Personaggi: Jack Vessalius / Oswald Baskerville
Rating: Giallo
Note dell'autore: Fluff / Introspettiva / Angst / Sentimentale
Disclaimer: Personaggi, luoghi e abitudini sono di proprietà dell'autore; lo scritto e le situazioni sono di mia proprietà.
La neve non riusciva a trasmettere a Jack
Vessalius nessuna sensazione
positiva, nemmeno se il giovane provava a sforzarsi, a concentrarsi
sulla forma
dei cristalli, sui paesaggi innevati da fuori la finestra. La neve era,
forse,
uno dei suoi primi ricordi: una neve fredda e crudele, che bagnava
vestiti e
capelli, che soffocava il grido nato già flebile dalle sue
labbra secche e
piene. La neve sarebbe potuta essere il suo sudario, questo Jack
pensava ad
ogni fiocco candido che si posava sulla grande veranda dei Baskerville,
ad ogni
centimetro di erba e terreno coperti da quel biancore accecante,
silenzioso
come una tomba.
Seppellì il viso nell'enorme sciarpa
color crema che gli avvolgeva il
collo almeno quattro volte, respirando il calore del proprio fiato,
stringendo
con le mani le falde dell'ampio cappotto nero che si era costretto ad
indossare. Non solo odiava la neve ma mal sopportava il freddo di cui
era la
diretta conseguenza, immergendosi in vestiti sempre più
stratificati ed
atteggiando le sopracciglia in un cipiglio davvero, davvero stufo.
Avrebbe
voluto tornare dentro la magione, sdraiarsi sulle ginocchia di Lacie
davanti all'immenso
camino che i Baskerville sembravano tanto gradire, e invece... e invece
no.
La presenza silenziosa accanto a sé
aveva deciso altrimenti,
trascinandolo al freddo lì fuori ed aspettandolo qualche
passo più in là: Jack
vedeva chiaramente come i morbidi fiocchi di neve si posassero sui
capelli
corvini di Oswald, sulle ampie spalle, sulla giacca di velluto lunga
quasi fino
a i piedi. Lo stava osservando, questo Jack lo sentiva nonostante si
tenesse
fermamente lontano da quegli occhi violacei, cercando di capire
probabilmente
perché l'amico non osasse muovere un passo al di fuori della
veranda. La
consapevolezza gli strinse lo stomaco, costringendolo a fare un passo
indietro.
Istinto di sopravvivenza, l'avrebbero chiamato poi.
« Non credi che... sarebbe meglio
rientrare? Insomma, sta nevicando e- »
la voce di Jack si sporcò di nervosismo, di incertezza e il
giovane si morse le
labbra, arretrando ancora di un passo fino a toccare il portone con la
schiena.
Non voleva rimanere ancora lì fuori dove la neve avrebbe
potuto ricoprirlo
ancora, non voleva darle la possibilità di
soffocarlo definitivamente continuando l'opera intrapresa
anni prima.
Era una scena patetica, lo leggeva negli occhi dell'altro -o, almeno,
in ciò
che si permetteva di vedere di quegli occhi-, ma avrebbe preferito
scalare
qualsiasi torre, infilarsi in qualsiasi cespuglio piuttosto che farsi
sfiorare
ancora da quella sostanza bianca.
Tuttavia, come sempre, qualcun'altro aveva
già deciso per lui. Oswald
non gli diede nemmeno la remota possibilità di completare la
frase poiché colmò
la distanza necessaria a stringergli il polso con le dita in una presa
sì
ferrea ma non dolorosa, questo mai. Iniziò a trascinarlo
verso il limitare
della veranda senza emettere suono mentre Jack sentiva i piedi e il
cuore
pesanti come piombo. Non poteva fargliene una colpa, Oswald non sapeva
e
avrebbe dovuto continuare a non sapere, eppure la paura
sembrò serrarsi attorno
allo stomaco, ai muscoli, al cuore; oh, se avesse potuto avrebbe urlato
volentieri, scosso quella presa dal proprio corpo e si sarebbe
rifugiato dove
la neve mai avrebbe potuto raggiungerlo. « O-Oswald, non- non
voglio. »
Avrebbe voluto che il tono di voce fosse alto,
autoritario, quando
assomigliava in tutto e per tutto al pigolio di un uccellino
spaventato; serrò
gli occhi nel momento in cui Oswald lasciò la presa sulla
sua manica mentre
quei maledetti fiocchi di neve iniziavano a posarsi, lenti come
l'agonia da
freddo. Li sentiva, uno per uno sulle sue spalle e i suoi capelli,
poteva
addirittura percepire il freddo penetrante fin nelle ossa. Era da solo,
nel
buio dei suoi occhi chiusi, ed Oswald lo aveva lasc- « Oi.
»
Un ruggito quasi, proveniente dal suo lato destro
che avrebbe dovuto
suonare come un avvertimento ma non lo fu: Jack venne investito da un
ammasso
di neve, freddo e bagnato fin dentro la trama della sciarpa. Il buio fu
cancellato immediatamente, sostituito dal bagliore della neve e dalla
figura di
Oswald chinata a terra. In realtà non riusciva a vederlo,
preso com'era dal
tastare la propria pelle e la sciarpa ( la sciarpa di Lacie, oh no! ),
togliere
la neve ghiacciata dal colletto; appena lo mise a fuoco capì
che quella non era
una smorfia infastidita, bensì un sorrisino di scherno e di
sfida che
raramente, forse mai, aveva visto dipinto sul viso dell'uomo. Per un
momento
dimenticò la neve, dimenticò quella paura
attanagliata alle ossa, riempiendosi
lo sguardo di quella smorfia preziosa più di qualsiasi altra
cosa; erano le sue
mani a scendere verso l'odiata nemica ed a raccoglierne una discreta
quantità,
compattarla e--- « Ah ah! »
Gli dispiaceva coprire il sorriso di Oswald con la
palla di neve diritta
sul naso, eppure il sentire le proprie guance tirarsi verso l'alto in
un
sorriso altrettanto vittorioso, altrettanto divertito, fu quasi alla
stregua di
un miracolo.
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« B-Basta, mi arrendo, mi arrendo
Oswald-! » Tenendo le mani verso
l'alto Jack tentava di ripararsi da mani guantate di nero che si erano
insinuate sotto le falde della giacca; la battaglia con la neve si era
esaurita
presto con la schiena del ragazzo Vessalius sul terreno, non vi erano
stati né
vincitori né vinti. Il cielo continuava a lasciar cadere
quei morbidi fiocchi
ma neppure uno andava a toccare Jack, coperto e protetto da un Oswald
sorridente in modo leggero, le ginocchia piantate ai lati dei fianchi
altrui.
« Ti è passata? »
La voce roca del moro non era una nota stonata, anzi
un piacevole basso che rintoccò in quello spazio caldo, ma
arrivò inaspettata
tanto che all'espressione interrogativa di Jack egli rispose con un
sospiro e
la pressione delle loro fronti. « La paura, Jack. »
Non rispose immediatamente, lasciò che
il proprio respiro si infrangesse
sulla pelle chiara, risalisse la curva del mento per morire sulle
labbra sottili.
Sorrideva senza neppure rendersene conto, facendo seguire il medesimo
percorso
con la punta delle dita. Da quanto tempo se ne era accorto? Per quello
aveva
insistito per uscire? Ed ora lo stava proteggendo dalla neve...
perché?
Per un attimo sentì tutti i pezzi al
loro posto. Fu un secondo, un
battito di ciglia, ma gli sarebbe bastato per una vita e anche oltre.
Inarcò la
schiena, sfiorò quelle labbra fresche, fece cadere un po' di
neve da quel mare
corvino.
« Mi passerebbe del tutto se ti
decidessi a baciarmi, sir Oswald. »
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Questi due meritano un po' di felicità, a questo mondo.