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Autore: MagikaMemy    01/02/2009    13 recensioni
E' arrivato il momento di dirsi addio. Il momento di capire che niente, per Sora e gli altri, tornerà ad essere come prima.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 15: piscine deserte, onde perfette e lattine svuotate

Si strofinò il bagnoschiuma sulle braccia prive di peli, simili a quelle di un ragazzino dell’asilo e per nulla abbronzate.

Sora sbuffò: incredibile, ogni estate la stessa storia!

Era più bianco di Riku!

Aveva provato a mettersi seriamente al sole per abbronzarsi, un paio di giorni prima, con tanto di occhiali e tankobon, pronto per passare l’intero pomeriggio in catalessi sotto i raggi.

Ma dopo dieci minuti su tutta la pelle aveva avvertito un pizzicore tremendo, come se fossde stato punto da mille granchi invisibili, ed era stato costretto a ripararsi sotto l’ombrello da Gotich Lolita* di Paine, che lo aveva guardato malamente, mentre Tidus gli gridava dietro che ‘non reggeva neanche un po’ di sole’.

Oh, certo, mica erano tutti come lui, che bastava stesse un secondo sotto quella lampadina gigante per diventare più scuro della cioccolata che piaceva tanto a Demyx!!

Posò la confezione di bangoschiuma profumato sul pavimento, e in silenzio iniziò a sciacquarsi, mentre lo shampoo iniziava a colargli e gli finiva un po’ negli occhietti azzurri.

“Ahi! Porco Shinji !”

“Socchan, solo perché odi Neo Genesis Evangelion** non vuol dire che devi insultare i protagonisti! Ti ricordo che io ho la collezione di tutti i tankobon e degli OAV***!”

Sora si fermò immediatamente, alzandosi sulla punta dei piedi e affacciandosi alla doccia accanto, dove un Roxas più contento del solito era intento a chiudere l’acqua e infilarsi le infradito.

“E’ solo un manga, Rox!”

“Come il tuo stupido Ranma, Socchan?”

Tidus si mise a ridere quando sentì Sora urlare qualcosa come “Non toccare il MIO Genma-san!”

“Avete finito di fare macello?! Sbrigatevi a lavarvi, stiamo aspettando da mezz’ora!” puntualizzò dall’esterno Xaldin, mentre, accanto a lui, fuori dalla porta, Marluxia cercava di guardare dentro, Demyx gli tirava le orecchie e Axel, tanto per fare qualcosa di diverso dal solito, si stava fumando una sigaretta.

Roxas aprì la porta della sua doccia, lasciando libera una quantità preoccupante di vapore, e ciabattando uscì all’esterno, coperto dall’accappatoio.

Demyx, senza preoccuparsi di non farsi vedere, diede una gomitata rumorosa ad Axel, che si voltò e per poco non collassò sull’erba.

“Com’è oggi l’acqua, Roxy?” chiese Marluxia, avvicinandosi un po’…beh, un po’ troppo.

Axel scattò in avanti e prese Marluxia per una spalla , con la stessa espressione di un bambino a cui hanno appena rubato una caramella appena comprata.

“Marlu-chan…vuoi che ti mandi sotto l’acqua fredda a calci oppure ci vai coi tuoi bei piedoni da Yeti?”

Marluxia, che si aspettava una reazione del genere, si mise a ridere.

“Va bene, va bene, ti lascio il tuo cucciolo” fece, divertito, e si fiondò nella doccia appena liberata da Roxas.

Il ragazzino guardò Axel, asciugandosi i capelli con un secondo asciugamano e sentendo delle goccioline d’acqua che gli colavano ancora dalla punta del naso.

Axel gli gettò un’altra occhiata vorace, poi si affrettò ad allontanare gli occhi.

“Emh...vatti a cambiare, sennò poi prendi freddo.”

Roxas, per la prima volta, si ricordò che sotto quel dannato accappatoio non aveva assolutamente niente, neanche l’intimo, e arrossì visibilmente.

“Già, è…è meglio che vada.” Balbettò, imabarazzato, per poi correre verso il bungalow.

Axel lo guardò andare via, sperando che gli si alzasse un po’ il lembo dell’accappatoio, anche se sapeva benisimo che era una cosa da pedofili.

Xaldin e Demyx, alle sue spalle, sbottarono a ridere.

“Ehy, Ax, mi sa che ti serve un bagno…vuoi che ti libero una doccia?” chiese Xaldin, divertito come un matto.

Axel si girò di scatto, mentre Demyx e quel brutto vecchiaccio sembravano sul punto di chiedere un pannolino per non sporcarsi le mutande, tante erano le risa.

“AHAHAHAH! Ax, non per dire eh…ma tra le gambe sei un po’….”

Axel gettò subito un’occhiata alle parti basse e…

CAZZO!

Si voltò verso la direzione in cui era andato Roxas, ora deserta, e per la seconda volta in tutta la sua vita la pelle del viso divenne tutt’uno con i capelli.

“Bastardi!!! Come se a voi non fosse mai successo! E poi…mica è così per Roxas…devo…devo solo fare pipì!”

“Sì, e i bambini nascono sotto i cavoli!” fece Demyx, asciugandosi le lacrime dagli occhi azzurri. “Axel, davvero…devi trovare una soluzione a questo problema! Roxas ha solo sedici anni…non puoi farci le porcate come con uno di venti!”

“LO SO BENISSIMO!” tuonò Axel, più in imbarazzo che mai, nascondendo il viso fra le mani e ancora girato.

Oh merda…

Perché non poteva sparire?!

Desiderò con tutto sé stesso che in quel momento precipitasse un aereo e lo colpisse in pieno, ammazzandolo sul colpo.

“…la doccia me la faccio oggi pomeriggio!” esclamò, contrariato.

Poi, senza aspettare risposta da quei due idioti, si allontanò in una direzione a caso.

Anche una necropoli sarebbe stata meglio di quelle stupide doccie pubbliche!

Correndo, andò a sbattere contro qualcosa, e si ritrovò davanti una Kairi perplessa.

“Aku-senpai!” esclamò la ragazza, sorpresa di ritrovarsi davanti proprio il ragazzo a cui stava pensando.

Axel la salutò flebile, ancora sovrapppensiero.

Basta, non…non ce la faceva più!

Lui voleva bene, a Roxas…sul serio…

Gli piaceva tenergli la mano, guardarlo ridere, o lavorare, o giocare a calcio…però…non poteva farci niente…il suo istinto sembrava non accontentarsi di cose del genere…

Però lo sapeva, accidenti…sapeva che Roxas era qualcosa di troppo delicato…qualcosa di troppo importante…non voleva trattarlo come uno di quelli da “una botta e via”…Roxas era diverso…

“Axel-san?! Ci sei?” domandò Kairi, vispa, schioccando le dita davanti agli occhi verdi di Axel, che subito sobbalzò.

“Ah, scusa, ero…ero distratto. Ti ho fatto male?”

Kairi sorrise, sbattendo leggermente le piccole ciglia colorate con una punta di mascara.

“No, tranquillo. Piuttosto…senpai, sei sicuro che vada tutto bene? Mi sembri pensieroso.”

Axel, senza pensarci due volte, prese la sigaretta che teneva dietro l’orecchio e se l’accese, nonostante ne avesse appena finita una.

Forse doveva davvero comprarselo, quel libro per smettere di fumare.

Avrebbe potuto chiederlo a Zexion per compleanno; era l’unico a cui potevi chiedere dei libri per regalo senza avere timore di farti ridere in faccia.

Kairi continuava a fissarlo, manco fosse stato il pupazzo del Tottoro nel Museo dello Studio Ghibli****.

Prese una boccata di fumo e si afflosciò a terra, appogiato al muretto.

“Beh, il fatto è…che ho un po’ di problemi.”

“Con mio cugino?”

Axel rischiò di strozzarsi con la sua stessa saliva, e si voltò verso Kairi con gli occhi spalancati: la ragazza, dal canto suo, si limitò a ridacchiare e a sedersi accanto a lui, sistemando accanto la borsa a tracolla dove aveva l’asciugamano per la spiaggia.

“Sai, Aku-senpai” cominciò, godendosi l’espressione esterrefatta di Axel per qualche breve istante “Roxas…è un ragazzo diverso dagli altri. E’ pieno di rabbia verso il mondo, e non ha fiducia in niente. Sua madre…lo ha abbandonato quando aveva sei anni o giù di lì.”

Axel lasciò che la sigaretta cadese a terra, stavolta davvero, davvero stupito.

…allora era questo ciò che Roxas gli aveva sempre tenuto nascosto?

Ma perché?

Perché…perché non glielo aveva mai raccontato?

“Dici sul serio?” chiese, senza urlare né agitarsi, ma alterando leggermente la voce, cosa di cui Kairi si accorse.

Si fissò i piedi, sovrappensiero, e Axel, se non fosse stato completamente preso da ciò che lei stava dicendo, si sarebbe chiesto se non avessero qualcosa che non andava.

La ragazza fece un piccolo cenno del capo, agitando lievemente le ciocche rossicce che le cadevano sulle spalle e spegnendo di un poco lo sguardo.

“Mia zia…se n’è andata di casa una mattina presto, durante uno dei viaggi di lavoro di mio zio. Ha lasciato Roxas da solo.” Spiegò, rapida e secca, come se anche il semplice ricordare le facesse troppo male.

Axel, che aveva raccolto la sigaretta, fece un lunghissimo tiro, mentre dentro lo stomaco gli si apriva una specie di voragine grande quanto il Monte Fuji.

Roxas...il suo Roxas…

Era per questo che non si fidava mai di nessuno…?

Quella donna…lo aveva abbandonato a un’età del genere…mentre il padre non c’era…

…chi potrebbe mai fare una cosa del genere al proprio bambino?

“E’ una cosa….disgustosa.” riuscì solo a mormorare, ignorando gli occhi che, lenti, iniziavano ad appannarsi.

Kairi tacque per un breve istante, poi, con una mossa secca, si alzò, portano la borsa con sé e rimettendosi il capellino da baseball che aveva tolto poco prima.

“Aku-san…”

Axel incrociò gli occhi con quelli azzurri di lei, e non potè fare ameno di notare che erano di un colore similissimo a quelli di Roxas.

“…ti prego…non fargli del male.”

Il ragazzo, senza aspettare che aggiungesse altro, assunse un’espressione severa.

D assoluta convinzione esincerità, come se non avesse dubbi a riguardo.

“Io amo tuo cugino, Kairi.” Disse semplicemente.”Lo amo come…come non ho mai amato nessuno.”

Kairi lo vide sorridere, e ricambiò il gesto.

Suo cugino aveva ragione.

Axel sapeva davvero farci, con le parole.

***

“Sonounidiotasonounidiotasonounidiotasonounidiota…”

Rikku continuava a ripetersi la stessa frase ad alta voce da circa mezz’ora, ovvero da quando si era alzata.

Stava facendo tardi, accidenti!!!

Ma a che ora era andata a dormire, la sera prima?!

Svoltò a destra correndo, infilando una manica del giacchetto azzurro e con una fetta di pane tostato stretto tra i denti.

Cercò di fare mente locale.

…erano tornati dal ristorante verso le dieci…poi si era infilata il pigiama, quello che Selphie le invidiava tantissimo…poipoipoi…h, sì, aveva iniziato a giocare a Tekken con Yucchan…avevano fatto una ventina di incontri, poi lei si era stufata e aveva mangiato un pacchetto di patatine al formaggio, di quelle che Kairi diceva sempre che puzzavano…

Accidenti…si ricordò tutto u tratto che l’ultima volta ch aveva visto l’orologio era l’una passata…

Beh, quando uno è deficiente…

“Merda!” esclamò, rivolgendosi a se stessa e fermandosi un nano secondo, quel poco che bastava per riprendere fiato.

Stava già per ripartire, con tanto di posa da centometrista delle braccia e delle gambe, quando in lontananza vide Riku su una panchina accanto al campo da calio, intento a parlare al telefono.

Oh, beh..tanto ormai era in ritardo…

Sorrise, sentendosi una perfetta cretina, e senza pensarci due volte si avvicinò al ragazzo.

Quando lo raggiunse, gli si piazzò davanti, mantenendo un sorrisone largo tre metri che gli occupava da solo mezza faccia.

Riku sospirò, chiedendosi cosa aveva fatto di male nella vita per meritarsi una punizione simile.

Al telefono con quel tirannosauro di sua madre e davanti agli occhi la sclerata dell’anno.

Fantastico.

Ok, ora potevano dirglielo…dov’erano le telecamere?

“Sì….d’accordo. Ciao.”

Non fece in tempo a chiudere la conversazione che Rikku gli era praticamente già saltata addosso, sedendoglisi sulle ginocchia.

“Good morning, Ricchan!” esclamò la ragazza, piegando le labbra truccate di lipgloss in un sorriso.

Riku riuscì a malapena a rificcare il cellulare nella tasca dei jeans, poi le lanciò uno sguardo non troppo benevolo.

“Non dovresti essere a lavoro? E poi ti ho già detto mille volte di non chiamarmi Ricchan!”
Rikku assunse un’espressione crucciata, che mal si addiceva ai suoi lineamenti appuntiti.

“Come siamo scorbutici oggi, Ricchan.” Osservò, inserendo una nota d’ingenuità nella voce, per darsi un’aria infantile e sperare che Riku si addolcisse.

Ovvio, sapeva che non sarebbe successo.

Eppure ogni volta ci provava, a fare gli occhi dolci: insomma, sua madre le aveva sempre detto che un battito di ciglia può sconvolgere un uomo più di una vitoria della sua squadra preferita di calcio.

Ma Riku non era proprio il tipo, da fare caso a certe cose.

Non che fosse insesibile, oh, no.

Non avrebbe mai potuto pensare una cosa del genere.

Preferiva credere che il suo fosse solo un atteggiamento per far scena.

Evidentemente, non riusciva proprio ad accettare che quel comportamento fossse dovuto al fatto che lui, semplicemente, voleva solo farsi gli affari suoi e stare da solo, alle volte.

Riku alzò gli occhi al cielo, e le fece spazio sulla panchina, tanto per far pace con la coscienza.

Naturalmente, Rikku non esitò a fiondarsi lì accanto e sedersi a gambe incrociate, fissandolo.

“Stamattina mi sono alzata tardi. Ma scommetto che Namichan se la caverà alla grande.” Fece una pausa, come a sperare che lui si mostrasse interessato alla cosa.

Quando capì che al ragazzo non poteva fregare di meno, riprese a parlare come se nulla fosse.

“…Ricchan…posso farti una domanda?”

Riku, ormai amareggiato e arreso all’idea di essere chiamato in quel modo ridicolo per tutta la vita, si limitò a fare un piccolo cenno con il capo, scuotendo un poco la frangetta chiara che gli ricadeva sugli occhi.

Rikku aveva sempre pensato che sarebbe stato molto meglio senza quei capelli sul viso, ma al momento il pensiero non la tangeva minimamente.

“…ti piace qualcuna, Ricchan?”

Riku non mostrò alcuna reazione, nonostante il suo primo impulso fosse stato quello di scavare nell’asfalto o farsi investire dalla prima macchina di passaggio.

Ma mantenne il controllo.

Come sempre, del resto.

“Rikku…non sei il mio tipo, te l’ho detto cenntinaia di volte.”

“Ma perché no?! Voglio dire…cos’ho che non va?” chiese lei, saltando in piedi sulla panchina.

Riku la guardò negli occhi, disperato.

“Non…sei tu, il problema…è…una cosa complicata”

“E non puoi spiegarmela?!” sbottò la ragazza, iniziando ad arrabbiarsi.

Riku le lanciò uno sguardo carico di rammarico.

Cosa doveva dirle, diamine?!

Perché non riusciva a farsene una ragione?!

Eppure, l’aveva rifiutata tante di quelle volte…una ragazza normle si sarebbe rassegnata già da tempo.

“Rikku…mi dispiace. Dico davvero.”

Rikku arrossì com non aveva mai fatto, gli occhi pieni di lacrime.

Il ragazzo avrebbe voluto agiungere qualcos’ altro, ma il timore che la situazione potesse peggiorare gli fece tenere la bocca ben chiusa.

Rikku tornò a sedersi, stavolta sulle ginocchia, verso Riku: prese il volto del ragazzo tra le mani e lo baciò.

Non in modo volgare, no…con una tristezza infinita.

Le guance di Riku erano immobili sotto il suo tocco, quasi come se lui fose diventato all’improvviso di ghiaccio.

Si allontanò, mentre ormai piangeva come una bambina a cui hanno appena rubato il giocattolo appena comprato.

“Eppure…tu…mi piaci così tanto…”

***

Fece cadere la lattina a terra, e quella si aprì contro un sasso.

Sora percepì il cuore fermare i suoi battiti, ma non fece in tempo a riprendere fiato che fu costretto a nascondersi dietro al primo cespuglio nelle vicinanze, perché Rikku, seduta laggiù sulla panchina, si guardava attorno ancora frastornata.

Il ragazzo spostò lo sguardo verso Riku, che guardava in basso senza espressione.

…Riku…

Gli aveva dato appuntamento là la mattina presto, prima del lavoro…gli aveva detto che aveva bisogno di parlargli...e lui aveva anche comprato delle lattine al distributore, di quella bibita schifosa che sembrava piacesse solo a lui…

…cos’era quel…terribile senso di vuoto che gli stava invadendo il petto?

Non lo sapeva…l’uncia cosa di cui era certo era che voleva vedere Rikku andarsene e dimenticare quella scena al più presto…

Certo…Rikku era sempre stata innamorata persa, di Riku…ma lui, la sera prima…

Oh, accidenti…

Si alzò di scatto, ben attento a non farsi vedere, poi sgattaiolò per la strada battuta che portava alla spiaggia.

Iniziò a correre, correre più forte che poteva, sperando che la mente gli si svuotasse.

Merda…merda!

Non…non era normale!!
La sua reazione non era normale!!

Si stava comportando da pazzo!

Raggiunse lo stabilimento con un’espressione di vuoto totale, come se qualcuno gli avesse appena soffiato via l’anima.Si fermò in piedi, le scarpe piene di sabbia, a fissare le onde azzurre e tanto perfette da essere irritanti.

Alcune ragazze stavano giocando con un grande pallone a stelle rosa, lanciandoselo e gettandosi in acqua per tentare di acchiapparlo, con i capelli lunghi e gocciolanti che ricadevano sulle spalle e i costumi a fantasie assurde.

“Socchan, che ci fai qui?”

Sora riconobbe all’istante la voce di Kairi, e si voltò per mostrarle un sorriso falso.

Il primo della sua vita.

Non aveva mai avuto bisogno di fingere…era sempre stato davvero felice, spensierato, uno che quando aveva visto Il Re Leone la prima volta aveva subito adottato le parole Hakuna Matata rendendole il suo motto.

Kairi non ricambiò il gesto, al contrario assunse un’espressione crucciata.

Aveva capito che stava fingendo.

E per un istante gli tornarono alla mente le parole di Selphie…che Kairi era innamorata di lui…

…in fondo…non era quello che aveva sempre voluto?

Non era ciò che aspettava da anni? Le parole che voleva sentire da quando erano alle medie?

Preso da quei pensieri istintivi, si avvicinò a Kairi e le sfiorò una guancia con le dita.

….no…non lo stava facendo perché aveva visto Riku e Rikku che si baciavano…lo stava facendo perché…

Bèh…perché Kairi gli era sempre piaciuta…no?

“Kacchan.”

Kairi sembrava aver capito che la situazione stava avendo una svolta imprevista, e le guance chiare le si colorarono di un delizioso e leggerissimo rossore.

Sora finse di non notarlo: la sua mente era come una finestra appannata, e neanche lui riusciva a rendersi bene conto di cosa stesse facendo.

Una parte del suo cervello era lì sulla spiaggia…ma l’altra, quella più piccola, sembrava ancora addormenatata, e continuava a sognare la stessa scena…continuava a vedere le labbra di Riku che incontravano quelle di Rikku…

“…Socchan..?” bisbigliò Kairi, mentre il rumore del mare e le risate dei bagnanti si facevano, alle sue orecchie, sempre più piccole.

Doveva tornare a lavoro…al chiosco non c’era nesuno..chissà perché, Riku non era ancora arrivato..Oh, ma a che diamine stava pensando?!

Sora era lì, davanti a lei, vicinissimo, tanto che avrebbe potuto contare le ciglia dei suoi occhi stupendi…e lei pensava a cose simili?!

Sora non la stava neanche a sentire…abbassò lo sguardo per un attimo, e la luce nei suoi occhi, Kairi lo vide, si spense per un istante.

Poi, come se stesse scacciando un brutto pensiero, scosse lievemente la testa, credendo di non essere visto: rialzò gli occhi, un velo di serietà che glieli riempiva.

“…vuoi metterti con me?”

**

Andiamo in moto, aveva detto.

Sara divertente, aveva detto.

….ma la colpa non era stata di Axel, oh no.

La colpa era stata sua, che gli aveva creduto e aveva avuto la masochista idea di seguirlo davvero!

E adesso, con il casco che gli stava distruggendo i capelli che aveva impiegato mezz’ora a sistemare, la maglia che, controvento, sul davanti si attaccava alla pancia come fosse fatta di scotch e il vento negli occhi, riusciva a rendersi conto che sarebbe stato meno autolesionista se avesse fatto bangee jumping senza corda.

Si, sicuramente i rischi sarebbero stati minori.

Chissà, magari mentre cadeva sarebbe riuscito ad aggrapparsi a qualcosa…chessò, uno di quei rami secchi che stavano in tutti, tutti i film di avventura e che, puntualmente, salvavano quello sfigato del protagonista, che, non si sa come, ogni volta riusciva magicamente ad aggrapparcisi senza finire schiantato al suolo.

Oh, ma a che diamine stava pensando?!

La sua vita era seriamente in pericolo.

“AXEL, IO TI AMMAZZOOOOOOOOOOOOOO….” Gridò d’un tratto, sperando che l’altro lo sentisse.

E così fu, o almeno lo intuì, perché lo sentì ridacchiare da sotto il casco rosso.

Il ragazzo, in tutta risposta, impennò, aumentando la velocità, e Roxas fu costretto a saldare la presa intorno alla vita di Axel

….dannato!

Lo stava facendo apposta, perché voleva essere abbracciato più forte!!

Che razza di malato poteva divertirsi a flippare su una moto rossa fuoco sull’autostrada di una giornata di fine estate?!

Non voleva morire, era…era troppo giovane!

Aveva appena imparato a baciare, cavolo, Dio non poteva fare qualcosa di tanto crudele da ammazzarlo proprio ora che la vita cominciava ad avere un senso!
Axel rallentò di pochissimo, quel poco che bastava per permettergli di aprirsi un attimo il vetro del casco e lasciare che l’aria d’estate gli arrivasse in volto.

Quando finalmente Axel frenò buscamente, Roxas riaprì gli occhi, dopo che li aveva tenuti sigillati (non chiusi: sigillati. Ermeticamente, quasi) per più di dieci minuti, e si guardò attorno, psicologicamente distrutto.

“Prima o poi dovrai spiegarmi perché abbiamo preso l’autostrada. Potevamo venire in autobus, saremmo arrivati da un pezzo.”

Axel si mise a ridere, mettendo la catena alla moto e togliendosi il casco, liberando i capelli sparati da tutte le parti.

“Cavolo, quanto ti lamenti! Volevo farti fare un giro…perché, non ti sei divertito?” domandò, immaginando la risposta.

Roxas fece una smorfia come se qualcuno gli avesse appena dato una spinta sulle costole.
”Oh sì, come a una riunione di satanisti.”

Axel fece una piccola risata, alzando gli occhi al cielo.

“Dio, sei così romantico da farmi venire i brividi” esclamò, ianrcando un sopracciglio.

Il più piccolo incrociò le braccia al petto.

“Wow, hai appena fatto la prima battuta sarcastica della tua vita. Stasera riso con fagioli rossi.*****”

“Ehy, già di cattivo umore? E io che ti avevo invitato perché volevo stare un po’ con te. In quel dannato villaggio non riusciamo quasi mai a vederci.”

Lasciò la frase in sospeso, e Roxas fu colto da un indecifrabile senso di colpa.

Accidenti…Axel non aveva tutti i torti.

Era lui, che li stava costringendo a tenere nascosto tutto questo.

E pensare che non ci sarebbe stato nulla di cui vergognarsi…eppure…

“….non mi sento ancora pronto per dirlo agli altri, Ax. Mi dispiace…io…”

Axel gli si avvicinò, il casco ancora tra le mani, e si chinò per guardarlo dritto in viso.

“Ehy” bisbigliò, incurante dei passanti che, di tanto in tanto, lanciavano a entrambi sguardi incuriositi “stavo scherzando. Non me ne frega niente… se stiamo insieme di nascosto.” Abbracciò gli occhi di Roxas, ed ebbe un brivido nel vederli così chiari. “…per me possiamo andare avanti così per sempre. E’ molto romantico, non trovi?” e sorrise.

Roxas capì che stava dicendo così per consolarlo, per togliergli ogni responsabilità….

Lo baciò appena, alzandosi in punta di piedi per stare più comodo.

Axel mollò una mano dal casco per stringerla con la sua, e rimasero così per qualche istante.

“Emh…Ax…non per dire niente…”

Axel aprì gli occhi, e si accorse di essere rimasto imbambolato come un perfetto idiota per qualche secondo buono.

Davanti a lui, Roxas che sogghignava sotto i baffi.

“I film, tecnicamente, vanno visti dall’inizio, non dal secondo intervallo.”

Axel sbottò a ridere, ma quando vide l’ora sul display del cellulare assunse un’espressione impagabile.

“Cavolo! Comincia tra mezzo minuto!”

Prese Roxas per mano e inizarono a correre insieme verso il cinema, facendosi largo tra la folla.

Roxas, col fiatone, alzò gli occhi al cielo, amareggiato.

Nota mentale: mai più cinema con Axel.

A meno che non sia un film che hai già visto.

**

Axel camminava con le mani in tasca, la sigaretta spenta in bilico tra le labbra e l’aria più distratta del mondo.

Non si sarebbe stupito se avesse preso in pieno un palo, ma al momento la preoccupazione era minima.

Il pomeriggio del giorno prima era stato grandioso.

Peccato per il film…tra quaranta persone, l’unico uscito sorridente dalla sala era stato Roxas, con un sorrisone sulle labbra e le guance sporche del burro dei pop-corn.

Aveva detto che il film era stato fantastico, e quando se n’era uscito con questa frase: “il fratello del protagonista era proprio carino” lui aveva provato l’impulso di lanciargli addosso una delle colonne del multisala.

Svoltò l’angolo del bar e si ritrovò davanti alla piscina vuota.

Per forza, erano andati tutti via.

Chissà perché gli aveva detto di vedersi così tardi.

Naminè lo aveva raggiunto al lavoro la matina dicendo che aveva un problema, e l’unica persona con cui se la sentiva di parlarne era lui.

Mah.

Certo che quella ragazza era strana.

Per carità, una bravissima persona…ma alle volte gli sembrava un po’ distante, come se avesse sempre la testa fra le nuvole.

E poi loro due non avevano mai avuto chissa quale rapporto…cioè, parlavano spesso, ma non più di quanto lui chiacchierasse con Kairi o, che ne so, quella ragazzina bionda, quella innamorata di Riku.

Ecco, lui era una di quelle tipiche persone che socializzava un po’ con tutti.

Però aveva accettato di incontrarla perché…beh, perché era la migliore amica di Roxas, e quindi non poteva essere tanto male.

A proposito..ora che ci pensava, non aveva ancora visto Roxas, oggi.

Certo, lo aveva beccato dieci secondi a colazione, ma avevano fatto a mala pena in tempo a salutarsi un attimo, perché entrambi dovevano lavorare.

Sospirò, sedendosi su una sdraio vuota e ripercorrendo mentalmente le dodici lezioni della giornata.

Era distrutto.

Non vedeva l’ora di mettersi a letto, cosa insolita per uno che, come lui, era abituato ad andare a dormire come minimo alle due di notte (anche a causa delle ispirazioni notturne di Demyx, che quando inizava a suonare la sua maledetta chitarra non la smetteva più, con la scusa che ‘aveva avuto un’illuminazione’.)

“Scusa il ritardo.”

La voce di Naminè lo fece alzare di scatto dalla ridicola posizione in cui era seduto, e la ragazza gli si avvicinò sorridente.

Indossava una salopette bianco latte con i pantaloni cortissimi, e i capelli erano raccolti in due trecce spettinate.

Sembrava molto più piccola della sua età, eppure il suo viso aveva qualcosa di strano.

Axel, all’improvviso, si sentì a disagio senza un’apparente ragione.

…aveva…una brutta sensazione.

Cercò l’accendino nella tasca e, una volta trovato, accese la sigaretta, provando a non pensarci.

“Figurati, erano appena arrivato” esclamò, sorridendo. “Allora, cosa succede?”

Naminè smise improvvisamente di sorridere, e iniziò a camminare a bordo piscina, le mani dietro alla schiena.

“...sai, Aku-senpai…sono…innamorata di un ragazzo.”

Axel la guardò accigliato.

“Beh, alla tua età mi sembra normale. Per caso lo conosco?” chiese, senza reale interesse…più che altro, gli sembrava scortese mostrarsi menefreghista.

Naminè smise di camminare e guardò il pelo dell’acqua illuminata dalle luci artificiali sul fondo.

“Oh, direi di sì.” Cominciò, senza mostrare segni di imbarazzo. “...ma non penso di avere possibilità. Sai, non credo mi abbia notata poi molto.”

Axel diede un tiro, agitato.

La sensazione di prima non accennava a sparire… al contrario, si sentiva sempre più nervoso.

Accidenti!

“Beh…ma lui sa che ti piace?”

Naminè lo guardò fisso negli occhi.

“Adesso sì.”

Axel rimase sbigottito per un attimo, poi realizzò ciò che la ragazza voleva dire e arrossì di botto, imbarazzato.

…oh, no…

Naminè gli si avvicinò e, in silenzio, si sedette su di lui.

Axel era visibilmente agitato, e non badò al rumore di passi che si avvicinavano.

Naminè guardo alle spalle di Axel senza che lui ci facesse caso.

Dietro di loro, trovò Roxas che avanzava nella loro direzione, incuriosito.

Lei fece una smorfia di eccitazione, poi, facendo finta di nulla, di nuovo puntò i suoi occhi di ghiaccio verso Axel.

“Senpai…”

Axel non ebbe neanche il tempo di rendersi conto della situazione: Naminè posò delicatamente le labbra sulle sue.

Il ragazzo era talmente confuso da non riuscire neanche a ribellarsi, e lei approfittò della situazione per rendere il bacio più profondo.

Axel, quando finalmente realizzò cosa stava accadendo, prese le spalle della ragazza e la allontanò con un movimento brusco.

Naminè aveva ancora le labbra umide, ma sembrava soddisfatta.

Guardò dietro ad Axel, e il visetto le si illuminò in un sorrisone.

“Oh, ciao Roku-chan.”

Axel, sentendo quel nome, si voltò di scatto: davanti a lui, Roxas lo fissava senza parole.

Riusciva a vedere le lacrime già appese alle sue ciglia, e il viso gli era diventato paonazzo.

Si alzò immediatamente, lasciando che Naminè cadesse a terra, e cercò di prendere Roxas per una mano.

“Rox! Posso…posso spiegarti!” riuscì solo a balbettare.

Roxas abbassò il capo, nascondendo gli occhi sotto la frangetta, e con uno schiaffo allontanò la mano di Axel.

Il ragazzo sentiva un nodo all’altezza della gola, ma Roxas…sembrava semplicemente senza espressione.

“…scusate se vi ho interrotti.” Sussurrò, e poi corse via.

Sentiva Axel chiamarlo da dietro, ma non sarebbe mai voltato indietro.

Continuò a correre, le gambe che sembravano in procinto di cedere da un momento all’altro e piangendo come quando sua madre se n’era andata.

Singhiozzava così forte che avrebbe potuto scuotere una montagna, e senza neanche accorgrsene arrivò alla spiaggia deserta.

Non si fermò neanche un istante per guardare il sole che tramontava contro il mare: gettò le scarpe da qualche parte sulla sabbia ericominciò a correre a piedi nudi, continuando a piangere e urlare.

…era stato uno stupido…era stato uno stupido…

…l’amore non esisteva…nessuno al mondo riusciva ad amare senza poi tradire…

…era stato così con sua madre…e ora ci era cascato di nuovo…

No….no…NO!

Basta…basta…

Non ce la faceva più….basta…

“UCCIDIMI!” gridò ad un tratto, senza smettere di correre e lasciando che le lacrime li appannassero la vista.

“Uccidimi e basta…non voglio più…soffrire…”

Finalmente si fermò, portando un polso sulla mano e sentendo il cuore battere come un tamburo di guerra.

Era sudato, stanco, distrutto.

Voleva solo morire.

Lasciare quel mondo di merda e andarsene.

Volare via come i gabbiani…

“….avevo giurato…che non avrei più voluto bene a nessuno…” disse a sé stesso,stringendo i pugni e con gli occhi chiusi per la rabbia.

“….uccidimi…qui…”

Si sedette sulla sabbia, nonostante sapesse di essere lontano almeno un’ora dallo stabilimento privato del villaggio.

Rivolse lo sguardo verso il cielo colorato dal crepuscolo, senza riuscire a fermare le lacrime.

…per la prima volta in tutta la sua vita…desiderò davvero la morte.

Una morte veloce, meno dolorosa dell’amore.

Una morte che risolvesse ogni cosa.

Una morte che lo lasciasse libero.

Una morte che lo facesse volare via.

Come i gabbiani.

Note dell’autrice:

Vi prego di ignorare la vena emo di quest’ultima parte del capitolo ;___; me depressa dopo un pomeriggio passato a studiare e a sentire canzoni assolutamente depressive.

Comunque sia…avete visto, i capitoli arrivano sempre, alla fine XD in ritardo, ma ogni tanto rispuntano come i funghi.

L’avevo detto, che questa storia l’avrei portata avanti nel bene o nel male U.U Non voglio più ripetere lo sbaglio di New Kingdom heroes (mia fanfiction famosa per essere rimasta incompiuta).

Oltretutto, questa storia per me è importante, e ormai la mando avanti da quest’estate. Sta davvero diventando lunga.

E pensare che inizialmente era un’idea breve….però ha avuto un successo inaspettato, quindi è arrivata dove è oggi. Grazie a voi tutti per il vostro sostegno ^^.

Come avrete notato, Naminè è una bastarda dentro, e in effetti prima mentre rileggevo mi sono chiesta: “non l’avrò fatta troppo stronza?”

La risposta me la sono data da sola: è talmente crudele da essere anche spaventosamente OOC, ma che volete farci, la trama aveva bisogno di un risvolto drammatico.

E poi quante volte le persone migliori fanno delle cattiverie quando meno te l’aspetti?

Voglio dire, Naminè è umana XD

Un’altra cosa che tenevo a dire: Sora è un c**one, stavolta ne avete la ceretzza. Voglio dire, adesso si è messo con Kairi, illudendosi di essere innamorato di lei.

E Roxas e Axel?

Vogliamo parlare di questi due adorabili deficienti??

Eeeeeeh, l’amour…speriamo che questi riusciranno a risolvere tutti’sti casini, sennò dovrò andare avanti all’infinito XD

*= stile molto in voga in Giappone tra le giovani. E’ una moda che fa largo uso di pizzi, merletti, vestiti, cerchietti…le ragazze che vestono così assomigliano spesso a delle bamboline ^^ Sono davvero deliziose

**=Shinji è il protagonista di Neon Genesis Evangelion…manga che dovete conoscere per forza xD

***= OAV sono i film che si basano su delle serie di animazione giapponese. Ammetto di non essere una grande esperta del settoere, però, quindi se ho sbagliato non trattenetevi e fatemelo notare ^___^° *sorride imbarazzata*

****= Il Museo dello Studio Ghibli è un museo dedicato a questi studi di animazione, gestiti dal grande Hayao Myiazaki (regista, tra gli altri, di ‘La Città Incantata’, ‘Nausicaa e la Valle del Vento’, ‘Il mio amico Totoro’, ‘ Il Castello Errante di Howl’, ‘Porco Rosso’ e tanti altri magnifici capolavori, la maggior parte praticamente sconosciuti qui in Italia).

*****= qui Roxas si riferisce ad un’usanza tipica del Giappone: quando accade qualcosa per la prima volta ( ad esemmpio, il primo ciclo mestruale delle ragazze) è tradizione mangiare per cena, appunto, riso accompagnato da fagioli rossi, in segno di augurio.

Note finite….ho cercato di limitarmi, in questo capitolo.

Neanche stavolta risponderò alle recensioni, mi dispiace…ma ho passato il pomeriggio a scrivere, quindi ora ho mille cose da fare T___T spero mi perdonerete.

Al prossimo capitolo ^^ Con la speranza che questo vi sia piaciuto.

Grazie infinite a tutti voi che mi leggete, recensite, aggiungete ai preferiti o anche che semplicemente mi sostenete con il vostro affetto e il vostro interesse.

Senza di voi, ricordatelo, questa storia non sarebbe mai arrivata fin qui.

Spero di riuscire ad aggiornare prima, la prossima volta ^____^!

Un abbraccio grande grande to everybody

*MagikaMemy*

   
 
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