yoshida********* ne ha uno così!!!” chiocciò Tonkichi, tirando su con il naso, essendo perennemente raffreddato.
“E finitela di fare tutto ‘sto casino! O zio Joe non ci porterà più in giro!” brontolò Taro, che, dall’alto dei suoi tredici anni, si atteggiava ormai a fratello maggiore, sgridando spesso i più piccoli.
Joe sorrise a Noriko, facendola arrossire, suo solito. Aveva passato un’oretta in allegria con quelle piccole pesti, rilassandosi in vista del
match del giorno dopo, che si sarebbe tenuto contro Harajima. Un po’ di tempo in compagnia dei bambini gli aveva consentito di sgombrare la mente e di affrontare l’incontro più in serenità. Finalmente i cinque monelli uscirono fuori per giocare sul prato con i loro nuovi giocattoli, e gli adulti poterono tirare un attimo il fiato, oltre che dare sollievo ai loro poveri timpani.
“Ehi Joe, guarda un po’ qui, cosa ha fatto per te Noriko” annunciò Tange, sollevando un poco la vestaglia e mostrandogli la scritta sulla schiena “Ha ricamato lei stessa il tuo nome e quello della nostra palestra. Visto che bella?”. Joe accarezzò la stoffa, allargando la vestaglia per esaminarla meglio. Il ricamo era stato eseguito a regola d’arte, con caratteri occidentali molto eleganti.
Il ragazzo era senza parole. Deglutì, un po’ imbarazzato, riuscendo finalmente a dire qualcosa: “L’hai fatto per me? Non so che dire… grazie, Nori. È stupenda questa vestaglia.” La ripiegò con garbo, posandola sul tavolo. Noriko divenne di tutti i colori dell’arcobaleno, dato che Joe, un po’ sovrappensiero, non smetteva di fissarla.
Tange colse la palla al balzo: “Perché non la riaccompagni a casa? Si sta facendo tardi e questo non è un quartiere raccomandabile… già che ci sei vedi di stanare Nishi, che sta lavorando un po’ troppo ultimamente. Deve pure allenarsi, o prevedo dei pessimi risultati per i suoi prossimi incontri!” brontolò Tange, cominciando a preparare la cena.
“Mi spiace Tange-san… per Nishi, intendo. Mio padre gli sta facendo fare molti straordinari… ormai non riesce più a fare a meno di lui!” sorrise Noriko, felice all’aspettativa di essere riaccompagnata a casa da Joe e di poter stare da sola con lui per qualche minuto.
“Ok. Andiamo, Nori.”
Fuori dalla palestra, non v’era più traccia dei bambini: come un piccolo stormo di passerotti, essi si erano volatilizzati, tornando ciascuno di loro alle proprie case, essendo ormai quasi ora di cena. I due giovani poterono quindi incamminarsi in assoluta tranquillità. Per qualche minuto, camminarono fianco a fianco in perfetto silenzio. Poi, timidamente, Noriko infilò la sua mano, prendendo a braccetto Joe. Questi si voltò leggermente, guardando la ragazza, cosa che fece divenire questa di bragia per l’ennesima volta. Riprendendo a camminare a passo tranquillo, i due raggiunsero il parco giochi Tamahime Koen, a quell’ora completamente deserto.
“Joe…” mormorò Noriko, un po’ incerta.
“Hmm…?”
“Ecco… so già che ti sembrerò sfacciata… ma…” balbettò.
“Cosa c’è, Nori?” sussurrò Joe, con dolcezza, avvicinandosi a lei, cosa che le fece balzare il cuore in gola. “Dimmi: cosa c’è…”
“Io volevo chiederti s-se posso sperarci…” farfugliò la ragazza, ormai del colore dei papaveri, con voce quasi inudibile.
Joe batté le palpebre, un po’ perplesso. Tuttavia, era da qualche giorno che Joe si stava sforzando di pensare un po’ anche a Noriko, cercando di scacciare dalla mente il pensiero di Yoko. Doveva a tutti i costi smettere di fantasticare su una donna tanto inaccessibile per lui, così ricca e potente, e dedicare le sue attenzioni, piuttosto, ad una ragazza semplice e carina come Nori, abituata a vivere in un quartiere modesto. Una ragazza che circolava a piedi o al massimo in bicicletta, indossando un paio di jeans e senza nessun filo di perle.
Un dannato filo di perle che si intonava alla perfezione ad una certa carnagione, luminosa e candida come la neve…
Maledizione.
Più cercava di non vedere davanti a sé il bellissimo volto di Yoko, e più l’illusione continuava a prender vita…quasi sognando ad occhi aperti! Così, soprattutto per smettere di fantasticare, Joe, senza pensarci due volte, racchiuse tra le mani il viso di Noriko e si chinò a sfiorarle le labbra. A Noriko parve di librarsi in volo… chiuse gli occhi e gli si rannicchiò sul petto, per meglio gustare la sensazione meravigliosa del sapore delle labbra di Joe… non aveva mai osato immaginarsele così morbide e dolci… Il bacio però durò solo per pochi secondi: Nori dovette ridiscendere subito sulla terra, per il pesante tonfo che si udì, a poca distanza tra loro, cosa che li fece sussultare entrambi, facendoli staccare l’uno dall’altra, con fare imbarazzato.
“Scusate se vi ho interrotto.”
Con voce atona, Nishi tirò su la bicicletta, che gli era scivolata dalle mani, sconvolto alla vista del suo migliore amico che stava baciando la ragazza dei suoi sogni.
“Nishi… cosa… cosa ci fai qui?” riuscì ad articolare Noriko, non senza fatica.
“Nulla di che. Ho staccato dal lavoro ed ho tagliato per il parco per far prima. Non pensavo di incontrare nessuno… né volevo
disturbare.” concluse, con malcelato sarcasmo.
“Stavo riaccompagnando Nori a casa. Tange ti sta aspettando per gli allenamenti. Io ritorno subito.”
“Oh, non ti preoccupare, Joe. Fai pure
con comodo.”
Al che Nishi, stringendo le labbra per non piangere, inforcò la bici per sparire via da lì il prima possibile.
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SPIGOLATURE DELL’AUTRICE:
Il personaggio di Hiro Nakamura è di mio esclusivo appannaggio: non esiste nella storia originale. Del resto, ho spiegato come avviso nel prologo che la fan fiction rispetta la storia originale, soprattutto per quanto concerne la carriera pugilistica di Joe (incontri e sfidanti), ma che contiene pure delle "novità" sulla vita personale di alcuni personaggi, Joe per primo. Infatti, io ho ideato per lui una serie di accadimenti sul piano privato (cfr. "what if?" negli avvisi), per meglio svilupparlo come persona oltre che come pugile.
*Yubitsume: ovvero l’amputazione delle dita. Gli appartenenti alle “famiglie” (chiamate ikka) della Yakuza si autoinfliggono l’amputazione delle dita (di solito partono dall’ultima falange del dito mignolo: ogni infrazione, un’amputazione… che allegria, eh!) quando devono farsi perdonare un ordine mal eseguito. In questo modo, saldano il loro “debito d’onore” con i boss e non vengono scacciati dai clan. Le origini di questa pratica, oggi interamente simbolica, risalgono all’epoca samurai: quando una katana, cioè la spada del samurai più lunga delle due che porta su di sé, è impugnata correttamente, il mignolo è il dito più forte, l’anulare è il secondo dito più forte, il medio il terzo dito più forte e l’indice non conta quasi nulla. Lo yubitsume comporta un indebolimento della mano e quindi della capacità di impugnare correttamente la spada, ponendo lo spadaccino come più debole e quindi dipendente dal suo padrone per la sua protezione.
**La Yakuza è piramidale e fortemente gerarchica. A capo dell’organizzazione troviamo il kumi-chō (“capo famiglia”). Sotto di lui vi sono: il saiko-komon, ovvero un consigliere anziano che gestisce un gruppo di avvocati, consulenti, commercialisti, segretari e contabili; il waka-gashira, che vigila sull’esecuzione degli ordini del kumi-chō; lo shatei-gashira, che coordina i diversi capi regionali. Ad ognuna di queste figure corrispondono svariati gruppi e sottogruppi di sottoposti, i kyodai (“figli”), suddivisi in dozzine di sottofamiglie.
***So che può sembrare strano, ma gli yakuza non si vergognano affatto ad esporsi: essendo praticamente intessuti nella società giapponese, sono soliti approcciarsi in modo molto educato e cortese, proprio come le persone “normali”… mostrando con orgoglio i loro biglietti da visita, con ivi esplicata la loro appartenenza alla “famiglia”!
****il nome Kei in giapponese vuol dire “benedetto”: mi è piaciuto e l’ho scelto per questa ff. È sia maschile che femminile.
*****Geiko è un sinonimo di geisha.
******Yabuki in giapponese vuol dire “piedi piccoli”: ho dedotto che in orfanotrofio glielo avessero attribuito per una caratteristica fisica di Joe bambino. Un po’ come accade nei nostri orfanotrofi, con cognomi augurali del tipo di “Diotallevi”.
******* Il termine sokaiya (“esperto di meeting”) indica una particolare categoria di ricattatori professionisti. Il loro modus operandi consiste nell’acquistare delle azioni di una società, in modo da poter presenziare alle assemblee con i soci azionisti. Nel frattempo, oltre che acquistare le azioni, i sokaiya si avvalgono di investigatori privati per raccogliere informazioni dannose sulla società: status finanziario, pratiche irregolari di gestione dell’azienda, scandali privati (...pure a luci rosse...), prove di evasione fiscale, mobbing in danno ai lavoratori, violazione di leggi sulla sicurezza e sull’inquinamento. Poi contattano l'imprenditore e lo minacciano di rivelare le informazioni acquisite. Questa forma di estorsione fa fruttare fior di quattrini alla Yakuza. Per camuffare i pagamenti ai sokiya, le imprese organizzano falsi eventi-specchietto, come feste di beneficienza, concorsi di bellezza, o tornei sportivi.
********Il pachinko è il gioco d’azzardo più popolare fra i giapponesi ed i rumorosi locali (assordanti, anzi!) in cui si pratica sono quasi sempre affollatissimi proprio perché è un gioco che in Giappone non passa mai di moda. Le macchinette del pachinko si presentano di aspetto simile al nostro flipper, posizionato più in verticale, ma con un funzionamento molto diverso. Per giocare si acquistano in cassa delle piccole palline metalliche: inserendole, si deve lanciarle attraverso una specie di leva a molla per mandarle in punti precisi: se viene colpito il punto giusto, si accumula il punteggio, ed il giocatore potrà vincere altre palline che avrà modo di rigiocare oppure di permutare in denaro, in giocattoli, in piccoli elettrodomestici ed in articoli da regalo
*********Yoshio Yoshida, nato a Kyoto nel 1933 e tuttora in vita, è stato, in assoluto, il campione di baseball più famoso ed amato in Giappone.
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Se vi interessa approfondire l’argomento sulla Yakuza, vi lascio questo interessante link, da me consultato e studiato ad hoc: clicca
Come già avvisato nei precedenti capitoli, le note bibliografiche saranno compiutamente indicate pedissequamente ai credits in un link apposito, alla fine della fan fiction.
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Sì, lo so: avevo promesso l’angolo del boxeur per questo capitolo… solo che questa storia si sta praticamente scrivendo per conto suo, vive di vita propria e fa quello che vuole! L’incontro di boxe lo leggerete al prossimo aggiornamento, sorry! E ritroverete la bella Yoko, promesso!