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Autore: Stateira    01/02/2009    23 recensioni
Il coro delle Spade giudica i possessori. Una dopo l’altra, la voce di ognuna scandaglia l’anima di chi la impugna.
Grida il mio nome!
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un pò tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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PREMESSA

PREMESSA

 

Prima che qualcuno se lo chieda, no, questa raccolta non è un parallelo di “Swords”. Anche se i titoli sono effettivamente affini.

È la prima volta che mi cimento in una raccolta di flashfic. Ammetto di essere vagamente terrorizzata, dato che, com’è noto, tendo a blaterare per millenni e ad incartarmi sui dettagli più inutili del repertorio.

Ecco, lo sto facendo anche ora.

Ho scelto un tema abbastanza particolare, non inflazionato. Francamente, spero di non essere io a dare il via ad un interesse di massa verso i pelapatate degli Shinigami, credo che sarebbe più dannoso che altro.

È che le Zanpakuto sono affascinanti perché sono animate. Nel senso stretto del termine. O meglio, non per questo fatto in sé, ma per la diretta conseguenza, ovverosia che sono dotate di un’intelligenza e di una volontà.

Quindi, sono in grado di giudicare.

Pensateci, non è una cosa da tutti i giorni.

È come se la nuvola Speedy mandasse al diavolo Goku.

Come se tutti gli shuriken di Tenten le si rivoltassero contro (oh, sì… ).

Come se l’Eva 01 prendesse a ceffoni Shinji Ikari.

Come se l’Ammazzadraghi si rivoltasse contro Gatsu.

Come se Mugen cercasse di affettare Kanda.

E il Martellone di piantare Lavi nel cemento.

 

Come se il Cloth di Cancer lasciasse Death Mask in mutande.

… Ops.

 

 

 

 

 

 

 

 

Senbonzakura (io vado in pezzi)

 

 

 

 

Mani come le sue non sono fatte per reggere l’elsa di una spada. È un’impressione vaga che ti coglie da subito, appena il tuo sguardo impatta con le sue dita abbandonate lungo la divisa: è disdicevole, ma non ti lascia più. Così sottili. Leggiadre.

Candide.

Eppure eccole, la impugnano, la stringono, la stritolano, e facendolo ti contraddicono. Orgogliosamente.

Non crediate che sia difficile spendere qualche parola su di lui, non lo è. Non per me. Lui è una scala che si arrotola fittissima attorno ad un unico asse instabile ed obliquo.

Narciso.

Sali la prima rampa, e ti sembra chiuso, distante, cifrato. La seconda, e capisci che ha un cuore che gli batte nel petto, un cuore, sì, proprio dove ce l’hanno tutti. La terza, e finalmente ti accorgi che le prime due non sono altro che propedeutiche, solo un modo per prepararti le gambe.

 

È prigioniero di un poema sordomuto, e non si muove, non un fremito, nemmeno quando la sua cella comincia inesorabilmente a imbarcare acqua e succo di cicuta. Non è un problema. Fissa il livello del veleno che sale, preparandosi a berlo tutto quanto.

Le sue ciglia sono lunghe, e sono lucide come se fossero bagnate dalla rugiada. Le sue labbra sono sottili solo all’apparenza. Sui suoi occhi puoi dire soltanto una cosa: sono neri.

Neri.

 

È una nullità, quell’uomo. Ciò nonostante, ho imparato a volergli bene. Più di una volta, ho visto la sua pelle preziosa sanguinare. È qualcosa che ti unisce più dell’amicizia, più dell’odio, persino più di un incarico. È un destino, quello di sanguinare assieme.

 

Byakuya.

Ero al fianco tuo, quel giorno di acerrima primavera, prima del fiorire dei ciliegi.

Letteralmente.

Ero aggrappata alla cinta della tua alta uniforme, durante il funerale di tua moglie, quando mille altre mani ti evitavano, quando gli occhi di tutti ti seguivano, quando i sospetti fiutavano le tue guance, in cerca dell’odore di lacrime.

Hisana era stata la tua scommessa con la libertà.

Persa.

 

Sono delusa. L’idea che il mio proprietario sia un uomo così debole mi infastidisce.

Ma, se non altro, sei stato capace di non chiamare avversità del fato la tempesta che tu stesso ti sei chiamato addosso. E se poi la ragione di tutta questa pioggia si è spenta, morendo della sua stessa fragilità, può essere al massimo ironia.

 

Eppure tu sei candido. Di fronte al bene supremo o al supremo male, tu ancora riesci a stupirti. Riesci persino a stupirtene. Tu che pensi, tu che guardi, tu che sai. Tu che affondi il mento nella tua sciarpa preziosa, che è candida come te, e ti ammanti di aura nobiltà, tu che sei aristocratico perché sei il migliore per davvero, e lo sei, Byakuya.

E ne soffri.

Candido.

 

Poi impugni la tua spada e ti prepari a combattere.

 

- Appassisci. Senbonzakura. –

 

Ti sei mai chiesto, Kuchiki Byakuya, perché la tua Zampakuto vada in pezzi?

 

 

 

 

 

 

ANGOLINO!

 

 

Byakuya è un personaggio che mi distrugge. Nel bene e nel male.

Ci sono momenti in cui mi distrugge dal ridere, perché è ottuso a livelli inverosimili, altri invece in cui mi prende il cuoricino e me lo fa a fettine sottili semplicemente con quel suo sguardo a mezz’asta e le sue parole sempre, drammaticamente sbagliate.

Voi sapete che i personaggi di Bleach, in generale, mi hanno conquistata.

Ecco.

Byakuya è speciale, si colloca a pieno diritto nella rosa dei primi fra i pari.

 

 

Un ringraziamento speciale a LeFleurDuMal, che mi ha aiutata molto con il layout, e soprattutto l’ha fatto prima che mi venisse una crisi di nervi.

Lei sa decisamente come trattare gli arieti. (_ _)

 

 

 

 

NOTA:

Byakuya è un inno all’orgoglio e al disastro, e questo ho cercato di condensare in questa fic. Partendo dal paragone con le scale, che salgono arrotolandosi su sé stesse, sempre più complicate. E i livelli sono tre. Come se ci fosse uno Shikai visibile a tutti, un Bankai per pochi eletti, ed un terzo livello oscuro, inaccessibile, che comprende e contraddice i primi due. Tutto il contrasto fra il suo aspetto etereo e la sua potenza si condensa in quell’”è una nullità”, che mi pare un’affermazione pesante, ma purtroppo vera. Byakuya ha sempre perso le sue battaglie più importanti. Non è un vigliacco, perché non si nasconde dietro ad un dito, e non si piange addosso lamentando l’avversità della vita. Ci prova, a combattere, ma è semplicemente troppo debole.

Ed è aristocratico, e qui ci vuole la noticina etimologica, perché Aristhos letteralmente vuol dire “il migliore”. Byakuya è perciò condannato ad essere il migliore dal suo stesso status.

Sul fatto che la sua spada vada in mille pezzi, ci sarebbe da discutere per ore, ma direi che l’immagine è sufficientemente suggestiva di per sé. Mamma mia quant’è fragile Byakuya.

 

 

 

 

 

 

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