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Autore: AleDic    22/08/2015    2 recensioni
[Spoiler!Sesta stagione ǀ Raccolta!Drabble/Flashfic/OS ǀ Delena!Family ǀ Possibile!OOC]
Raccolta post!6x22, ipotetico futuro Delena.
[…]Elena Gilbert, vent’otto anni, laureata in Medicina con il massimo dei voti, medico chirurgo presso il St Mary Hospital, sposata, viveva in una grande casa con la sua famiglia. Lo stereotipo della vita perfetta – non esistevano le vite perfette, o i lavori perfetti, o i matrimoni perfetti, in generale, non esisteva la perfezione, esistevano solo persone che amavano, si impegnavano, facevano del loro meglio dando tutto loro stesse, vivendo a pieno, nella buona e nella cattiva sorte.[...]
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Damon Salvatore, Elena Gilbert, Nuovo personaggio | Coppie: Damon/Elena
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!
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Autore: AleDic
Disclaimer: non sono miei, ovviamente.
Generi: Introspettivo, Slice of life    
Avvertimenti: Spoiler!6x19-22, Missing moment, 713 parole
Rating: Verde
N/A - Note dell'Autrice: Ciao a tutti, lo so, è un bel po’ che non mi faccio sentire in questo fandom, un po’ per il tempo, un po’ perché sono stata assorbita nel fandom di Supernatural, più di tutto per la piega presa dalla sesta stagione. Sono tornata con questa nuova raccolta che vuole essere un po’ una rivalsa nei confronti di noi tutte povere disgraziate che abbiamo sperato come povere illuse in una buona riuscita della Plec – seeeehhh. Ovviamente, questa è la mia versione dei fatti, quello che mi piacerebbe/sarebbe piaciuto vedere e che vorrei che accadesse. Non è – non vorrebbe essere nulla di complesso, solo un mio personale piacere nel dare sfogo all’immaginazione. Spero vi piaccia e come sempre vi invito a lasciarmi un vostro commento. Grazie a tutti quelli che passeranno a dare un’occhiata.

Vostra,

Ale

 

 

The future, what we build

 

 



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1. Who we choose to be

 

Emma correva nel parco, arrampicandosi e imbucandosi ovunque trovasse un po’ di spazio o altri bambini, giocando sorridente e leggera come solo una bambina di cinque anni sa fare. C’era un sole grande e giallo che splendeva nel cielo, il vento soffiava piano, una brezza fresca e gentile, l’estate che bussava alle porte, non troppo afosa come sempre in quella città. Elena se ne stava seduta su di una panchina di fronte al parco giochi, gli occhi fissi su sua figlia. Era in giorni come quello, così semplici, felici e sereni che si fermava un attimo a meravigliarsi e a sorprendersi che, sì, ce l’aveva fatta. Era riuscita ad avere la vita che aveva sempre desiderato, ma – soprattutto – era riuscita ad averla con l’unica persona con la quale l’aveva mai desiderata. Ed ora, eccola lì.

 

Elena Gilbert, vent’otto anni, laureata in Medicina con il massimo dei voti, medico chirurgo presso il St Mary Hospital, sposata, viveva in una grande casa con la sua famiglia. Lo stereotipo della vita perfetta – non esistevano le vite perfette, o i lavori perfetti, o i matrimoni perfetti, in generale, non esisteva la perfezione, esistevano solo persone che amavano, si impegnavano, facevano del loro meglio dando tutto loro stesse, vivendo a pieno, nella buona e nella cattiva sorte.
Lei e Damon erano felici, ma non era stato facile, non era mai stato facile per loro, tanto che a volte Elena aveva pensato che non ce l’avrebbero mai fatta – e invece (invece), nonostante il tempo, le difficoltà, le incomprensioni, nonostante loro stessi, erano riusciti ad arrivare fin lì, l’amore gli aveva guidati e portati a casa.

 Damon aveva comprato un bar all’inizio, come avevano pensato durante quel gioco, anni prima, proprio sopra il loro appartamento – Elena aveva riso di gusto quando lui glielo aveva detto e poi l’aveva baciato, proprio in quel bar sotto casa (la loro casa). Erano rimasti lì per quattro anni, per tutto il periodo di college di Elena, e le cose non erano andate come nella visione prospettata da Stefan. Damon si era preso quel tempo – quel tempo che Elena impiegava per diventare la persona che aveva scelto di essere – per riabituarsi alla sua umanità e capire (scoprire) anche lui – tu chi vuoi essere, Damon?
Ogni giorno si poneva quella domanda – aveva deciso di restare con Elena e ridiventare umano, ma se voleva che le cose funzionassero davvero, doveva riabbracciarla davvero quella parte di sé, e scoprire (capire) la persona che era e la persona che voleva essere.

 Elena era così fiera di lui, così fiera dell’uomo che aveva amato, che aveva scelto e che si era appena riscoperto. Alla fine, Damon aveva deciso di vendere il bar e l’appartamento, e di trasferirsi altrove, in una vera casa – quella con la staccionata bianca, l’altalena sulla veranda e una cassetta delle lettere rossa – e gliel’aveva chiesto, come si deve’, aveva detto, in ginocchio, gliel’aveva chiesto e lei aveva detto di sì a tutto, gliel’aveva detto - con le lacrime agli occhi, gliel’aveva detto, , mentre s’inginocchiava anche lei, , mentre lo stringeva a sé e lo baciava, sì, sì, sì.
Così erano arrivanti in quella città e Damon aveva deciso di aprire una casa discografica – gli era sempre piaciuta la musica, fin da bambino, aveva imparato a suonare il piano, ma poi la vita gli aveva portato via talmente tante cose che non aveva potuto permettersi di dedicarsi ad altro che non fosse l’auto-conservazione (e Stefan) e aveva finito persino per dimenticare cosa significasse davvero amare qualcosa. Ora, finalmente, poteva tornare a scoprirlo e farlo tutta per la vita.

 

Emma l’aveva appena salutata, mentre si spingeva in alto sull’altalena, un sorriso che le riscaldava il cuore ogni volta che lo guardava – o la guardava, lì, sua (loro) figlia, da non crederci a raccontarla a qualcuno, quella storia, la sua (loro) storia, eppure tutta vera, eppure tutta qui. Elena ricambiò il saluto della piccola, così simile a suo padre – i capelli corvini, lunghi metà schiena (che ad Elena piaceva pettinare e intrecciare), pelle diafana e morbida (da baciare), occhi cristallini (di ghiaccio). E poi coraggiosa, testarda, alquanto impertinente e permalosa, irrimediabilmente dolce. E chissà, si chiese, chissà se anche lui (o lei) sarà più suo padre o sua madre, si chiese, mentre si accarezzava distrattamente la pancia.

   
 
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