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Autore: ginny1063    23/08/2015    4 recensioni
Il mio..." C'era una volta..."
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harmon 'Harm' Rabb, Sarah 'Mac' MacKenzie, Un po' tutti
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
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BISOGNA SOLO TROVARE LE PAROLE GIUSTE
 
È stato il primo racconto scritto appena toccato il suolo americano.
A tutti i miei amici, vicini o lontani che siano.
Ginny
 
Era in ritardo. Capitava a tutti una volta nella vita. Sì, insomma, una di quelle giornate in cui tutto va storto: non ti suona la sveglia, l’acqua della doccia è fredda, la divisa è stata stirata male, il pettine ti si impiglia nei capelli, l’eyeliner sembra essere vecchio di trent’anni e ti fai male pur di stenderlo sulle palpebre, il rossetto sembra svanito nel nulla e soprattutto il tuo capo ti chiama ininterrottamente al cellulare e tu continui a rassicurarlo dicendo che c’è solo un po’ di traffico ma stai arrivando. Sì, capitava a tutti una giornata del genere e quella tranquilla mattina di dicembre era toccato a Sarah, che correndo come una disperata si era precipitata dall’ammiraglio.

- Chiedo scusa, signore…-

- Colonnello, non credevo sarebbe mai arrivato il giorno in cui avrei salutato prima il comandante- le disse il suo capo indicandole la sedia e invitandola a prendere posto. Solo in quel momento si rese conto che Harm era già seduto e la stava fissando con un’espressione tra l’allibito e il divertito, sorridendole beffardo. Gli lanciò un’occhiataccia e si sedette.

- Come sapete è tradizione che alla cena di fine trimestre all’Accademia, un personaggio importante o comunque conosciuto tenga un discorso di auguri e d’incoraggiamento agli studenti. D’accordo con il preside, l’Ammiraglio Wellins e il SecNav volevamo chiedervi di tenere voi il discorso quest’anno­-

- Signore?- Chegwidden alzò una mano per bloccare le obiezioni dei suoi sottoposti prima di proseguire nel discorso introduttivo.

- I ragazzi hanno trattato molti casi quest’anno e la maggior parte erano stati archiviati da voi due, alcuni insieme altri come parti opposte. Credo sia una bella esperienza per loro ricevere da voi parole di conforto e incoraggiamento… E’ tutto, potete andare…-.

- Quando si terrà la cena?-

- Oh, giusto, riuscite a preparare qualcosa per le 08:00 della sera del 20 dicembre?-

- Ma certo, buona giornata ammiraglio-
Uscirono entrambi salutando Jennifer, che augurò loro una splendida mattinata, sperando di non doverli sentir discutere come nelle ultime settimane. Mentre si incamminavano verso l’ufficio del colonnello, il tenente Sims li bloccò affidando a entrambi un caso. Gettarono uno sguardo alla copertina del fascicolo, si guardarono capendosi al volo: casi diversi, lavoro separato.

- Dunque cosa si dice a dei marinai pronti a festeggiare il Natale?-

- Sinceramente si è sempre troppo concentrati sulla tua dama e a divertirti per seguire il discorso, ma in generale nulla di particolare!-

- Certo! Che spiritoso… Entra pure… Dunque a te chi aveva fatto il discorso, di cui non sapevo neanche l’esistenza!-.

- Ehm…-

- Harm?-

- L’ammiraglio- disse il comandante Rabb appoggiandosi allo stipite della porta.

- Chegwidden? E tu vuoi farmi credere che non si dica nulla di particolare. Cerca di farti venire in mente qualche idea, pilota. Ora, se vuoi scusarmi, ho del lavoro da fare!- gli disse sorridendo mentre spingendolo sulla schiena, lo faceva uscire dal proprio ufficio. Si sedette alla scrivania e per il resto della giornata pensò solo ad organizzare le carte del nuovo processo.

Il comandante invece era rimasto molto colpito dalla scelta del suo superiore. Non che non si ritenesse onorato, ma per lui l’accademia aveva significato molto e parlare a tutti quei giovani che in un certo senso ricordavano il giovane Hammer spericolato e con la voglia di vivere nelle vene, lo rendeva nervoso. Cosa si diceva a dei ragazzi che avrebbero dovuto iniziare a costruire la loro vita dopo gli esami? Che cosa avrebbe potuto dire lui, avvocato imprevedibile e irriverente di costruttivo? Lui che per primo non rispettava le regole e faceva sempre di testa sua. Prese posto in ufficio. Doveva iniziare a lavorare, altrimenti il sergente Finn si sarebbe difeso da solo. Recuperò una matita dal portapenne e si rimboccò le maniche. Era il tredici di dicembre. Una settimana per preparare un discorso sarebbe stata più che sufficiente. O forse no!

Davanti al caminetto, intanto, il capo del JAG aveva ripreso in mano un foglio un po’ ingiallito sul bordo superiore. Stropicciato e scritto velocemente, quasi scarabocchiato. Era da tanto tempo che non lo rileggeva e più andava avanti più si ricordava di quante cose erano successe da quel momento. La cosa che lo sorprendeva ogni giorno era il comandante. Lo aveva visto subito quella notte, mentre pronunciava il suo discorso: un ragazzo in divisa che lo fissava. Forse uno tra i pochi, e dire che ne aveva di distrazioni possibili. Richiuse il foglio e lo ripose nel cassetto. Non poteva passare la giornata rivivendo ricordi, aveva del lavoro da sbrigare e il SecNav era nella cartella “compiti urgenti”!

Sia il comandante che la sua storica alleata rimasero in ufficio fino a sera tardi, quasi da copione. Era metà dicembre e le giornate si erano notevolmente ridotte; già alle quattro e mezzo di pomeriggio i lampioni a sensibilità luminosa nelle strade iniziavano ad accendersi e la neve sottilissima che scendeva perenne, unita alla foschia invernale dava alle serate un timbro malinconico. Alle otto precise le luci nella stanza di Mac si spensero. La donna prese giacca e sciarpa e salutato il suo collega, si diresse a casa. Mezz’ora più tardi anche AJ chiuse a chiave il suo studio e si sorprese nel vedere ancora Rabb e non il colonnello. Era abituato a vederli andare via insieme, qualche volta aveva addirittura sperato che si fossero chiariti e con chiariti s’intendevano tante e tante sfaccettature di quella parola. Decise che per una sera avrebbe potuto anche ficcare il naso nella vita dei suoi sottoposti e bussò nell’ufficio di Harm.

– Mac, che cosa ti sei dimenticata oggi?-

- Le assicuro che non sono il colonnello- il pilota scattò sull’attenti, prima di accomodarsi a segno del suo capo. AJ prese posto di fronte a lui e si fece passare il fascicolo su cui stava lavorando e iniziò a sfogliarlo silenziosamente. Dopo qualche minuto Harm iniziava a sentirsi in imbarazzo e si schiarì la voce.

- Lo so che cosa si sta chiedendo, Rabb…- disse l’ammiraglio senza alzare lo sguardo dal fascicolo – si sta chiedendo come mai il suo capo alle otto e mezza di sera è nel suo ufficio e si sta domandando cosa mai potrà dire a quei ragazzi venerdì prossimo…-

- Sinceramente signore sono più preoccupato per la prima adesso!- disse con uno sguardo serio il TopGun.

- Mi ero sorpreso di vederla ancora in ufficio la sera prima del weekend e mi domandavo il perché e ora ho la risposta…-

- Signore?- AJ lasciò cadere il fascicolo davanti al comandante e si alzò avviandosi alla porta.

- Sei un bravo avvocato Harm, ho capito subito quella sera chi avevo davanti, ora però va a casa…- rimase senza parole mentre il suo superiore si avviava all’ascensore. Ripose i fogli nella cartelletta e si vestì. Era venerdì sera e aveva voglia di un volto familiare: prima però sarebbe passato dal Take-Away all’angolo. Che cena sarebbe stata senza cinese?
 
Si era sistemata per bene. Doccia, pigiamone di lana, quattro calze per evitare di congelarsi i piedi. Rimaneva solo la cena, era rientrata alle otto e tempo di organizzarsi erano arrivate le nove. Pensò di ordinare qualcosa, in fondo non aveva molta voglia di cucinare. Suonò il campanello. Proprio adesso, era in uno stato quasi ridicolo.

– Mac, apri, sono io e non mi scandalizzo del tuo pigiama!- sorrise nel riconoscere la voce di Harm. Aprì la porta e notò il sacchetto del cinese.

– Io ti bacerei in questo momento, ho una fame!- senza lasciargli il tempo di metabolizzare la situazione gli fregò dalle mani il cibo e si diresse in cucina. Prese due piatti, tovaglioli, posate, acqua e bicchieri e apparecchiò in pochi minuti. Giusto il tempo necessario affinché Harm entrasse, si togliesse giaccone, giacca e cravatta e si sedesse di fronte a lei.

– Dimmi come hai fatto a sapere che io desideravo assolutamente mangiare cinese?-.

- Ti conosco, forse troppo bene, marine!-

- Ma soprattutto, che cosa ci fai qui?- in effetti, quella era una domanda più che lecita: non era stato invitato, quindi non poteva rispondere così, non l’aveva nemmeno avvisata, non dovevano discutere di nessun caso e non si erano dati alcun appuntamento. Quindi, perché era li?

- Non lo so, Mac. Avevo voglia di …- lei si fermò un attimo, guardandolo negli occhi. Subito però lui li abbassò continuando

- Se ti disturbo, o avevi altri progetti…-

- No, tranquillo, mangiamo prima che si freddi!- E così aveva evitato un’altra volta. Forse andava bene a entrambi. In quell’ultimo periodo cercavano di non complicarsi troppo la vita e si accontentavano di parole senza senso. Finirono di cenare, Harm aiutò a sparecchiare e poi si rilassarono sul divano.

- Sai che Chegwidden mi è venuto a trovare in ufficio…- buttò lì Harm, con indifferenza a una più che addormentata Mac.

- Mm, e che cosa ti ha detto?- gli chiese ormai sdraiata sul divano. Lui la guardò sorridendo. Era buffo il modo in cui apriva la bocca o arricciava il naso quando dormiva.

- Di andare a casa…- le disse, prima di avvicinarsi, darle un bacio in fronte e coprirla con un piumone trovato piegato sulla poltrona.

- E tu sei venuto da me…- le sorrise. Aveva ragione. Doveva andare a casa e lui non aveva potuto fare a meno di passare da lei. Si imise giacca e cappotto e prese la sua copia di chiavi. La guardò prima di chiudersi dietro la porta. Quel marine lo sorprendeva sempre! E lui se ne stava innamorando troppo velocemente.
 
 

Si svegliò piuttosto indolenzita. Più che altro sentiva freddo. Il caminetto doveva essere spento da diverse ore e la temperatura fuori era piuttosto bassa. Si alzò, stiracchiandosi e massaggiandosi il collo. L’orologio segnava le nove e un sorriso le si dipinse sul volto: era sabato. Si avvicinò alla finestra e notò che il termometro segnava -1°. Decise che per oggi sarebbe anche potuta stare in casa. Magari avrebbe potuto anche guardarsi un bel film, mangiare cioccolato e bere del caffè bollente. Aveva in fondo tutta la mattinata per decidere. Preparò la legna e riscaldò la stanza. Pensò al discorso che venerdì sera avrebbe dovuto tenere davanti all’assemblea dell’accademia e decise di buttare giù qualche idea.
 
Sarete gli avvocati del domani, dovrete difendere, accusare, indagare, dovrete essere incorruttibili, giusti, non sarà cosa facile e purtroppo molte volte non sarà cosa possibile. Ricordatevi soltanto di essere sempre fedeli a voi stessi, combattete per le cause in cui credete, lottate per queste, fallirete, oh si! Succederà molte volte, ma non fermatevi, ricominciate da capo, ogni volta, ogni giorno…”. 

Harm spense la televisione mentre la voce dell’allora neo Ammiraglio Chegwidden risuonavano nella sua testa. Se lo ricordava tutto il discorso, non ne aveva perso neanche un secondo. Lui ragazzo all’ultimo anno dell’Accademia, rubacuori di professione era stato incantato da quell’uomo in divisa bianca. Pensò e ripensò a quelle parole. Lui aveva smesso di lottare, o meglio, aveva mollato per una di quelle cause e l’ammiraglio lo sapeva, lo sapeva perfettamente. Forse proprio per questo gli aveva affidato il discorso, forse voleva dirgli di ricordarsi quelle parole. Decise di prendere un po’ d’aria, magari gli sarebbero venute in mente delle idee per la stesura del suo personale discorso. Era sabato e tutto sommato aveva molto tempo per pensarci.
 

Prese dalla mensola la sua bottiglia di Barbon, non beveva spesso, ma quel giorno ne aveva voglia. Nevicava un po’ troppo per i suoi gusti. Non che non amasse la neve, ma giusto un giorno o due. Si versò due dita di liquido nel bicchiere e si accomodò in poltrona. Sorseggiò piano vagando con la mente.

“Ognuno di voi ha una storia, un passato e ognuno di voi è qui per costruire la propria vita. Non posso sapere che cosa sarete diventati tra dieci o vent’anni, nessuno di voi lo sa. Oggi, questa sera, davanti a voi, posso solo dirvi: abbiate coraggio, rischiate, fate scelte originali, stupite e stupitevi, amate i vostri amici e un domani il vostro lavoro…”.

Sorrise nel ripensare a tutte quelle persone che avrebbe volentieri strozzato. Stava cercando di non impappinarsi e degli spiritosi giovanotti si divertivano. Era appena stato nominato ammiraglio. Erano già passati dieci anni, sembrava ieri che il comandante Rabb aveva venticinque anni e adesso si ritrovava ad averlo come sottoposto. Ne aveva percorsa di strada quel ragazzo. Certo! A modo suo, ma ne aveva fatta, eccome! Finì il bicchiere, appoggiandolo con un rumore sordo sul tavolino lì a fianco. Prese il libro che aveva iniziato a leggere e s’immerse nelle pagine che si accorse scorrevano troppo lente. Era sempre fermo alla seconda pagina. “Troppo lavoro AJ!” si disse, mentre alzandosi si avviò alla scrivania.
 
 

Per tutti gli avvocati dello Jag, il weekend passava sempre troppo velocemente. Si ritornava troppo in fretta in aula e anche se per molti di loro quello era un divertimento, starsene a letto lo era di più. Specialmente con quel freddo. Jennifer e Harriet erano in ufficio dalle sette e si erano trovate in cucina per un buon tè caldo quando sentirono il campanello dell’ascensore e le porte aprirsi.

 – Se pensi che sia tanto ridicolo perché non hai scritto qualcosa tu!-.

- L’ho fatto e mi hai detto che anche un bambino delle elementari avrebbe scritto di meglio!-

- Ovvio, cosa pretendi dobbiamo parlare a dei futuri avvocati, pilota!-

- Lo so, io ne sono consapevole, ma tu, perfettina?-

- Perfettina, senti chi parla. “ Attenta, usa un sinonimo, non vorrei fare troppe ripetizioni” “ non mi piace molto aiutare, preferisco collaborare”…-.

- Erano consigli Mac!-

- Sta zitto…- le due donne in cucina sentirono una porta sbattere e poco dopo la porta del comandante fece la stessa fine.

- Sarà una lunga giornata Jennifer!-

- L’ammiraglio arriva alle nove aveva un incontro al Pentagono!-

- Vado da Mac, a dopo!- il tenente Sims si avviò decisa verso la porta dell’amica e bussò prima delicatamente e poi visto che non le rispondeva decise di entrare lo stesso. Massimo avrebbe gridato anche contro di lei.

- Mac? Posso?-

- Certo. I fascicoli sono già pronti da archiviare sul lato della scrivania. Manca solo la firma dell’ammiraglio sul primo in alto…-.

- Tutto bene?-

- A meraviglia, grazie…- capì che sarebbe stato meglio non indagare oltre e prese le cartelle uscì dall’ufficio.
Per tutta la giornata nessuno dei due rivolse la parola all’altro, anzi collaborarono a rendere il lunedì mattina ancor più gradevole a tutto lo staff. Iniziò il comandante Rabb che chiamato il guardiamarina Ty nel suo ufficio lo spedì fuori urlando perché si era dimenticato di portargli una pinzatrice per sistemare i fogli del processo. Seguì poi Mac che innervosita e spazientita dalla reticenza del suo cliente gli urlò contro per una buona mezzora prima che lo stesso Harm le bussasse chiedendo di abbassare il tono della voce. Lì a quel punto gli ufficiali presenti si zittirono: sarebbe scoppiata la terza guerra mondiale. I due si erano chiusi in cucina e si erano scontrati verbalmente per un’oretta scarsa prima che l’ammiraglio li convocasse, arrabbiato nero, nel suo ufficio. Lo seguirono senza aprire bocca, mentre gli altri impiegati cercavano qualcosa da fare prima che l’ira di Chegwidden si riversasse anche su di loro. AJ aprì la porta e i due entrarono fermandosi in piedi sull’attenti.

 – Colonnello, comandante, vi starete chiedendo come mai vi ho convocati- si mise davanti alla sedia, appoggiò i pugni sulla scrivania e li fissò negli occhi, senza battere ciglio.

 – Mi è giunta voce di un vostro debole, insignificante, quasi ridicolo battibecco- fece un grande respiro e poi continuò con un sorriso piuttosto forzato in volto. – essendo questo il quattordicesimo richiamo che vi viene fatto nelle ultime tre settimane, ritengo sia il caso di dover prendere dei provvedimenti…- li guardò per qualche secondo aspettandosi forse smentite da parte dei suoi due ufficiali. Mac cercò con la coda dell’occhio Harm ed entrambi si accorsero di stare trattenendo il respiro.

- Voi siete…- disse prima di fermarsi un’altra volta per stringersi il naso a livello degli occhi e con la mano massaggiarsi la tempia destra.

- Voi siete gli avvocati del JAG più instabili, irritabili, indomabili, insensati, imbronciati, imprevedibili, intolleranti, incoerenti, introversi, isterici, irriverenti, irrispettosi e indisponenti che io abbia mai conosciuto. Non solo in ufficio ma anche in aula. Io a volte non so che cosa fare con voi. Mi verrebbe quasi voglia di sospendervi con effetto immediato!-.

- Signore, noi … cioè io…-

- Mi risparmi le sue stupidaggini Rabb. Avete una settimana per preparare un discorso decente. Vediamo quanto sarete convincenti, parlare a ragazzi di rispetto, di obbedienza, ci vediamo venerdì sera! E ricordatevi l’abito da cerimonia. E ora fuori!- entrambi uscirono veloci. Non si scambiarono neanche una parola e si chiusero nei rispettivi uffici fino a sera tardi.

- E’ permesso?-

- Certo, Harriet, entra…-

- Ero solo venuta a salutarla, signora-

- Che cosa c’è?- per evitare altre discussioni la bionda disse

- Niente, assolutamente nulla Mac!-

- Non avresti usato un rafforzativo se non ci fosse altro, so che qualcosa ti tormenta ma non vuoi chiedermelo…-

- Mi stavo solo chiedendo perché dovete litigare tanto quando in realtà la pensate allo stesso modo…-

- Noi non la pensiamo mai allo stesso modo: se io dico nero per Harm è bianco, se io voglio patteggiare lui chiede la corte marziale, se io voglio parlare
di collaborazione lui vuole parlare di amicizia se io…-

- Se lui ti invita a cena è perché vuole discutere di un caso e non per passare del tempo con te, se ti porta il caffè è per convincerti a scendere a compromessi…-

- Sì!- Sarah alzò lo sguardo dalle carte che stava firmando.

- No…- Harriet la fissò, prima di avvicinarsi alla porta.

- Mac, credo che non centri il lavoro. Non è mai centrato nulla. Buona notte- detto questo la bionda uscì lasciando il colonnello senza parole. Sarah impilò i fogli. Prese la valigetta e uscì.

- Dannazione!- Harm, che stava uscendo in quel momento si voltò verso la voce e vide Mac incollata alla maniglia tentando di aprire la porta.

- Apriti, dannata porta, apriti!-

- Se la prendi a pugni non si sbloccherà da sola-

- Non sono cose che ti riguardano, comandante-

- Come vuoi, a domani, colonnello- la lasciò da sola davanti all’ufficio e si avviò all’ascensore. Primo piano, secondo, terzo ancora qualche secondo e si
sarebbero aperte le porte, preannunciando il ritorno a casa.

- Harm…- era appena entrato quando la voce di Sarah lo raggiunse. Con le mani coprì il sensore dell’ascensore e uscì, sorridendo.

- Dimmi…-

- Ho bloccato la porta!-

- L’avevo notato-

- E ci sono dentro le mie chiavi di casa-

- Sei fortunata, perché due settimane fa mi è successa la stessa cosa e ho ancora il passe-partout delle signore delle pulizie-

- Potresti imprestarmelo?-

- Dipende-

- Va al diavolo, ti odio…- stava già per iniziare una di quelle discussioni epiche quando Harm le aprì la porta.

- Quando esci spegni le luci- se ne andarono chi a North of Union Station, chi a Georgetown. La notte non passò bene, così come i giorni a seguire. Non si parlavano se non lo stretto necessario, evitavano di incontrarsi in ufficio e fortunatamente per tutti non si scontrarono in aula. Mancavano ormai pochi giorni alla cena in Accademia. Mancavano pochi giorni e nessuno dei due aveva più parlato con l’altro riguardo il discorso. Non ne avevano molta voglia ma si sarebbero dovuti incontrare, se non altro per decidere che cosa fare. I patti con l’ammiraglio erano chiari: scrivere uno stramaledetto discorso o essere sospesi. Tra le due opzioni entrambi optarono per la scrittura creativa. Mercoledì sera verso le sei Harm decise di fare il primo passo e bussò alla porta del colonnello.

- Avanti…-

- Sono io, Mac. Ascoltami me ne vado tra cinque secondi, solo parliamo di venerdì sera…-

- Ci ho pensato molto e credo che sia meglio che solo uno di noi parli, poi ovvio, dobbiamo lavorarci insieme al discorso…-

- Concordo pienamente! Se vuoi essere tu a…-

- No, preferisco che lo faccia tu. Chegwidden sarà lì ad ascoltarti e …-

- Tu leggi la prima metà e io la seconda?- buttò lì il comandante ben sapendo di andare contro la prima decisione di Mac. Si guardarono un attimo.
Trattenevano il fiato chi in attesa di una risposta chi cercando di darne una.

- Va bene… ci vediamo in Accademia verso le sette e mezzo…-

- Ciao- uscì chiudendo la porta alle sue spalle e in un certo senso tirò un sospiro di sollievo. Erano riusciti a non gridarsi addosso e questo era un enorme passo avanti. Salutò un’incredula Jennifer che ricambiò con un sorriso sorpreso. Prese la sua documentazione e si spostò in biblioteca, avrebbe ultimato le carte processuali e poi si sarebbe avviato verso casa. Nel suo ufficio il colonnello Mackenzie congedò freddamente Bud che le aveva portato le ultime prove di un caso, prima di abbassare le veneziane e concentrarsi. Doveva parlare a dei giovani marinai, lei donna, marine e avvocato. Una passeggiata.
 
Allievi, professori e ospiti, è con vero piacere che questa sera sono qui per tenere il discorso di fine trimestre all’Accademia Navale” 
- Già che ci sei mettiti il vestitino da presentatrice meteo e sei a posto!- si disse ad alta voce Mac mentre il quattrocentesimo foglio di carta finiva appallottolato in un angolo indefinito della stanza. Guardò l’orologio e decise che per essere le nove di sera aveva lavorato abbastanza. Si alzò calciando con un piede una pallina di carta. Le donne delle pulizie l’avrebbero fulminata o con molta probabilità se n’erano già andate e avrebbe dovuto riordinare per conto proprio. Chiuse l’ufficio e si accorse che la luce in archivio fosse ancora accesa. Borbottò sottovoce prima di raggiungere la stanza per spegnere. Vi trovò Harm addormentato su un block notes scarabocchiato. Non poté non provare tenerezza. Pensando alla schiena dell’amico decise di svegliarlo. Si avvicinò piano e provò a chiamarlo

– Ehi, pilota!-

Ci provò una seconda volta ma invano. Si rese conto di avere il battito un po’ accelerato ma riuscì comunque ad allungare una mano e ad accarezzargli piano la testa.

- Si?- Harm aprì gli occhi incontrando quelli di Sarah. Si rese conto di essersi addormentato e scattando subito in piedi ringraziò l’amica, prese tutte le sue cose e scese veloce alla macchina. Il colonnello rimase un attimo ferma, pensando alla calma di qualche minuto prima. Decise fosse poi il momento della ritirata e in meno di mezz’ora si ritrovò ad aprire la porta del suo appartamento e a gettare giacca e valigetta sul divano.
 
 

Si era seduto tra gli invitati. Aveva salutato un paio di vecchie conoscenze, aveva tirato le orecchie a qualche studente nipote di amici e si era divertito a rivangare il passato con il preside Wellins, suo grande amico e collega. Mancavano pochi minuti al discorso dei suoi sottoposti e non vedeva l’ora di ascoltarli. Si era preparato a tutto, anche a vedere salire su quel palco Bud al posto del comandante e del colonnello. Ormai ne aveva passate di ogni. Sperava solo che quei ragazzi avrebbero potuto trovare ispirazione da quelle parole.
 
Nella saletta adiacente Harm aspettava che Mac lo raggiungesse. Non se lo era mai detto chiaramente ma la sua collega era davvero bella, e quella sera, sempre che la sua vista non lo avesse ingannato, con quel vestito nero era semplicemente stupenda. Passeggiava avanti e indietro, tenendo tra le mani il foglio con alcune parole scarabocchiate sopra. Non era nervoso, stava per avere una vera e propria crisi di panico. Il lato positivo era che non stava sudando. Sentiva la divisa addosso sempre più stretta e cercò di allentare un po’ il papillon.

- Lascia ti aiuto io…- delle mani più calme ed esperte delle sue gli sistemarono il cravattino e gli lisciarono la divisa.

- Sei nervoso?-

- No, sì, un po’ …-

- Romperò io il ghiaccio tu pensa ad incantarli con il tuo sorriso!-

- Signore, signora, se volete noi siamo pronti- accennarono al sergente che sarebbero arrivati a momenti.

- Coraggio, dobbiamo solo parlare a dei ragazzi. Io e te ne abbiamo passate di peggiori, marinaio…- non capiva che cosa avesse Harm, ma non poteva dirgli di essere agitata anche lei, sarebbe stata la fine.

- Fidati di me, Harm…-

- Lo faccio sempre, Sarah…-

Lei si era incamminata davanti con quel lungo abito nero che evitava accuratamente ogni centimetro di schiena, ricominciando delicatamente sotto i reni. Era bella, era Sarah.
Uscirono in sala e furono accolti da un lungo applauso. Il preside li presentò con un breve discorso, tratteggiando brevemente la loro carriera e ringraziandoli di aver accettato l’invito. “ chissà se mi ringrazieranno anche dopo aver ascoltato quello che ho da dire” pensò Rabb con un sorrisetto sulle labbra. Intravide Chegwidden seduto a fianco di alcuni professori, alcuni suoi vecchi professori. Poi scese il silenzio e sia lui che Mac salirono sul palco. Due piccoli amboni di legno erano stati posti al centro. Si guardarono un attimo prima di cominciare.

- Carissimi allievi, professori, membri del consiglio e gentilissimi ospiti è per noi oggi un grande onore poter tenere questo discorso davanti a voi tutti. Perdonate la nostra agitazione ma non siamo abituati a parlare a così tante persone, nonostante molte giurie abbiano sentito le nostre arringhe. Guardandovi in volto non posso fare a meno di pensare a quello che vi passi per la testa. Molti di voi probabilmente non vedranno l’ora che questo momento finisca per tornare a ballare e vi assicuro, lo capisco. Ci sarà poi qualcuno che invece ascolta, forse nella speranza di far passare più velocemente il tempo. Non vi conosco e voi non conoscete me, ma permettetemi questa serata di parlarvi a cuore aperto. Io ho già finito i miei esami, ho trovato un lavoro e ho realizzato molti dei miei sogni. Mi posso e devo ritenermi fortunata. Sopra ogni cosa, però, devo ringraziare per aver trovato un amico, un amico vero che in ogni momento, in ogni situazione è sempre pronto a sostenermi. Una persona che nonostante abbia deluso molte volte è sempre pronta a starmi accanto, qualcuno che per ringraziare non mi basterà la vita. Le amicizie che avete stretto in questi anni, le esperienze che avete vissuto con i vostri compagni di stanza sono ricordi che vi porterete nel cuore per sempre. Non importa quanto lontano vivrete o quanto spesso vi troverete a chiacchierare. Gli amici che avete incontrato a scuola vi accompagneranno ogni giorno, in ogni nuova avventura, bella o brutta che sia. Saranno quella forza che nei momenti più difficili vi farà trovare il coraggio di andare avanti. È triste perché per molti di voi tra pochi trimestri tutto questo diventerà un ricordo. Sarà un po’ un salto nel buio perché nonostante vi siate preparati la vita vi sorprenderà sempre. Sconvolge i vostri piani, vi manda fuori strada. Sarà un salto nel buio…-

La ascoltava parlare e si meravigliava di come fosse riuscita ad ottenere l’attenzione. Nessuno che si muoveva, nessuno che non la stesse fissando. Era riuscita a trovare il punto di contatto, era riuscita ad arrivare al cuore di quei ragazzi. Pensò che essendo una donna, una magnifica donna, solo lei ci sarebbe potuta riuscire, solo il genere femminile aveva dei poteri al mondo sconosciuti. Aveva aggiunto una frase, quella sull’amico, non l’avevano scritta insieme. Si accorse di fissarla sorridendo. Lei lo guardò. Era il suo turno.

- … E’ arrivato il momento di chiudere questo libro e iniziarne un altro e nonostante questo vi possa fare male, nonostante questo possa sembrare triste non preoccupatevi. Ci sono persone che resteranno con voi ogni giorno. Ho imparato a sorprendermi di quanto le persone possano entrarti dentro e stupirti, alcune volte nel bene, altre volte no. A mia esperienza ho scoperto che una persona, se è quella giusta, può cambiarti, può cambiare tutti noi…-

Si voltò verso Sarah e la guardò un solo istante. Fu sufficiente. Incrociarono lo sguardo, si sorrisero e lui riprese.

-… fuori c’è un mondo che vi aspetta, e vi auguro davvero di viverlo intensamente ogni giorno. Cadrete, fallirete, oh sì, capiterà molte volte, ma non arrendetevi, non fatelo mai! Vi capiterà di deludere le persone a voi più care…-

Gettò uno sguardo all’ammiraglio che tra la folla lo stava guardando. Chegwidden tossì leggermente, era emozionato, ma non l’avrebbe mai ammesso.

- Ognuno di noi reagisce alle sfide della vita in modo diverso, e voi non fate eccezione. Alcuni di voi accetteranno il proprio destino, altri faranno di tutto per cambiarlo. A volte andrete contro le aspettative degli altri e altre volte le asseconderete pienamente. L’elemento costante però deve essere quello di rimanere fedeli a voi stessi. Farete quello che dovrete fare, reagirete nel bene o nel male. Abbiate un sogno, un amore, qualcosa per cui valga la pena lottare e alzatevi tutte le mattine con il coraggio di dare il massimo. Vedrete che ogni sogno varrà la fatica, le cadute e ogni lacrima versata. Non vi lasciate abbattere, marinai. Scegliete la vostra rotta, e che abbiate vele gonfie e vento in poppa!-.

Smise di parlare e subito un applauso riempì la stanza. Prese la mano di Sarah, ringraziò e scese dal palco. Il preside Wellins gli si avvicinò e gli strinse la mano.

- Nonostante non ti abbia ancora perdonato lo scherzo dell’ultimo anno, Rabb, complimenti ragazzo…-

- Grazie, signore!- si mise sull’attenti salutandolo. Una volta che il preside se ne fu andato i due avvocati si guardarono intorno. Erano già riprese le danze, anche se ogni tanto qualche ragazzo si avvicinava per ringraziare o per parlare con la famosa coppia del JAG.

- Io rimango sorpreso ogni volta…- si voltarono entrambi, scattando sull’attenti.

- Ammiraglio!-

- Siete un mistero che credo non risolverò mai! Complimenti!- strinse la mano a Rabb e baciò quella di Sarah.

- Ora Rabb ha intenzione di chiedere alla sua dama di ballare o vuole lasciarsela portare via da uno di quei giovanotti laggiù…- detto questo Chegwidden se ne andò voltando le spalle ma con un gigantesco sorriso in volto. E bravi i suoi avvocati anche questa volta l’avevano scampata, quei due gli avrebbero fatto perdere tutti i capelli! 

Harm rimase un secondo a fissare il marine in abito da sera di fianco a sé, prima di allungare una mano, accennando un inchino. Sarah strinse la mano del suo collega e si fece accompagnare in pista. Sentì il tocco del pilota avvicinarsi alla sua schiena e non poté non chiudere gli occhi, rabbrividendo. Si avvicinò al suo volto e chiuse gli occhi lasciandosi guidare dalla musica.
Ballavano da qualche minuto in religioso silenzio quando la canzone cambiò decisamente ritmo, rallentando notevolmente.

- Sei davvero bella, Sarah…- sollevò lo sguardo e si scontrò con gli occhi di cui da troppo tempo era innamorata. Non sapeva che cosa dire, faticava anche a deglutire. Harm non le lasciò il tempo di pensare e continuò, quasi fosse assorto nei suoi pensieri.

- Oggi, stasera, su quel palco, ho capito una cosa molto importante: non si possono cancellare le persone. Non basta un addio per abbandonare qualcuno. Non basta strappare le fotografie o cancellare i messaggi per dimenticare tutto quello che avete vissuto insieme. Non basta urlare “ti odio” per nascondere il bene che provi. Ci sono dei legami che esistono e che continueranno ad esistere nonostante ci ostiniamo a cercare in essi una sorta di fine…- Sarah era incredula. Mai avrebbe immaginato di sentir parlare così il suo TopGun. Suo perché in fondo sperava ancora che potesse diventare tale.

- Io ti ho detto “ti odio” così tante volte che ho paura di averlo iniziato a credere davvero…- glielo disse. Doveva farlo. Aveva paura di ferire i suoi sentimenti ma preferiva essere sincera, doveva esserlo. Specialmente con lui. Lui la strinse a sé con più convinzione e le lasciò un bacio sui capelli. Doveva spiegargli, glielo doveva, soprattutto dopo quello che le aveva appena detto.
 
- Harm, io…- si fermò un attimo, alzando gli occhi per poterlo guardare in viso.

- Io ho paura…- lui la fissò prima di sorriderle.

- Anche io ho paura Sarah…-

- No, tu non capisci. Io ho paura, paura che tu possa trovare qualcuno meglio di me, perché siamo sinceri, io non sono un granché. Ho sempre da ridire su tutto, mi altero con molta facilità e tante altre cose che non ti dirò adesso. Ho paura che tu possa trovare un’altra donna, che tu possa stancarti di me e andartene. Andartene così, una mattina d’inverno, senza salutare. Mi lasceresti un vuoto troppo grande, troppo grande da sopportare…- Glielo aveva detto. Certo, non proprio chiaro e tondo ma si era aperta, gli aveva confessato quello che provava.

- Io e te litighiamo ogni momento della nostra giornata. Tu mi dici che sono arrogante e che mi odi e io ti rispondo che sei una rompiscatole, perfettina e sclerata marine. E lo sei il 90% del tempo…Come lo sono io…- Lei lo guardò ancora più sorpresa, che cosa stava dicendo?

- E allora?-

- Allora non sarà per nulla semplice; ma se non ci riusciamo noi due, se non rischiamo noi due allora tutto quello che abbiamo detto a quei ragazzi saranno solo bugie…-

- Io ti amo Harm, sempre e per sempre…- ce l’aveva fatta. Aveva detto quelle due parole così difficili anche solo da immaginare. Lui le accarezzò una guancia, le baciò piano le labbra, le baciò la fronte e l’abbracciò.

- I love you too, Sarah. Always and Forever…-
  
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