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Autore: Robin Nightingale    22/08/2015    2 recensioni
Piccola raccolta di ricordi.
Kanon di Gemini ricorda vari momenti della sua vita: dall'infanzia, all'adolescenza, alla sua vita al Santuario e, soprattutto, ciò che di più prezioso possiede.
Genere: Generale, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gemini Kanon, Gemini Saga
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Poche volte mi sono sentito veramente felice durante la mia vita.
Una di queste era quando andavamo a mare.
Ho sempre avuto un certo richiamo per esso, lì mi sentivo bene, mi sentivo a casa.
Adoravo immergermi in quelle calde acque cristalline, andare sottacqua, esplorare i fondali marini.
Ero incantato dai mille colori dei pesci, che andavano dall’arancione, al giallo, al blu, vi era persino qualche esemplare nero. E avevano tutti delle forme così strane.
Andavo sempre in prossimità di alghe e coralli nella speranza di trovarne altri, magari di specie che non avevo mai visto.
Eppure non ero mai del tutto soddisfatto, perché sapevo che vi era dell’altro giù nei più profondi abissi. C’era qualcosa che mi attirava, ma non mi ero mai spinto tanto affondo.
In realtà non sapevo neanche cosa cercare, o cosa aspettarmi.
Avevo letto un libro, una volta; parlava di mostri e creature marine, di sirene, città perdute, ma tu dicevi sempre che erano solo fantasie.
Io però ci credevo e un giorno ti avrei portato la prova della loro esistenza.
Quando salivo in superficie, guardavo lungo la costa e rimanevo incantato dalla bellezza della mia Atene, con le sue case piccole ed immacolate, con i tetti dai mille colori, principalmente azzurri, come il mio mare.
Tu eri seduto sulla battigia e mi sorridevi da lontano.
Uscito dall’acqua, sentivo la sabbia bruciare sotto i piedi e un forte odore di salsedine che non sarebbe andato via per giorni, ma non mi importava. Tu eri asciutto dalla testa ai piedi, rosso come un gambero a causa del sole che scottava la tua pelle delicata e io, da bravo fratello, non potevo lasciarti da solo sulla spiaggia.
Rispondevo al tuo sorriso con un ghigno, poi ti prendevo di peso e cercavo di portarti in acqua: era sempre difficile convincerti, opponevi resistenza, ma nonostante tutto ti lasciavi cadere insieme a me senza troppi problemi.
Non so perché, forse rassegnazione, o forse, in fondo, la tua era solo una recita: la nostra lotta ti piaceva, come ti piaceva nuotare con me, nonostante non tu lo sapessi fare.
Due metri e già l’acqua ti arrivava alla gola, cominciavi a sguazzare un po’ impaurito e io ti porgevo la mano in segno di aiuto.
Amavo il mare, perché, per una volta, ero io a prendermi cura di te.


Note
Rieccomi qui con un altro ricordo, questa volta più piccolo del precedente.
Sono in un ritardo pazzesco, ma spero che stiate passando delle belle vancanze e che il Ferragosto sia andato bene.
E per restare in tema anche i piccoli gemelli vanno a mare.
Grazie a tutti quelli che seguono e recensiscono la storia.
A presto.
  
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