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Autore: Porrima Noctuam Tacet433    24/08/2015    2 recensioni
Sempre Geoffrey Martewall, ma attraverso occhi diversi.
Hector- "...aveva capito che c’erano ancora troppe ferite che il suo animo indomito tentava di sanare ogni giorno, troppa voglia di liberarsi da qualcosa."
Brianna-" Lo aveva visto dalle finestre e non aveva capito subito perché la paura l’avesse attaccata a tradimento, così all’improvviso. Poi la verità le si era rivelata in un modo così evidente che Brianna non aveva potuto continuare ad ignorarla."
Gant-"« Dovete sentirvi molto solo, sir. » gli aveva sputato addosso Gant, con una calma solo apparente.
Martewall aveva fermato il suo passo ma non si era voltato.
Jerome-"E sapeva anche che non avrebbe ascoltato il suo ordine.
Sembrava nato per essere diverso dagli altri, e, di conseguenza, per essere allo stesso tempo dannatamente irritante e dannatamente insostituibile."
Etienne-"Erano state poche le volte in cui aveva provato ad immaginare cosa pensasse.
Forse perché se c’era una cosa che Etienne detestava, era fallire. E da quel punto di vista, Martewall rappresentava un fallimento continuo."
Guillaume-" « Cercate solo… » disse, senza più voltarsi « Di non fare per orgoglio o paura la mia stessa fine. » "
...
Genere: Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Geoffrey Martewall, Un po' tutti | Coppie: Geoffrey/Brianna
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Thomas Bull

Casa


Thomas Bull credeva fermamente che la sua terra si sarebbe riscattata per l'umiliazione subita. Non aveva mai avuto dubbi su questo, neanche quando tutti non sapevano fare altro che piangere su ciò che era accaduto e inventarsi storie per riuscire a non sentirsi falliti, membri di un popolo sconfitto e disonorato.
Thomas viveva come sapeva fare e come poteva. Non c'era nulla che potesse fare per aiutare concretamente i suoi conterranei cavalieri imprigionati in terra francese, né chi stava tornando a casa. E di certo non avrebbe mai avuto nessuna parte nella storia della loro riconquista dell'onore perduto.
Ma Thomas faceva il suo dovere. Stava al suo posto. Aveva un posto nel mondo, delle convinzioni, una mente abbastanza intelligente per pensare in tutta libertà e per avere la dignità a cui tanto teneva. Faceva il boscaiolo e lo faceva bene. Aiutava la gente del suo villaggio.
Perchè sapeva che le piccole cose aiutano a far risollevare un popolo disperato. E lui era qualcuno che doveva avere la costanza e la tenacia di continuare, giorno dopo giorno, a fare le piccole cose.
Poi, il suo posto nel mondo era cambiato. Ma non lo aveva chiesto lui, sebbene fosse onorato dalla piega che gli eventi avevano preso e fiero, molto fiero, del suo operato.
Era stato un soldato, un tempo. E anche se in lui dimorava ancora una sorta di disgusto per la guerra, vi era anche qualcosa che, per qualche ragione, lo spingeva a desiderare di riottenere quel posto, quello scopo e quel destino.
Sapeva di poter essere utile. E Geoffrey Martewall, il giorno dopo la presa di Dunchester, lo aveva raggiunto per dirgli proprio questo, in mezzo alle macerie del suo castello.
Che aveva bisogno di ricostruire.
Thomas lo osservò, dopo essersi inchinato, con attenzione. In lui riconobbe i tratti di Harald Martewall, la fierezza nel suo sguardo che era la stessa che il padre aveva portato sul ceppo della decapitazione e che Geoffrey utilizzava ogni giorno che stava al mondo sapendo di dover combattere per qualcosa e dare ogni suo respiro per questo, forse consumandosi, sempre.
Thomas capì che vi era qualcosa di nascosto e spezzato nella forza dei suoi occhi. Il dolore lo avrebbe reso più spietato e temibile che mai.
Il boscaiolo trattenne un sorriso amaro. Geoffrey era abbastanza alto, la camicia nera aperta sul petto, gli occhi chiarissimi e taglienti sul viso bello ma severo. L'ultimo erede della casa di Dunchester. Non gli sarebbero bastati pochi momenti per capire come ci si dovesse sentire ad essere nei panni del barone.
Comprese anche che, forse, loro due avevano, dopotutto, qualcosa in comune. Il bisogno di ricostruire una vita.
All'inizio restò spiazzato dalla sua proposta, posta senza mezzi termini, chiarendo tutti i punti e le condizioni, e il fatto che non fosse obbligato ad accettare, nel caso non avesse voluto farlo.
Non aveva saputo, sulle prime, cosa rispondere.
Ma poi aveva osservato il castello scuro e le sue macerie e il giovane uomo di fronte a lui che lo guardava con uno sguardo insondabile, sembrando una cosa sola con la sua dimora. Spezzata, sofferente, furiosa, ma ancora in piedi nonostante tutto, ancora temibile e pronta a risollevarsi con uno scatto ferino, ad essere ciò che era sempre stata. La rocca sicura per i suoi abitanti. E imprendibile, questa volta, per i suoi nemici. Spietata con chi era riuscito a spezzare il suo cuore di ferro e pietra.
E Thomas decise che sì, voleva che Dunchester diventasse una casa anche per lui, voleva davvero fare parte del destino di Geoffrey Martewall.
Era, dopotutto, un nobile degno della sua lealtà.
Era raro trovarne, in quegli anni.


« Mastro Bull...» disse Geoffrey Martewall, raggiungendo con calma il comandante delle sue guardie. « è bello trovarvi esattamente nel posto in cui dovreste essere. »
Thomas chinò il capo in segno di rispetto, con un sorriso. Sapeva che il barone lo stava tenendo d'occhio, ma questo non gli dava fastidio. Al contrario, gli sembrava qualcosa di molto ragionevole da fare, da parte sua.
E aveva l'impressione che, in ogni caso, Martewall avesse finito in quell'occasione il suo esame.
« per me sarebbe un'offesa verso me stesso e verso di voi, non prendere sul serio ogni mio incarico.» disse, sapendo che, a quel punto, dopo qualche settimana, Martewall sarebbe arrivato a fidarsi di lui come avrebbe dovuto fidarsi un feudatario del comandante delle sue guardie.
Thomas non aveva mai preso alla leggera il suo compito.
Non poteva. Era un soldato di nuovo e sapeva cosa significava addossarsi un mestiere militare, e comprendere gli ordini e i desideri dei superiori degni di questo nome.
Sapeva che, un giorno non lontano, Martewall avrebbe dovuto lasciare la sua casa nelle sue mani.
Lo vide annuire, soddisfatto.
Sapeva che non gli avrebbe mai chiesto di spiegare il motivo per cui aveva accettato di entrare a far parte dei suoi famigli. Per il barone i fatti contavano più delle parole.
Lo guardò mentre lo salutava e si allontanava, e di nuovo pensò che il castello non potesse essere di nessun altro se non suo. Le vesti scarlatte dei mercenari nelle prigioni stonavano con l'intero ambiente. Geoffrey si muoveva come se conoscesse Dunchester palmo a palmo, come se, a volte, fosse il castello stesso a guidarlo. Ed ogni corridoio aveva un suo ricordo.
E non sempre era piacevole ricordare.
Geoffrey amava Dunchester e avrebbe combattuto per lei, per i suoi abitanti. La amava anche se i ricordi erano spesso dolorosi.
Thomas sapeva che Geoffrey aveva per lungo tempo fatto del dolore la sua arma. Lo sapeva perché il tempo e le esperienze lo avevano aiutato a capire i suoi sguardi così personali e inquieti, del colore insondabile della tempesta.
I suoi occhi somigliavano a due perle magnetiche ed era tanto difficile distogliere lo sguardo quanto sostenere il suo. I tratti e l'espressione erano segnati dall'esperienza e mostravano una bellezza quasi scultorea nella loro inflessibilità.
Una bellezza tutt'altro che efebica o eterea, che conteneva un fuoco represso, un'energia nascosta ed immobile, almeno temporaneamente.
Un'insolita aurea di cupa distanza.


C'erano state volte in cui aveva creduto che non ce l'avrebbe fatta, a vivere una vita senza combattere per qualcosa. In realtà, quei momenti lo assalivano ancora, mentre lo osservava mostrare un certo disagio, come una sorta di impazienza difficile da quietare, come se la serenità gli andasse stretta, dopo anni di battaglie.
Avrebbe anche potuto essere stanco della guerra, ed essere contento di aver ottenuto la pace per il suo popolo. Ma la pace per se stesso rimaneva un enigma, un eterno interrogativo. Avrebbe davvero saputo cosa fare, senza avere uno scopo preciso, degli obiettivi saldi, una meta a cui arrivare? Avrebbe sopportato una vita legata solo alla permanenza nel castello, ai normali controlli delle sentinelle, all'accettare il fatto che non ci fosse più alcun nemico?
Per tutta la vita si era concentrato esclusivamente sulle sue battaglie, personali o no che fossero, dimenticandosi delle piccole gioie che esistevano al di fuori del campo militare. Poteva vivere senza  doversi preoccupare di combattere, che era l'unica cosa che credeva di saper fare davvero, senza annegare i sentimenti nell'oblio di una battaglia?
Assolutamente no, aveva pensato Thomas, osservando con un misto di comprensione, tristezza e uno strano sentimento quasi paterno, quello che hanno sempre le persone che si avvicinano alla vecchiaia verso un giovane, la sua rabbia nel dover abbandonare le armi che aveva messo al servizio di un re in cui credeva.
O forse sì, aveva pensato, regalando un sorriso a un piccolo bambino dai capelli castani e gli occhi grigi che somigliava moltissimo al barone, con un ghigno da brigante.
Geoffrey poteva imparare ad essere se stesso anche senza combattere. Per amore, si poteva fare questo ed altro. E la sua vita sarebbe stata piena, felice, i suoi figli avrebbero vissuto a lungo insieme a lui e lo avrebbero visto e ammirato per il grande cavaliere che era.
Adesso Bull sapeva che quella vita lo avrebbe gratificato, ma non poteva, suo malgrado, fantasticare troppo, pensava, con un sorriso amaro e burbero.
Per uomini come Martewall, vi era sempre qualche nemico.


 
ook. E ci sono, straordinariamente, ci sono.
Sì, perché dovete sapere che, subito dopo aver riottenuto faticosamente computer e connessione internet, la rete ha deciso di subire un guasto proprio nella mia zona, il che non dovrebbe stupirmi, considerata la mia rinomata sfortuna con ogni apparecchio tecnologico di cui possa disporre.
Quindi, ancora una volta, devo scusarmi per non aver mantenuto ciò che avevo detto.
In più arrivo con un capitolino corto, e questa è un'aggravante.
O meglio, lo sarebbe se non avessi deciso di pubblicare un capitolo “bonus” subito dopo questo. Bonus perché non rispetta le regole della raccolta, essendo scritto dal punto di vista di Geoffrey...
volevo pubblicarlo più che altro per supplire al senso di vuoto che mi lascia questo, con le sue misere tre paginette di World XD.
Spero solo che mi sia riuscito bene. Parlare di Geoff attraverso Geoff è... insidioso. lo metto in un altro capitolo perché mi legge meglio l'Html... non chiedetemi il perché.
Grazie per aver letto e grazie per la pazienza!


  
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