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Autore: rossella0806    23/08/2015    2 recensioni
Aurora è una ragazza con un passato molto doloroso alle spalle: dopo l'ennesima batosta ricevuta nella vita, decide di rifugiarsi in un paesino sperduto, un posto magico circondato da lago e montagne, per poter riflettere e ridare un senso alla propria vita.
Qui si ritroverà a fare i conti con se stessa e con la curiosità dei paesani, gente semplice che si rivelerà di grande aiuto per la sua rinascita spirituale.
Grazie a tutti loro, dal sindaco impicciona, a Liliana, la bottegaia del paese, a Linda, una ragazzina di dodici anni, a Macchia, un gattino trovatello e a Tommaso, aitante vigile del fuoco, Aurora imparerà a vivere e ad affrontare la sua solitudine.
E, alla fine, non solo verrà riscattata dalla sua passione per la fotografia ma, grazie anche ad un incontro inaspettato, si scoprirà più forte e amata di quanto avrebbe mai immaginato.
Genere: Commedia, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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                                     Gita in città e lavoro nei campi


                                                                                     

La chiesetta sconsacrata di sant'Abbondio, di cui ho parlato nello scorso capitolo, durante la Festa dell'Uva di settembre


Aurora sta guidando sicura, mentre Linda tiene in braccio Macchia, che guarda fuori dal finestrino un po’ agitato.
E' da parecchio tempo che non tiene tra le mani un volante, che non vede scorrere, davanti a lei, la strada, a tratti vellutata e a tratti disseminata di piccole o grandi imperfezioni.
Una volta a settimana, di solito il venerdì sera, Mattia passava da casa a prenderla e, insieme, andavano a vedere un film o uno spettacolo a teatro, poi mangiavano in un locale dove suonavano musica dal vivo.
Sono molti mesi che non abbiamo una serata solo per noi, riflette la ragazza, e tutto questo le manca terribilmente.
-Sono proprio contenta che tu sia arrivata in paese- la fa quasi sobbalzare Linda, la voce allegra e lo sguardo perso oltre il finestrino, mentre con una mano continua ad accarezzare la testolina del felino.
Aurora le lancia un'occhiata impensierita:
-Davvero? E perché?!-
-Vuoi la verità?-
-Sì, se è una cosa bella … -
-D’accordo: allora, per prima cosa mi stai simpatica e poi con quella storia del tesoro hai confermato che il fantasma del giardino non è una mia invenzione! Sai, da grande voglio fare la criminologa, e credo che se comincio a fare un po’ di pratica, forse è meglio! A proposito, lo hai per caso visto una di queste notti?-
-Chi, il fantasma? No, non ho visto nessuno- sorride lei, fissando la strada –è solo una leggenda, ma questo non vuol dire che la storia che mi hai raccontato sia falsa. Stai tranquilla, ti credo-
-Ah beh, grazie, è già qualcosa. Comunque è da molto che non vado in città, voglio dire, a parte per la scuola. Di solito vengo in bici, ma la mamma preferisce che prenda la corriera. Dice che è più sicura, ma in bici è tutta un’altra cosa: puoi vedere il ruscello e i campi, sentire l’aria fresca in faccia, è una sensazione bellissima! A proposito, tu ce l’hai una bici?-
Lei abbassa il volume della radio.
-No, cioè sì, ma non l’ho portata. In realtà ho visto che ce n’è una nella rimessa, ma è talmente vecchia e arrugginita che non ho avuto il coraggio di avvicinarmi per pulirla!-
-Non posso prestarti quella della mamma perché non c’è l’ha. Anzi, ti dico un segreto: non è proprio capace di usarla! Però a lei non dirlo, ci rimarrebbe male-
-Va bene, stai tranquilla- la rassicura lei -svolto di qui, vero?-
-Sì sì di qua. Quando entri in città, devi proseguire fino al semaforo, poi ti dico dove girare-
-Ok-
Linda sembra un treno in corsa, non si ferma un secondo:
-Senti, posso chiederti una cosa?-
-Dimmi- risponde titubante Aurora, la paura che qualcuno sia venuto a conoscenza dei suoi segreti.
-Perché sei venuta proprio in paese ad abitare? L’altra sera, quando sei venuta a cena da noi, non ho ben capito-
-Ve l’ho detto, ho bisogno di stare un po’ da sola … - cerca di spiegare con tranquillità, le mani che stringono un po' troppo forte il volante.
-Sì, va bene, ma potevi scegliere un’altra città: quello che voglio dirti è che è difficile che una persona della città voglia venire da noi, avete delle abitudini troppo diverse. Di solito succede il contrario, anche se d’estate ci sono un sacco di stranieri: francesi, tedeschi, svizzeri … -
La forestiera fa un respiro profondo e, schiarendosi la voce, prosegue:
-Hai ragione. Però è difficile da dire, ma visto che tu prima mi hai svelato un segreto, posso provare a spiegartelo. Vedi, non mi trovavo più bene dove abitavo prima, lì c’erano delle persone che mi hanno detto delle bugie e altre a cui voglio molto bene ma non so come dimostrarlo-
-Sei innamorata?-
Ora Linda si gira a guardarla con maggiore interesse, mentre Macchia tenta di sgusciarle dalle mani, spaventato da un lieve dosso che hanno appena superato.
-Sì, diciamo di sì … -
-Se non sono troppo indiscreta, posso chiederti che bugie ti hanno raccontato?-
-Delle bugie molto gravi e cattive: hanno cercato di farmi perdere il lavoro e … -
-E’ vero, non ce lo hai ancora detto! Cosa fai?-
-Disegno vestiti-
-Che bello! Io non sono brava a disegnare-
-Posso sempre insegnarti-
-Mi piacerebbe, ma preferisco la musica. Comunque, cosa stavi dicendo?-
-Che ci sono state delle persone che mi hanno fatto soffrire. Adesso sto cercando di dimenticare, per questo ho scelto il vostro pese. Qui nessuno mi conosce ed è tutto molto diverso dalla città-
-Lo so, ma è questo il bello, almeno per chi non è nato qui. Ecco siamo arrivati- la interrompe Linda, indicando un cartello poco distante - devi svoltare alla seconda strada a sinistra, lo studio di Ginevra è il primo sulla sinistra -


Quando escono dallo studio veterinario, il cielo è limpido e sereno: ci sono ancora un paio d’ore di luce.
-Sono contenta che Macchia stia bene- dice Linda, accarezzando il felino tra le mani di Aurora.
-Già, anch’io. Senti, cosa vuoi fare adesso? Possiamo andare a comprargli un paio di quei pacchi di croccantini che ci ha consigliato la tua amica, un trasportino, e poi per noi che ne dici di un buon gelato?-
-Oh sì, è un’idea fantastica! Qui vicino c’è un negozio per animali, e poco più in là una gelateria!-
-Allora affare fatto!-
-Affare fatto!-


La città ha un aspetto molto differente da quella che ha abbandonato: questa è sicuramente più piccola, è un paese allargato, ma non ha niente in comune con esso. Le sue strade brulicano di passanti, di qualche macchina e soprattutto di biciclette.
Il ritmo sembra meno frenetico delle grandi città e il paesaggio non è fatto solo di asfalto e cemento, perché ci sono le montagne e il lago a ricordare che è un posto fuori dal mondo.
-Sarà meglio che andiamo, si sta facendo tardi e non vorrei che tua madre si preoccupasse- hanno terminato i loro due coni di gelato e ora stanno facendo una passeggiata tra le vie, in attesa di ritornare alla macchina.
-Aspetta, passiamo da questa parte. Ti faccio vedere una scorciatoia- suggerisce Linda, il guinzaglio nella mano destra, che la forestiera ha voluto comprare per Macchia.
In città ho visto qualche gatto che ce lo aveva, si è giustifica, sebbene le sembri un'idea sciocca.
-Non è che ci perdiamo?-
-Ma no, sono passata di qua centinaia di volte, non preoccuparti!-
La via che stanno attraversando è stretta e leggermente in pendenza: su entrambi i lati si affacciano delle case di recente costruzione o messe a nuovo da poco, per il resto non c’è nulla.
Quando arrivano all’uscita del vicolo, si ritrovano in una piazzetta con il pavimento acciottolato, le logge scolpite dei palazzi con le colonne di granito sormontate da capitelli in stile dorico.
Su di un lato, svetta una costruzione massiccia e quadrata di pietra scura e rettangolare.
-Questa è la torre di guardia- spiega Linda -risale al 1300 e faceva parte delle vecchie mura che circondavano la città. Questa a sinistra invece è piazza della Fontana: ci fanno il mercato ed è antichissima. Tutte le colonne, i balconi e i palazzi che vedi sono originali e hanno più o meno la stessa età della torre. A me piacciono molto perché sono coloratissimi e poi danno una forma particolare alla piazza, perché sono un po’ alti e un po’ bassi e se li vedi da lontano sembrano storti. Ecco, adesso se proseguiamo da questa parte arriviamo dritte dritte alla macchina-
La ragazza guarda attenta tutto quello che le mostra la bambina.
A un certo punto si ritrovano a passare in un vicolo stretto e antico, con un arco a sesto acuto che lo sovrasta.
Affascinata da quell’architettura così antica eppure così viva, la forestiera mormora:
-Avrei dovuto portare la macchina fotografica ... -
-Cosa?- le domanda Linda, girandosi verso di lei.
-No, dicevo che mi sarebbe piaciuto fare delle fotografie. Sono posti molto belli, non ho mai visto nulla di così speciale-
-Possiamo sempre tornarci e io posso farti da guida ufficiale, se vuoi-
Lei annuisce e prende in braccio Macchia che comincia a miagolare, forse contrariato da quello che per lui è un lungo viaggio.
-Poverino, me ne stavo quasi dimenticando. Dev’essere stanco: prima il veterinario, poi questa passeggiata-
- Non è abituato, ma non ti preoccupare, siamo arrivati. Lì c’è la macchina-
-Tieni tu Macchia … -
Lei e Linda prendono posto in auto e si avviano verso il paese.
-Mi sento un po’ in colpa … - riprende Aurora, dopo una manciata di secondi in silenzio.
-Perché?-
-Oggi avrei dovuto iniziare il progetto per la mostra fotografica … -
-Ah sì, in paese tutti ne parlano!-
-Me ne sono accorta. Però, dal momento che siamo venute qui, non ho potuto cominciare e ho paura di non riuscire a finire in tempo-
-Se ci metti d’impegno, sicuramente ce la farai. A proposito, cosa devi fotografare?-
-Tutte le fasi di preparazione della festa: per prima cosa vorrei fare qualche scatto ai carri dei vari rioni, che è la parte del lavoro che più mi preoccupa, perché dovrò andare da chi li tiene e chiedere di mostrarmeli. So che c’è una sorta di segreto sulla loro realizzazione-
-Oh, ma questo non è un problema: mio zio è stato scelto come rappresentante del nostro rione, domani è domenica e se glielo chiedo, ti farà sicuramente vedere il carro. Lui poi potrebbe chiederlo agli altri e così potrai fare tutte le fotografie di cui hai bisogno!-
-Sarebbe un ottimo punto di partenza, anche se oggi pomeriggio il sindaco mi ha già detto che si sarebbe interessata … allora verrò da voi appena avrò finito con i contadini- dice lei svoltando per il paese.
-Cosa c’entrano con la festa?-
-Ho intenzione di fare qualche scatto e magari qualche disegno del lavoro nei campi, perciò domani mattina mi dovrò alzare molto presto-
-Che bella idea! Non vedo l’ora di vedere i ritratti!-
-Te li farò vedere in anteprima, promesso!-
Dieci minuti più tardi sono davanti alla bottega del paese.


Quando torna a casa, Aurora e Macchia sono molto stanchi.
Si prepara un piatto di pasta al pesto e finita la cena sale in camera.
Punta la sveglia per le cinque e si sdraia sul letto: ha trascorso un bel pomeriggio in città con Linda, ma non è contenta di quello che le ha raccontato.
Non avrebbe dovuto dirle tutte quelle cose sul suo passato, la storia delle bugie, della quasi perdita del lavoro, del suo essere innamorata …
E’ sempre stata una bambina e una ragazza piuttosto introversa, timida, che faticava a relazionarsi con le persone: dava fiducia solo dopo averle sottoposte ad una severa occhiata interiore e, spesso, nonostante tutte queste precauzioni, rimaneva delusa e abbandonata.
Guarda il soffitto intonacato chissà quanto tempo prima, scrostato in più punti, l’enorme lampadario con gocce di cristallo lucenti e bianchissime, quasi a confondersi con i muri.
Chissà chi  dormiva in questa camera? si domanda, mentre un brivido le percorre la schiena.
La storia del fantasma non la turba per nulla, tuttavia quando ripensa a Teresa, a quella giovane donna seppellita chissà dove, le viene sempre una malinconia, una tristezza che quasi non sa spiegare.
Di lei rimane solo una sbiadita fotografia da ragazzina, ormai quasi un secolo prima.
Ha avuto una vita infelice, non è riuscita a scegliere e ad imporre le sue idee, io non farò così.
Chiude gli occhi e rivede ancora nitida la scena davanti a lei: la madre che le rivela l’esistenza di un fratello avuto da una relazione appena sposata … lei che rischia di essere licenziata perché non scende a compromessi con il suo dirigente, abituato ad avere tutto e tutti, subito e sempre, senza prima fermarsi a pensare se quello che è giusto per lui sia invece sbagliato per gli altri … lei che non vince il concorso per diventare capo assistente.
E poi quel sorriso perfetto, i suoi occhi così espressivi, le mani ad accarezzarle il volto …
Affonda la testa nel cuscino: non riesce più a reggere quei ricordi, vorrebbe poter bere una pozione, una tisana, una brodaglia, qualsiasi cosa che le permetta di dimenticarsi del suo passato e, come in una preghiera muta ma disperata, nel giro di pochi minuti si ritrova tra le braccia accoglienti di Morfeo.



DOMENICA 23 LUGLIO


Le cinque: la sveglia suona puntuale.
Aurora si rigira nel letto, apre controvoglia gli occhi e per un momento non ricorda più dove si trova.
Si alza a sedere e si passa una mano tra i capelli e, come quando si toglie la polvere da una superficie che prima era perfettamente pulita, tutto le ritorna in mente: oggi è il gran giorno, oggi inizia a lavorare al progetto, deve andare nei campi a fotografare i contadini con i loro animali e poi passare dallo zio di Linda per vedere il carro del loro rione.
Si veste in fretta, ha paura di essere in ritardo, mangia qualche biscotto e beve un bicchiere di latte, ne dà un po’ a Macchia e finalmente, la macchina fotografica e i fogli nella borsa a tracolla arancione, esce dalla casa rossa.
Attraversa il viale in pendenza, la lunga strada stretta che porta alla piazzetta, si lascia alle spalle la parte moderna del paese e arriva nei campi: il sole deve ancora sorgere, c’è solo qualche schizzo vermiglio a macchiare il cielo, ma i contadini sono già pronti per la giornata.
Sono intenti a parlare, forse si stanno dividendo il lavoro.
Poche centinaia di metri più in là, dentro un grande recinto di legno, una ventina di mucche bruca con gusto l’erba rigogliosa: sembrano essersi accorte della presenza estranea, le code brevi e sottili che si muovono a scatti come in una danza rituale, le orecchie piccole in quei musi allungati e tozzi, fremono e si arricciano verso l’interno per poi drizzarsi al minimo rumore o segnale di allarme.
La forestiera rimane in disparte a osservare quella scena che tanto assomiglia a un quadro di Courbet, uno dei suoi pittori preferiti.
Stringe tra le mani la cinta allungabile della tracolla arancione, forse per farsi coraggio, e in quel gesto di sfregamento contro il tessuto di similpelle, sente i palmi delle mani bagnarsi di sudore freddo.
Davanti a sé è come se avesse un dirupo, un precipizio, un abisso di cui non riesce a vedere il fondo, ma sa che è nero, che è buio e se dovesse cadervi, non potrebbe più tornare indietro.
La solita tipica e infantile indecisione la attanagliano, divorandole il cervello: ha come un ripensamento, così all’improvviso, senza un motivo realmente valido, si sente fuori luogo, avulsa da quel mondo rurale che le appare davanti.
L’estensione dei campi bruno oro e le distese di foraggio, gli animali al pascolo, gli stessi contadini nei loro abiti da lavoro, tutto non ha nulla a che fare con lei.
Stupida vigliacca, stupida testona, come puoi aver paura di una cosa che nemmeno conosci?
Prende un respiro profondo che le comprime il diaframma più del dovuto e distoglie lo sguardo per cercare di recuperare un po’ di coraggio per affrontare … cosa? Un gruppo di uomini e donne che ancora non si è accorto della mia presenza?  
Si volta verso la strada da cui è venuta, e subito capisce che non può tornare indietro, che è lì per compiere una missione, per dimostrare al paese quanto sia capace di scattare delle belle fotografie e disegnare ritratti a carboncino.
Non può e non vuole tornare indietro a mani vuote, così a passi decisi, si avvicina al gruppo:
-Buongiorno- la voce risuona sicura, per nulla velata dall’incertezza di pochi istanti prima.
Le donne e gli uomini si voltano a guardarla, un impalpabile stupore misto a curiosità appare sui loro volti che, subito, si trasformano in maschere imperturbabili da decifrare.
-Buongiorno. Lei è la signorina forestiera, vero?-
Sorride imbarazzata e annuisce con convinzione:
-Sì, sono io. Scusate se vi disturbo, ma avrei bisogno di farvi delle fotografie per la mostra che verrà allestita alla festa del paese, non so se ne avete sentito parlare … -
-Certo che lo sappiamo, il sindaco ci ha avvisato. E poi tutta questa storia è diventata la novità di quest’anno, non si parla d’altro ormai-
Aurora rimane interdetta da quelle parole: non mi aspettavo di certo un’ accoglienza trionfale, ma un po’ più di educazione sì.
Vedendo che la sua interlocutrice non ribatte, il gentiluomo prosegue ad elencare gli ultimatum:
-Ci può fare tutte le fotografie che vuole, basta che non facciamo troppo tardi, i campi e le bestie non possono aspettare-
E’ alto e molto abbronzato, il viso incorniciato da radi capelli bianchi, le braccia quasi ustionate lasciate nude dalle maniche della camicia a quadri arrotolata fino ai gomiti.
I pantaloni di tela grezza, di un indefinito colore tra il nero e il marrone, sono disseminati da rattoppi e pieghe più o meno appariscenti, forse per l’orlo casalingo che è stato effettuato da mani per nulla esperte.
Robuste scarpe di cuoio, molto simili agli scarponi di montagna, fanno capolino da quella stoffa: anch’esse un tempo dovevano essere del colore della pece, ma adesso quella tinta è ormai sbiadita dai numerosi lavaggi e dal trascorrere del tempo.
Qualcosa dice alla ragazza che deve essere Giovanni, il burbero del paese: i suoi occhi cerulei non sono affatto malvagi, contrastano amabilmente in quel viso dai lineamenti duri, gli zigomi alti e la mascella squadrata e, anche lei come Roberta alla riunione del Comitato in parrocchia, pensa che dev’essere un brav’uomo, nonostante il carattere poco incline a esprimersi con un po’ più di gentilezza.
 -Bene, meglio così. Non c’è bisogno che stiate in posa, dovete essere il più naturale possibile, fate come se io non ci fossi-
Le donne e gli uomini si guardano, il loro è un discorso muto, fatto di sguardi. Alla fine l’uomo che ha appena parlato annuisce:
-Faccia come vuole. Allora noi iniziamo a lavorare, ci dica lei quando può bastare-
Il gruppo si disperde, composto e solenne si appresta a compiere le sue mansioni.
Aurora si sistema in un angolo del campo, non troppo lontano, ma nemmeno troppo vicino, cercando di dare il sole alle spalle, ma è difficile perché la luce si sta propagando velocemente nel cielo.
Finalmente trova il momento e il luogo adatto, toglie il copri obbiettivo e inizia a scattare.
Le mani scorrono sicure sulla macchina fotografica, la forestiera la maneggia con presa salda, si muove delicatamente per i campi, non vuole fare rumore, non vuole disturbare il lavoro dei contadini.
Quando è certa di aver fatto abbastanza fotografie, si siede per terra, sull’erba soffice.
Ritira il dispositivo nella borsa a tracolla e tira fuori i fogli e il carboncino.
Adesso il sole ha preso il posto più alto nel cielo, e illumina il paesaggio sottostante.
La giovane prosegue il lavoro facendo qualche schizzo che vada a ritrarre le mucche: alcune stanno pascolando, altre sono accovacciate per terra, altre ancora muggiscono, ma tutte, appena si muovono, fanno ondeggiare il campanaccio che hanno al collo, provocando un concerto troppo intenso e rumoroso per le sue orecchie non abituate.
Ci sono un paio di donne intente a rivoltare le balle di fieno e anche quelle finiscono per essere ritratte.
Sebbene non sia troppo vicina al gruppo, la forestiera distingue il sudore e la fatica imperlare le fronti dei braccianti.
Hanno dedicato, e continuano a farlo, le loro esistenze alla campagna e agli animali, riflette la ragazza, mentre vengono ripagati dall’immensa stanchezza che li accompagna ogni giorno, con il caldo torrido dell’estate e il freddo pungente dell’inverno. Non sanno che cos’è il divertimento spensierato, il fare tardi la sera e l’alzarsi oziosi il mattino successivo. A loro basta questo, perché è la loro vita. Perché questa è stata, è e sarà la loro scelta.
Riguarda gli schizzi a carboncino: è abbastanza soddisfatta, crede che così possa bastare. Li infila nella tracolla arancione insieme al resto, poi si alza e si avvicina all’uomo più anziano del gruppo, quello a cui ha rivolto la parola poco prima:
-Mi scusi, io avrei finito. Spero che gli scatti che ho fatto saranno di vostro gradimento. Grazie ancora e buon lavoro-
-Tutto qua? Credevamo ci sarebbe voluto l’intera mattinata. Non penso di essere molto adatto come modello, ma siamo curiosi di vedere cosa ha combinato … -
-Non svilupperò le foto prima di un paio di giorni e poi le porterò al Comitato feste perché le scelgano ...-
-Allora speriamo che facciano una bella scelta, arrivederci-
Lei sorride e se ne và con il suo bottino nella borsa, prima che a qualcuno venga in menta di trattenerla con altre domande.




NOTA DELL'AUTRICE:

Grazie a tutti quelli che sono arrivati fino in fondo e a chi, spero, vorrà lasciare un breve o lungo commento che sia!
Ringrazio chi ha inserito la storia tra le preferite, le seguite o le ricordate!
Spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento e mi scuso se ho pubblicato in maniera così ravvicinata, ma prima di una decina di giorni non potrò farlo, quindi non volevo lasciarvi ...a bocca asciutta!
A presto!
   
 
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