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Autore: Cinnamon_Meilleure    23/08/2015    1 recensioni
Angels e devils hanno iniziato il loro secondo anno alla Golden School, e sono più pronti che mai alle nuove sfide che li attendono.
Raf, ancora innamorata di Sulfus, ha deciso di dimenticarlo per il bene di entrambi, nonostante ciò la distrugga.
Sulfus, invece, è ben deciso a non rinunciare a lei, a qualunque costo. Ma il prezzo che ha scelto di pagare è molto caro, il gioco che ha scelto di giocare potrebbe essergli fatale. Può l'amore andare oltre le regole e le convenzioni, oltre i peggiori ostacoli? Persino oltre... la morte?
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Ho scritto questa storia molto tempo fa, ai tempi in cui esisteva ancora il forum di angel's friends, forse i fan di vecchia data se ne ricorderanno. Mi chiamavo Dolce-Kira, e grazie a questa storia ho conosciuto una persona meravigliosa che è tuttora la mia migliore amica online. Lei insisteva sempre affinché la pubblicassi su EFP, e ora ho deciso di farlo.
La storia si collocatemporalmente dopo i 52 episodi della prima stagione.
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Quasi tutti, Raf, Sulfus | Coppie: Raf/Sulfus
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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18. Quanto dolore può sopportare il cuore
 
                                                                      
“Ci sono situazioni veramente strambe, a volte. Situazioni che non ti sembrano reali. Situazioni che vorresti rimanessero incubi impossibili. Vorresti svegliarti, vorresti morire, vorresti qualsiasi cosa purché non fosse vero quello che sta accadendo sotto i tuoi occhi…
E invece è tutto reale, è la tragica verità, e tu non puoi fare niente.”
 
 
Raf sentì la  sua testa girare.
Angelo, angelo, angelo.
Era l’unica parola che riusciva a pensare, perché era quello che Sulfus voleva diventare.
Lui voleva diventare un angelo!
 “Non te lo posso dire... ma sappi che l’ho fatto per stare con te.... Così aveva detto Sulfus. E così era stato.
Che volesse diventare un angelo era una cosa facile, facilissima da capire, tanto che lei si sorprendeva di non averlo capito prima. Un angelo, con aureola e ali e tutto il resto...
... un angelo per poterle stare accanto...
... un angelo per poter custodire, proteggere...
... un angelo per poterla amare.
I suoi occhi si riempirono di lacrime.
- Come vedi, è colpa tua. Ora che te l’ho detto sei contenta? Sei soddisfatta?
Raf rimase in silenzio.
-Puoi anche portare il suo corpo con te, se vuoi. Ormai non ci serve. E portarti via anche lei. Lei non può più stare qui. E tu sai perché, vero?-  Disse la sirena, rivolgendo la domanda ad Angelie, la quale rispose con uno sguardo ostile.
Raf non capì, ma non se ne curò. Anche quello fu un errore, ma ne avrebbe capito il motivo solo in seguito. Quali e quante possono essere le conseguenze di un singolo errore, spesso banale, spesso inevitabile… a volte possono essere persino fatali.
La angel e sua madre se ne stavano accovacciate accanto al corpo del povero devil, stretto fra le braccia della sua amata, che lo accarezzava. La sirena era dinanzi a loro, perfettamente diritta e con le mani puntate sui fianchi. Sul volto era tinto un sorriso pienamente e crudelmente soddisfatto.
La ragazza sollevò la testa verso la creatura, e con la voce più distaccata che avesse, le pose una domanda.
- Come? Come ha fatto a venire fin quaggiù?
- Al suo collo...- mormorò una di quelle creature, che Raf si ritrovò alle spalle. - ...troverai un ciondolo...
-Un medaglione dorato – sussurrò un’altra, che apparve dalla nebbia alla destra di Raf.
Lei infilò la mano nel bavero delle vesti di Sulfus e, come avevano detto le sirene, trovò un medaglione dorato. Lo tirò fuori lentamente e glielo sfilò, deglutendo. Scottava, così lo afferrò per la cordicella.
-Devi metterlo al collo per usarlo - sibilò la sirena che era di fronte a lei, indicando il monile con un dito.
Lei seguì meccanicamente l’istruzione e sentì una sensazione indescrivibile. Il sangue iniziava a fluire e defluire dentro di lei, la pelle iniziava a scaldarsi sotto il ciondolo, che ardeva come fuoco.  Ma era una sensazione piacevole.
Strinse a sé il corpo del devil e lo sollevò, una mano sotto le sue ginocchia e l’altra sotto le braccia. Fece cenno alla madre di prendere la sfera bianca.
- Ora torniamo alla Golden School. Tu usa questa, io uso il ciondolo.  
Mentre entrambe scomparivano nella luce, la sirena urlò, per farsi sentire bene da Raf.
- Io lo so che tornerai, giovane sempiterna! Sei troppo legata a lui, non puoi vivere senza il tuo devil. Tu vuoi ridargli la vita, credi di esserne capace. Sei esattamente come lui: ti credi forte, e invece sei troppo debole. Noi ti aspetteremo, saremo qui a difendere Layadda! Non ti lasceremo portare via l’anima che abbiamo preso per lei. Noi combatteremo!
- Ed io attenderò quel momento con tutta me stessa, e lotterò fino alla morte!- Strepitò Raf, prima di scomparire ed abbandonare la grotta, che piombò nuovamente nel buio.
 
 
Arkan era veramente preoccupato. Non aveva idea di come ritrovare Raf. Davano per scontato che fosse nella Terra Sospesa, ma se la formula non fosse stata esatta? Se Raf fosse finita altrove? Chissà dove si trovava...
- Vuoi calmarti, Arkan?  E’ un’ora che cammini avanti e indietro, mi fai venire il nervoso!- Sbuffò la Temptel, che si godeva una comoda poltroncina rossa, particolarmente comoda.
- Come puoi non preoccuparti? C’è anche Sulfus, laggiù, hai capito? Un tuo allievo!- Precisò Arkan.
- Beh, l’avevo capito tre ore fa. Altrimenti non si sarebbe spiegato perché ci fosse andata quell’angioletta della tua allieva! – Sottolineò la professoressa.
Arkan roteò gli occhi e si sistemò gli occhiali sul naso. - Sinceramente, è anche questo che mi preoccupa - Mormorò.
- Hai detto qualcosa?
- Nulla. Ma dimmi, non hai notato nulla di strano in lui ultimamente?
-In chi, in Sulfus?
- E chi altri sennò, Basilisco?! – quasi urlò spazientito Arkan.
- E va bene, calma! Basta specificare... con un po’ di gentilezza, magari.
Arkan nascose il volto fra le mani, esasperato. - Insomma, come stava Sulfus?
- Male, effettivamente. Saltava le lezioni… non che questo sia particolarmente strano, per un devil, ma lo faceva sempre più spesso, ed aveva decisamente una brutta cera.
- E lo dici solamente ora?!
-Come avrei mai potuto immaginare che volesse andare nella Terra Sospesa?- Si difese la professoressa, allargando le braccia. - Ma cosa avrà mai voluto fare lì?
- Qualunque cosa, non possiamo saperlo. Alle sirene si può chiedere di tutto, loro hanno il potere di far avverare qualsiasi desiderio, in cambio della sfera di vetro…
-…che Sulfus ha portato loro! Per tutte le basse sfere! Come può essere? Per trovarla bisogna andare...
-…al confine del fuoco, al limite fra acqua ed aria. Lo so. – Sospirò Arkan. - Lo so. Temo proprio che Sulfus sia in serio pericolo.
La Temptel tacque, realizzando solo in quel momento quanto fosse grave la situazione.
-Come accidenti ho fatto a non capirlo? - si rammaricò. -Non lo posso lasciare là, Arkan, non posso. Ma non so nemmeno cosa potremmo fare. Arkan, se le sirene hanno la sfera di vetro smerigliato… loro non hanno limiti! Sono capaci di fare qualsiasi cosa! Per tutte le basse sfere, Raf e Sulfus non possono restare laggiù!- Si alzò, improvvisamente in preda al panico.
- Com’è che ti sei resa conto solo ora della situazione?- Bofonchiò accigliato Arkan.
Lei non rispose, gli occhi sbarrati. Serio pericolo. Quelle due parole avevano smosso qualcosa in lei, nei meandri della sua memoria, dove una Temptel ancora bambina aveva rischiato di morire; quella volta si era trovata – come sua madre aveva poi raccontato – in una situazione di serio pericolo. Ricordava ancora l’evento con la perfezione più assoluta, e più di ogni altra cosa ricordava il terrore che la attanagliava, e la certezza che sarebbe morta… la Morte, che era quasi estranea ai sempiterni, l’aveva invece sfiorata, e adesso la devil sentiva la stessa sensazione di allora.
- Bene, allora - Disse Arkan. -Sarà meglio muoverci e raggiungere...
- Raf! - Esclamò la Temptel, con gli occhi sgranati dalla sorpresa. Proprio in quel momento la angel aveva spalancato la porta con un colpo secco ed era entrata nella stanza, con Sulfus fra le braccia e Angelie alle sue spalle.
I due professori si guardarono allibiti.
- Sulfus! Cosa gli è successo?- Chiese con orrore la professoressa, avvicinandosi per osservarlo.
Nonostante le ferite peggiori si fossero rimarginate, sul corpo se ne vedevano ancora i segni, ed erano uno spettacolo orribile.
- E’ ancora vivo, ma bisogna fare in modo da mantenere attive le sue funzioni vitali - Disse Angelie.
- Io resto qui, e lei, Angelie, mi spiegherà tutto – disse il professor Arkan. - Voi andate a portarlo in infermeria - aggiunse il professore rivolto a Raf e alla Temptel.
- Lascia che lo porti io – Disse la professoressa a Raf, apprensiva, ma lei non si mosse.
Fissava lui, e tutto il resto, in modo quasi inespressivo, con le lacrime che scorrevano sulle guance. Così la devil tacque e seguì la ragazza in completo silenzio.
E’ una cosa dolorosa, il silenzio. Lo si associa al lutto, alla morte, e in genere significa solitudine e dolore, come  il dolore che circondava Raf e la professoressa. Ogni passo era dolore, ogni sussurro era una lacrima, ogni respiro si spegneva in un singhiozzo.
Arrivarono in infermeria, dove un angel ed un devil si fecero i segni della protezione, benedizione e maledizione. Presero Sulfus e lo stesero sul lettino, delicatamente. In silenzio.
Poco dopo arrivarono nella sala anche tutti gli altri, angel e devil. E continuò a regnare il silenzio.
Raf si avvicinò a Dolce. -Hai una matita per labbra? – le chiese.
Dolce la guardò allibita. Pensava al trucco in un momento simile? E poi lei passava per la fissata con l’estetica per antonomasia…
- Una matita rossa. Ce l’hai?
Dolce frugò per un attimo nella borsetta che portava a tracolla prima di estrarre la matita, e la porse a Raf, chiedendosi se per caso l’amica non fosse impazzita.
Urié però, che assisteva alla scena, aveva capito, e si fece i segni della protezione.
Raf prese la benedetta matita e la stappò. Quello schiocco fu l’unico suono che osò rompere il silenzio tombale che regnava nell’infermeria.
Si avvicinò al corpo di Sulfus e poi s’inginocchiò al suo capezzale. Cercò di frenare un singhiozzo.
Ciò che stava per fare le faceva inevitabilmente pensare alla preparazione di una salma per il funerale, ma non era così. Doveva aver fede che Sulfus ce l’avrebbe fatta, e che una volta che si fosse svegliato le sarebbe stato grato per il suo gesto.
Lei doveva farlo, glielo doveva.
Iniziò ad accarezzargli le guance, davanti a tutti, ma per lei era come se non ci fosse nessuno oltre a loro. Poi, delicatamente, iniziò a passare la matita sulla sua palpebra sinistra. Disegnò la sagoma di una stella, poi colorò le cinque punte, una dopo l’altra.
Gli aveva ridato la sua stella, il suo segno distintivo. Perché lui non doveva annullare se stesso.
Alla fine lasciò ricadere la mano lungo il fianco e rimase in ginocchio, ferma, immobile, con gli occhi gonfi e rossi, conficcandosi le unghie nei palmi delle mani.
Il cuore le batteva forte. Sbatté le palpebre un paio di volte e lasciò che le lacrime rotolassero sulle guance.
- E’ colpa tua! –  Singhiozzò Kabalé avvicinandosi a Raf, e il suo urlo spezzò l’atmosfera quasi incantata che aveva circondato lei e Sulfus.
Raf non rispose.
- E’ colpa tua, solo e soltanto tua! Avresti dovuto fermarlo, e invece non lo hai fatto. Non hai fatto niente!
Raf rimase immobile, a guardarla con aria colpevole.
- E’ colpa tua!- Singhiozzò di nuovo la diavoletta.
- Kabalè, ha scelto lui di farlo - S’intromise Cabiria, cercando di calmarla.
- Ma lei avrebbe dovuto fermarlo! – strepitò. Si rivolse direttamente a Raf. –Lui ti ascoltava, ascoltava solo te ormai! Tu avresti dovuto fermarlo, eri l’unica in grado di farlo, e invece non l’hai fatto! E adesso lui non ci sarà più... non ci sarà più per sempre e per nessuno!- Strillò.
Nessuno replicò.
Raf la fissò, inespressiva. -Io non avevo capito niente - Disse, fra le lacrime. -Credi che non lo avrei fermato, se solo l’avessi saputo? - Singhiozzò.
- E’ colpa tua! Abbiamo sentito quella donna che parlava con Arkan. Lui lo ha fatto per te, per diventare come te!
Tutti i devil, vergognosi, abbassarono lo sguardo. Un devil che voleva diventare un angel, e nel tentativo era morto, per loro era un disonore, una vergogna. Ma nessuno di loro osava parlare. Tutti se ne stavano a testa bassa, inclinata dal peso del dolore. Solo Kabalè sentiva il bisogno di gridarlo, quel dolore.
Raf la fissò negli occhi e poi abbassò lo sguardo. Cercando di non piangere, mormorò: -Lo avrei fermato, se solo avessi potuto, se avessi saputo.
- E perché lo avresti fatto? Aiutare un devil! – Disse Kabalè con disprezzo, deridendola amaramente. - A te non importa niente di noi, di lui! Proprio niente! - Singhiozzò, fissandola negli occhi lucenti.
- Lei lo avrebbe fatto, - s’intromise Dolce – perché è una angel, e gli angel salvano le persone. E anche i devil.  
- No, Dolce.- la corresse Urié, a bassa voce. – Non solo per questo... forse è meglio che tu stia in silenzio - E spinse indietro l’amica.
Raf aveva ancora lo sguardo perso nel vuoto, e piangeva.
 - Smettila, Kabalé! Smettetela tutti! Perché è colpa mia? Sulfus l’ha fatto per me, è vero, ma ha scelto lui di farlo, e a me non ha detto nulla! Solo quando era in fin di vita… – la voce di Raf si spezzò - …mia madre mi ha avvisata del pericolo che lui correva, ed io... io non potevo lasciarlo solo.
-Ma credi davvero, – continuò Raf – credi davvero che se lo avessi saputo prima lo avrei lasciato m.... che non lo avrei salvato? Come pensi che mi sia sentita, a crederlo morto fra le mie braccia? Avrei preferito essere morta io al suo posto! Avrei dato qualunque cosa per non vederlo morire!
Urlò quelle ultime parole con quanto fiato aveva in gola. Quando ebbe finito, le sue spalle tremavano, così come le gambe.
Ricordava ancora gli occhi gonfi di Sulfus mentre si chiudevano, fissandola per un’ultima volta...
Se solo avesse saputo... non lo avrebbe mai lasciato morire. Mai.
Perché... perché lo amava.
- Io non lo lascerò morire, e tu lo sai! E sai anche il perché! Farò qualsiasi cosa per salvarlo, non lascerò che usino la sua anima! A costo di rischiare la mia stessa vita! - abbassò lo sguardo e uscì correndo dalla piccola sala fredda, seguita a ruota da Angelie.
Raf corse, corse e corse ancora.
I ricordi sono la cosa più dolorosa che abbiamo, senza dubbio. Dovunque vai, continuano a seguirti. Sono come le ombre. Non ti lasceranno mai, fino alla morte.
Raf corse più veloce che poteva per fuggire dai ricordi e, in fondo, anche da se stessa. Voleva correre via dal maledetto ricordo degli occhi di Sulfus agonizzanti mentre moriva. Via dal maledetto ricordo dei tratti tumefatti del suo volto. Voleva scappare dall’incubo.
Svolta dopo corridoio, dopo svolta, dopo corridoio, dopo svolta, dopo altro corridoio.
Ma puoi correre quanto vuoi, non solo non scapperai da nessun problema, ma alla fine troverai sempre un muro a frenare la tua corsa. Anche Raf lo trovò. Batté i pugni su quel muro e si lasciò cadere ai suoi piedi, continuando a singhiozzare. Piangere era l’unica cosa che potesse fare. Piangere e gridare al muro il suo dolore per quel che aveva perso.
Se invece di continuare a ripetere a Sulfus che la loro storia era impossibile avesse accettato di trovare una soluzione insieme, lui non avrebbe cercato un rimedio estremo, rischiando la sua vita.
E invece no, lei aveva continuato imperterrita a negarsi, a negare il loro amore.
Ma lui non si era arreso. Lei sì, perché non aveva valutato altre soluzioni che una: lasciarlo per sempre. Nonostante lo amasse. Nonostante le regalasse emozioni fortissime anche solamente un suo sfiorarle la mano.
Nascose il volto fra le mani.
Era vero, allora. Era veramente colpa sua.
La vista tremolava, era sfocata, segno che altre lacrime erano ansiose di scorrerle lungo le guance.
- Raf...
Lei sollevò lo sguardo. C’era sua madre lì.
- Che ci fai qui?
In silenzio Angelie si sedette accanto a lei. Anche se Raf non sapeva niente di lei, in quel momento era l’unica persona capace di darle conforto. E così la strinse forte. E lei la lasciò piangere.
 
 
In infermeria era tornato il silenzio.
Miki fissò Raphitya, una muta richiesta negli occhi, e lei annuì. Dopo che loro per prime iniziarono, tutti gli altri, sia gli angel che i devil, si misero a pregare. Gli angel pregavano a mani giunte verso l’alto, i devil a mani giunte verso il basso. Tutti uniti nel silenzio.
Ang-li si sentiva terribilmente addolorato per Sulfus. Non lo credeva, in tutta sincerità, capace di fare una cosa simile. Non credeva che amasse davvero Raf sino a quel punto. E invece…
Si sentiva in colpa, adesso, ad aver mandato quelle rose a Raf.
Anche Arkan e Temptel, in fondo, si  sentivano in colpa. Loro erano professori, due sempiterni potenti... forse avrebbero potuto fare qualcosa...
Kabalé stessa si sentì in colpa, per aver urlato a quel modo contro Raf.
Io non lo lascerò morire, e tu lo sai! E sai anche il perché!”.
Perché lo amava. E lui amava lei. Doveva rassegnarsi.
Raf invece era ben lungi dal rassegnarsi. Se lo avesse fatto, la nostra storia avrebbe anche potuto finire qui. Avrei potuto raccontare di come le sirene usarono l’anima di Sulfus per dare vita a Layadda, per essere liberate. Avrei dovuto raccontare di come angel, devil e terreni vennero distrutti. Di come le sirene disseminarono dolore e distruzione nel mondo.
Ma fortunatamente non dovrò dire nulla di tutto questo, perché Raf decise di non arrendersi.
La scelta era sua, e da quella scelta dipendeva tutto. Il suo destino non era segnato, la storia era tutta da scrivere.  E sarebbe stata Raf a determinarne il finale.
Finale che mi prenderò io la premura di raccontare, per chi vorrà conoscerlo.
Quindi accomodatevi pure... questo è solo l’inizio.



Ho aggiornato prima rispetto al solito perché domani è il mio compleanno, sto facendo una festa in grande e quindi sarò incasinatissima. Ne ho approfittato ora che ho il tempo. Gli altri capitoli però seguiranno l'aggiornamento regolare... almeno si spera XD
Sto pubblicando, sempre a nome di Dolce_Kira, una fanfiction super fluffosa nel fandom di Kuroshitsushi (aka Black Butler); se siete interessate fateci un salto!
Saluti!
Aching heart

 
   
 
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